MASSONERIA, DALLE PATENTI AI FONDAMENTI (12)

Ago 17, 2025 | MASSONERIA

di Silvano Danesi

Hiram di Tiro nella foresta di Chartres 

Nella leggenda massonica che riguarda il 3° Grado (Maestro), Hiram Abiff è una figura centrale, spesso identificata come l’architetto del Tempio di Salomone. La sua storia che appare nel terzo grado della Massoneria è un’allegoria ricca di simbolismo morale e spirituale, che nasconde, sotto il velame giudaico, rimandi a tradizioni antiche.

Uno dei riferimenti criptati potrebbe essere quello che si ispira alla Nuova Atlantide di Francesco Bacone.

Sull’isola governa il re legislatore Solamone (Sol-Amon, ossia Amon-Ra) che ha fondato l’Ordine o la Società Casa di Salomone (inversione voluta) che guida la Nuova Atlantide.

I membri della Casa di Salomone vengono inviati nel mondo per riferire su usi, costumi, conquiste scientifiche e tengono nascosta la loro origine. Essi portano a Nuova Atlantide libri, sommari ed esemplari delle scoperte di tutti gli altri paesi e sono chiamati “Mercanti di luce”.  (Interessante un possibile riferimento al 18° Grado del Rito Scozzese).

Il simbolo dell’ariete, teromorfizzazione di Amon (il dio nascosto) e di Khnum, “Colui che plasma” (il dio vasaio che modella sul tornio l’umanità il cui culto era ad Elefantina) serve a scrivere in egizio la parola Ba, che significa manifestazione.

Il Ba è la manifestazione dell’essenza dell’essere umano.

Il Ba

La testa d’ariete è inoltre simbolo della dignità che incute timore. Testa d’ariete in egizio è šft, dal quale origina il determinativo e abbreviazione šft, dal significato di prestigio e dignità e šftšt, dal significato di timore rispettoso ispirato da Dio.

In sanscrito ariete si dice uranah, che significa fuoco, luce originaria ed è l’antico segno di Ram, Rama (avatara di Vishnu), chiamato anche Hari, il creatore di tutte le cose, altro nome di Agni (fuoco) e di Indra (fulmine).

Agni

 

Hari-Ram richiama Hi-Ram.

Hiram, scritto in inglese nella leggenda massonica che lo riguarda, potrebbe essere scomposto in Hi (gh) – Ram, Grande Ariete.

Hiram non è un architetto biblico

Il nome Hiram (o Chiram in alcune traduzioni) appare nella Bibbia in due contesti principali, entrambi legati al regno di Salomone nel Primo Libro dei Re e nel Secondo Libro delle Cronache. Ci sono due personaggi distinti con questo nome: Hiram, re di Tiro e Hiram, l’artigiano.

Hiram, re di Tiro era il re della città fenicia di Tiro, un alleato di Davide e successivamente di Salomone. È noto per aver fornito materiali (come il legno di cedro e cipresso) e manodopera per la costruzione del Tempio di Gerusalemme e del palazzo di Salomone. La sua collaborazione con Salomone è descritta in 1 Re 5:1-12 e 2 Cronache 2:3-16. Hiram intrattenne rapporti commerciali e diplomatici con Israele, contribuendo significativamente ai progetti edili di Salomone.

Hiram, l’artigiano era un abile artigiano, esperto in lavori di bronzo, mandato dal re Hiram di Tiro a Salomone per lavorare al Tempio. È descritto in 1 Re 7:13-45 e 2 Cronache 4:11-16. Questo Hiram, figlio di una vedova della tribù di Neftali e di un uomo di Tiro, realizzò opere come le colonne di bronzo (Iachin e Boaz), l’altare e altri arredi del Tempio.

Tiro è in Libano o a Chartres?

La leggenda di Hiram di Tiro potrebbe nascondere un interessante anello di congiunzione della Tradizione iniziatica che passa, attraverso la cultura druidica e cristiano celtica, alla Massoneria. Tradizione interrotta nel 1717, con la trasformazione della Massoneria iniziatica in un club al servizio degli Hannover.

Per capire di cosa stiamo parlando, è necessario fare un passo indietro nella storia.

