ABITATORI DEL TEMPO PER CONOSCERE E CONOSCERSI

Feb 17, 2024 | SCIENZE ESOTERICHE

di Silvano Danesi

Carlo Rovelli, fisico, saggista e accademico italiano, specializzato in fisica teorica, scrive: “I miti si nutrono di scienza e la scienza si nutre di miti”.[1] I miti, pertanto, sembrano narrare eventi o concetti scientifici.

Sempre Rovelli afferma: “E’ la memoria che salda i processi sparpagliati nel tempo di cui siamo costituiti. In questo senso noi esistiamo nel tempo. Per questo io sono lo stesso di quello di ieri. Capire noi stessi significa riflettere sul tempo. Ma capire il tempo significa riflettere su noi stessi”. [2]

Siamo solo eventi temporanei, insiemi relazionali che sussistono fintanto che l’entropia non supera l’attività omeostatica (neghentropica) o siamo anche esseri immortali calati nella provvisorietà del tempo?

Per rispondere alle domande possiamo ricorrere ai miti e intraprendere un percorso che unisca le due esortazioni: Conosci il tuo Sé e conosci il tuo Kairós, al fine di rendere l’umano consapevole del suo essere intelletto, anima e corpo e conseguentemente non assoggettabile alle sole leggi di Chrónos, il Tempo che scorre da un apparente passato, ad un apparente futuro e sempre più è soggetto al ritmo imposto dalla techné.

Possiamo pensare che l’umano possa essere in grado di conoscere il proprio Sé, di conoscere il proprio Kairós e di agire con consapevolezza, cogliendo il momento giusto, ma anche di essere in grado di interrompere il flusso, per cogliere quel Kairós che è l’attimo che collega all’ Aión e che induce a pensare alla realtà di luce dell’Anima. [3]

Possiamo pensare di unire l’esortazione gnothi seauton (γνῶθι σαυτόν), scritta sul tempio di Apollo a Delphi, a quella suggerita da Pittaco di Mitilene, Kairón gnothi (Καιρóν γνῶθι).

Gnothi seauton significa “conosci te stesso” o, meglio (Tonelli[4]) “conosci il tuo Sé”, mentre Kairón gnothi significa “conosci il tuo Kairós”.

Conosci il tuo Sé e conosci il tuo Kairós sono i due aspetti, intimamente connessi, della conoscenza, in quanto Kairós, l’attimo fuggente, interrompendo il flusso cronologico, ossia Chrónos; avvicina l’Io, che in Chrónos abita, all’Aión, il tempo del Sé e, in questo suo essere punto di equilibrio (bilancia) e di interruzione (rasoio) è il tempo dell’Anima, dell’agire e del decidere. [5]

Kairós individua l’attimo in cui l’azione umana può essere portata a pieno compimento e quindi esorta l’essere umano ad agire, ma ad agire con saggia moderazione, in opposizione alla hýbris (ὕβρις), la tracotanza.

Kairós è descritto come un giovane alato, che corre su una ruota, con in mano un rasoio e una bilancia. La sua parte anteriore della testa ha un ciuffo e la parte posteriore è rasata. Se lo prendi come momento opportuno e fuggente lo afferri per il ciuffo. Afferrarlo quando è passato oltre è impossibile, perché il suo capo è rasato.

Kairós è parola dai molti significati: attimo fuggente, momento opportuno, giusta misura, punto di equilibrio, propiziatore dell’azione efficace. Kairós è simmetria. Kairós è l’attimo della decisione; è l’attimo cruciale.

Kairós è il momento della decisione che cambia la vita.

Se espandiamo il concetto dal tempo umano a quello collettivo, dell’umanità, i kairoi sono gli eventi storici, enantiodromici, di svolta, i quali, anch’essi, vanno colti, afferrati e agiti decidendo. Il tempo nel quale viviamo è uno di questi.

Kairós è il tempo qualitativo, in cui gli attimi non si susseguono regolarmente gli uni agli altri, ma ogni istante si impone come unico e irripetibile.

