di Silvano Danesi
Un misterioso dipinto di Arnold Böcklin, “L’Isola dei morti”, ci fornisce la chiave per comprendere lo scontro in atto tra l’Occidente atlantico protestante e gnostica e la Russia tornata zarista e ortodossa. Scontro che non è solo economico e geopolitico e che affonda le sue radici in quello avvenuto nel secolo scorso, con due guerre mondiali combattute prevalentemente in Europa e, oggi, di nuovo in essere con quella che, di fatto, è la terza guerra mondiale con epicentro in Europa.
Il misterioso dipinto unisce alcuni personaggi del secolo scorso, protagonisti di eventi storici solo apparentemente diversi e opposti e, al contrario, come si scopre andando a scavare, appartenenti alla stessa alla radice.
Procediamo con ordine.
L’Isola dei morti (Die Toteninsel) è il nome collettivo di cinque dipinti del pittore svizzero Arnold Böcklin (Basilea, 1827 – San Domenico di Fiesole, 1901), pittore, disegnatore, scultore e grafico svizzero, nonché uno dei principali esponenti del simbolismo tedesco.
La pittura di Böcklin si evolve nel corso degli anni e giunge a livello dell’inconscio ad approfondire il campo del visionario e del fantastico. I protagonisti delle sue opere diventano così personaggi mitologici e spesso misteriosi ed onirici, quasi oscuri.
Secondo lo stesso Böcklin, lo scopo dell’arte era rivelare una realtà che non è percepibile attraverso la ragione ed i sensi, ovvero la realtà interiore della psiche umana, per esprimere la quale l’artista ricorre ad una serie di simboli, soprattutto derivanti dalla mitologia.
Nelle opere di Böcklin, l’emotività interiore è sempre presente insieme ad un altro tema: il dramma della vita e della morte. Ne sono esempio la celebre coppia di dipinti “L’isola dei morti” (1880-1886) e “L’isola dei vivi” (1888) e “Autoritratto con la morte che suona il violino” (1872).
L’Isola dei morti comperata da Hitler
L’Isola dei morti originale
L’Isola dei vivi
Autoritratto con la morte che suona il violino
Il dipinto del quale ci occupiamo, nelle sue varie declinazioni, non è sempre stato intitolato “L’Isola dei morti”. In precedenza l’artista lo aveva chiamato “Un luogo tranquillo”.
Il committente iniziale era stato Alexander Gunther, il mecenate di Böcklin, del quale si sa ben poco, se non che chiese l’esecuzione di questo quadro enigmatico.
La testimonianza del rapporto tra Arnold Böcklin e Alexander Gunther è nelle lettere del pittore al suo mecenate. In particolare si ha contezza di una lettera datata 19 maggio 1880, nella quale il pittore comunica che ha completato l’opera e si dice molto soddisfatto del lavoro svolto.
La leggenda che circonda “L’Isola dei morti” narra che, stregato dalla sua stessa opera, il pittore, abbia deciso di non consegnarla.
Dell’opera di Arnold Böcklin esistono cinque versioni, anche se è la terza che ha suscitato e suscita i maggiori interrogativi ed è quella della quale ci occupiamo in ragione dei suoi estimatori.
Oltre all’originale, che l’autore tenne per sé, una copia fu dipinta per Marie Berna, contessa di Oriola.
La terza versione fu realizzata per il mercante d’arte Friz Gurlitt nel 1883.
Una quarta versione entrò a far parte della collezione privata del barone Heinrich Thyssen e fu distrutta durante un bombardamento.
Una quinta variante della tela, infine, fu realizzata nel 1886, commissionata dal museo di Belle Arti di Lipsia.
La terza edizione, con le misteriose iniziali AR incise su una delle camere sepolcrali della roccia, è quella che ci interessa ed è anche quella che per la prima volta fu chiamata con il titolo Die Toteninsel (L’isola dei morti). Essa venne acquistata da Hitler nel 1933, il quale la collocò prima nel Berghof e poi nella Cancelleria del Reich.
Colpito dalla spettrale bellezza del dipinto, il Führer tenne per anni l’opera nel suo rifugio sulle Alpi salisburghesi. Nel 1944 lo trasferì nella Cancelleria del Reich e da qui nel bunker dove trascorse le ultime ore di vita prima di suicidarsi (secondo la versione storica ufficiale).
La misteriosa opera di Böcklin, appesa al muro dello studio privato di Hitler, compare anche in una fotografia che ritrae l’incontro tra i ministri Joachim von Ribbentrop e Vjaceslav Molotov per la firma del Patto di non aggressione tra Germania e Unione Sovietica.
