di Filippo M. Leonardi
Nel linguaggio moderno è ormai usuale paragonare l’innamoramento ad un colpo di fulmine, vale a dire a una forte scarica elettrica. D’altra parte il fascino che innesca l’amore è spesso assimilato a una sorta di attrazione magnetica tra poli opposti, che agisce a distanza ma aumenta con la vicinanza. Queste metafore si ritrovano nella letteratura degli ultimi secoli, in particolare nella lirica, con maggior frequenza a partire dal XVII sec. ovvero da quando i fenomeni elettrici e magnetici furono scientificamente indagati e di conseguenza divulgati. Ma anche in precedenza si trovano frequenti analogie tra fenomeni fisici e metafisici nelle trattazioni filosofiche e nel simbolismo esoterico, dove la forza elettrica o magnetica rappresentano allegoricamente il principio d’attrazione universale.
I fenomeni fisici legati al magnetismo naturale e all’elettricità statica erano già noti fin dall’antichità, come testimoniato da Platone che nel Timeo (circa 360 a.C.) menziona «le meraviglie riguardanti l’attrazione dell’ambra (ἠλέκτρων) e della pietra Eraclea (Ἡρακλείων λίθων)» (1) ma vari autori indicano Talete (625-547 a.C.) come il primo ad aver eseguito esperimenti scientifici in tale ambito, sebbene non ci sia pervenuto alcuno dei suoi scritti in merito.
L’elettricità prende il nome proprio dall’ambra, che i Greci chiamavano ēlektron, per il fatto che questa resina fossile, strofinata con un panno di lana, si elettrizzava cioè acquisiva la proprietà di attirare piume, peli, capelli e pagliuzze. Infatti, durante lo sfregamento l’ambra cattura una certa quantità di elettroni, perciò si carica negativamente. Di conseguenza attira oggetti di carica opposta, ma anche oggetti privi di carica, per induzione elettrica, purché siano molto leggeri. Questo tipo di elettricità, cosiddetta “statica”, fu l’unico tipo di elettricità conosciuto fino al termine del XVIII sec.
Il magnetismo deriva invece il suo nome dalla città di Magnesia (Μαγνησία) nell’Anatolia occidentale ai piedi del monte Sipilo, dove si trovava in abbondanza un tipo di pietra, ora chiamata appunto magnetite, che è un materiale ferromagnetico naturale, vale a dire che si trova già magnetizzato in natura. I Greci la chiamavano anche ἀδάμας con un termine che già indicava l’acciaio o il diamante, con riferimento alla durezza del metallo o della pietra.
Una cosa interessante, di recente scoperta, è che la magnetite è presente nel corpo umano, tra il naso e gli occhi, all’interno dell’osso etmoide. Si ritiene che costituisca le vestigia di un antico organo dedicato alla magnetocezione, cioè alla percezione del campo magnetico terrestre, che uccelli e altri animali, come tartarughe e cetacei, utilizzano ancora per orientarsi durante le loro migrazioni.
Il primo poeta dell’antichità a paragonare l’amore al magnetismo è stato Claudiano (370-406 d.C.) di origine egiziana ma trasferito a Roma nel 394 d.C. Nel carme 29, intitolato per l’appunto Magnes, cioè “magnete”, descrive l’attrazione esercitata dalla femmina sul maschio, in forma allegorica, come forza magnetica tra una statua di Venere scolpita in magnetite e una di Marte realizzata in ferro. Il fenomeno è descritto come un’opera meravigliosa, «l’opus mirum in cui i materiali diversi, ferro e magnetite, raffigurano rispettivamente Marte e Venere, e all’interno del quale la dea esercita sul possente dio guerriero una irresistibile attrazione erotica fino a provocare l’unione fisica dei due minerali» (2)
Da notare che secondo la corrispondenza tradizionale tra pianeti e metalli Venere dovrebbe corrisponde al rame, non alla magnetite. Tuttavia l’allegoria è fisicamente pertinente se si considera che un elettromagnete è costituito da una bobina di rame, ottimo conduttore, su cui si fa scorrere una corrente elettrica che genera un campo magnetico concatenato che è intensificato mediante inserimento di un nucleo di ferro all’interno della bobina. Rame e ferro sono i metalli migliori per la trasmissione rispettivamente dell’elettricità e del magnetismo.
I versi del Magnes, in un certo senso, introducono l’allegoria alchemica delle cosiddette “nozze chimiche” in cui si uniscono due elementi opposti e complementari: Effigies non una deis, sed ferrea Martis / forma nitet, Venerem magnetica gemma figurat. / illis conubium celebrat de more sacerdos. «Non unico è il simulacro degli dèi, ma di Marte riluce / l’effigie di ferro, mentre la gemma del magnete raffigura Venere. / Per loro, secondo il rito, il sacerdote celebra le nozze». (3)
Il magnetismo qui rappresenta una forza sottile in grado di attirare il pesante ferro, così come il fascino femminile può soggiogare la forza bruta del maschio. Ritroveremo questo stesso concetto, molti secoli più tardi, raffigurato nella carta dei Tarocchi denominata “la forza”, in cui una donna apre a mani nude le fauci di un leone. Il significato simbolico di questa figura è che la vera forza dell’adepto non è quella bruta e materiale, ma quella sottile e spirituale.