Kairós sembra connotarsi come rottura di Chrónos, del tempo in cui gli istanti si susseguono fatali e inarrestabili; si allontana dalla concezione del tempo come flusso per avvicinarsi all’Aión, l’eternità, che si sottrae all’ordine numerico del prima e del poi, del passato e del futuro.

Per i pitagorici Kairós è associato al numero sette, proprio dell’intelletto (noús) e in questo simbolo dell’attività filosofica, ossia dell’amore per la Sapienza (Sophia).

Il numero sette, nella tetractis, non prende parte, è un numero primo e la sua moltiplicazione non dà luogo a numeri della decade; è detto vergine.

A Pitagora è attribuito il detto. “La miglior cosa in qualsiasi azione è il Kairós”.

Kairós è associato a Týchē (Τύχη), la sorte.

Kairós “è l’attimo geniale, fecondamente creatore, nel quale la pienezza dell’Essere, che altrimenti si svolge in uno sviluppo «cronico» del tempo, brilla e giunge al punto culminante”. [6]

“Kairós è quel felice istante in cui le cose si sottraggono al divenire che le esaurisce e possono quindi cristallizzarsi e realizzarsi in una fugace perfezione, che subito viene meno. Si tratta di un attimo che stacca gli altri, si ferma, e concede all’individuo di vedere e di contemplare i nessi profondi della realtà che, per una volta, per poco, gli si offrono in tutto il loro splendore”. [7]

Kairós è l’attimo della decisione: “Riconosci nelle singole vicende della tua vita il momento decisivo che ti è dato e agisci di conseguenza”.[8]

La trinità dell’essere umano

Ipotizziamo la compresenza di tre stati dell’Essere:

1) il mondo noetico, dell’intelligenza suprema, dell’intelletto, del puro pensiero, della conoscenza (γνῶσις – gnòsis), composto da informazione, apprendibile per pura percezione intellettuale;

2 ) il mondo eidenetico, immaginale, nel quale l’intelletto prende corpo e il corpo prende intelletto: uno strato sottile ed immateriale;

3 ) il mondo materiale, apprendibile con i sensi.

Possiamo ora inserire, in questo schema, alcune considerazioni relative al tempo.

Da un punto di vista del tempo e, conseguentemente, dello spazio, i tre mondi possono essere descritti come di seguito.

Il mondo noetico, ossia il mondo del Principio (intelligenza suprema, intelletto, puro pensiero), è il mondo dell’Aión, il tempo senza tempo, “che racchiude in sé, in un eterno presente, il tempo delle cose (Chrónos)”. [9]

Nel Fr. 22B30 DK Eraclito afferma: “Questo cosmo non lo fece nessuno degli dèi, né degli uomini, ma sempre era, ed è, e sarà, Fuoco sempre vivente, che con misura divampa e con misura si spegne”.

Nel tempo senza tempo del mondo noetico passato e futuro sono racchiusi nell’eterno presente.

Ne consegue che il nucleo essenziale dell’essere umano, il suo Sé (il suo “essere”, la sua intelligenza, il suo intelletto, il suo puro pensiero, il suo nucleo informativo,) è nell’eterno presente, in Aión.

A differenza del Sé, l’Io vive nel tempo di Chrónos, nel mondo materiale.

Il mondo materiale è il mondo dove il tempo è il tempo delle cose, le quali hanno un inizio e una fine; è il tempo del divenire; è il tempo dell’essere umano incarnato, il quale, in quanto corporeità nasce e muore, ossia si aggrega e si disgrega.

Il mondo eidenetico, il mundus imaginalis, partecipa ai due mondi così come il mediatore della luce, il fotone che è sia onda sia particella.

Il corpo di luce, o anima, partecipa dell’eterno presente dell’essere nell’Aión e del divenire in Chrónos, nello spazio-tempo che assegna alle cose un tempo limitato.

Chrónos, Aion, Kairos, Eniautos

Possiamo concepire il tempo come un flusso, un campo o come un insieme di quanti.

