LE RADICI EGIZIE DEL NONO GRADO DEL RITO SCOZZESE

Lug 25, 2024 | MASSONERIA, RITO

di Silvano Danesi

Il 9°Grado, detto «Cavaliere Eletto dei IX» è il sesto dei gradi Capitolari o «Rossi», ed è il sesto del Rito Scozzese Antico e Accettato (nono in quanto si aggiungono i tre della Massoneria azzurra: Apprendista, Compagno e Maestro).

Il 9°Grado, secondo la narrazione dichiarata, ha la funzione di eseguire gli ordini e le sentenze del Sovrano Tribunale, sia nel mondo Massonico, sia in quello profano.

Que­sta funzione del 9° Grado è adombrata nella sua leggenda, che è la continuazione di quella dei gradi precedenti.

Come tutti i testi iniziatici, anche quelli relativi al 9° Grado sono da considerare in chiave letterale (i fatti leggendari come li narra il testo), in chiave allegorica (ciò che si deve credere), in chiave morale (ciò che si deve fare) e in chiave anagogica (ciò a cui dobbiamo aspirare) e da interpretare in chiave simbolica.

Soprattutto la chiave anagogica è fondamentale, in quanto riguarda la capacità di percepire la natura reale delle cose e degli esseri.

“Praticare l’anagogia – scrive Christian Jacq – è fare della nostra esistenza quotidiana una ricerca dell’invisibile senza nello stesso tempo trascurare il visibile”. [1]

La leggenda (ecco la chiave letterale) dice che a nove Cavalieri Eletti designati dalla sorte fu ordinato da Salomone di seguire uno Straniero e di recarsi nella grotta dove si nascondeva l’assassino di Hiram. Uno di loro, chiamato Jhaoben, più ardito e veloce degli altri, arrivò da solo alla caverna dove si nascondeva l’assassino. Trovato l’assassino, di nome Abiram, preso dalla collera, lo uccide e gli taglia la testa. Quindi, vedendo una sorgente d’acqua che sgorgava nella caverna, vi si disseta, ed essendosi posto a sedere per riposarsi, si addormenta. Risvegliato dagli altri otto, nel frattempo sopraggiunti, Jhaoben porta la testa tagliata a Salomone che prima lo sgrida per aver ecceduto nell’azione e poi lo perdona.

Gabriel Gorel Porciatti ritiene, a ragione, che il 9° Grado riguardi il potere esecutivo, l’azione di giustizia, l’esecuzione degli ordini entro i limiti assegnati e il provvedere alla difesa della giustizia con risolutezza, prudenza e coraggio. [2]

Jhaoben, vittima della passione, ha ecceduto i limiti, ma ha eseguito il compito ed è pertanto perdonato.

Questo attiene alle letture allegorica e morale, ossia a ciò che si deve credere e a ciò che si deve fare. Non a caso il testo del Rituale d’iniziazione rimanda all’impegno per la causa della civiltà contro la barbarie, per la causa di tutti coloro che sono nelle tenebre, per la causa della libertà di pensiero e per la causa dell’insegnamento e della lotta eterna contro l’ignoranza.

Le radici del 9° Grado

Il 9°Grado è, nella sua forma rituale, secondo l’interpretazione corrente, un grado mistico-israelitico-salomonico-hiramitico.

Umberto Gorel Porciatti, sostiene, invece, una ben strana teoria, ossia che il 9° Grado tragga le proprie origini dall’Ordine degli Illuministi, organizzato nel 1776 da Adamo Weishaupt (ricevuto massone l’anno successivo, nel 1777).

Porciatti scrive che “il carattere conferito ai Maestri Eletti costituisce un’affermazione dell’Illuminismo” e aggiunge: “Con il nono Grado confluisce nella Massoneria una delle più vaste correnti culturali del Settecento, che le imprime un deciso carattere di avversione a qualsiasi monarchia dispotica non rispettosa dei diritti dei sudditi, alla prepotenza nobiliare e alla invadenza oppressiva del clero, fattori tutti di uno stato di disagio che la Ragione addita alla volontà operante”.[3]

L’Ordine degli Illuminati è organizzato da Adamo Weishaupt sulla base di un modello gesuitico. La Compagnia di Gesù era stata sciolta nel 1773.