La Scozia, dominata dai Pitti fino al IX secolo, fu progressivamente conquistata, sin dal V secolo, da coloni celti venuti dall’Irlanda, che si isediarono nell’Ovest.

Verso l’843 il Dalriada (i Celti) trionfarono. La Scozia sotto l’egida del re di Dalriada, Kenneth Mac Alpin, divenne un regno celtico unificato. Verso l’850 Kennteh fu insediato a Scone come monarca di tutta la Scozia. I Pitti, antichi abitanti della Scozia, con i quali i Celti irlandesi si mescolarono fino a formare un solo popolo, erano popolazioni di origine basca, come attesta Tacito e, più recentemente, uno studio di Federico Krutwig. [i]

Con Davide, discendente di Mac Alpin, nacque, nel 1124, il regno feudale di Scozia e, dopo un breve periodo di turbolenza, conseguente all’assassinio di Alessandro III, nel 1286, Robert Bruce restaurò il regno celtico di Scozia e venne incoronato due volte: la prima il 25 marzo 1306 nella chiesa abbaziale di Scone e la seconda, due giorni dopo, con l’insediamento sul trono di Scone secondo l’antica usanza celtica. Robert Bruce discendeva in linea di sangue dall’antica casa reale celtica e, risalendo ancora più indietro, da Kenneth Mac Alpin di Dalriada.

Davide istituì la carica (poi ereditaria) del Regio Steward del reame (maggiordomo di palazzo) da cui derivano gli Stuart.  Il primo Steward, Walter Fitz Alan, era di discendenza bretone celtica. Dagli Steward nacque la dinastia poi nota come Stuart.

Gli Stuart, dunque, hanno origini celtiche acclarate.

Durante i regni di Davide I (1124-53) e di Malcom IV (1153-65) venne attuata una politica sistematica di insediamento di immigrati fiamminghi in Scozia.

Fiamminghe sono le famiglie Bruce, Balliol, Camerun, Campbell, Comyn, Douglas, Graham, Hamilton, Lindsay, Montgomery, Seton. Un elemento, questo, di grande importanza per i rapporti con un’altra area celtica di grande tradizione.

La Scozia rimase “l’unico reame celtico con istituzioni politiche indipendenti e ben definite all’inizio dell’«Alto Medioevo»”:[ii] un regno “interamente celtico e ci sono le prove che gran parte del pensiero celtico, sia pagano, sia cristiano, vi persistè a lungo dopo essere scomparso in Irlanda”. [iii]

Durante il IX secolo la Scozia divenne rifugio di gruppi di scissionisti superstiti della chiesa irlandese. Sotto la guida di questi gruppi fu istituito il “celi De” o “Culdees”, un sistema monastico.

Malgrado l’afflusso dei cistercensi nel XII secolo, la chiesa romana era praticamente scomparsa.

“L’incoronazione di Alessandro III nel 1249 fu un tipico esempio dei riti celtici prevalenti in Scozia molto tempo dopo che erano scomparsi altrove. Quando Alessandro fu insediato sul trono a Scone, un anziano bardo degli Higlands recitò formalmente in gaelico la genealogia del nuovo monarca risalendo fino al «primo scozzese» attraverso il Dalriada. Com’era da aspettarsi nel caso di un sovrano celtico, Alessandro era sempre accompagnato da un arpista. Quando viaggiava, veniva preceduto, come imponeva la tradizione per un signore celtico, da sette donne che cantavano la sua gloria e il suo lignaggio….”. [iv]

I monaci tironianensi

Ed eccoci giunti al punto che maggiormente ci interessa.

Chi sono questi monaci?

Per rispondere all’interrogativo è necessario andare a Chartres, uno dei luoghi dove è maggiormente evidente la trasmissione della tradizione druidica nell’arte dei Liberi Muratori.

Nei pressi di Chartres, in una foresta conosciuta con il nome di Tiro, il monaco benedettino Bernard d’Abbeiville (1050-1118), meglio conosciuto come fondatore dell’ordine dei Tironianensi, nel 1109 stabilì l’Abbazia della Santa Trinità di Tiron. Bernard, dopo aver vissuto tre anni da eremita nella foresta armoricana di Craon (nei pressi di Ballots Nayenne, vicino a Rennes), si fece paladino di un ritorno al cristianesimo delle origini, molto vicino al cristianesimo di tipo celtico-culdeo largamente diffuso, specie in Scozia.