La nozione di tempo in una logica quantistica segue la legge in base alla quale il tempo minimo è il tempo di Plank equivalente a 10-44 secondi. Oltre questo confine la nozione di tempo non esiste, non ha più alcun senso.

Se consideriamo il fatto che il tempo è strettamente intrecciato allo spazio, per quanto riguarda quest’ultimo la lunghezza di Plank, ossia il limite minimo sotto il quale la nozione di lunghezza perde senso, è 10-33 centimetri.

Oltre questi due confini spazio-temporali siamo nello spazio-tempo di Aión, ossia nel non spazio-non tempo.

A ben guardare, quanto ci consegna la Tradizione trova riscontro nella fisica attuale.

La parola tempo, dal latino tempus, è riconducibile alla radice indoeuropea tem– (taglio, sezione), da cui i termini greci τεµνω (separo) e τεµενος (recinto), che comprendono i significati di fase, periodo, intervallo.

L’etimologia sembra andare d’accordo con l’idea quantistica di un tempo (e quindi di uno spazio) quantizzato.

Aión, per quanto sin qui scritto, è pertanto il tempo dell’eternità o il tempo non tempo che sta oltre il confine di Plank, mentre Chrónos è il tempo che scorre e che sta al al di qua del confine di Plank.

Chrónos (Χρόνος ), da con confondere con Kronos/Saturno, ha un’etimologia incerta anche se lo si collega al chraino, compiere, realizzare, portare a fine.

Damascio (VI d.C.), così lo descrive: “La teologia poi tramandata secondo Ieronimo ed Ellanico13 (…) sta in questi termini. Da principio vi era l’acqua (ὕδωρ) e la materia (ὕλη), da cui si consolidò la terra (γῆ). E il terzo principio dopo questi due prese origine da essi, intendo dire dall’acqua e dalla terra, e fu un serpente (δράκοντα, drákonta) con l’aggiunta di una testa di toro e una di leone e in mezzo il volto di un dio; aveva altresì delle ali sulle spalle, e si chiamava Chrónos/Tempo (Χρόνος) senza vecchiaia (ἀγήραος, ageraos), e anche Eracle. E a lui era congiunta Ananke (Ἀνάγκη, Necessità), identica per natura ad Adrastea, incorporea e con le braccia allargate su tutto il mondo (κόσμοι, kósmoi), sino a toccarne i confini (περάτων). E ritengo che la teologia rapsodica, lasciando andare i due primi principi (insieme a quello anteriore ai due, tramandato segretamente), abbia cominciato da questo terzo principio, in quanto esso sarebbe il primo a possedere qualcosa di comunicabile in parole e di adeguato alle tradizioni degli uomini. Costui invero era Chrónos senza vecchiaia – altamente onorato nella teologia rapsodica – padre di (…) Etere umido e di Caos senza limiti e (…) di Erebo nebbioso. (…) Entro essi Chrónos generò un uovo, che viene così rappresentato anche dalla tradizione di cui parliamo, come creazione di Chrónos”. [10]

E’ significativo, qui, rilevare due parallelismi mitologici: il primo con la visione di Ezechiele[11] e con il riferimento a Eracle (l’etrusco Hercle e il romano Ercole).

A Chrónos è congiunta Necessità (necessità, inevitabilità, costrizione e anche fato, destino).

“In questo contesto capiamo anche la sfumature particolare che Chrónos acquista in collegamento con l’idea (orfica) della reincarnazione. Il tempo greco è ciclico: L’esistenza torna eternamente. Chrónos è quindi anche la ruota che guida e perpetua il ciclo delle reincarnazioni”.[12]

I greci chiamavano il tempo anche con altri due termini: Kairós e Eniautós.

Di Kairós abbiamo scritto (supra).

Infine, abbiamo il tempo come Eniautos.

Eniautós (μῆνες τε καὶ ἐνιαυτῶν περίοδοι – mesi e anche periodi di tempo) sono i dodici mesi dell’anno, indicanti il tempo ciclico e connessi con lo zodiaco.

