di Silvano Danesi
Segue da Vera Luce otto – https://www.casadellavita.eu/massoneria/vera-luce-otto-il-risveglio-ha-ancora-interesse-per-la-massoneria/
Leggendo testi come “Tempo, il sogno di uccidere Chrónos” del fisico Guido Tonelli (Feltrinelli), o Genesi, sempre di Guido Tonelli (Feltrinelli) vien da pensare che abbia ragione un altro fisico, Carlo Rovelli, quando scrive: “I miti si nutrono di scienza e la scienza si nutre di miti”[1]
Nel precedente articolo ci siamo posti il seguente quesito: “Rimanendo nello schema Na (acque primordiali) Ka (luce primordiale), dove Eka è la manifestazione di Ka, possiamo pensare che il campo elettromagnetico, la luce che opera nel quaternio energia-materia / spazio- tempo, sia il corpo di luce con il quale quel nucleo (grumo) informativo che è l’essere umano viene al mondo?
Possiamo pensare ora che la “vera luce” sia “informazione”? Che questa infinita informazione sia il vero contenuto del vuoto, di quel vuoto che i Druidi chiamavano Ceugant (il Cerchio vuoto) dal quale emana l’Universo?
Quel vuoto che Guido Tonelli descrive in questo modo:“ Di fronte a noi si estende il vuoto, un sistema fisico molto peculiare che, nonostante il nome francamente fuorviante, è tutt’altro che vuoto. Le leggi della fisica lo riempiono di particelle virtuali che appaiono e scompaiono a ritmi forsennati, lo affollano di campi di energia i cui valori attorno allo zero fluttuano continuamente. Chiunque può prendere a prestito energia dalla grande banca del vuoto e vivere un’esistenza tanto più effimera quanto maggiore è il debito che ha contratto. Da questo sistema, da queste fluttuazioni, può nascere un universo materiale che, in realtà, è solo e ancora un vuoto, ma un vuoto che ha subìto una meravigliosa metamorfosi”. [2]
Non è forse questo “fluttuare” una delle caratteristiche possibili del lógos nella sua definizione di “parola”, ossia di vibrazione, di fluttuazione, di onda e non è forse possibile intendere il lógos come particella di luce, fotone, quando si presenta sulla scena del mondo come luce del campo elettromagnetico, nella sua duplice natura di onda e di particella? E questo lógos, inteso come come azione dell’arché, potrebbe essere un potente trasmettitore di informazioni?
Se così fosse, avrebbe un senso ben preciso l’affermazione del Vangelo di Giovanni che il lógos è la luce degli uomini.
Se aggiungiamo che l’interazione elettromagnetica è responsabile della struttura atomica e molecolare della materia e che il fotone è il mediatore dell’informazione, ecco che il lógos assume un’importanza centrale, fondamentale, nell’emanazione dell’informazione mediante energia elettromagnetica e in forma materiale.
Se chiamiamo il vuoto archè e se il ragionamento che abbiamo fatto sta in piedi, l’essere umano, come ogni altra manifestazione dell’arché, è informazione metamorfosata in corpo di luce e in corpo materiale.
Il vocabolo phýsis si fonda sulla radice indoeuropea bhu che significa essere ed è legata, anche se non esclusivamente, alla radice bha, che significa luce, da cui saphès. Esiste, pertanto, un nesso etimologico tra essere e luce.
L’arché, come abbiamo visto, è definibile anche come phýsis, fondamento, abisso, grembo partoriente da cui erompe la luce come sophon, l’uno sapiente. La sapienza, sophia, è in rapporto etimologico con l’essere e con la luce.
Phýsis è, pertanto, l’archè nel suo illuminarsi, nel suo mostrarsi; è la luce Ka, contenuta nelle acque primordiali Na, che si mostra come Eka e le acque primordiali danno simbolicamente il senso di una vasto mare fluttuante, così come il vuoto quantico.
Il sophon è l’aperto, “il chiarore della comprensione in cui unità, totalità ed Essere appaiono diradati nel loro rapporto reciproco”. [3]
Il sophon è l’aletheia dell’Essere e in Eraclito è il saphès, il chiarore della luce: fuoco semprevivente. Fuoco cosmico, che assegna alle cose la visibilità del loro aspetto; è il fulmine che nel frammento 22B64DK Eraclito indica come la potenza che governa tutte le cose nel loro insieme (ta panta).