I monaci tironianensi diventarono celebri per le loro capacità di costruttori. A Tiro si formarono migliaia di fabbri, architetti, artigiani. Abbiamo così, vicino a Chartres, una scuola che fu il principale centro di formazione muratoria del XII secolo. Ed è ai monaci tironianensi, costruttori di Chartres, che Davide, discendente di Mac Alpin e fondatore del Regno feudale di Scozia nel 1124, assegnò l’incarico di costruire cattedrali in Scozia e, tra queste, l’abbazia di Kilwinning. Alla loro opera si devono infatti la cattedrale di  Arbroath (1178), l’abbazia di Kilwinning (1140) e, più tardi,  la Cappella di Rosslyn (1446).

Abbazia Kilwinning 2

L’abbazia di Kilwinning ha uno stretto rapporto con la tradizione della Loggia Madre di Kilwinning, la loggia massonica scozzese considerata una delle più antiche logge massoniche del mondo.

E se il riferimento a Tiro che troviamo nella leggenda massonica di Hiram non fosse in Libano, ma nei pressi della foresta di Chartres?

Tiro potrebbe derivare dal latino, con il significato di “iniziato, apprendista, novizio”.  Secondo alcuni studiosi ci sarebbe invece un collegamento tra il Tiro della foresta vicino a Chartres e Tir Eoghain in Irlanda, luogo dal quale viene il primo “ma can tsaoir”, che significa “figlio del costruttore”.

In Irlanda, nell’Ulster, c’è la County Tyrone o Contae Thir Eoghaid o anche Owensland, ossia la terra di Eóghan.

Il nome Eóghan (irlandese), Eòghan (scozzese) e nella versione gallese Owain, deriva dal celtico êoghunn, che contiene il prefisso og, dal significato di giovane. Un probabile significato di Eóghan  (Owain) è: nato dal Tasso (Taxus baccata) o nato sotto la protezione del sacro Tasso.

La storia ci ricorda di Sant’Eoghan di Ardstraw, nato nel 618 d.C. nel Leinster e figlio di Cainneach, il quale, rapito dai pirati e portato in Bretagna, studiò dai cluniacensi e, liberato, continuò gli studi nella Casa candida di Sant Ninian, con Finnian di Moville. Tornato in Irlanda fondò Kilnamanagh nell’isola Wicklow e poi andò nella valle della Mourne, nei pressi di Tyrone.

Concentriamoci sul nome Eóghan, nella sua versione gallese Owain, che richiama come s’è visto Owen e Ywain, ossia Ivano: il primo eroe dei Mabinogion e il secondo di un romanzo di Chrétien De Troyes.

Come varianti di Owein o associato ad Owein abbiamo Owain e Ednywain, Ewein e Ednywein, Ywein e Ednowain, Yvein e Ednywen e Yvain. Poiché il prefisso edn significa da, abbiamo Ednywain da Owein, Ednywein da Ewein, Ednowain da Ywein, Ednywen daYvein.

L’assonanza dei vari antroponimi con il mitico Edwin che diede le costituzioni ai massoni è evidente e Edwin significa, a questo punto, nato o protetto dal Tasso e poiché operò, secondo la leggenda, a Eburacum (York) il luogo del Tasso, è altrettanto evidente che il Tasso acquista un significato di primaria importanza.

Il mitico Edwin, figura centrale nelle leggende massoniche, è descritto in alcuni Old Charges, come il Manoscritto Regius (1390-1425) e il Manoscritto Cooke (XV secolo), come il presunto figlio o fratello del re anglosassone Æthelstan (895-939), primo re d’Inghilterra.

Secondo la tradizione massonica, Edwin avrebbe convocato la prima assemblea di massoni a York nel 926, promulgando le prime Costituzioni della Massoneria, note come le Costituzioni di York, che avrebbero regolato l’organizzazione e i doveri dei massoni.

Non esistono prove storiche dell’esistenza di un Edwin figlio o fratello di Æthelstan con questo ruolo. La figura di Edwin sembra essere, pertanto, un costrutto simbolico.