Hitler con l’Isola dei morti appesa nello studio.
L’Isola dei morti era presente anche nella residenza svizzera di Lenin a Zurigo.
Il dipinto suscitò anche l’interesse di Stalin, il quale, dopo l’occupazione di Berlino, lo fece portare a Mosca, dove è rimasto fino al 1991, quando è stato restituito alla Germania ed è ora esposto alla Alte Nationalgalerie di Berlino
L’opera di Böcklin ha ispirato pittori, musicisti e poeti, tra i quali, Gabriele D’Annunzio, il quale dopo aver visto il quadro ne volle una riproduzione in camera da letto e piantumò nel giardino del Vittoriale sul lago di Garda cipressi lugubri e maestosi, sull’esempio di quelli che si ammassano sull’isola.
Nel 1888, il pittore ha deciso di chiudere questa serie di inquietanti opere dipingendone un’altra intitolata l’Isola dei vivi, oggi al Kunstmuseum di Basilea, dove si trova anche la versione originale dell’Isola dei morti.
Di tutta questa attenzione suscitata dal quadro di Böcklin, quanto è da sottolineare è lo strano convergente interesse di politici comunisti e nazisti, evidentemente attratti da un’immagine dai contenuti esoterici che li accomunano.
Il simbolismo del dipinto ha avuto varie interpretazioni, come spesso accade quando ci si addentra nel linguaggio simbolico e archetipico, ma qui ci interessa tentare di capire quali siano i simboli che possono aver catturato esponenti del comunismo e del nazismo, due mondi solo apparentemente distanti e opposti.
THULE, L’ISOLA DEL “CONFINE”
L’isola è rocciosa e, in quanto tale, simbolo di eternità, di salvezza, di protezione, di sicurezza, di forza, di resistenza e di stabilità ed ancora di purezza, sincerità e fedeltà, ma anche di ricchezza e prosperità.
L’isola è stata sempre un topos polisemico: simbolo di remota solitudine, luogo incerto fra cielo, mare e terra, è Paradiso, ma anche la mitica Thule; è luogo al di là del mondo conosciuto.
Thule è l’isola dove non tramonta mai il Sole sulla quale l’esploratore greco Pitea avrebbe messo piede trecento anni prima della venuta di Cristo. Un’isola dalla bellezza apollinea, intrisa di magia, a metà tra questo mondo e l’Altro.
Thule deriva dall’etrusco “tular“, cioè “confine” ed è, quindi, il confine.
Con Thule entriamo a contatto con il primo degli elementi di un possibile interesse esoterico di personaggi come Hitler e Lenin.
La Società di Thule, fondata da Walter Nauhaus, nasce come gruppo di studio riunente seguaci dell’ariosofia di Guido von List e Jorg Lanz von Liebenfels, della teosofia di Helena Blavatsky, dell’occultismo razzistico di Aleister Crowley e di scuole di pensiero come il neoteutonismo di Theodor Fritsch.
Questa associazione di studi, che avrebbe acquisito il nome di Thule soltanto nel 1918 – in seguito all’incontro tra Nauhaus e l’esoterista Rudolf von Sebottendorf –, tra l’immediato dopoguerra e la prima metà degli anni Venti avrebbe visto la partecipazione alle proprie riunioni segrete di quella che, un decennio dopo, sarebbe divenuta l’élite del nazismo: Hess, Rosenberg, Hermann Goring, Heinrich Himmler, il futuro governatore della Polonia occupata Hans Frank, l’ideologo Dietrich Eckart, il propagandista Julius Lehmann, il geopolitico Karl Haushofer e l’economista Gottfried Feder.
Secondo l’interpretazione dei membri della Thule Gesellschaft e di altri esponenti della ariosofia (conoscenza degli ariani), il mito tratta di una terra abitata da una razza umana superiore, identificata sovente con il popolo degli iperborei, organizzata in una società pressoché perfetta.
E’ in questa accezione che, probabilmente, l’isola misteriosa, posta in un mare e in un cielo irreali, suscitava l’interesse di Hitler, ma anche di Lenin, il quale aveva frequentato a Ginevra ambienti spiritualisti e teosofici.
Delle piccole strutture in pietra simili a dei templi sorgono qua e là e si scorgono alcune aperture che paiono condurre a delle camere sepolcrali. Queste misteriose strutture in pietra sono disposte orizzontalmente lungo tutto lo spazio.