L’Ordine, contrastato dai Rosacroce, ebbe uno scopo più politico che religioso e la corrente illuministica interna alla Stretta Osservanza, alla ricerca di un progetto massonico da opporre ai martinisti, guardò agli Illuminati con la mediazione di Knigge, che aveva come modello i Rosa Croce del Paraguay gesuitico e pensava a stati modello nelle Indie Occidentali (America).

Alain Wodrow, uno dei massimi esperti dei Gesuiti, a proposito dell’esperimento del Paraguay, afferma: “Questa esperienza di comunismo paternalista è singolare e fu esempio per gli utopisti del XX secolo. L’ammirava persino Voltaire, che fu allievo dei Gesuiti, ma li detestava”.

Ludovico Antonio Muratori lo definisce “il cristianesimo felice nelle missioni dei padri della Compagnia di Gesù nel Paraguay”. [4]

Emerge dalle aspettative del Knigge e in quelle del Muratori lo sfondo utopistico che si riallaccia alle teorie di Platone, di Tommaso Moro, di Campanella, ma anche quelle dei principi illuminati, come Federico II, il quale negli anni Settanta del Settecento ordinò la costruzione di Urbaniborg, sull’isola di Ven, per l’astronomo Tycho Brahe. Urbaniborg, collocato in un palazzo rinascimentale, è stato considerato il primo moderno centro di ricerca scientifica. Dotato di biblioteca, laboratori e di un celebre osservatorio.

Tra i membri dell’Ordine troviamo personaggi di grande rilievo nella cultura europea: Goethe, Herder, Martens, Mirabou, Robespierre, Lavoisier, Filangieri, Pagano, Muenter, Nicolai, Antonio Jerocades

L’America per Alfieri e Knigge come per Filangieri è il luogo dove fondare comunità massoniche e donde parte la condanna poetica del dispotismo o la pratica iniziativa del riscatto morale e politico dell’umanità.

Gli Illuminati ispirarono il giacobinismo meridionale introdotto dall’abate Jerocades (Antonio) di Tropea, il quale prese le patenti dalla Loggia Madre Saint Jean d’Ecosse di Marsiglia.[5]

E’ del tutto improbabile, pertanto, che l’illuminismo di Weishaupt abbia qualcosa a che fare con il 9° Grado del Rito scozzese.

Interessante, a questo punto, è stabilire un rapporto con l’origine egizia andando oltre il velame mistico-israelitico-salomonico-hiramitico e, soprattutto, oltre l’illuminismo di Weishaupt.

Ad affermare l’origine egizia della Massoneria sono i rituali del 2° e del 4° grado.

Nel 4° Grado l’Oratore, durante l’iniziazione, afferma: “È perché non conoscono la legge della necessità di iniziazioni suc­cessive, che molti rimangono estranei al vero sentimento dell’arte o della scienza vera. Qui si manifesta la saggezza della Massone­ria; essa è la sola che agisca sui suoi adepti con una lunga serie di iniziazioni, secondo il procedimento dei sacerdoti dell’Egitto, di cui riconosce l’insegnamento come il punto di partenza. Questo proce­dimento fu anche quello delle grandi Scuole filosofiche dell’anti­chità. Fu quello delle valenti Corporazioni di Maestri d’Arte che, durante il Medio Evo, conservarono, nel mistero delle loro Logge, la libertà di pensiero, allora impossibile a praticarsi pubblicamen­te”.

Il riferimento non è solo alla sacerdotalità egizia, ma anche alle grandi scuole filosofiche dell’antichità (Riti eleusini, Riti dionisiaci, Scuola Pitagorica, ecc.).

Che la Massoneria sia figlia dell’Egitto all’iniziato era già stato detto nel 2° Grado (Compagno d’Arte”) durante il Rituale di iniziazione: “L’Architettura ebbe la sua culla in Egitto, paese originario della Libera Muratoria. Questi saggi furono i nostri illustri predecessori che ci trasmisero il titolo di Massone, del quale tanto ci onoriamo”.

Sempre nel 2° Grado (Compagno d’Arte) nel Rituale è scritto: “L’Astronomia ebbe la sua culla in Egitto, paese originario della Libera Muratoria”.

Se ci rapportiamo correttamente all’origine egizia, nel 9° grado, l’iniziato non è più al cospetto di Salomone, ma è nella Sala del giudizio egizia, al cospetto del Faraone, che è il rappresentante sulla terra di Amon-Ra.