Edwin è dunque una figura leggendaria, non storica, il cui ruolo simboleggia l’antichità e la sacralità dell’ordine massonico, con connessioni simboliche al sapere iniziatico.

Analizzando il significato del nome del luogo ove il mito fondativo contenuto negli Old Charges viene collocato, ossia York, comprendiamo l’importanza simbolica di questa collocazione.

Eboracum o Eburacum deriva dal celtico Eborakon (luogo del Tasso – Taxus baccata).

Eburos (termine latinizzato) ha corrispondenze nel gallese efwur, nell’irlandese jobhar, nello scozzese iorc e nel bretone evor.

Il significato simbolico del Tasso

Il Tasso (I nel linguaggio arboreo) è il legno sul quale un file o un druida irlandese incidono ogam divinatori. Eboracum, ossia York, è dunque un luogo della divinazione.

La runa Eihwaz equivale all’albero del Tasso, in irlandese ýr, come la forma breve di Eihwaz. Il legno del Tasso era adatto per incidervi incantesimi, sia presso i Germani, sia presso i Celti. “L’attribuzione di poteri magici all’albero del Tasso – scrive Polia – risale probabilmente alle origini della cultura indoeuropea”. [v]

Il Tasso era anticamente considerato l’albero della morte e della rinascita; albero della morte in ragione della velenosità delle sue foglie e delle sue bacche, della quale testimonia già nel IV secolo a.C., Teofrasto (il veleno del Tasso era utilizzato per rendere più micidiali le punte di freccia e di lancia, ma veniva anche usato per curare i morsi di ragni e serpenti); albero della rinascita, in ragione dell’eccezionale longevità riconosciutagli (si tratta comunque della specie europea più longeva).  I tassi più vecchi si ritrovano in Gran Bretagna.

Al Tasso di Fortingall, nel cuore della Scozia, sulla cui età gli studiosi hanno opinioni assai discordi, vengono attribuiti dai 2.000 ai 5.000 anni. L’incredibile durata del suo legno (di Tasso è il più antico manufatto umano di legno, costituito da una lancia pressoché intatta, rivenuta a Clacton in Inghilterra, e datata 150.000 anni fa), ne ha fatto anche un simbolo di immortalità e di saggezza omnicomprensiva.

Per i popoli germanici, il Tasso era l’Albero della Rinascita, ed era associato al 21 dicembre, giorno nel quale il Sole rinasceva e ricominciava il ciclo annuale di vita e morte. Nel calendario dei Celti, presso cui fu albero sommamente sacro, il Tasso era associato alla festa di Samhain, situata nel mese di novembre, durante la quale si aprivano le porte tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Si credeva che il Tasso fosse il guardiano delle porte che mettevano in comunicazione i due mondi, che purificasse i morti e proteggesse l’anima nel suo viaggio verso l’aldilà, prevenendo l’interferenza degli spiriti malvagi. Anche i Greci lo considerarono una sorta di porta di accesso verso gli Inferi e lo avevano dedicato ad Ecate, dea degli Inferi; i sacerdoti di Eleusi lo utilizzavano durante i loro riti misterici come simbolo inscindibile di morte ed immortalità.

Dotato di un legno eccezionalmente resistente e flessibile, oltre che durevole (può mantenersi inalterato per migliaia di anni), venne fino dai tempi remoti prescelto per la fabbricazione di archi, frecce e lance e, data la sua resistenza, come ottimo materiale da costruzione.

“Lo Schneider – scrive Polia – propone per l’Albero Cosmico Yggdrasill un’interpretazione parallela a quella tradizionale di «Destriero del Terribile», cioè di Odino, risalendo al protogermanico inguaz, forma prossima di eihwaz «tasso» e facendo derivare drasill da *ðrasilaz «colonna» (dalla radice indo europea dher- che esprime il senso di «reggere», «sostenere»). La forma più arcaica dell’Albero Cosmico, pertanto, non sarebbe stata quella del frassino, ma quella del Tasso (Taxus Baccata)”. [vi]

In base a questa relazione Tasso-Yggdrasill, York si propone simbolicamente anche come centro.

