MASSONERIA, METTERCI LA FACCIA O METTERE LE PALLE?

Lug 9, 2024 | MASSONERIA

di Silvano Danesi

La Massoneria ha radici antiche, presenti nei miti fondativi, esposti con linguaggio simbolico, e nei riscontri storici relativi alle eterie e alle ritualità iniziatiche delle quali si ha testimonianza e delle quali è erede.

Come tutte le istituzioni umane, anche la Massoneria, pur conservando il nucleo essenziale della sua esistenza, ha subìto le contaminazioni del mondo profano nel quale si è trovata ad operare.

Contaminazioni che vanno contestualizzate e relativizzate, così da poterle isolare dal nucleo essenziale e considerate per quello che sono.

Questo vale, in modo particolare, per le norme che presiedono alla conduzione dell’istituzione e che sono, di volta in volta, inserite in statuti e regolamenti.

Considerare, ad esempio, come appartenenti al nucleo essenziale, regole statutarie ottocentesche, derivanti dalla contaminazione democratico-borghese, è uno dei motivi degenerativi dell’attuale istituzione massonica.

Prendere atto di ciò che è essenziale e di ciò che è contaminazione relativa ai costumi di un’epoca è operazione necessaria al fine di separare quanto è essenziale da quanto non lo è, salvando il primo e, se è opportuno, modificando il secondo.

Una contaminazione democratico-borghese che ha creato lacerazioni nel tessuto iniziatico e nell’eggregora di una Loggia riguarda le norme interne decisionali.

“Malgrado le deviazioni e le vicissitudini storiche- scrive Christian Jacq -, certe Logge massoniche, oggi come ieri, sono il simbolo vivente di una comunione dove l’uomo vive un’esperienza interiore nutrita dalla simbologia. Attraverso di essa, la Franc-Maçonerie si presenta cone una delle vie di ricerca della Conoscenza, una via che non si urta con nessuna credenza”. [1]

La Massoneria è, pertanto, anzitutto, via di ricerca della Conoscenza, ma le vicissitudini storiche l’hanno portata ad essere coinvolta in questioni che poco le appartengono.

Scrive Barnard Fay: “La Massoneria del secolo XVIII ha originato lo spirito rivoluzionario, lo spirito rivoluzionario ha originate le rivoluzioni e le rivoluzioni hanno originata la Massoneria nuova”. [2]

Bernard Fayde scrive così il passaggio dalla Massoneria del Settecento a quella dell’Ottocento.

Sono anni, quelli del passaggio dal vecchio al nuovo secolo, nei quali la Massoneria francese, che aveva vissuto lo spirito dei lumi e aveva accompagnato con la fede nel progresso e nel diritto naturale la rivoluzione, si intorpidisce.

“Con il 1792 e il 1793, con i massacri e le guerre esterne – scrive Fay – , la Massoneria si rattrappisce, le logge si chiudono una dopo l’altra, fino al giorno in cui il Gran Maestro, il Duca D’Orléans, la sconfessa pubblicamente e la rinnega”.[3]

Se il Settecento per la Massoneria è stato il secolo della presenza ingombrante degli Alti Gradi e dei Riti e dell’altrettanto ingombrante presenza dell’ambiente nobiliare, con i suoi intrighi dinastici, l’Ottocento è il secolo della borghesia, ma, come nota Bernard Fay, nonostante “quell’atmosfera così favorevole all’idea massonica che la rivoluzione francese veniva creando, al Terzo Stato occorsero 10 anni per riorganizzare una Massoneria e tuttavia non ci riuscì se non per merito dell’appoggio di Napoleone, che riempì le alte cariche con membri della sua nuova Nobiltà e della sua famiglia”.[4]

La Massoneria, passata, non senza gravi perdite, nella tempesta rivoluzionaria, si “ricostituì verso il 1796-1797, con quei massoni ch’erano sopravvissuti alla tormenta, ma ormai – commenta Fay – aveva un altro carattere”.[5]

Il Settecento per la Massoneria fu un periodo tormentato per una molteplicità di motivi, i principali dei quali si possono riassumere in:

  • confronto tra protestanti e cattolici, con il sorgere di cristianesimi sedicenti riconducenti alle origini;
  • presenza sul continente del partito stuardista, che voleva restaurare la monarchia Staurt, la quale ormai aveva perso i suoi caratteri originari e si era completamente affidata alla protezione del Papa;
  • azione invasiva dei Gesuiti;
  • azione invasiva dei cosiddetti Alti Gradi;
  • trasformazione sociale delle Logge ad opera di una borghesia emergente e in ansia di promozione sociale.

In questa riflessione, prendiamo in considerazione il quinto, in quanto introdusse nelle Logge le pratiche democratiche che stavano maturando nella società: elezioni, uguaglianza dei diritti, ecc.