L’inizio dei Lavori “alla prima ora della notte” evoca il regno di Osiride.

Pr-ô , da cui il greco PhaRaHó, era in origine la Grande Casa, il ricettacolo del Divino.

Il Tempio del Rito (ossia la Sala del Giudizio) infatti rappresenta il Sancta Sanctorum, ossia la parte dove risiede il Divino. Qui le analogie ci sono da guida.

La presenza visibile e terrena di Amon-Ra è il Faraone, che è re e sacerdote. Come segni della sua dignità dovrebbe infatti portare una corona, uno scettro e un manto.

Avendo aperto la sua mente e il suo cuore al Divino, all’iniziato si chiede ora un atto di coraggio che riguarda non solo se stesso, ma l’umanità.

Stolkin è il Visir, colui che agisce per conto del Faraone, in un contesto dove sono presenti i più importanti dignitari della corte faraonica.

Il Visir (colui che amministra per conto del Faraone) era responsabile dell’esecutivo, del controllo dell’amministrazione, della contabilità, dell’archiviazione, della polizia e del controllo dei trasporti, soprattutto, garante di Maât e responsabile della giustizia.

Il Segretario è il Sacerdote Zadoc

Il Cavaliere dell’eloquenza è Zabud.

L’Ospedaliere è Ahishar.

Il Tesoriere è Giosafatte, figlio di Ahilut

Il Capitano delle Guardie è Bahamas figlio di Joaida.

Il Cerimoniere è lo Straniero.

Una particolare funzione è quella dello Straniero, che rappresenta il Daimon, ossia il collegamento dell’iniziato con la propria essenza intelligente (il Sé).

Il 9° grado è il completamento del 4° grado (e dei successivi), con l’iniziato chiamato all’azione dal proprio Daimon per combattere la propria ignoranza (Abiram) ed aprirsi all’intelligenza che scruta la verità, ossia Hiram: Hi-Ram, il Grande Ariete, Amon-Ra.

Nel Rituale è del tutto chiaro chi siano Hiram e Abiram. Hiram è “l’intelligenza che scruta la verità e la libertà, senza la quale l’intelligenza è impotente”. Hiram è la verità che scruta se stessa.

Va notata la sottolineatura relativa alla libertà, senza la quale l’intelligenza è impotente.

Da qui la necessità che l’essere umano sia libero, così come lo è il Tutto divino nell’esercitare la sua potenza manifestativa. Il rapporto tra libertà e intelligenza è detto nel Rituale di iniziazione: “Avete appreso che le nostre prime cure ebbero per oggetto liberare la vostra intelligenza”.

Abiram è l’ignoranza, la libertà oppressa, la corruzione ed il delitto.

Già nel 4° Grado era stato annunciato che “l’intelligenza, unica potente direttrice dei lavori” era stata “soffocata dall’ignoranza e dalla tirannia”.

Ora l’iniziato che affronta il passaggio del 9° grado è invitato ad agire, secondo la legge eterna dei mondi. Gli dice, infatti il Potentissimo. “Sappiate comprendere ed agire. Che la legge eterna dei mondi penetri nel vostro intelletto e nella vostra coscienza. Andate dove il dovere vi chiama. Che la legge sia compiuta”.

Emerge qui il concetto di Maât, il Neter che rappresenta il principio fondamentale dell’ordine cosmico e traccia una netta distinzione tra il caos (la morte) e l’ordine (la vita).

La parte del Rituale di iniziazione, dove più volte è pronunciata la parola vendetta (Nekam), è volta a ricordare che l’esecuzione della condanna deve essere fatta senza sentimenti di vendetta, obbedendo solamente alla legge e alle sue determinazioni.

Ancora una volta è ricordato al Massone di non farsi travolgere, anche durante l’esecuzione di un compito gravoso come è quello della giustizia, dalla passione.

Per un altro verso, l’iniziato è chiamato ad agire nella società, guidato dalla sua coscienza, mutata dal rapporto con il Divino e secondo le leggi del Faraone, ossia di colui che è chiamato a instaurare Maât sulla terra.

Il coraggio, unito alla responsabilità, è reso nella ritualità con simboli ed azioni che esaltano anche l’aspetto emotivo.

La caratteristica dell’azione di Jhaoben è l’uso della mètis, l’astuzia dell’intelligenza.