Al Tasso di Fortingall (Scozia), vecchio di 5 mila anni, si aggiunge quellodi Defynnag vicino a Sennybridge in Galles, altrattanto vecchio di 5 mila anni. Nel cimitero di La Haye-de Routot, in Francia, ci sono tassi che hanno dai 1.300 ai 1.500 anni.

Una leggenda irlandese, riportata da Fred Hagender (Lo spirito degli alberi) sostiene che in Irlanda da un unico albero antichissimo, il mitico Albero del Mondo, furono staccati cinque ramoscelli che diedero origine, piantati nelle cinque province d’Irlanda, agli alberi sacri d’Irlanda: Bile Tortan, Eo Mugna, Eo Rossa, Craeb Daithi e Bile Uisnig. I testi medievali si riferiscono a due tassi, una quercia e due frassini.

Riporta Alfredo Cattabiani che secondo una leggenda dei Cimri, gli antichi abitanti di lingua celtica del Galles e dello Strathclyde, il Tasso sarebbe il più vecchio essere vivente, potendo raggiungere i 19.683 anni”. [vii]

Il Tasso, dunque, appartiene ai figli dell’Albero del Mondo e come tale era ritenuto sacro. Non a caso l’alfabeto ogamico veniva scritto su tavole di Tasso.

Il Tasso in antico inglese è iw o eow, in anglosassone ich o ioh, in germanico ivo, in bretone iuin, in gallese ywen, in scozzese ibhar, in gaelico iur e in antico irlandese idhadh.

Nelle varie versioni ritroviamo le radici di York (Eburacum) e di Edwin.

Il Tasso “porta iniziatica.

Il Tasso è anche una “porta”; è l’albero della morte come riposo, ma anche come Iniziazione. Non per altro era connesso alla Dea Ecate, corrispondente della Cerridwen celtica e anch’essa protettrice di un magico Calderone di trasformazione e saggezza. Conoscere il Tasso significa conoscere ciò che si cela al di là della Porta, ciò che è contenuto nel centro del Calderone. Ciò che rappresenta il Tasso è qualcosa che trascende la mera morte. Esso rappresenta i Misteri custoditi nel Silenzio ed è la Porta verso la Conoscenza che trascende la vita manifesta perché è parte stessa dell’Eternità.

Dormire oppure meditare all’interno delle grandi cavità del Tasso, come facevano anche alcuni santi cristiani irlandesi, che sceglievano questo luogo per pregare, significa abbandonarsi totalmente e concedersi a ciò che questa grande e antichissima pianta vuole insegnarci, ed accettare di percorrere il Passaggio tra un ciclo e l’altro, senza per forza smettere di respirare, dato che la morte si presenta a noi in infinite forme.

Ciò che ci insegna il Tasso, unendo la morte (il veleno) con la vita (la longevità), e trascendendo entrambe, è soprattutto che non esiste discontinuità tra queste due fasi, ma che al contrario sono complementari l’una per l’altra e unite. Allo stesso modo noi dobbiamo imparare ad accettarle entrambe, a conoscerle e a trascenderle.

La qualifica di legno ideale per gli archi portò nel XVI secolo quasi all’estinzione del Tasso in Europa. Il principale importatore era la Gran Bretagna. I pezzi grezzi venivano ricavati dalla parte esterna dei fusti: un terzo di alburno per la zona di trazione, due terzi di durame per quella di compressione. L’evoluzione delle armi da fuoco salvò i pochi popolamenti di Tasso rimasti.

Impieghi fondamentali erano: impiallacciature, legno per archi e balestre, spine di erogazione (es. nelle birrerie). Il pregiato legno veniva utilizzato da falegnami e tornitori nella produzione di mobili, intagli e molti altri utensili per la casa.