Tuttavia, più che sepolcri, le strutture in pietra potrebbero essere intese come testimonianze ultime di una civiltà passata. Lacerti di Thule?
Per come è disposto l’approdo della terza versione, l’isola sembrerebbe proporsi come un portale, dove lacerti di un’antica civiltà indicano la via che è da percorrere tra i cipressi, ossia dal basso verso l’alto.
I cipressi, alberi tradizionalmente associati alla morte, sono simbolo d’immortalità in quanto sempreverdi, resinosi ed estremamente longevi, il cui legno è considerato incorruttibile.
Dalla mitologia il cipresso è sempre stato considerato una pianta sacra, legato al mistero della morte ed al rapporto tra la vita naturale e la soprannaturale.
La sua sagoma triangolare ci riconduce ad altre simbologie geometriche universali, che si riferiscono alla divinità e alla relazionalità trinitaria (trinità come relazioni sussistenti).
Ovidio, nelle sue Metamorfosi (Libro X, vv 86-140), ci racconta la storia del figlio di Telefo, Cyparissus, il quale, avendo ucciso, per errore, un cervo di Apollo, chiese agli dei di farlo morire. Gli dei invece lo trasformarono in albero che, dal suo nome, fu chiamato “cipresso”.
La Bibbia cita spesso il cipresso come simbolo di abbondanza e di fertilità e come simbolo
della sapienza di Dio (Isaia, 6, 37; Ezechiele, 27;Cantico dei Cantici, vv 17). La fedeltà a Dio è paragonata ad un cipresso sempreverde (Osea, 14,9; Zaccaria, 11).
Il mare è scuro, immobile, tetro e richiama le acque primordiali.
Ci sono poi due personaggi: un barcaiolo e una figura bianca in piedi (verticale), simbolo della resurrezione (re-surgo, mi metto in posizione eretta). La figura bianca è davanti ad una bara bianca, simbolo dell’orizzontalità, ossia della mortalità, della corporeità, del soma che è sema.
Per Socrate il corpo (greco: soma) è una prigione (greco: sema) dentro cui abita la nostra parte immortale ed eterna.
Alla morte del corpo l’anima si distacca per tornare nel luogo che le compete, accanto agli dei, in quello che più avanti Platone chiamerà il “mondo delle idee”.
Nel nostro caso il richiamo al soma e al sema ha un’importanza fondamentale in rapporto alla fascinazione che il dipinto ha esercitato su Hitler e Lenin, in quanto si inscrive in un filone gnostico che accomuna nazismo e comunismo.
Dato che la destinazione è l’isola dei morti, gli unici “visitatori” ammessi a questo luogo soprannaturale sono i defunti. In questa accezione, l’uomo impegnato a remare potrebbe essere Caronte, il traghettatore di anime nell’oltretomba.
Con tutta probabilità siamo però di fronte ad un rito che richiama quello osiriaco e che riguarda non tanto un defunto, ma un iniziato, il quale naviga verso l’isola misteriosa che si propone come portale.
Il personaggio completamente vestito di bianco (come gli iniziati dei riti isiaci) è un iniziato che si appresta a percorrere la via misteriosa che conduce al “confine”, oltre il quale c’è l’illuminazione (o, nelle aspettative illusorie di chi ama il potere, il presunto segreto dello stesso).
LENIN E LO GNOSTICISMO RIVOLUZIONARIO
Dopo aver incontrato la possibile sensibilità di Hitler, dati i riferimenti alla Thule, possiamo ora cominciare a comprendere anche la fascinazione subita da Lenin.
Va detto che Lenin e Trotskij parteciparono al gruppo di «socialismo vegetariano» di Monte Verità, presso Ascona, una sorta di comune, di laboratorio di idee e di scambio di esperienze, che coinvolse anarchici, scrittori e pittori d’avanguardia, psicoanalisti come Jung, filosofi come Martin Buber, teosofi come Alice Bailey.