Nel 1544 Marsilio Ficino, commentando il Convito di Platone, riconduce al principio universale dell’Amore qualsiasi forza di attrazione fisica: «Le parti di questo Mondo come membri d’uno animale, dependendo tutte da uno Amore, si connettono insieme per comunione di natura […]. Per questa comune parentela nasce Amore comune: da tale Amore nasce il comune tiramento: e questa è la vera Magica. Così dalla concavità della spera lunare, si tira il fuoco in alto, per congruità di natura: dalla concavità del fuoco è tirata similmente l’aria: dal centro del mondo la terra: ancora dal suo luogo l’acqua. Di qui la calamita tira il ferro: l’ambra la paglia: il zolfo il fuoco. Il Sole volge inverso sé fiori e foglie: la Luna muove l’acqua, e Marte i venti: e varie erbe tirano a sé varie spezie d’animali. Così nelle cose umane ciascuno è tirato dal suo piacere». (4) Per Marsilio Ficino il magnetismo della calamita o l’elettricità dell’ambra, come altre forze della natura, sono soltanto particolari manifestazioni del principio che tiene insieme le varie parti dell’universo, così come l’attrazione tra il maschio e la femmina, per cui lo si può chiamare genericamente Amore.
Nel 1600 il medico inglese William Gilbert pubblicò un approfondito studio scientifico sul magnetismo in cui utilizza il termine latino coitio, cioè “accoppiamento”, per indicare l’attrazione reciproca tra due poli magnetici o tra un magnete e il ferro. Infatti mentre l’attrazione è unilaterale, la coitio magnetica non provoca il movimento per facultatem attractricem, sed per utriusque concursum aut concordantiam, cioè «non per attrazione unilaterale ma per reciproco concorso e concordanza». (5) All’epoca Gilbert considerava il magnetismo come una “interazione” tra calamita e ferro, mentre l’elettricità statica la considerava una forza esclusivamente attrattiva da parte dell’ambra nei confronti di piccoli frammenti come peli e pezzi di carta, dato che non erano ancora stati inventati i condensatori e quindi non erano state separate le cariche elettriche opposte. La dimostrazione consisteva nel fatto che ferro e calamita continuavano ad attrarsi anche interponendo fra di loro un altro materiale, mentre l’ambra sembrava perdere il suo effetto di fronte ad un ostacolo. Il primo condensatore elettrico fu la cosiddetta “bottiglia di Leida” inventata dal fisico olandese Pieter van Musschenbroek nel 1746, cioè un secolo e mezzo più tardi.
Sebbene il trattato di Gilbert sia un’opera propriamente scientifica, l’attrazione magnetica è spesso indicata in termini erotici. Nel capitolo 26 affronta la questione Quarè maior appareat ferri & magnetis amor, quàm magnetis cum magnete ricorrendo al termine “amore” per indicare l’attrazione magnetica (6). Gilbert cita al riguardo anche i carmi orfici: Orpheus in suis carminibus narrat, ita ferrum à magnete trahi, ut sponsam ad amplexus sui sponsi, «Orfeo nei suoi carmi narra che il ferro e attirato dal magnete come la sposa nell’amplesso con il suo sposo». (7)
Nel XVI sec. sebbene la scienza cominciasse a rivolgersi verso il metodo sperimentale, ancora non era stata abbandonata l’idea che i fenomeni fisici fossero tra loro collegati da profonde analogie secondo la legge dell’armonia universale che regolava tutto il cosmo. Così troviamo, per fare un esempio, l’astronomo Galileo Galilei che paragona il sole al cuore (8), mentre all’inverso, il medico William Harvey paragona il cuore al sole (9). Allo stesso modo lo scienziato William Gilbert paragona il magnetismo all’amore, mentre altri autori, all’inverso, paragonano l’amore al magnetismo, considerando l’attrazione amorosa in tutte le sue varietà, sia quella profana che quella mistica e religiosa: Salvator noster est instar magnetis: nam sicut magnes, non verbis, sed absconditae naturae vi ferrum ad se trahit, et mirabili nexu conjungit […] Quam Sponsi proprietatem indicat Sponsa, cum ab Sponso ad se trahi instanter efflagitet, Cant. I: Trahe me, inquit, post te curremus, «il Nostro Salvatore è come un magnete: infatti come il magnete attrae il ferro a sé, non per mezzo di parole, ma per invisibile forza di natura, così unisce per mezzo di un meraviglioso legame […] [come] la sposa quando indica la proprietà dello sposo, sollecitando che lo sposo la tragga subito a sé: Attirami a te, ti correremo dietro (Cantico dei Cantici, cap. 1)». (10)
All’epoca era già da tempo nota l’interazione tra la magnetite, detta anche calamita, e il campo magnetico terrestre. L’uso della bussola, inventata dai Cinesi, era stato già introdotto in Europa dai navigatori amalfitani, tramite gli arabi. La prima testimonianza dell’uso della bussola in occidente risale infatti al XII sec. e si trova in un manoscritto di Alexander Neckam (11). Poiché il polo nord celeste è indicato dalla stella polare, la cui proiezione sull’orizzonte corrisponde al nord geografico, nel simbolismo erotico si accenna a questa stella come punto di riferimento e guida.