Il bastone dei druidi era fatto in legno di Tasso perché esso faceva parte dei Cinque Legni Sacri. Le tavolette di esecrazione erano intagliate in legno di Tasso e di Tasso erano molti oggetti rituali. [viii]Nell’antica Britannia, per la legge era più grave un’offesa verso un Tasso che nei confronti di un uomo, perché l’essere vegetale non era in grado di difendersi. In Irlanda si narra che il Tasso costituisca l’albero più antico tra tutti quelli creati da Dio nel Paradiso Terrestre. È curioso sapere che uno degli attributi del Re d’Irlanda sia “Eochaid”, ossia combattente con il Tasso. La Ruota del Druido Mog Ruith è in legno di Tasso. Una saga irlandese narra di un giovane eroe che si chiamava Ibartsciath, ossia scudo di Tasso. Questo albero era talmente presente nella vita quotidiana e nella cultura socio-religiosa dei popoli nordeuropei che Giulio Cesare nel “De bello gallico” riporta del suicidio di due re eburi che persero la guerra ed in nome dell’onore si diedero la morte con i semi di Tasso. Nell’ “Amleto” di Shakespeare, il Re di Danimarca viene assassinato nel sonno dal fratello invidioso Claudio proprio con un veleno estratto probabilmente dalle bacche del Tasso.  In Baviera esiste un paese chiamato Paterzell, nel quale esiste l’isola dei Tassi, un piccolo bosco sacro fin dai lontani tempi dei Druidi. Il fatto che le tavolette di esecrazione fossero incise su un legno di Tasso apre una parentesi sui supporti di legno sui quali i Bardi incidevano il Coelbren, ossia le lettere sacre:  le tre lettere del nome del divino e le dieci lettere segrete. Da questo primitivo utilizzo si sono poi sviluppati i libri di legno, ossia degli insiemi di bastoni a sezione quadrata ove venivano incide le lettere relative alle strofe della sapienza bardica. [ix]

I Tironianensi, dunque, in base a quanto sin qui detto, sarebbero i “costruttori della terra del Tasso”, ossia di York.

Concludendo, il Tasso, albero considerato sacro e asse del mondo, nonché porta tra i due mondi, è il simbolo di una tradizione millenaria e l’intreccio etimologico che lega York (luogo del Tasso) a Edwin (nato dal Tasso), fa di colui che secondo la leggenda fondativa ha dato le costituzioni alla Massoneria, l’anello di congiunzione tra la Tradizione millenaria e la Tradizione massonica. L’intreccio etimologico si estende ai monaci tironianensi, il cui operare come costruttori assume i contorni della trasmissione di una conoscenza millenaria connotata dalla capacità di costruire secondo le regole insite nella natura, che rendono evidente il messaggio nascosto nel mistero del divino.

I costruttori di Chartres

I monaci tironianensi, come s’è gia accennato, sono i costruttori di Chartres e vivono nella foresta della Bretagna armoricana ed è assai probabile la loro condivisione del fermento culturale della Scuola di Chartres.

“Le fonti della cultura chartriana – scrive Enzo Maccagnolo – oltre ad Agostino e i Padri, sono Boezio per l’aritmetica e la teologia, Plinio il vecchio con la sua enciclopedica Storia Naturale, Cassiodoro e Isidoro di Siviglia con le loro compilazioni, Beda con le sue notazioni sperimentali a proposito di alcuni fatti naturali”. [x]

I filosofi che gravitavano intorno a Chartres conoscono le opere di Gerberto di Aurillac (il futuro Silvestro II) il quale viaggiò in Spagna nella seconda metà del secolo X, conobbe la cultura araba ed ebraica e può essere considerato l’iniziatore della scienza occidentale. E’ alla scuola da lui fondata che si formerà Bernardo di Chiaravalle, il quale darà la regola ai Templari e favorirà la costituzione delle strutture iniziali del loro immenso potere e sapere.

La scuola di Chartres afferma che si possono distinguere l’operare di Dio, della natura e dell’uomo artefice, che la natura non è priva di un suo ordine e di una sua razionalità e che è possibile conoscere il creatore muovendo dalla conoscenza delle creature.

L’economia di questo lavoro non consente di approfondire i temi delle riflessioni filosofiche della scuola chartrense. Sono tuttavia necessari alcuni cenni alle fonti dei filosofi di Chartres.