Se nel 4° Grado e nei successivi l’iniziato ha avuto la possibilità di sperimentare l’intelligenza intuitiva, appercettiva, comprensiva del lampo illuminativo, ora ha la possibilità di utilizzare la mètis.

“La mètis è una forma di intelligenza e di pensiero, un modo di conoscere; essa implica un insieme complesso, ma molto coerente, di attitudini mentali, di comportamenti intellettuali che combinano l’estro, la sagacità, la previsione, la flessibilità dello spirito, la finzione, l’intraprendenza, l’attenzione vigilante, il senso di opportunità, delle abilità diverse, un’esperienza lungamente acquisita; si applica a delle realtà fugaci, muoventesi, sconcertanti e ambigue, che non si prestano né alla misura precisa, né ai calcoli esatti, né a ragionamenti rigorosi”. [6]

L’insegnamento di questo grado, che ha per oggetto il coraggio e la responsabilità, riassume, secondo quanto ci trasmette Salvatore Farina[7], i doveri dei Massoni in queste due massime: “Sii coraggioso contro le tue proprie debolezze e sii coraggioso per difendere la verità”.

Scrive Farina: “Quel romano che, incitato a non mantenere una promessa che aveva fatta al nemico e che gli avrebbe causata la morte, disse: « È necessario che io vada, non che io viva », era un Massone, perché comprendeva la prima massima dei Cavalieri Eletti: « Sii coraggioso contro le tue proprie debolezze ». La seconda massima, sii coraggioso per difendere la verità, si riferisce all’azione politica della Massoneria. Massoneria significa azione. L’inazione è sterile. Il Massone è un agente di riforma e di progresso; è l’avvocato del debole e del popolo, odia il potere insolente, impudente, l’usurpatore; ha la missione di istruire gli ignoranti, di soccorrere i disgraziati, di rialzare tutti coloro che sono caduti in basso. Per raggiungere tal fine il Massone agisce, combina le sue azioni in maniera di riusci­re, detesta la vana agitazione, il turbamento inutile e lo sforzo inane. La M:. non cospira: essa riconosce che la logica dei fatti è un elemento di cui la politica deve tener conto quanto del di­ritto astratto e della giustizia ideale”.

Il tema della responsabilità e del coraggio individuale è anche declinato in chiave politica.

Scrive Farina: “Amministratori infedeli diventano padroni: l’interesse di una casta o di un gruppo viene sostituito all’in­teresse generale. Si vede in tali frangenti la Massoneria racco­gliersi ed attendere di aver trovato una via verso la liberazione. La M:. insegna che il potere è una delega avuta dal popolo: la delega cessa quando l’interesse del popolo lo richiede. Il con­tratto è rotto se il potere non osserva la sua missione: la resi­stenza al potere usurpato è un’obbligazione sorgente dall’obbligo di mantenere intatto il progresso raggiunto dallo spirito umano. E’ vergognoso soffrire volontariamente e mettere ai piedi di un tiranno l’indipendenza acquistata dalla coscienza dell’uomo.

La M:. agisce per la libertà del popolo. Dovunque una battaglia è stata sca­tenata contro il pauperismo essa è scesa in campo. Dovunque la ragione ha lottato contro la superstizione, la Mass :. è corsa. Ovunque ed in ogni tempo la Massoneria ha impiegato la sua potenza contro l’ignoranza popolare. Ai nostri giorni essa predica nel mondo intero che, se in altri tempi la tranquillità aveva potuto riposare sull’ignoranza delle masse, quei tempi sono passati e non vi è più sicurezza possibile se non con l’istruzione e la libertà senza le quali la prosperità, la ricchezza e la stessa scienza delle classi privilegiate, dovranno perire come il grano colpito dalla tempesta. Ecco le regole che bisogna insegnare ed alle quali occorre che i M:. conformino la loro condotta. La M:. dice ai suoi adepti: « Se l’intelligenza o la fortuna vi chiameranno a delle posizioni elevate, ricordatevi che colà i vostri interessi e quelli della vo­stra famiglia cessano di aver diritto su di voi avendo voi alienato a profitto del pubblico il vostro riposo e la vostra personalità, non avendo voi conquistato il posto, ma avendo il posto conquistato voi, il vostro tempo e la vostra forza. « Accetterete lealmente le conseguenze di tale alienazione che avete fatta volontariamente; la vostra coscienza soltanto dovrà dominare le vostre azioni e funzioni: sarete al servizio del vostro paese, ma non potrete servirlo che secondo la vostra ragione. « Se occorrerà affrontare persone più potenti di voi, il vostro dovere sarà di lottare anche se avrete la certezza di soccom­bere: se il pubblico si ingannerà, il vostro dovere sarà quello di Sacrificare e di rinunciare alla vostra popolarità, di cedere il posto a coloro che potranno accettare le sue decisioni con la sin­cerità delle loro proprie convinzioni.

