MASSONERIA, I NODI DELLA TRADIZIONE (3)

Lug 6, 2025 | MASSONERIA, ORDINE

di Silvano Danesi

Se la Massoneria ritiene di essere un’istituzione iniziatica che accoglie le tradizioni di conoscenza delle eterie iniziatiche che sono esistite e hanno operato nel corso dei millenni, non può essere un club inglese al servizio di Sua Maestà, il quale è anche a capo della Chiesa anglicana.

La Massoneria non è nata nel 1717 ad opera degli Hannover e i suoi fondamentali non sono le costituzioni redatte dal prete protestante presbiteriano scozzese James Anderson e dal ministro della Chiesa anglicana John Theophilus Desaguliers.

La Massoneria, per ritrovare sé stessa, deve fare i conti con i nodi della tradizione iniziatica.

 di Silvano Danesi

Nodi celtici per giornale

Un’opera di restauro tradizionale

La ridefinizione rituale attuata nel corso del ‘600, grazie all’opera di Elias Ashmole, che ha riassunto una lunga e complessa rielaborazione, è un restauro tradizionale che sana la cesura tardo antica operata nei confronti delle Arti Liberali.

Tornano al loro posto l’architettura e la medicina.

Possiamo affermare, usando una metafora numerica, che il restauro tradizionale ha riportato le Arti Liberali dal Sette al Nove, così come era all’origine. Tornano al loro posto l’architettura e la medicina.

Come ho già scritto nel mio: “Le radici scozzesi della Massoneria”, i cantieri medievali, con le logge che riunivano architetti, maestri, operai, artisti e artigiani, rappresentano la concreta realizzazione, nelle arti e nell’architettura, del dibattito che percorre tutto il Medioevo sulle Arti liberali e che si confronta con il pensiero classico di Marciano Capella, introdotto da Severino Boezio e con le correnti neoplatoniche ed ellenistiche, prima, e con quelle aristoteliche poi.

È bene rammentare, come scrivono M.T.Fumagalli Beonio Brocchieri e M.Parodi, “la centralità teorica e pratica della «settumplice via alla sapienza»: la forza di questa struttura che con qualche variazione operò da asse portante della cultura dall’antichità al pieno Medioevo”. [i]

Le arti cosiddette liberali giungono alla conoscenza degli uomini del Medioevo tramite Severino Boezio, la cui opera De Consolatione “può essere considerata un vero grande repertorio di parole, temi, tipoi e immagini ancora presenti nella nostra tradizione e certamente vitalissimi fino al Settecento”. [ii]

Le arti liberali, e tra esse in primo luogo la geometria, sono il riferimento degli Old Charges e lo sono anche per una gran parte della riflessione filosofica del Medioevo.

Severino Boezio, che fa conoscere al Medioevo la logica di Aristotele, costruisce i suoi scritti ispirandosi a Marciano Capella (V secolo), il quale si riferisce a Varrone.

Marco Terenzio Varrone (Rieti 116 a.C). in gioventù compì un viaggio in Grecia fra l’84 a.C. e l’82 a.C., dove ascoltò filosofi accademici come Filone di Larissa (scettico dell’Accademia platonica) e Antioco di Ascalona (stoico dell’Accademia platonica), da cui dedusse una posizione filosofica di tipo eclettico. Morì quasi novantenne nel 27 a.C. dopo aver scritto una produzione di oltre 620 libri, suddivisi in circa settanta opere.

Varrone, secondo Christiane L.Joost Gaupier (Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull’arte- Arkejos) ebbe una sepoltura “pitagorica”. Il suo pitagorismo e platonismo emerge anche nella sua opera filosofica utopica dal titolo Marcopolis (La città di Marco), della quale ci è giunto solo il titolo.

La vasta produzione di Varrone fu suddivisa da San Gerolamo in un catalogo (incompleto, poiché sono elencati circa la metà degli scritti del reatino): in totale, le opere varroniane sono verosimilmente 74, suddivise in 620 volumi, sebbene Varrone stesso, a 77 anni, abbia riferito di aver scritto 490 libri.

Marco Terenzio Varrone, al quale si deve la distinzione in arti liberali e arti meccaniche, ordinò il sistema delle scienze in una delle sue ultime opere, le Disciplinae, (Liber novem disciplinarum), composte di nove libri, che venivano a costituire una vera e propria enciclopedia delle arti liberali. Varrone considerava in nove il numero delle arti liberali: grammatica, dialettica, retorica, geometria, aritmetica, astronomia, musica, medicina e architettura. Medicina e architettura faranno in seguito parte del canone delle sette arti meccaniche.

Negli scrittori cristiani e nelle rappresentazioni artistiche del Medioevo il numero è fissato in sette, per corrispondere al numero sacro dei pianeti, dei sacramenti, delle virtù, dei doni dello Spirito Santo.

La medicina e l’architettura, che originariamente facevano parte delle arti liberali, vennero incluse nel secondo gruppo da Marziano Capella nella sua monumentale opera in nove volumi intitolata De nuptiis Philologiae et Mercurii (Le nozze di Filologia e Mercurio, ca. 430 d.C.).