Teodorico di Chartres, originario della Bretagna, raggiunge la cattedrale di Chartres assieme al fratello Bernardo. Teodorico commenta Boezio e Cicerone e conosce i testi ermetici, che cita nelle sue opere: “Ma a Dio, cioè alla Necessità Assoluta, per il fatto che non può né essere espresso con segni, né compreso dalla mente, sono attribuiti tanti nomi perché, almeno, con una così numerosa composizione di nomi, pur non conoscendolo, possiamo sapere qualcosa di lui attraverso la comprensione di ciò che egli non è, piuttosto che di ciò che è, come riconosce Trismegisto [Asclepio, ndr]”. [xi]Ancora: “Nel libro che si intitola Trismegisto [Asclepio, ndr], anche Mercurio conferma tutto ciò che abbiamo detto. E da ciò, inoltre, deriva anche il fatto che i filosofi gentili hanno innalzato un altare al dio ignoto, pensando il dio come colui del quale non si può sapere chi è”. [xii]Nel Trattato (26) si legge: “Mercurio, in quel libro che si intitola Trismegisto…”. [xiii]

Nell’Eptateucon di Teodorico di Chartres, fratello di Bernardo di Chartres, raccolta di testi riguardanti le arti liberali, ci viene offerto, già nel XII secolo, quanto ci viene indicato nel Tempio massonico. Nell’Eruditio Didascalica di Ugo di San Vittore, sulla stessa linea di Anselmo d’Aosta (Monologion) e di Giovanni di Salisbury (Metalogicon), riguardante la meditazione, apprendiamo che seguendo le vestigia (investigatio) con il rigore della ragione, possiamo approssimarci alla luce della verità e anche come per attivare questa meditazione sia necessaria una preparazione precedente data dalla lettura (lectio: lezione del maestro o lettura da solo), dallo studio, dell’apprendimento e come, infine, questo sapere sia conseguibile attraverso ciò che ci è stato consegnato dalla tradizione.

Proseguo in compagnia di Bernardo Silvestre, maestro alla scuola di Tours e il cui legame con Chartres è documentato dalla dedicatio a Teodorico della sua Cosmografia, in cui i temi sono tratti con tutta evidenza dall’Asclepio.

Dopo aver ricordato le quattro discipline della scienza e le tre dell’eloquenza, Bernardo Silvestre scrive: “Le sostanze [ciò che sta sotto], invece, come Dio, gli angeli, l’anima, in quanto incorporee, non sono accessibili al senso e quasi completamente incomprensibili. Perciò la filosofia inizia con la matematica che contempla le forme, progredisce con la fisica, che considera le cause, e si perfeziona con la teologia, che contempla le sostanze. Stimiamo, dunque, necessario esercitare la ragione, dapprima, con le forme della matematica, perché possa, in un secondo tempo, indagare le cause in fisica e, da ultimo, formandosi nella teologia, fissare lo sguardo della mente sulle sostanze”. [xiv]

In questo percorso riconosciamo molto di quanto avviene nei tre gradi dell’attuale ritualità massonica.

Bernardo ci conduce poi ad apprendere le forme dell’insegnamento, che si avvalgono dell’allegoria (una “forma espressiva che, in forma di narrazione storica, cela una verità diversa da quella che si comprende esteriormente”), dell’integumento (“forma espressiva che, in forma di narrazione favolosa, racchiude una verità comprensibile”) e della multivocazione , ossia il dare diversi nomi ad una stessa realtà.

I testi ermetici, come è del tutto evidente, non sono solo conosciuti, ma influenzano il pensiero dei filosofi che vivono a stretto contatto con i Liberi Muratori.

Uno dei testi di riferimento dei filosofi medievali è la “Consolatio Philosophiae” di Severino Boezio (475-524), la cui opera influenzerà anche quella dei Fedeli d’Amore e che è considerato uno degli “ultimi frutti, in Occidente, della culrura greco-romana”[xv] e precursore della Scolastica in quanto “ne prepara la via distinguendo nettamente tra dominio della fede e quello della ragione”. [xvi]

Severino Boezio, scrive Christine Moharman, “visse ai limiti di due mondi. Nei periodi di transizione non sono tanto gli spiriti dotati di originalità creativa ad avere una posizione di primo piano nella storia del pensiero e della cultura umana, ma piuttosto coloro che, grazie alla loro capacità di sintesi, sanno trasmettere gli elementi migliori di una cultura in via di estinzione a un mondo nuovo che si va formando. Tale era Boezio”.[xvii] E tale, ritengo, è anche la funzione dei Massoni nell’attuale stagione della storia.