Mario Arturo Iannaccone (https://www.lidenbrock.org/2020/07/29/il-passato-sconosciuto-di-lenin/), a proposito del bolscevismo scrive: “Due studiosi ex marxisti come Luciano Pellicani autore di La società dei giusti. Parabola storica dello gnosticismo rivoluzionario (Etas, Milano 1995) e Giorgio Galli, in varie opere, sono arrivati separatamente alla conclusione (o almeno all’ipotesi) che il bolscevico come si trovò dopo l’Internazionale del 1919 fu un prodotto dello gnosticismo rivoluzionario, un chiliasmo[i] religioso che intendeva rovesciare e poi rifare ogni istituzione umana ab imis le cui origini potrebbero essere definite, molto imprecisamente, «giudaico-cristiane». Quali che siano le ragioni storiche che l’hanno portato alla vita durante lo scatenamento della Prima Guerra Mondiale il marxismo-leninismo divenne una delle forme storiche della gnosi eterna rappresentata da gruppi particolarmente radicali come gli Illuminati di Baviera (1776) o i Filateti (1773). Queste forme di gnosticismo dividono l’umanità in coloro che hanno ricevuto la luce della conoscenza e in coloro che non la possiedono. Il passaggio dall’una all’altra forma è dato unicamente dalla gnosis, la conoscenza. È anche l’opinione anche di uno dei più grandi studiosi di gnosticismi, Ioan Culiano, cui si rifà anche Pellicani: Lo gnosticismo è quella tradizione di pensiero soteriologico, formatasi nei primi secolo dell’era cristiana, che ha attraversato, (…) il sottosuolo della civiltà occidentale. Essa ha avuto un carattere così proteiforme da indurre Ioan Culiano a scrivere che lo gnosticismo, seguendo una semplice “regola di riproduzione”, ha sviluppato tutte le possibilità logiche contenute nelle sue sequenze, combinandole quasi sempre in modo originale”. Il che gli ha permesso di essere al tempo stesso uno e molteplice, cioè sempre identico a se stesso pur nella varietà delle sue manifestazioni dottrinarie. In effetti, esiste un complesso di elementi tipici e fortemente caratterizzanti che, correlati, formano una specifica e inconfondibile “sindrome gnostica”. (Pellicani L., La società dei giusti. Parabola storica dello gnosticismo rivoluzionario, Etas, Milano 1995, p. 180)”.
Sui rapporti tra gnosticismo e l’attuale wokismo è interessante quanto scrive Lucio Leante sul Nuovo Giornale Nazionale.
Gli Illuminati di Baviera, setta costituita da Weishaupt, che intendeva istituire una casta piramidale basata sul modello gesuitico, di adepti vincolati dal giuramento, dalla disciplina e capace di un progetto palingenetico di universale felicità ed uguaglianza: una setta segreta di uomini qualificati culturalmente in grado di fondare “stati modello” e un nuovo ordine mondiale. Il luogo privilegiato della sperimentazione (Knigge) fu identificato nelle Indie Occidentali, ossia l’America.
Fatto questo breve inciso sugli Illuminati, torniamo ai bolscevichi.
Il superamento della morte fu una delle costanti del comunismo magico, cioè l’idea che l’uomo in quanto unico dio possa anche diventare proprio come un vero Dio immortale.
Questa idea la troviamo nel cosmismo, padre naturale del transumanesimo.
Il cosmismo è una corrente filosofica sviluppatasi in Russia a partire dall’Opera comune di Nikolaj Fëdorov (1829-1903) e la cui caratteristica principale è l’idea di “evoluzione attiva” o “evoluzione autodiretta” della razza umana, con una visione ottimista sui destini e le potenzialità sconfinate dell’umanità, una mirabile fede nell’evoluzione e nello sviluppo inevitabili della conoscenza umana.
Gli aderenti del cosmismo credono che gli uomini siano destinati a diventare un fattore decisivo nell’evoluzione cosmica, conquistando, trasformando e perfezionando l’universo, sconfiggendo la malattia e la morte, e infine generando una razza umana immortale.
Con il termine “Cosmismo”, coniato verso gli anni settanta del XX secolo, s’indica un vasto movimento culturale nato e sviluppatosi in Russia a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Una corrente che unisce filosofi, scienziati ed artisti, che amalgama elementi radicati nella tradizione spirituale dell’anima russa con la scienza e la tecnica occidentale moderna. Una corrente sorprendentemente creatrice, fertile ed eclettica, che è stata capace di partorire ed influenzare alcune delle più importanti personalità russe del novecento, cresciuto in quell’humus culturale unico da cui è germogliata anche l’altra grande rivoluzione del tempo, l’ «assalto al cielo» del bolscevismo, influenzandosi reciprocamente. Le idee di Fëdorov ebbero influenza su Dostoevskij, Tolstoj, Solovev.
