LA DISGREGAZIONE DELLA FAMIGLIA

Nov 20, 2024 | ANTROPOLOGIA

di Rosa Maria Rocchi 

Quello che abbiamo sotto gli occhi ha radici lontane, possiamo risalire almeno all’illuminismo, quando il culto della ragione si oppose tenacemente alla religione tradizionale ed ai suoi valori fondanti.

Il parallelo sviluppo delle prime industrie cominciò a rompere quei legami familiari che erano stati tenacemente conservati nella società contadina. Il lavoro in città, sempre più diffuso, allentava i legami con la famiglia di origine e rendeva più fragili quelli del nuovo nucleo cittadino.

Il tempo dedicato ai figli dalle madri lavoratrici diminuiva costantemente. La rete, costituita dalle antiche famiglie numerose, in città non c’era più, complice anche l’alto costo degli alloggi. Questo progetto manipolatorio, mirato ad una disgregazione della  famiglia, e ad una conseguente denatalità ha, per me, un inizio preciso: la posa della “pietra angolare” della Banca d’Inghilterra, quando l’elite dominante ed in parte esoterica si pose come fine di svuotare progressivamente e cancellare i culti monoteisti tradizionali, per sostituirli con i nuovi dogmi: il commercio, la finanza, la denatalità.

Sorsero movimenti politici, tra i quali la Fabian Society, che all’inizio si presentava come un’associazione, con lo scopo dichiarato di elevare le classi lavoratrici, in modo da fare loro ottenere un peso maggiore negli equilibri di potere.

Pian piano, nonostante gli ideali socialisti della prima ora, i conflitti interni dovuti a differenti opinioni in merito all’Unione Sovietica ed alla partecipazione alle guerre si conclusero con un’accettazione del capitalismo, anche se con venature riformistiche.

In realtà questa associazione di intellettuali e borghesi, pur difendendo a parole principi di solidarietà sociale, nei fatti imbrigliò e indebolì la classe operaia. Più importante però era ed è, per noi, l’interesse più nascosto e oscuro di questa associazione: l’eugenetica.

Il concetto di base era che, con il progredire della industrializzazione e della automazione, moltissime attività sarebbero diventate obsolete e di conseguenza moltissimi lavori sarebbero diventati “inutili”. Allora la soluzione scelta fu: combattere in ogni modo la natalità e la famiglia.

Concetto condiviso da Malthus, il quale riteneva che l’umanità avesse un futuro di stenti e miseria, convinto com’era che l’incremento della popolazione fosse molto maggiore della possibilità di produrre adeguati mezzi di sussistenza.

Al di là delle guerre mondiali, che nel secolo scorso hanno prodotto una “scrematura” non indifferente, l’elite occidentale è corsa ai ripari con una incredibile accelerazione.

Qualche domanda è d’obbligo.

Quale governo si è occupato dell’edilizia popolare per combattere il degrado delle condizioni abitative, concausa di una progressiva miseria?

Dobbiamo a Fanfani, allora al suo quarto governo, il piano di intervento dello stato italiano che, con l’Istituzione dell’I.N.A.-CASA, realizzò edifici residenziali popolari, su tutto il territorio italiano, in attuazione della Legge n. 167 del 18 aprile 1962.

Non mi risulta che da allora sia stato più costruito per conto dello stato niente di simile, tranne quei mostri architettonici noti come “le vele di Scampia”, falansteri il cui aspetto di alveare, sorto in mezzo al nulla, chiarisce bene il disprezzo che caratterizza, al di là della retorica, l’azione della sinistra verso i lavoratori.

Altri ostacoli alla famiglia: prima della guerra le fabbriche, gli uffici pubblici, oltre alle mense avevano nidi e asili per i bimbi delle lavoratrici. Tutto ciò è sparito da quando l’O.N.M.I. (Opera Nazionale per la Maternità e per l’Infanzia) è stata sciolta con Legge n. 698 del 23 dicembre 1973, e mai più ricostituita.

Nel frattempo il bombardamento mediatico, operato con costanza su tutti i fronti, film, pubblicità, riviste femminili, programmi televisivi, ha formato un coro unanime per spingere le donne verso sempre maggiori e illusorie libertà: sessualità senza regole, edonismo, narcisismo dell’apparire piuttosto che essere, allontanamento di ogni assunzione di responsabilità familiare, il tutto per procrastinare sine die ogni concepimento e renderlo di fatto raramente attuabile.

Ma ai malthusiani come Bill Gates o ai fabiani di casa nostra, “ben rappresentati” dall’ex-ministro Speranza non è bastato. Ed ecco l’esaltazione dell’omosessualità, la lobby LGBTQIP+, i “queer” la “woke” il “fluid gender”, e l’inaccettabile difesa dell’aborto, che pur legalmente autorizzato entro le 12 settimane, si vorrebbe secondo quanto ribadito e richiesto da Kamula Harris, estendere fino al nono mese!

Si è così assistito all’invasione di questi nuovi dogmi non solo nei media o nei social bensì nelle aule scolastiche, ove con edifici a rischio crollo e docenti ignoranti, ideologizzati e malpagati, ci si preoccupa dell’uso “fluid gender” dei bagni. Si è giunti persono a diffondere opuscoli che propugnano una sessualità degradata a bambini di scuola materna.

Ma non bastava. Appare all’improvviso una “chimera” presentata come un virus pericolosissimo per il mondo intero. Chiunque possieda una memoria migliore di quella di un criceto ricorderà bene tutto.

Solo ora molti si cominciano a rendere conto delle conseguenze nefaste derivate dalla paura della morte, indotta in una popolazione resa ignorante, scristianizzata (che forse meglio definire despiritualizzata), vessata, avvilita, spinta verso un consumismo sempre più becero, confusa da una manipolazione neuro-linguistica già brillantemente sperimentata durante il Terzo Reich: afferma, nega, confondi, terrorizza, domina.

Ormai siamo divisi tra chi ha detto sì al siero sperimentale e chi vi ha opposto un netto rifiuto.

Recenti statistiche attestano una crescita costante di infertilità sia femminile che maschile, ma, per fortuna ogni medaglia ha il suo rovescio.

Internet ha un lato oscuro ma, nonostante la censura molte luci sono riuscite a brillare, a diffondere dubbi, a suscitare domande.

Il nostro compito è difendere “perinde ac cadaver” la nostra identità, preservare i pochi valori tradizionali rimasti, agire, quanto più possibile, in loro favore, e non contro la “struttura” (così l’ha definita Paolo Rumor nel suo libro “L’altra Europa”), che sono certa imploderà prima o poi nella sua nequizia “Non praevalebunt”.

 

 

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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