Vediamo, pertanto, che esiste un rapporto ben preciso tra phýsis, saphès, sophon e questo rapporto si estende alla greca sophia che è la latina sapientia.
Sofia deriva, infatti, dal greco σοφός, che significa «intelligenza, saggezza».
Definire l’essere umano “Homo sapiens sapiens”, significa collegarne il significato all’essere (bhu) e alla luce (bha), facendone non solo un essere di luce, nel senso di nucleo informativo (vera luce) manifestatosi tramite la luce (anima- campo elettromagnetico/fotoni) che ne determina il corpo materiale, ma anche σοφός, intelligente e, in quanto tale, capace di attivare uno sguardo noetico, laddove il noûs è intuizione profonda, che penetra nel grembo partoriente oltre il quaternio energia-materia/spazio-tempo.
“Il Sapiente – scrive Angelo Tonelli – ricompone nel noûs il Dioniso frammentato”. [4]
Il noûs, dice ancora Angelo Tonelli, è “sia la funzione intuitiva del singolo che percepisce l’unità di tutte le cose in uno sguardo interiore metaspaziotemporale, sia lo sfondo metafisico unificante le cose stesse”. [5]
Ora torniamo al lógos, che in Eraclito “è l’articolazione ontologica che attraversa l’aperto, il principio strutturale del sophon…; è la forza improntante e disponente”[6], che impronta e dispone le cose.
Se è così, esiste una relazione tra Ka ed Eka, ossia tra il lógos che risiede in archè e il lógos che ne è l’azione, così come tra l’informazione fluttuante nel vuoto quantico (l’alta luce che da sé è vera) e il campo elettromagnetico, luce evidente.
Il lógos come Grande Architetto dell’Universo.
Nel Prologo leggiamo che tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui, ossia che l’attività creatrice dell’origine è propria del lógos, che è nell’origine presso se stesso.
Qui si inserisce una riflessione sul concetto di cosa, che può essere phýsei onta o techne onta, dove nel primo caso le cose sono tali da partire dalla natura per opera del lógos, che si propone come Grande Architetto dell’Universo, Archi-tecton, realizzatore dell’arché e, nel secondo caso, come derivanti dalla techne, per opera degli archi-tecton umani, che assumono il ruolo di collaboratori del lógos e di custodi della phýsis, oppure di paranoici che si sentono uguali o superiori al Grande Architetto.
Il Prologo continua poi affermando che nel lógos era la vita e la vita era la luce degli uomini. Il vocabolo usato per vita è zoé, ossia vita universale generale e, in quanto tale, luce degli uomini, ossia capace di trarre gli esseri umani all’esistenza, assegnando loro la visibilità del loro aspetto e della loro identità, così come il fuoco semprevivente assegna la visibilità del loro aspetto a tutte le cose (ta panta).
Vi è un’intima identità tra archè e lógos, essendo il lógos l’aspetto emanante dell’arché, che a questo punto possiamo definire come vuoto quantico: un vuoto pieno di informazione che con l’azione del lógos si proietta nello spazio-tempo come energia-materia.
Nel Vangelo di Giovanni si legge:
In lui [il Lógos] era la vita [zoé, vita naturale universale]
e la vita [zoé] era la luce degli uomini
Nel lógos è la vita naturale universale, che è la luce degli uomini.
Vita, luce e lógos sono pertanto intimamente connessi. Conseguentemente la Natura è il vero testo sacro nel quale leggere il Programma, ossia il criterio, la legge in base alla quale da un vuoto è emerso l’universo.
Scriveva Galileo: “Questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’universo), non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua, e conoscere i caratteri., ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intendere umanamente parole; senza questi è un aggirarsi vanamente per oscuro laberinto”.
Brian Josephson, premio Nobel per la Fisica nel 1973, ritiene che vi siano tre ordini di realtà fisica che possiamo descrivere come classico, quantistico e implicato (teoria di Bohm: ordine atemporale e aspaziale, definito Olomovimento): un ordine mistico in cui passato, presente e futuro coesistono; un ordine ove ogni cosa è parte di un’indivisa interezza.
“La corrispondenza tra i vari ordini – chiarisce Odifreddi – non è soltanto metafisico, ma costituisce una vera e propria identità: in particolare la mente è l’esperienza del livello quantico della realtà, mentre la meditazione, o l’illuminazione, permette di sperimentare l’ordine implicato”. [7]
L’illuminazione dei Misteri è l’epopteia: la capacità di vedere sopra.