Ascrivibili al filone neoplatonico, come veniva insegnato nella scuola di Alessandria, le sue opere risentono anche della cultura ermetica e la sua Donna Filosofia appare assai somigliante al Poimandres (Pe-eime-n-Ra, la Conoscenza di Ra, il Rivelatore dei Libri Ermetici) e a Sophia, la Sapienza divina.

La Consolatio ha esercitato un’influenza enorme sul pensiero filosofico e sulla spiritualità del Medioevo, così come sull’arte figurativa medievale. Il libro, del quale sono stati trovati più di 400 manoscritti, era presente in molte biblioteche medievali e “gli antichi cataloghi attestano la presenza della Consolatio, a partire dall’VIII secolo, nella biblioteca di York”. [xviii]

Alla fine del IX secolo la Consolatio fu tradotta, per ordine del re Alfredo il Grande[xix] in anglosassone.

Chartres, costruita sulla collina sacra ai druidi, è un libro di pietra che testimonia di una Tradizione millenaria, della quale i monaci tironianensi, i costruttori il cui nome conduce al Tasso, sono stati eccellenti artefici. E eccellenti artefici sono stati anche di Kilwinning, sede della Loggia che nel 1286 ebbe come Gran Maestro Lord Stewart di Scozia.

Quella di Lord Stewart è carica palatina (divenuta ereditaria),  istituita per nomina di un re celtico, la cui incoronazione è avvenuta, oltre che con il rito cristiano, anche con quello druidico, che prevede la legittimazione del nuovo regnante da parte della Pietra di Scone, ossia della Dea Madre Terra. E’, dunque, un re celtico, incoronato secondo l’antica tradizione druidica, che ha investito e legittimato gli Stewart e, conseguentemente, il Gran Maestro della Massoneria della Loggia di Kilwinning. Una legittimazione che riconosce e conferma l’istituzione massonica come appartenente all’antica tradizione iniziatica. Ad essere legittimato come primo Stewart (poi Stuart) è un uomo di discendenza bretone celtica e scozzese, la cui linea di sangue risale al re Alpin e ai Siniscalchi di Dol, in Bretagna.

La Massoneria scozzese stuardista è pertanto incardinata nella regalità celtica e, conseguentemente, nella tradizione druidica.

segue

 

[i] Federico Krutwig, Garaldea,

[ii] Dunca, Scotland:the Making of the Kingdom, citato in [ii] Michael Baigent, Richard Leigh, Origini della Massoneria, Newton Compton

[iii]  Michael Baigent – Richrad Leigh, Origini e storia della Massoneria, Newton Compton Editori).

[iv] Michael Baigent – Richrad Leigh, Origini e storia della Massoneria, Newton Compton Editori).

[v] Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[vi] Vedi Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[vii] Alfredo Cattabiani, Florari, Mondadori

[viii] Alfredo Cattabiani, Florari, Mondadori

[ix] Vedi in propositoIolo Morganwg, Barddas, Anguana Edizioni

[x] Enzo Maccagnolo, Introduzione a “Il divino e il megacosmo”, Rusconi

[xi] Teodorico di Chartres, Glossa II,31 in Il divino e il megacosmo, Mondadori

[xii] Teodorico di Chartres, Glossa IV,11 in Il divino e il megacosmo, Mondadori

[xiii] Teodorico di Chartres, Trattato in Il divino e il megacosmo, Mondadori

[xiv] Bernardo Silvestre, Cosmografia, in Il divino e il megacosmo, Mondadori

[xv] Introduzione di Christine Mohrman a Severino Boezio, La consolazione della filosofia, Fabbri

[xvi] Introduzione di Christine Mohrman a Severino Boezio, La consolazione della filosofia, Fabbri

[xvii] Introduzione di Christine Mohrman a Severino Boezio, La consolazione della filosofia, Fabbri

[xviii] Introduzione di Christine Mohrman a Severino Boezio, La consolazione della filosofia, Fabbri

[xix] Alfredo il Grande (849-899), re del regno anglosassone del Wessex dall’871 all’899, favorì lo sviluppo della cultura facendo tradurre o traducendo testi latini di teologia e storia. Durante il regno dei fratelle fu insignito del titolo di secondarius (come il celtico tanist, designato dal predecessore) dall’assemblea dei Witan, consesso di uomini saggi di origine germanica).

Silvano Danesi

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