« Non nascondete mai la vostra opinione: commettereste un abuso di fiducia se non vi ritiraste dalla vita pubblica quando vi trovaste ad avere delle idee diverse da quelle dei vostri man­danti.

«Nella vita privata avete il diritto di agire secondo vi detta la coscienza e perciò alcun Massone deve provare della pena nel trascorrere la sua vita appartato: se esso sarà designato ad una posizione modesta sarà felice di dedicarsi completamente ad un lavoro senza tormenti, alla propria istruzione, alle gioie della fa­miglia. Troverà la maniera di fare il bene senza chiasso, ma non senza beneficio per tutti. Ovunque un povero reclamerà un asilo, un operaio lavoro, un fanciullo od una donna protezione, uno schiavo libertà, il Massone è obbligato a fare opera Massonica. Gli è interdetto di volgere il capo come il soldato che nasconde la sua bandiera davanti al nemico che passa ».

La lettura anagogica del 9° Grado

Proviamo, ora, a introdurre una possibile interpretazione animica, basandoci sul significato di alcuni nomi.

In molti casi, nella ritualità del Rito scozzese sono usate nomi o frasi che celano significati che vanno scoperti nella loro verità.

Un esempio è la frase “Salix nomi tengu” nel 32° Grado, il cui anagramma è: “lux ines agit nos”, dal significato di: “Ci muove la luce interiore o la luce interiore ci guida”.

Molte parole sono apparentemente riferibili all’area semantica ebraica, mentre potrebbero essere di origine inglese, lingua nella quale sono stati compilati gran parte dei testi massonici.

Un anagramma di Stolkin potrebbe essere lost-kin.

Kin è traducibile con parenti. Kindred è affini. Kinship è parentela. Lost è perduto, smarrito.

Se consideriamo il Potentissimo come il Sé, Stolkin, l’Ispettore che sta di fronte a lui, potrebbe avere il significato dell’affine smarrito, ossia quella controparte di Jahoben che rappresenta un parente smarrito, il ché significa che Jahoben ha smarrito il proprio rapporto con il Sé.

Jahoben, il cui nome potrebbe derivare da Yehohaben, ossia “Figlio di Dio”, ha difronte a se la sua ombra, Abiram, colui che uccide l’intelligenza e afferma l’ignoranza.

Uccidere l’ignoranza, significa, per Jahoben, riattivare la relazione con la sua relazione con quella parte di se che è smarrita e ritrovare il rapporto con il suo Sé. Lo deve fare non con passionalità, ma con una adesione alla giustizia, ossia al rendersi attraverso un percorso iniziatico un “giustificato” in termini osiriaci.

In questa possibile interpretazione, lo Straniero assume la funzione del Daimon.

Il “daimon”, nella mitologia greca, era considerato un intermediario tra gli déi e gli uomini.

Socrate ne parlava come di una voce interiore che non suggeriva cosa fare, pensare o dire, ma che interviene soltanto per convincere a non commettere ingiustizie.

Torna, quindi il tema della giustizia.

Platone affermava: “Non sarà il demone a scegliere voi, ma voi il demone”.

Aristotele, con la parola “Eudaimonia” (dal greco “eu” = bene e “daimon” = demone), letteralmente “essere in compagnia di un buon demone”, definiva l’arte di essere felici. Secondo Aristotele, ciò che aiutava a ricercare la felicità e quindi ad aumentare la probabilità di “eudaimonia” era la realizzazione della propria essenza, ossia del proprio Sé.

James Hillman, nel suo libro “Il codice dell’anima” (Adelphi), definisce il daimon come il contenuto della nostra immagine innata, la nostra vocazione interiore: “Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o un disegno, che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo, e crediamo di essere venuti vuoti. E’ il daimon che ricorda i contenuti della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino”.

