di Silvano Danesi
Christian Jacq, nel suo bel romanzo: “L’Architetto” (Mondadori) ci regala una massima massonica: “Non c‘è bisogno di sperare per intraprendere, né di riuscire per perseverare”.
Il romanzo, che si svolge in un campo di concentramento nazista, narra del come, anche in una situazione di estrema difficoltà, con pochi strumenti, ma sapendo cosa fare e il motivo per il quale si compiono determinate azioni, si può consacrare uno spazio e dare luogo ad una riunione di Loggia nella quale svolgere i lavori rituali massonici.
Christian Jacq è assai severo nel criticare le molte realtà massoniche “che non hanno più niente a vedere con le loro originali. Vere e proprie mummie. Circoli di mummie”.
Di fronte a circoli di mummie, diviene pensabile, come è stato pensato in più occasioni, di togliere di mezzo la massoneria, privandola delle sedi, dei templi, dei mobili e degli immobili con i quali si esercita il lavoro iniziatico, ma, scrive Christian Jacq, il fallimento di tali operazioni è dovuto al fatto che esisteva “una corrente iniziatica all‘interno della massoneria stessa, del tutto indipendente da essa. Dietro la facciata affaristica delle organizzazioni massoniche sopravvivevano delle logge spiritualiste”.
Possiamo dire: sopravvivono.
La Loggia del romanzo si chiama Conoscenza e il suo Maestro Venerabile si chiama François Branier, lieve corruzione del nome di François Brunier, coautore con Jacq di: “Le massage de bâtisseurs de chatédrales” edito da Plon, nel 1974, del quale Jacq scrive: “Con il tempo, si saprà che questo ricercatore eccezionale, il cui pensiero è ancora poco conosciuto, è all’origine del rinnovamento degli studi simbolici: Egli fu, in molti campi, un autentico Maître d’Oeuvre”. [1]
Nel romanzo il Maestro Venerabile, nonostante la brutale prigionia nazista, lavora costantemente, assieme ai suoi Fratelli, al fine di mettere in atto le condizioni per tenere una riunione rituale.
“Il luogo in cui ci troviamo – dice il Maestro Venerabile – è diventato il nostro Tempio. Non serve nient‘altro. Uniamo i nostri cuori in fraternità. Abbiamo modificato i nostri metodi di lavoro, purificandoli dalle degenerazioni profane e tornando alle origini dell’arte muratoria. Anche se non costruiamo più delle cattedrali di pietra, i progetti di lavoro che abbiamo in corso non sono meno importanti”.
Insegnamento perfetto, quello di Christian Jacq, attualissimo in un mondo nel quale la Massoneria, più che per i contenuti, tende a presentarsi con la pomposità degli edifici e delle supellettili, delle sedi profanamente prestigiose che, in molti casi, si trasforma in forme di mercimonio. Il bel tempio diventa oggetto di dominio e di potere, quando non di compravendita in cambio di gradi.
A volte il tempio e la sede prestigiosa sono il modo per selezionare in base non alla reale volontà di crescita, ma di censo.
A volte ancora, la pomposità del tempio e della sede è specchietto per le allodole, ossia modalità con la quale attirare chi pensa che la Massoneria sia una consorteria nella quale sviluppare affari o conoscere strumenti di potere profano.
Il suggerimento di Christian Jacq, nel suo romanzo che, in buona parte, riporta anche i tratti di una riunione massonica ridotta alla sua essenza, è che per percorrere il cammino iniziatico non è necessario avere grandi sedi, templi sfarzosi che diventano oggetto di massoni divenuti mercanti, ma essere animati dal desiderio di conoscere ed avere la volontà di lavorare costantemente all’accrescimento della conoscenza.
Suggerimento, quello di Christian Jacq, che va colto soprattutto di questi tempi, dove è necessario riportare la Massoneria ad essere luogo di studio, di conoscenza, di progettualità, per trasmettere quella che Jacq chiama “l’Éternel Sagesse”, ossia il deposito sapienziale che ci deriva dagli Antenati. “La Saggezza fu espressa – scrive Christian Jacq – in forme diverse durante molteplici periodi civilizzatori e in luoghi differenti”[2].
Ora si tratta di esprimerla nel nostro tempo, attualizzandola e facendola vivere in ragione dell’evoluzione della Conoscenza, ma mantenendo saldi i principi che sono transitati attraverso luoghi, tempi e civiltà e che costituiscono la Tradizione con la quale l’Umanità ha affrontato i grandi misteri dell’essere umano e dell’universo.
In ogni stagione si tratta di riscoprire “l’autentica umiltà, che è la conoscenza della posizione dell’uomo come intermediario tra cielo e terra, partecipante delle due nature”.
Oggi, la sfida alla quale sono chiamati coloro che intendono percorrere la via iniziatica della massoneria è quella di mantenere salda questa umiltà, intesa come conoscenza dell’essere umano come partecipante alle due nature, terrestre e celeste e, pertanto, di mantenere aperti gli spazi entro i quali l’Umanità sia tale e non sia trasformabile in transumanità.
Se il Maestro Venerabile François Branier si è trovato a combattere con il nazismo del III Reich, oggi siamo in presenza della necessità di combattere contro il nazismo diffuso e mascherato da progressismo transumanista e contro la cancellazione della cultura, che è cancellazione della Tradizione, della Saggezza, dell’avvento di una mostruosità che vuole eliminare la consapevolezza, che ci deriva da secoli di pensiero, che l’essere umano non è solo corpo e ragione, sostituibile con un corpo d’acciaio e con una mente di silicio.
Per questa sfida, per questo lavoro davvero iniziatico, sono necessari strumenti adatti, non pompose sedi e sfavillanti templi vuoti di sapere.
Le cattedrali del Medio Evo, ci dice Christian Jacq, sono nate dal “matrimonio tra lo spirito e la mano”.
Le cattedrali del Medio Evo, che trasmisero in forma simbolica l’antica Tradizione, furono costruite da “artigiani conoscenti” che si riunivano nelle Logge, baracche di legno nelle quali condividevano la conoscenza.
Oggi i “liberi muratori” devono essere ancora “artigiani conoscenti”, non mercanti di templi transumanti in cerca di gradi esteriori e, per essere pronti alla sfida che i tempi pongono loro, è sufficiente che dicano, come il Venerabile del romanzo di Christian Jacq: “Il luogo in cui ci troviamo è diventato il nostro Tempio. Non serve nient‘altro”.
[1] Christian Jacq, Le message des constructeurs des cathédrales, J’ailu
[2] Christian Jacq, Le message des constructeurs des cathédrales, J’ailu