Durante il periodo sovietico, specialmente nei primi anni rivoluzionari, questa corrente scientifico-filosofica-religiosa ricevette la stima, l’appoggio e l’entusiasmo non solo nella ristretta cerchia dei ricercatori scientifici, ma anche di personalità politiche che a volte sopprimendo, a volte alimentando una tendenza che parve quasi occultista, se ne resero in qualche modo protagonisti.
Storicamente è con il lavoro culturale di Aleksandr Gorskij (1886-1943) e Nikolaj Setnitskij (1888-1937) che ebbe inizio la transizione dal fedorovismo puro al cosmismo.
Il cosmismo – con le sue idee forza dell’“evoluzione attiva” e delle potenzialità cosmiche dell’umanità – è comunque una filosofia universale, e come tale lo è anche la sua eredità. Non sorprende quindi di ritrovare richiami al cosmismo anche in altre parti del mondo. Per esempio il ‘Manifesto Cosmista’ dello statunitense Ben Goertzel. In esso sono contenute 10 tesi cosmiste.
Argomenti come la sconfitta della morte e la rinascita dei defunti predicati dal Cosmismo abbracciavano il lato più esoterico del Bolscevismo sfociando in aspetti macabri al limite con la superstizione e del paranormale.
I valori del cosmismo furono, infatti, parte integrante del nascente partito bolscevico e indirettamente tramandati alle nuove generazioni grazie a Anatolij Lunačarskij (1875 – 1933) che, dopo essersi battuto a fianco di Lenin, ricoprì per più di un decennio la carica di Commissario del popolo per l’istruzione (Ministro dell’istruzione).
Accanto a Lenin l’altra figura di spicco fu l’eclettico Aleksandr Bogdanov (1873 – 1928), politico, medico, scrittore, rivoluzionario, filosofo ed economista. Straordinariamente colto, come i più importanti cosmisti, Bogdanov tradusse per la prima volta in russo “Il Capitale” di Marx, aderì da subito al bolscevismo (se ne discostò in seguito formando la fazione menscevica).
E qui arriviamo al crocevia che accomuna Hitler e Lenin, ambedue attratti dal simbolismo gnostico del quadro di Arnold Böcklin.
Mario Arturo Iannaccone, nell’articolo citato, scrive: “La Svizzera nella quale Lenin e i suoi amici – a Ginevra, a Lugano – erano vissuti divenne, durante la Bell’Epoque, un laboratorio politico avanzato nel quale convivevano istanze «di estrema destra» e «di estrema sinistra» spesso accomunate da idee esoteriche sulla vita. L’azione di Lenin godette di appoggi e complicità ad altissimo livello, che comprendevano importanti banche d’affari inglesi, americane, prussiane. Fu aiutato da Aleksandr Israel Lazarevich Hel’fand, detto Parvus, trafficante e faccendiere arricchitosi con il mercato del grano e delle armi tra la Turchia e i Balcani. D’altro canto fu il Kaiser a concedere la partenza del famoso vagone piombato che avrebbe portato Lenin il 16 aprile del 1917 a San Pietroburgo, accompagnato da 31 compagni, fra i quali Abramovitch, Rosenblum, Radek e la moglie Kruskaja, assieme a 40 milioni di franchi-oro, una cifra assolutamente enorme per l’epoca. Malato, Lenin verrà curato dal medico dei Krupp, il professor Förster”.
Siamo arrivati in prossimità dell’attualità.
Nel 1884 nasce la Fabian Society, dalla quale sarà poi fondato il Labour Party.
Nel loro Fabian Society, Francesco Mastrobattista e Eugenio Miccoli scrivono: “Lo storico Matthew Ehret così scrive della Fabian: La Fabian Society venne fondata nel 1884 da una cricca elitista di propagandisti darwiniani, che vedeva nel sistema recentemente elaborato da Karl Marx il perfetto veicolo per rendere popolare la logica di Darwin. In effetti tutti i suoi aderenti erano ferventi razzisti, ossessionati dalla missione che si erano dati di convincere l’umanità a sottomettersi ad una pulizia razziale, secondo le idee elaborate dal darwinismo sociale di Herbert Spencer e l’eugenetica di Francis Galton. Spencer e Galton erano entrambi fortemente influenzati dallo X Club di Thomas Huxley, in quell’epoca responsabili unici della politica scientifica imperiale. Ancora: Quello dei fabiani non era altro che uno stratagemma per collocare la volontà delle classi inferiori sotto una più ingombrante influenza di un’oligarchia dirigente, con la promessa di un «socialismo democratico» e agitando un ideale ingenuamente utopistico di «fine della Storia»”.