Kairós e l’intuizione: dal virtuale all’immaginale

 Dopo aver, sia pure sinteticamente, tratteggiato le caratteristiche principali del tempo, con Pindato arriviamo al cuore del tema dominante dell’Ordine Umano del Tempo: la visione interiore, l’intuizione, l’appercezione[13], l’ispirazione. [14]

Erminia Di Iulio scrive che “il καιρóς pindarico è quello privilegiato dell’ispirazione divina e della creazione poetica” e che nel “momento della creazione poetica il καιρóς è il tramite che garantisce della buona riuscita del componimento, in quanto attualizza l’ispirazione divina e dona coerenza alla varietà di soggetti che il poeta è, per natura, portato a cantare. Caratteristica fondamentale del poetare pindarico è, infatti, la ποικιλία [varietà, ndr], ossia la presenza di temi e linguaggi differenti, che vanno a confluire in una unità armonica. […]. Ciò che consente al poeta di cogliere l’essenziale e insieme di dar vita a questa pluralità di sfaccettature è il καιρóς. […]. Se sapiente è colui che vede le molte ramificazioni della realtà e ne coglie gli intimi nessi, il καιρóς è l’attimo decisivo, e sfuggente, in cui questi nessi si manifestano in tutta la loro forza e con chiarezza, agli occhi del poeta, che può così cantarne. […]. Il καιρóς va connotandosi, quindi, come mediatore fra la sapienza divina e l’aspirazione del poeta a proclamare la verità, si attua come fonte dell’ispirazione e pertanto come garanzia di autenticità. Dunque esso si lega, non solo, a συμμετρία [simmetria,ndr], nella misura in cui concorre all’armonia della composizione poetica, attuandosi quindi nel suo forte valore estetico, ma anche a χάρις (grazia) in quanto veicolo dell’ispirazione divina”. [15]

In Pindaro, scrive ancora Erminia Di Iulio, “Il valore estetico è predominante anche nel senso che fonda tutti gli altri: καιρóς, infatti, si pone come purificazione dei contrasti in un contesto che pone la bellezza (καλόν), intesa come χάρις, quale supremo criterio di verità. Il nesso καιρóς-​χάρις [grazia, ndr] è, in Pindaro, estremamente importante, nel senso che egli coglie καιρóς nel suo valore positivo associandolo quindi fortemente alla grazia che la divinità gli concede: nell’attimo fortunato il poeta viene quasi investito da questo dono, che gli concede la facoltà di conoscere e rappresentare la verità”.

L’uomo che ha avuto la possibilità di cogliere il καιρός vede la compresenza pacifica di elementi contrari, scopre che essa connota essenzialmente la realtà e, conoscendo, può agire in prima persona: «τὺ γὰρ τὸ μαλθακὸν ἔρξαι τε καὶ παθεῖν ὁμῶς ἐπίστασαι καιρῷ σὺν ἀτρεκεῖ».[perché farai una cosa sbagliata e soffrirai, ma confida nel Kairós e sarai salvato, ndr].

La visione interiore e l’intuizione sono rese da Eraclito sia con nóos, conoscere con l’intelletto (Fr.22B104 DK), sia con eidenai (Fr. 22B50 DK)[16], conoscere per immagini.

L’alienazione di Chronos e l’alienazione di Kairós

Nel corso dei millenni l’essere umano ha vissuto in varie modalità l’alienazione del tempo.

Nel De Brevitate vitae, Seneca scrive: “La maggior parte dei mortali, Paolino, si lamenta della crudeltà della natura, perché veniamo al mondo per una vita breve, e perché questo lasso di tempo che ci è dato scorre via così rapido, così veloce”.

“Non exiguum tempus habemus, sed multus perdidimus”, conclude Seneca. Non siamo poveri di tempo, ma lo sprechiamo in attività inutili o lasciamo che ci venga rubato senza darcene cura.

Il tempo è stato alienato, trasferito nei manufatti; è stato trasferito nel lavoro in cambio di denaro.

