LA CROCE TEMPLARE-DRUIDICA

Giu 14, 2023 | DRUIDISMO

© Silvano Danesi

Robert Graffin (L’art templier des cathédrales, Celtisme et tradition universale, Edition Garnier) sostiene che la cosmogonia e la conoscenza dei Druidi “troveranno più tardi la loro sintesi nelle cattedrali tramite i Templari e i Cistercensi”. Va infatti notato che “Malachia, il vescovo d’Armagh e primate d’Irlanda, celebre per la profezia dei papi che gli è attribuita, era amico di Bernardo di Clairvoux.


Nel 1142 i monaci cistercensi raggiunsero l’Irlanda e fondarono l’abbazia di Mellifont. L’arte tradizionale celtica era ormai interdetta. L’architettura, l’arte della maçonnerie era già sottomessa al potere dei vescovi fin dal secondo concilio di Nicea del 787″. (Michel Raoult, Les druides, Ed Rocher).

Inoltre Graffin sostiene che le cattedrali gotiche conterrebbero il codice druidico e che la croce templare deriverebbe dalla croce celtica.

Secondo Graffin non solo la croce celtica è simile alla croce templare, ma le proporzioni della croce druidica, che contengono i cerchi di Gwynfyd, Abred e Ceugant, sono presenti nella cattedrali gotiche.

 

Secondo Guy Travoux (Lettere, cifre dèi, Ecig) i Templari perpetuarono il calendario degli alberi di 13 mesi “nelle loro 13 invocazioni a Dio Padre”.

Huzza, la spina templare, la Dea, il Drago e il Druida

I riferimenti alla Dea sono presenti anche nell’acclamazione: “Huzza! Huzza! Huzza!”, usata anche nei brindisi delle Agapi rituali massoniche. Un’acclamazione il cui significato ci riporta al concetto di spina che troviamo nell’acacia e che, nel suo significato esoterico, ci conduce ad un crocevia dove si ritrovano alcuni aspetti importanti delle tradizioni druidica, templare e mediorientale.

Samura, la spina aegyptica, incarnava, a Nakla, al-Uzzà e l’albero rappresenta Dhat Anwat, probabile epiteto della stessa divinità.

Nakhla fu il nome di due località del Hijaz, nella Penisola araba, in età preislamica e nel primo periodo islamic,  site a sud di  Mecca, prima di Ta’if.

Le due località si distinguevano per un aggettivo che ne chiariva anche l’orientamento. Quella più meridionale si chiamava infatti Nakhla al-Yamaniyya, in direzione appunto dello Yemen, mentre l’altra si chiamava Nakhla al-Shāmiyya ed era più a nord di essa, in direzione della Siria (chiamata Shām).

La più interessante appare senza dubbio essere stata Nakhla al-Shāmiyya, nella quale si venerava al -‘Huzza, divinità dei Banū Kainana e, quindi, adorata anche dai Quraysh di Mecca. Nelle vicinanze sorgeva anche un santuario della divinità pagana chiamata Suwa.

Al Uzza è la principale espressione di una divinità triplice composta anche da al Lat e al Menat. Le tre divinità erano chiamate i begli astri e rappresentavano i tre volti di Venere.

Venere è associata e, nella mitologia, spesso confusa con Sirio, la egizia spdt, detta la Puntuta (il suo geroglifico è un triangolo isocele). Una denominazione che richiama la spina. Sirio era associata in Egitto antico a Iside.

La spina è un simbolo caro ai Templari. Le loro commanderie erano collegate a “luoghi spina” (da cui Epinay, Pinay, Epinac, Courbépine)) tramite cunicoli e in quei luoghi avvenivano le iniziazioni.

Per un gioco di parole (la Lingua verde è fatta di omofonie, analogie, enigmi) che vale sia per il francese, sia per l’italiano, spina e spiga sono molto simili: épine ed épi. En épi è la pannocchia. Spina, spiga, spica (latino). Spica è la stella più luminosa della costellazione della Vergine, che è rappresentata come una signora con una spiga in mano.