In accordo con gli antichi Misteri, il viaggio iniziatico porta l’iniziato all’epopteia, al “guardare sopra”, ossia all’acquisire un’altra visione della vita, del mondo, dell’origine, della manifestazione. Nel viaggio l’iniziato scopre il suo Sé, si riappropria della sua essenza e dell’Essenza e così cambia il suo modo di vedere. La frequentazione di miti, simboli, archetipi, ha cambiato il suo punto di vista, la sua mentalità. [8] Il nuovo modo di pensare dell’iniziato è un “passare dal concetto alla metafora”, [9] che è “la parola che porta fuori (meta-phorein) l’Ineffabile”. [10]
L’iniziato, andando incontro a se stesso, incontra il lógos, all’oriente, in quanto il lógos orienta, dà senso al non senso, dà visibilità e senso all’abisso primordiale, differenzia l’indifferenziato, manifesta l’immanifesto.
La nuova vista vede ciò che di volta in volta si rende evidente, ma è anche affamata di nuove visioni, poiché ha imparato a “guardar sopra”, inseguendo il fondo abissale dal quale emerge il manifesto.
Eraclito scrive: “Il dio è giorno e notte, inverno e estate, guerra e pace, sazietà e fame, e muta come il fuoco quando si mischia ai profumi odorosi, prendendo di volta in volta il loro aroma”.
Veniamo, a questo punto, alla domanda: “In che rapporto è l’Io con il demiurgo e come varia, identificandosi con il Sé?”.
L’Io, da non confondere con l’Ego, che ne è l’inflazione non relazionale, è un principio di identità relazionale e non si identifica con il Sé, ma si relaziona al Sé. Il lógos è relazione tra l’archè e la Natura. Così come il lógos è relazione, anche il rapporto tra Io è Sé è relazione. L’Io non si scioglie nel Sé, ma ad esso si relaziona. Acquisire la relazione tra l’Io e il Sé è prendere atto della possibilità di relazione e così cambia il rapporto con il demiurgo (Grande Architetto dell’Universo), che non è più un là rispetto a un qua, ma un’identità relazionale.
La Massoneria, in quanto erede, come dice di sé, degli antichi misteri, non ha solo la funzione di condurre l’iniziato all’epopteia, ossia al diretto collegamento con il Programma-Arché, ma anche di renderlo cosciente della sua immortalità.
Il Libro egizio degli inferi (Libro di Ciò che è nella Duat) è la descrizione di un viaggio iniziatico mediante il quale si realizza lo stato di Akh, il «divino nell’umano», il «corpo di gloria», il «corpo di fiamma».
“La conoscenza quindi – scrive Boris de Rachewiltz – che è richiesta dal testo, comporta già da vivi e sulla terra la realizzazione dello stato di Akh, in altre parole la conquista dell’immortalità”. [11]
Realizzazione che è lo scopo dei Misteri, dei quali quello del “Libro di Ciò che è nella Duat” rappresenta quelli aristocratici, connessi con il percorso del sole, Ra, mentre gli osiriaci rappresentano i Misteri democratici (successivi alla VI dinastia).
Della ritualità misterica egizia sono tributari i Misteri eleusini, i riti orfici e dionisiaci e quelli della celtica Keridwen.
Il percorso iniziatico descritto dal “Libro di Ciò che è nella Duat” si svolge in 12 ore.
“Il viaggio notturno del dio Sole nell’Ade, la cosiddetta «discesa negli Inferi» – scrive Boris de Rachewiltz nell’introduzione alla sua traduzione del testo egizio – ci riporta al visita interiora terrae rectificando» della Porta Magica: è il viaggio cosciente del principio solare attraverso varie prove e pericoli «rectificando» ciò che è necessario affinché il «volatile», per dirla con termini alchemici, divenga «fisso» e il Sole possa nascere vittorioso al termine del periglioso viaggio. Gli inferi, quindi – aggiunge Boris de Rachewiltz – costituiscono la simbolica terra che deve essere «conosciuta» e il «Libro» che la descrive è la «guida» per tale viaggio che, come vedremo, può essere compiuto in via naturale dopo la morte oppure, in via eccezionale, già durante la vita. Donde il carattere di testo iniziatico propriamente detto…”. [12]
Il viaggio iniziatico è un avvicinarsi al numinoso centro profondo di se stessi, dov’è il Sé, considerato come la manifestazione dell’essenza divina nell’essere umano.