Capella, nel suo: “Le nozze di Mercurio e Filologia” riassume i contenuti delle sette discipline, raggruppati nei due settori del trivio e del quadrivio.

Il tema delle sette arti è condiviso dai maggiori pensatori dell’alto Medioevo.

Il Tempio, ossia la cattedrale medievale, è la riproduzione del cosmo, secondo l’antica tradizione egizia e il cosmo è il frutto dell’azione di un principio intelligente e ordinatore, un Grande Architetto supremo, del quale l’architetto terreno e il capomastro sono imitatori.

Le arti liberali sono l’alimento degli artigiani, dei liberi muratori, degli architetti che costruiscono nei cantieri medievali le cattedrali, veri e propri libri di pietra, nelle cui strutture, armonicamente concepite e realizzate e nelle simbologie di statue e dipinti è racchiusa la “sapienza divina” che si esprime per archetipi e per simboli.

Archetipi e simboli che costituiscono, ancora oggi, il linguaggio iniziatico della Massoneria.

I costruttori, oltre ai riferimenti platonici e neo platonici, hanno presenti anche i modelli cosmologici di Hildegarda di Bingen o le teorie sul macrocosmo e il microcosmo; conoscono la proporzione aurea e il rapporto tra il raggio del cerchio e la circonferenza.

“Quando il capomastro traccia i simboli dei diversi elementi nella Casa del Signore – scrive M.M.Davy -, non fa altro che prolungare sulla pietra le meditazioni quotidiane dell’uomo contemplativo”.[iii]

Tuttavia, l’aspetto più significativo delle scuole dei monasteri prima e delle corporazioni di mestiere in seguito è che, oltre ad essere centri di cultura tecnica, sono anche scuole di studio del simbolo e il simbolo è il riferimento essenziale del percorso massonico.

Nell’antichità, scrive René Guénon, esisteva “una sorta di geografia sacra o sacerdotale, e la posizione delle città e dei templi non era arbitraria ma determinata da leggi molto precise; si possono intuire in questo i legami che univano l’«arte sacerdotale» e l’«arte regale» all’arte dei costruttori, come anche le ragioni per cui le antiche corporazioni erano in possesso di una vera tradizione iniziatica”. [iv] Non è casuale che per i Romani Janus fosse al contempo il dio dell’iniziazione ai misteri e quello delle corporazioni artigiane, i collegia.

L’affermazione dell’autonomia della conoscenza dall’auctoritas della Chiesa cattolica apostolica romana e l’onda lunga del Rinascimento, che dà origine al pensiero moderno, ha consentito di riportare alla loro completezza le Arti Liberali.

In particolare l’attenzione va posta sul rapporto Architettura –Medicina, che è la chiave del Tempio dell’Uomo.

Il recupero dell’Architettura e della Medicina è il passaggio dal Sette al Nove, ossia dal Medioevo cristiano all’antichità dell’Enneade.

L’opera di Ashmole, pertanto, non si discosta dalla Tradizione propriamente massonica, ossia dalla conoscenza propria delle corporazioni di mestiere, ma ne completa la conoscenza sulla base del recupero delle correnti iniziatiche riemerse nell’Umanesimo e nel Rinascimento e, in particolare, di quelle alchemiche, cabalistiche e dei Fedeli d’Amore. Non va dimenticato l’apporto della tradizione druidica che Ashmole recupera e ravviva.

Il tema delle sette arti è condiviso dai maggiori pensatori dell’alto Medioevo.

Agostino, nel De Ordine, ricerca Dio attraverso la comprensione dell’ordine dato al mondo. La ratio divina ha creato tutta una trama che va riscoperta attraverso le discipline che rintracciano ed espongono l’ordine del linguaggio umano, nella ritmica, nella musica, nella geometria e nell’astronomia.

Cassiodoro, che fonda il monastero calabrese Vivarium nel 555, assimila le sette arti ai sette pilastri del Tempio di Salomone.

Isidoro di Siviglia (Etimologia) deborda dallo schema del trivio e del quadrivio e si estende alla medicina, al diritto, alle discipline sacre, alla storia degli uomini, della Chiesa e delle lingue.

Sulla stessa linea troviamo, più tardi, Beda il Venerabile e Alcuino di York.

L’Occidente fino al XII secolo conobbe Platone soltanto in una parziale traduzione del Timeo e del suo platonismo è debitore in gran parte a Boezio. Le opere di Boezio, unitamente al trattato De Interpretazione di Apuleio e al libro di Marciano Capella costituiscono per lo più fino al XII secolo le fonti occidentali della conoscenza.

Platone è conosciuto tramite i neoplatonici e solo nel XIII secolo il cosmo fisico diventa aristotelico.

Per i platonici il mondo è ordinato e la comprensione dell’ordine dato al mondo porta alla contemplazione di Dio. L’universo fisico è costituito sul modello degli accordi musicali, che formano la struttura dell’Anima del Mondo.