Nel 1608 Otto van Veen pubblica una raccolta di incisioni che raffigurano l’Amore per immagini allegoriche, fra cui quella in cui Eros tiene in mano un quadrante di fronte alla donna amata, mentre alle sue spalle si intravede su un tavolo una bussola che punta verso la stella polare. La scritta in antico tedesco dice: Mijn Lief is mijn sterre, «la mia amata è la mia stella» con riferimento alla polare che guida i naviganti indicando il nord. In francese invece: Son oeil mon nord, «il suo occhio [è] il mio Nord» con allusione al potere magnetico dello sguardo. Seguono alcuni versi in cui è inserito il gioco di parole tra amant, che significa “amante”, e aimant, che significa “calamita”: Le supreme pouuoir presque à chasque personne / Ordonne sa moitie, qui tire à soy l’amant, / Comme le pol du nord fait la pierre d’aimant, / Nul ne peut euiter ce que le ciel ordonne. «Il potere supremo quasi ad ogni persona / ordina alla sua metà che attiri a sé l’amante / come il polo nord fa alla calamita». (12)
La parola aimant, con cui in francese si indica la calamita, deriva dal greco ἀδάμας –αντος, ma a seguito delle modifiche di pronuncia, si è avvicinato al verbo aimer che significa “amare”, da cui l’accostamento che si trova spesso nella poesia, come ad esempio in Racan: Vous attirez les cœurs avec un tel aimant, Que qui n’a point d’amour n’a point de sentiment. (13)
Più tardi anche Gabriele D’Annunzio descrive l’innamoramento come una sorta di magnetizzazione: «Pareva ch’entrasse in loro una particella dell’amoroso fascino di quella donna, come entra nel ferro un poco della virtù della calamita. Era veramente una sensazione magnetica di diletto, una di quelle sensazioni acute e profonde che si provan quasi soltanto negli inizii di un amore». (14)
Il magnetismo come metafora dell’amore è quasi un topos letterario, ma ricorre sempre, sotto traccia, come tema dell’esoterismo. Con lo sviluppo dell’elettrotecnica, prende piede anche la metafora della tensione elettrica, a rappresentare l’attrazione tra poli opposti, e della corrente elettrica, come forza folgorante simile all’innamoramento. Il noto esoterista Julius Evola, che aveva studiato ingegneria, affronta la cosiddetta “teoria magnetica dell’amore” descrivendo l’attrazione sessuale in termini più precisamente elettrici: «Gli stessi casi di un desiderio brutale e immediato per la femina noi dobbiamo considerarli in funzione di una specie di cortocircuito e di “caduta di potenziale” di questa relazione fluidica non materiale, mancando la quale manca anche ogni trasporto dell’un sesso verso l’altro, dalle sue forme più grossolane fino a quelle più sublimi e spiritualizzate». (15)
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
(1) Platone, Timeo, 80c. < Platonis Opera, ed. John Burnet. Oxford University Press. 1903.
(2) Lucio Cristante, La calamita innamorata, p. 41 < Incontri triestini di filologia classica 1 (2001-2002), pp. 35-85.
(3) Claudio Claudiano, Carmina minora, 29, Magnes, vv. 25-27
(4) Marsilio Ficino, Sopra lo Amore o ver’ Convito di Platone, Neri Dortelata, Firenze, 1544, p. 165.
(5) William Gilbert, De magnete, Verborum quorundam interpretatio < Guilielmi Gilberti Colcestrensis, Medici londinensis, De magnete magnetisque corporibus et de magno magnete tellure, Petrus Short, Londini, 1600.
(6) Ibidem, Liber. 2, Cap. 26.
(7) Ibidem, Liber. 2, Cap. 3, p. 60-61.
(8) Galileo Galilei, Lettera alla granduchessa Cristina, 1636 > Le opere di Galileo Galilei, Tomo II, Società Editrice Fiorentina, Firenze, 1843, p. 61.
(9) William Harvey, Exercitatio Anatomica de Motu Cordis et Sanguinis, William Fitzer, Frankfurt, 1628.
(10) R. P. Iacobi Alvarez de Paz, De vita spirituali, eiusque perferctione libri V, Antonij Hierati, Moguntiae, 1614, Libro 5, Parte 2, cap. 24, col. 1372.
(11) Alexander Neckam, De nominibus utensilium.
(12) Amorum Emblemata, figuris aeneis incisa studio Othonis Vaeni Batavo-Lugdunensis, apud Hieronymum Verdussen, Antuerpiae, 1608.
(13) Larousse, Grand dictionnaire universel du XIXe siècle – Tome 1, part. 1
(14) Gabriele D’Annunzio, Il piacere, p. 86
(15) Julius Evola, Metafisica del sesso, cap. 9. La teoria magnetica dell’amore, Ed. Mediterranee, Roma, 1969, p. 48 < Atanòr, Roma, 1958.