“Il ruolo centrale dell’archetipo del Sé, il centro sacro della psicologia di Jung – scrive in proposito C. Michael Smith – viene identificato come la base per una vita sana”. [13]
Il primo effetto, pertanto, di un percorso iniziatico è la conquista di una vita psicologicamente sana, premessa essenziale per una vita sana anche del corpo.
Il percorso iniziatico riguarda in primo luogo una guarigione spirituale e psicosomatica.
La via iniziatica conduce, attraversando il numinoso mare (inconscio personale e collettivo) dei numen (i nostri mostri o i nostri angeli e maestri) all’ordine implicato, ove risiede il Sé, ossia, per dirlo in termini induisti, l’Atman, che è in collegamento con l’indivisa interezza del Brahman. Il Sé è il centro del campo della coscienza individuale che si connette con la coscienza universale.
Il viaggio iniziatico attraversa gli stati profondi, antichi e universali dell’inconscio collettivo e mette l’iniziando di fronte alle proprie paure, alle paure collettive e alla numinosità degli archetipi.
Il Sé, sostiene Jung, è un archetipo che è agente ordinatore, regolatore e armonizzatore della psiché ed è fonte di senso, ossia orienta; ha le caratteristiche del lógos. Il Sé è axis mundi interiore, centro e circonferenza di se stessi.
Ecco, dunque, che nel caotico grande mare numinoso, l’iniziando individua un ordine (l’ordine implicato), ma, come avverte C.Michael Smith, “è necessario un ego [io] fortemente sviluppato se si vuole essere in grado di tollerare il potere numinoso, e talvolta caotico, dell’inconscio collettivo e sopravvivergli senza esserne fagocitati”.[14]
Qui il ruolo dei maestri, delle guide, è essenziale.
Qui facciamo i conti con il caos che in origine era una parola greca che “significava «bocca aperta», e indicava il vuoto, l’indefinito, l’illimitato…”. [15]
Il caos è proprio dell’infinitamente piccolo, mentre l’ordine appartiene a quello stato macro nel quale abitiamo e con il quale conviviamo. L’ordine è una sorta di zona confort che ci rassicura, ma se allunghiamo la nostra visuale agli spazi interstellari, ritroviamo il caos.
“Caos cosmico – scrive Guido Tonelli in Genesi – potrebbe essere l’ossimoro giusto per mettere in relazione le due entità che nell’universo si rincorrono a rimpiattino”. [16]
Quando ci si approssima al grande utero dal quale emanano gli universi, l’ossimoro deve essere l’abito mentale con il quale attrezzarsi per lanciare lo sguardo noetico oltre il confine del quaternio spazio-tempo/energia-materia.
segue
[1] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi
[2] Guido Tonelli, Genesi: Il grande racconto delle origini”, Feltrinelli
[3] Martin Heidegger, Eugen Fink, Eraclito, Laterza
[4] Negli abissi luminosi: Sciamanesimo, trance ed estasi nella Grecia antica.” di AA.VV., Angelo Tonelli
[5] Negli abissi luminosi: Sciamanesimo, trance ed estasi nella Grecia antica.” di AA.VV., Angelo Tonelli
[6] Martin Heidegger, Eugen Fink, Eraclito, Laterza
[7] Piergiorgio Odfreddi, Il Vangelo secondo la scienza, Einaudi
[8] H.Corbin, Avicenne et le récite visionnaire, citato in Umberto Galimberti, Cristianesimo – La religione del cielo vuoto – Feltrinelli
[9] H.Corbin, Avicenne et le récite visionnaire, citato in Umberto Galimberti, Cristianesimo – La religione del cielo vuoto – Feltrinelli
[10] H.Corbin, Avicenne et le récite visionnaire, citato in Umberto Galimberti, Cristianesimo – La religione del cielo vuoto – Feltrinelli
[11] Boris de Rachewiltz, Il Libro egizio degli inferi, Edizioni della Terra di Mezzo
[12] Boris de Rachewiltz, Il Libro egizio degli inferi, Edizioni della Terra di Mezzo
[13] C. Michael Smith, Jung e lo sciamanesimo, Edizioni Amrita
[14] C. Michael Smith, Jung e lo sciamanesimo, Edizioni Amrita
[15] Piergiorgio Odifreddi, Il Vangelo secondo al Scienza, Einaudi
[16] Guido Tonelli, Genesi: Il grande racconto delle origini”, Feltrinelli