Va a questo punto considerato il fatto che la rosa domestica viene introdotta poco prima dell’800, mentre la rosa vera e propria è quella selvatica a cinque petali (biancospino, pruno selvatico). Il bianco spino è la spina bianca. Cinque è il numero della Dea. La stella a cinque punte è simbolicamente riferita a Iside. A Cassiopea è associato il cinque e Cassiopea è l’asterisma al quale è riferita l’indoeuropea Dana.

Un’altra spina è il pruno (prugnolo) selvatico, Prunus spinosa, (Zain), detto anche “spino nero”, in opposizione allo “spino bianco” o biancospino (Uath) cresce ai margini dei boschi e dei sentieri; alto fino a quattro metri ha fiori bianchi e frutti tondi color blu. La sua fioritura è nel periodo marzo aprile (equinozio di primavera) e i frutti maturano a settembre (equinozio d’autunno). Il pruno selvatico era considerato l’albero della magia nera e delle maledizioni ed è associato alla Scorpione; la sua runa è Purisaz.

Il biancospino, albero che va dai 2 ai 12 metri, ha fiori bianco rosati e frutti rossi ovali, con nocciolo; fiorisce a maggio giugno e i suoi frutti maturano ad agosto settembre.

Pruno e biancospino hanno le foglie a cinque punte, simbolo della Dea, come le foglie dell’edera, della vite e del platano.

Hadingham[i] cita la teoria di Norman Lokyer, secondo la quale esisteva nel 2000 a.C. un “Culto di Maggio”, legato al primo maggio, quindi ad Aldebaran, sopresso intorno al 1600 a.C. da adoratori del solstizio, quindi del Sole, provenienti dall’Egitto o dalla Grecia. Il “Culto di Maggio” venerava il sorbo (Luis) e il pruno, mentre gli adoratori del sole il vischio. Il “Culto di Maggio”, secondo Hadingham, dà origine ad un calendario con l’anno diviso in otto parti. Il sorbo e il pruno erano al tempo l’equivalente della più moderna rosa.

Va notato che nel 2000 a.C. è avvenuto il passaggio della polare dal Draco (Alpha draconis), (spina in gaelico), all’Orsa, già iniziato nell’era del Toro.

Charpentier fa notare che nel Cantico dei Cantici troviamo la spina: “Io sono la rosa di Sion […] simile al giglio in mezzo alle spine”.

La Vergine è chiamata nelle litanie Lilium inter spinas, il giglio in mezzo alle spine.

Nel Libro dei Giudici, fa notare ancora Charpentier (IX,14) si legge (secondo la traduzione moderna): “Allora tutti gli alberi dissero alla spina: «Vieni; regna su di noi». La spina rispose agli alberi: «Se siete in buona fede nello scegliermi per regnare su di voi, venite e rifugiatevi alla mia ombra; altrimenti che il fuoco esca dalla spina e divori i cedri del Libano”.

La forma antica dell’aculeo vegetale della spina è akantha, parola che per estensione diventa la pianta stessa con le spine: l’acanto, l’acacia, connessa con Al-Uzza o Huzzai.

Infine, draco in gaelico significa spina.

“Ricordiamo – scrive Myriam Phliberth – che il termine gallese Draco significa anzitutto «spina»”. [ii]

Conseguentemente “spina” potrebbe riferirsi al draco, al serpente, nel quale i Druidi si identificavano: “Je suis, dit l’un d’eux, un Druide, je suis un architecte, je suis un prophête, je suis un serpent“. [iii]

 

[i] Hadingham, I misteri dell’antica Britannia, Newton, a pagina 98

[ii] Myriam Philiberth, Da Kernunnos au roi Arthur, Ed. du Rocher

[iii] Deane pag. 254 citato in Eduard Panchaud, Le druidisme ou Religion del anciens Galois, Losanna, 1865

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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