I Fabiani saranno degli estimatori della Russia sovietica.
Tra il 1880 e il 1886 Arnold Böcklin dipinge le varie versioni dell’Isola dei Morti che Lenin ammira a Ginevra.
Lenin sarà inviato a mettere in ginocchio la Russia zarista dalla Germania e dalle banche d’affari inglesi, americane, prussiane.
Gli Illuminati di Baviera sono stati e sono una setta assai potente negli Stati Uniti.
Nel 1917, con la Rivoluzione d’Ottobre, Lenin, evidentemente attratto dalle dottrine gnostiche, le stesse di molti ambienti tedeschi, inglesi e americani, distrugge il potere degli Zar. La rivoluzione leninista non avrà gli effetti desiderati, in quanto dallo zarismo sorgerà lo stalinismo, ma lo zarismo, che si ritiene erede di Bisanzio (Mosca terza Roma) era comunque finito.
Dopo la fine della Guerra Fredda e dell’Unione Sovietica (alleata degli Usa, degli inglesi e dei francesi per una breve stagione), lo scontro con la Russia è ripreso. Questa volta lo strumento del conflitto, per interposta persona, è l’Ucraina.
Dietro le parole di democrazia, libertà, diritto delle nazioni ad auto determinarsi, si nascondono enormi interessi economici, ma anche il conflitto di sempre.
Non è un caso che Vladimir Putin abbia criticato duramente Lenin, proprio a proposito dell’Ucraina.
“Lenin e i suoi associati hanno creato l’Ucraina moderna, strappando territori alla Russia”, ha affermato il capo del Cremlino durante un discorso alla Nazione.
Non è a caso che Vladimir Putin abbia riportato le spoglie del generale Anton Ivanovitch Denikin (1872 – 1947), vecchio Comandante in Capo delle Armate Bianche, e quella di sua moglie Xenia in Russia dalla località di Ann Arbor nel Michigan (USA), dove avevano chiuso in esilio i loro giorni.
La coppia è stata solennemente tumulata con gli onori militari il 3 ottobre 2005 nel monastero Donskoie di Mosca. La cerimonia è stata presieduta dal Patriarca ortodosso di Mosca, Alessio 2° alla presenza del sindaco della città e di un rappresentante di Putin (all’estero).
Due giorni dopo la sepoltura ufficiale, le cerimonie hanno avuto un ulteriore importante seguito. Putin, rientrato a Mosca, ha organizzato un ricevimento al Cremlino in onore dei familiari della figlia del generale, che per l’occasione ha donato alla Russia la sciabola del proprio genitore, recante scolpita la Croce di S. Giorgio. Sciabola conservata ed esposta al museo di storia militare della capitale. In tale occasione Putin ha esaltato il significato simbolico di questo gesto che marca la riconciliazione della Russia con il suo passato, al di là delle divisioni create dalla rivoluzione e dalla guerra civile.
Putin ha stipulato un accordo con la Chiesa ortodossa e si propone come fervente credente.
In buona sostanza, Putin si propone come l’erede dello zarismo, non del bolscevismo e, pertanto di una corrente ideologica e religiosa che contrasta nettamente con quella gnostica che è alla radice di correnti esoteriche che, nella simbologia del dipinto di Böcklin, hanno affascinato sia Hitler, sia Lenin.
L’isola dei morti, pertanto, in questo inizio di terzo millennio, pare essere l’icona simbolica di un conflitto sotterraneo antico, che ha evidenze di tipo finanziario, economico, geopolitico, ma che al fondo riguarda l’essere umano nel suo rapporto con la sua trinità relazionale (intelletto, anima, corpo) e con posizioni tra di loro confliggenti da secoli sul rapporto dell’essere umano con la sua duplice natura, mortale e immortale e con la sua origine.
C’è chi cerca l’immortalità in improbabili isole misteriose, in centri di potere occulti o nella potenza della tecnologia e chi la cerca guardando dentro di sé.
Lenin e Hitler, probabilmente, cercavano nell’Isola dei morti il segreto di un potere iniziatico ritenuto criptato e da decifrare per avere il potere profano, il potere prometeico.
A ben vedere, tuttavia, l’Isola dei morti potrebbe anche essere, più semplicemente, la simbolica rappresentazione di un viaggio nel proprio inconscio per approdare all’isola che è il proprio centro di una relazione verticale con il proprio sé.
[i] Dottrina che predica l’avvento del regno di Cristo in terra, prima del giudizio universale e riservato ai giusti.