L’essere umano ha trasferito, spesso forzatamente, per “necessità”, del proprio tempo, inteso come Chrónos, ma sino ad ora non si era mai trovato di fronte all’alienazione del proprio Kairós: un’alienazione che è il processo attraverso il quale l’essere umano si estrania da se stesso, perde la propria identità genuinamente umana, in quanto questa viene proiettata in altro.

L’alienazione dello schiavo è terribile, in quanto il suo tempo è a disposizione di altri, ma lo schiavo non perde il suo Kairós, la sua capacità pensante e immaginante. Lo stesso dicasi del lavoratore a contratto, il quale aliena parte del suo tempo per procurarsi il necessario a vivere.

L’alienazione odierna, quella del virtuale, del metaverso, dell’intelligenza artificiale, del transumanisimo, è l’alienazione dell’intelletto e dell’Anima, della capacità eidenetica, e della capacità noetica, ossia della capacità di leggere nel profondo e di raccogliere nel profondo così come è proprio delle capacità immaginale e intellettiva.

Alienate la capacità eidenetica e noetica, l’essere umano è in balia del transumanesimo, dei surrogati dell’Anima e della sua trasformazione dalla sfera antropologica a quella tecnologica.

L’alienazione odierna è la sterilizzazione della capacità di cogliere il Kairós.

Ricondurre l’essere umano al suo Kairós è ricondurlo alla sua Anima, alla sua capacità di relazionarsi con il mondo immaginale e al suo sé, ossia alla capacità di relazionarsi al mondo dell’intelletto, recuperando la sua completezza di essere umano, per renderlo Maestro del tempo e di se stesso.

 

[1] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[2] Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, Adelphi

[3] C’è un gioco di parole. Crio in greco antico Κριῶς, Kriṑs è “ariete” e Κρεῖος, Krèios, è “maestro”, “signore”.

Criṡo in greco antico è χρυσός «oro» ed è il primo elemento di parole composte derivate dal greco o formate modernamente, che significa «oro, aureo», o indica comunque relazione con l’oro, dorato, giallo.

[4] Angelo Tonelli, Eraclito, dell’Origine, Feltrinelli

[5] Decidere, da caedére, tagliare e de- prefisso dal significato di separare.

[6] Paula Philippson citata in https://mondodomani.org/dialegesthai/articoli/erminia-di-iulio-01

[7] https://mondodomani.org/dialegesthai/articoli/erminia-di-iulio-01

[8] Delling, citato in: https://mondodomani.org/dialegesthai/articoli/erminia-di-iulio-01

[9] Angelo Tonelli, Eraclito, Feltrinelli.

[10] Damascio, Sui principi, 123 e 123 bis (citato da Colli, Sapienza greca, cit., pp. 279-283). Di seguito riportiamo il primo, più lungo e completo, B 72.

[11] Riferimento al carro-trono d Dio con angeli detti Chayyot (חַיּוֹת, “esseri viventi”, “creature”), ognuno dei quali ha quattro o sei ali, due ai piedi, due all’altezza del torace e due che coprono il volto, e quattro facce secondo le loro figure (di un uomo, di un leone, di un’aquila e di un bue).

[12] https://ricerca.uniba.it/retrieve/dd9e0c68-7ddd-1e9c-e053-3a05fe0a45ef/10%29%20Caputo%20-%20quando%20le%20parole.pdf

[13] Forma particolare di percezione mentale che si distingue per chiarezza e consapevolezza di sé. Il percepire essendo coscienti di percepire.

[14] Ispirazione: impulso o idea che sgorga dall’animo per suggerimento delle divinità o del Sé, del Daimon. Il druidico Awen rende bene il concetto.

[15] https://mondodomani.org/dialegesthai/articoli/erminia-di-iulio-01

[16] Scrive angelo Tonelli: “Con Colli, a differenza di quasi tutti gli interpreti, conservo εἰδέναι tramandato da P [Platone], che significa conoscere per immagini, intuire”. Angelo Tonelli, Eraclito, dell’Origine, Feltrinelli

Silvano Danesi

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