Ritorna in altri termini quel: “Gnoti seauton” tradotto da Angelo Tonelli con: “Conosci il tuo Sé”.

Nella simbologia compare la caverna platonica, dove coloro che dormono non vedono la vera luce e l’acqua del Lethe, che fa dimenticare la propria provenienza essenziale.

L’interpretazione anagogica è quella che ci porta più vicino al vero messaggio del 9° Grado, che è un messaggio sacro.

Infine la testa mozzata ci rinvia al culto della testa.

I Celti, ad esempio, ritenevano che l’anima avesse sede nella testa e non nel cuore. Per questo motivo la testa era oggetto di venerazione e di riguardo. Nella mitologia celtica si possono trovare molti esempi di teste parlanti di eroi trucidati. Ritroviamo la testa mozzata nel piatto della leggenda del Graal. Ma chi è Bran, nome la cui radice indoeuropea Br ci riporta all’archetipo di Brighit, Brahman, Brama? “Per la tradizione gallese – scrive in proposito Riccardo Taraglio – è il dio dell’Altro Mondo ….Nel poema Cad Goddeau (“Il combattimento degli Arbusti”) il bardo Taliesin lo rappresenta con l’Ontano. Un’altra denominazione del dio è Bran il Benedetto, figlio di Llyr e fratello di Manannan. Bran è un dio eroe gigantesco che possiede un calderone in grado di ridare la vita ai guerrieri morti in battaglia, ed è talmente enorme che se si corica fra due rive di fiume fa da ponte alla sua intera armata e per la sua stazza è impossibile reperirgli una cavalcatura. Ma le sue dimensioni hanno anche un lato positivo: infatti, quando i suoi compagni si trovano a dover attraversare l’oceano durante una spedizione, egli trascina le loro barche dietro di sé. E’ un dio solare legato alla profezia, agli scritti e alla musica, ma anche alla guerra e ai capi. I suoi simboli sono la terra e la montagna che lo rappresentano e sono posti sotto la sua protezione”.[8]

La sua storia, ricorda Taraglio, viene narrata nel Secondo ramo dei Mabinogion e racconta le sue avventure iniziate al momento in cui concede in sposa al re d’Irlanda Matholwch sua sorella Branwen, che però deve subire un’impensabile mancanza di rispetto. Bran organizza quindi una spedizione armata, ma durante uno scontro egli viene ferito ai piedi con un colpo mortale da una lancia avvelenata e il suo calderone si infrange. Il dio chiede ai sette compagni sopravvissuti di tagliarli la testa e seppellirla sotto la Collina bianca (oggi Tower Hill di Londra) perché sia in grado di proteggere il regno da futuri invasori. La testa, prima di essere interrata, continua a parlare ai suoi compagni e li guida verso un’isola misteriosa, dove la Compagnia della Nobile Testa trova rifugio per ottant’anni. Il tempo passa senza che nessuno del gruppo dei guerrieri in preda ad una strana gioia si accorga di nulla e solo quando uno di loro apre una porta dimenticata che guarda verso Ovest si ricordano della loro mortalità. “Fu solo allora che alcuni di loro, fra i quali Taliesin, portarono la testa meravigliosa alla Collina bianca, dove venne seppellita”.[9]

Anche la testa di Orfeo vaticinava.

Il 9° Grado apre riflessioni su vasti mondi iniziatici ed è un portale della Tradizione.

 

 

 

 

[1] Christian Jacq, Le message des constructeurs de Chathédrales, J’ailu

[2] Vedi: Umberto Gorel Porciatti, Simbologia Massonica – Gradi scozzesi, Athanor

[3] Umberto Gorel Porciatti, Simbologia Massonica – Gradi scozzesi, Athanor

[4] Alain Wodrow, I Gesuiti, Newton Compton

[5] Vedi in proposito: Silvano Danesi. La Massoneria del ‘700 – Nido di cuculi, Ilmiolibro.it

[6] Marcel Detienne, Jean Pierre Vernant, Les ruses de l’intelligence – La mètis des Grecs, Champs essais

[7] Salvatore Farina, Il Libro completo dei Riti Massonici, Casini Editore

[8] Riccardo Taraglio, Il vischio e la quercia, Ed. Dell’Acquario

[9] Riccardo Taraglio, Il vischio e la quercia, Ed. Dell’Acquario

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Silvano Danesi

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