Un monaco scozzese, Macario, si basava sulle parole di Agostino per affermare che le anime individuali sono emanate dall’anima universale.

Il Tempio, come s’è detto, è la riproduzione del cosmo, secondo l’antica tradizione egizia e il cosmo è il frutto dell’azione di un principio intelligente e ordinatore.

L’esigenza di introdurre un principio intelligente sorse soprattutto con Anassagora, e venne fatta propria da Platone, che nel Timeo individua tale principio in un dio, il ‘demiurgo’ o ‘fabbricatore’ del cosmo. Il Timeo descrive il modo in cui il demiurgo fa passare tutto ciò che fino a quel momento si muoveva in modo caotico dal disordine all’ordine. A tale scopo il dio, mosso dal principio del bene, introduce nella materia refrattaria numeri e figure geometriche, facendola così diventare un ‘cosmo’ nel senso letterale del termine, cioè una manifestazione di bellezza e di armonia.

La stessa «anima del mondo», senza la quale il cosmo non potrebbe vivere, viene generata tramite una serie numerica, al punto che Senocrate poté definirla «un numero che muove sé stesso».  In tal modo il cosmo, benché generato, viene definito da Platone ‘incorruttibile’.

Aristotele contrappone alla visione platonica la sua, facente perno su un motore immobile che pensa sé stesso, e fa muovere tutto in quanto tutto muove verso di lui. Di Platone, tuttavia, Aristotele conserva alcuni importanti principi cosmologici e in primo luogo quello della perfezione del moto circolare. Tale principio regnerà incontrastato fino a Keplero.

Nelle opere in lingua araba del periodo medievale, nelle quali vengono elaborate dottrine cosmologiche, si tenta in genere una conciliazione tra le tesi tolemaiche e le teorie emanatiste del neoplatonismo.

La ratio divina ha creato tutta una trama che va riscoperta attraverso le discipline che rintracciano ed espongono l’ordine del linguaggio umano, nella ritmica, nella musica, nella geometria e nell’astronomia. È riproposto nel suo valore etico l’antico programma delle arti liberali.

Siamo di fronte ad un processo per cui la filosofia che comprende e riassume le arti liberali diventa “santa filosofia”, così come la geometria diventa “sacra”.

Nell’architettura, nella pittura e nella scultura si avverte anche l’influenza degli Arabi e degli Ebrei di Spagna.

Simboli celtici sopravvivono nella scultura romanica. La Scozia e l’Irlanda forniscono, nelle spirali e negli intrecci, una misteriosa cultura di provenienza celtica.

Il modello celtico riecheggia nell’idea di un centro come dimora del divino (Ceugant), attorno al quale per cerchi concentrici esistono il mondo bianco, mondo di luce (Gwynfydd) e quello della materia (Abred), luogo delle peregrinazioni dell’essere umano (Vedi in proposito i miei: La via druidica primo e secondo volume). L’altro mondo celtico, “non è altro che la matrice invisibile di questo mondo, la sua permanenza”. [v]

Non manca la presenza, assai simile, dello schema norreno, con Asgarðr, la dimora degli dèi, fabbri e artigiani abilissimi, al centro, seguita da un recinto di mezzo, riservato agli uomini, (Miðgarðr) e da un cerchio esterno riservato ai giganti (Utgarðr).

Le arti liberali sono l’alimento degli artigiani, dei liberi muratori, degli architetti che costruiscono nei cantieri medievali le cattedrali, veri e propri libri di pietra, nelle cui strutture, armonicamente concepite e realizzate e nelle simbologie di statue e dipinti è racchiusa la “sapienza divina” che si esprime per archetipi e per simboli. Archetipi e simboli che costituiscono, ancora oggi, il linguaggio iniziatico della Massoneria.

Oggi l’insieme le regole dell’universo sono riproposte in modalità che, soprendentemente, in molti casi, richiamano le intuizioni degli antichi filosofi.

Oggi si parla di campo quantico, di un vuoto come origine, di un quaternio spazio-tempo e energia-materia, delle particelle come eccitazioni di campi e, tuttavia, come ben spiega Guido Tonelli, nel suo ultimo libro: “L’eleganza del vuoto” (Feltrinelli), se anche noi fossimo in grado di togliere tutto quello che c’è, fino a creare un vuoto totale, assoluto, rimarrebbero le leggi della fisica.

Ed ecco che torna la lezione del grande Eraclito: “Una sola cosa è la sapienza: conoscere l’intendimento che governa tutte le cose attraverso tutte le cose”. (Fr.22B41Dk).

 

[i] M.T.Fumagalli Beonio Brocchieri e M. Parodi, Storia della filosofia medievale, Laterza

[ii] M.T.Fumagalli Beonio Brocchieri e M. Parodi, Storia della filosofia medievale, Laterza

[iii] M.M.Davy, Il simbolismo medievale, Mediterranee

[iv] René Guénon, Il re del mondo, Adelphi.

[v] Yvan Guéhennec, Les Celtes et la parole sacrée, Editions label LN

Silvano Danesi

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