“In maniera abbastanza evidente, e in meno di dieci anni dall’ammissione di mercanti e negozianti – scrive in proposito Margaret Jacob -, fa la sua comparsa il linguaggio della procedura parlamentare e del governo municipale”.[6]

Fatta questa premessa di ordine storico l’attenzione va ora posta sulla introduzione nelle Logge del linguaggio della procedura parlamentare, che rompe, con logica delle votazioni segrete, uno dei pilastri tradizionali della Massoneria: l’unanimità come base essenziale dell’armonia che deve esistere in un’eteria iniziatica, la quale lavora per la Conoscenza, cosa che necessita che ogni decisione sia presa nella massima trasparenza, in un rapporto di lealtà, dove le differenze sono (dovrebbero essere) superate non da un voto mutuato dalla democrazia profana, ma da una sintesi iniziatica (nell’attuale ritualità le conclusioni dell’Oratore).

La maggioranza delle norme che regolano l’attuale vita della Massoneria (Statuti) hanno accolto, essendo redatti sulla base di quelli ottocenteschi, metodi di votazione che stridono con la Tradizione massonica e con lo spirito stesso di un’eteria iniziatica.

Vale la pena, pertanto, di approfondire una questione che riguarda l’essenza stessa della vita di una Loggia.

Premetto che una Loggia dovrebbe sempre avere un numero di attivi che permetta un’ordinata condivisione, consentendo a tutti di apportare il proprio contributo e pertanto di poter affrontare qualsiasi decisione si presenti da assumere con un confronto aperto, leale, senza infingimenti, così come si addice a iniziati responsabili dei propri pensieri e delle proprie azioni. Quando tale numero è superato, è opportuno che la Loggia, come è detto in gergo massonico, gemmi, ossia dia vita ad una divisione in due Logge come in una sorta di mitosi cellulare.

Nei così detti Regolamenti generali di Anderson, al VI capitolo si legge: “Ma nessun uomo può inserire un Fratello in una Loggia particolare, o essere ammesso come Membro di essa, senza il Consenso unanime di tutti i Membri di quella Loggia allora presenti quando il Candidato viene proposto, e il loro Consenso è formalmente chiesto dal Maestro; e devono esprimere il loro consenso o dissenso nel loro modo prudente, sia virtualmente che formalmente, ma con unanimità: né questo privilegio inerente è soggetto a dispensa; perché i Membri di una Loggia particolare ne sono i migliori Giudici; e se venisse imposto loro un membro litigioso, ciò potrebbe rovinare la loro armonia o ostacolare la loro libertà; o addirittura rompere e disperdere la Loggia, cosa che dovrebbe essere evitata da tutti i buoni e veri Fratelli”.

“Questa regola di vita, che sembra indispensabile all’armonia di una società iniziatica – scrive in proposito Christian Jacq – è stata sostituita successivamente con degli scrutini «democratici» dove si utilizzano le troppo famose palle nere per il «no» e le palle bianche per il «si». Un regolamento del 1739 tentò invano di mostrare la virtù dell’unanimità: «Se si forza una Loggia a ricevere in qualità di membro qualcuno che non è generalmente gradito a tutti, il malcontento che ne risulterà sarà pregiudizievole all’unione e alla libertà così necessaria ai Fratelli che operano, e potrà anche causare la distruzione della Loggia».[7]

Il ragionamento va esteso anche alle modalità con le quali la Loggia provvede a dotarsi dei ruoli fondamentali relativi al suo funzionamento rituale.

Ha ben poco senso che un’eteria di iniziati responsabili delle proprie azioni debba nascondersi dietro al velo dell’urna, con l’uso di palle nere e bianche, per esprimere chi deve assumere ruoli, peraltro provvisori, che dovrebbero essere il naturale portato di una condivisione esplicita, leale, trasparente.

L’uso di palle bianche e nere è già il sintomo di una non condivisione, di una lacerazione in fieri, di un rapporto non iniziatico e trasparente.

La Loggia, con le sue palle bianche e nere, è diventata un consiglio comunale, una comune, un partito politico, un’associazione profana.

Non voglio con questo dire che di punto in bianco si devono cambiare norme e regolamenti, ma avere coscienza del pericolo che si nasconde dietro certe pratiche è un antidoto a mettere in atto logiche che ben poco hanno a che fare con un’eggregora iniziatica che ricerca la Conoscenza.

 

 

 

 

[1] Christian Jacq, la Franc – Maçonerie, J’ailu

[2] Bernard Fay, La Massoneria e la rivoluzione intellettuale del secolo XVIII, Einaudi

[3] Bernard Fay, La Massoneria e la rivoluzione intellettuale del secolo XVIII, Einaudi

[4] Bernard Fay, La Massoneria e la rivoluzione intellettuale del secolo XVIII, Einaudi

[5] Bernard Fay, La Massoneria e la rivoluzione intellettuale del secolo XVIII, Einaudi

[6] Margaret Jacob, Massoneria illuminata, Einaudi.

[7] Christian Jacq, la Franc – Maçonerie, J’ailu

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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