L’OUROBOROS

Mag 3, 2025 | SCIENZE ESOTERICHE

di Iniziato Anonimo

“ʘROBORUS

«Nulla comincia, nulla finisce, tutto si trasmuta incessantemente.» (Antoine-Laurent de Lavoisier)

Ho un intimo e profondo legame con alcuni simboli che da molto tempo hanno caratterizzato la mia vita: in particolare l’Oroborus, da cui mi sono sentito attratto dal primo momento. Ora posso dirlo: probabilmente come promessa a me stesso della successiva investigazione spirituale, oggi talmente cucito addosso come mio alter ego da diventare un vero e proprio ‘nom de plume’, e riguardo al quale ho dedicato una lunga indagine personale. Oggi sono qui solo per condividere alcune idee, consapevole che non giungerò mai a completezza perché non credo mi sia possibile un’intera decifrazione.

Riguardo questa tematica credo siano necessarie 4 brevi premesse come fondamenta:

  • Cos’è il Cerchio (ʘ)? È il luogo geometrico di punti del piano equidistanti da un punto fisso, detto centro. Il cerchio non esiste se non col suo centro, così come il centro non esiste se non col suo cerchio. Corrisponde al movimento, come la ruota, e al tornare allo stesso punto ciclicamente; geometricamente esprime unità, equilibrio, armonia. Segno del pieno e del vuoto. Io direi un sugello ermetico che chiude, come la ancor più perfetta sfera, che evidenzia un interno ed un esterno. E direi anche “Hèn tò Pan”: l’Uno il Tutto, e in senso contrario, la manifestazione dell’essere, ma anche ritorno alla radice.
  • E cos’è il Punto (•)? È l’unità di base con cui la geometria costruisce tutte le forme, che non ha peso, volume, dimensione o forma definibile, quindi può essere solo immaginato. Io direi, la contrazione infinitesimale indispensabile della manifestazione della Creazione, nella sua totalità.
  • Quindi cos’è l’Universo (۞)? Il complesso dei sistemi auto-organizzanti in movimento che racchiude tutto lo spazio e ciò che contiene, cioè la materia e l’energia che rappresenta la nostra realtà. Io direi, il frutto di una traduzione delle nostre coscienze in un’immagine tridimensionale, o meglio un ologramma geometrico frattale olistico, che si immagina di forma toroidale, per mezzo di cui il divino si presenta come Energia Primordiale governante un processo dinamico ed evolutivo e che occorre alla consapevolezza di conoscere e soddisfare sé stessa attraverso i qualia.
  • E il Simbolo ( )? Il nome è l’unione di due radici sin (insieme) e ballo (gettare), sottintende una modalità mediante la quale effettuare un riconoscimento, attraverso la ricomposizione di un oggetto tra coloro che ne detengono una parte. Al contrario di dia-ballo, che significa dividere, separare. Il simbolo copie un’associazione tra segno e oggetto, un significante riempito di significato. Un’incorporazione pratica delle più alte aspirazioni di immaginazione e sentimento nel tentativo di spiegazione dell’inaccessibile, dell’innominabile e dell’incomprensibile. Io direi, nutrimento spirituale, linguaggio oltre limiti che più si avvicina alla concezione del Divino e alla Verità che non può essere espressa. E direi pure che provoca mutamenti materiali poiché influenza la struttura energetica, la percezione e la coscienza di chi ne entra in contatto, dirigendo verso intuizioni, visioni e rivelazioni.

«Io sapevo – ma chiunque avrebbe dovuto avvertire nell’incanto di quel placido respiro – che il periodo era regolato dal rapporto tra la radice quadrata della lunghezza del filo e quel numero [Pi greco] che, irrazionale alle menti sublunari, per divina ragione lega necessariamente la circonferenza al diametro di tutti i cerchi possibili – così che il tempo di quel vagare di una sfera dall’uno all’altro polo era effetto di una arcana cospirazione tra le più intemporali delle misure, l’unità del punto di sospensione, la dualità di una astratta dimensione, la natura ternaria di [Pi greco], il tetragono segreto della radice, la perfezione del cerchio.»

(Il pendolo di Foucault – Umberto Eco)

Oroborus: perché lo strano nome? Il termine declinato in molteplici modi, tra cui ouroboros, uroboro, ecc. deriva dal greco antico e significa letteralmente mangiare la coda e quindi il ‘serpens qui caudam devorat’. Divorarsi e trasformarsi quindi in un processo circolatorio.

Più in specifico il nome deriva dalla somma di due antiche etimologie: òros: montagna in e eòs: aurora, anche est e quindi il sorgere del sole. Attraverso una variazione vocalica, óros è horos che significa limite, confine. In somma dal monte si ha il vertice e poi con la luce anche la direzione, il confine e la durata. L’idea richiama anche all’anello del recinto edenico, a guardia e contenimento ermetico del Giardino, come il Forno Filosofico. Così con l’aspirazione al divino, il limite infinito, diventa orizzonte – che è possibile vedere, limite che già accenna al proprio oltre – che è possibile immaginare, e rivela l’illimitato – che è inimmaginabile.

                    «Il serpente se vuole diventare il drago deve mangiare sé stesso.» (Francis Bacon)

Il mio ʘROBORUS è un drago alato che detiene una sfera fra le zampe, un’ulteriore accentuazione rispetto alla figura dell’esempio egizio il cui simbolo è stato scelto nell’azione del serpente. Ma perché? Graficamente il rettile serpente è una linea, vivente, che può prendere forme diverse e si muove in modo sinuoso, ipnoticamente ondulatorio. Esprime sia l’idea della sensualità creatrice sia quella dell’incantamento, ma anche della sottigliezza, dell’astuzia e della prudenza. È un animale schivo e nascosto e quindi misterioso. Tramite la muta (esuviazione) è in grado di liberarsi della vecchia pelle uscendone rinnovato, come se partorisse sé stesso, con la conseguente idea di immortalità.

Potrei ipotizzare che sia l’uomo che il serpente nettamente si distinguono, seppur in ragione inversa, dalle altre specie animali: l’uomo è colui che col proprio sforzo si è innalzato all’apice ergendosi al re degli animali; mentre il serpente, senza zampe, senza ali, senza penne né peli, senza nulla, appare come l’intrapresa primordiale di tale sforzo. Alfa e Omega.

Il serpente, così tanto infamato come Tentatore, secondo un’idea che condivido, non ha né di malvagità, né di satanico, è emblema di una simbologia presente a tutti gli angoli del mondo, dove in tante tradizioni, seppur temuto per il suo veleno spesso mortale, è visto come simbolo onirico di trascendenza, di conoscenza e anche rappresentazione terapeutica, perché da quel veleno si possono ricavare antidoti e medicinali. Quindi emblema di salvezza e rinnovamento e rigenerazione fisica, mentale ed energetica.

Glifo dell’unione assoluta è il simbolo che più di ogni altro emana la perpetuità del messaggio. Eone di rinascenza ed eterna unione tra le due contrapposizioni dell’Albero della Vita, alla “Sephirah nascosta” (Dàat) nell’aspetto di nucleo Sephirotico, assieme al corrispondente lato Qliphotico, che è legato al concetto di guscio, involucri viventi vuoti.

«…distilla a lento fuoco, e tien separati i liquori; prima avrai flemma insipida, poscia spirito e gocce rosse; le ombre cimmerie copriranno la cucùrbita di fosco velo; e nell’interno troverai il vero dragone, il dragone che divora la sua coda; prendilo; dirompilo sul pòrfido; toccalo con rovente carbone; s’infiammerà, e assumendo un glorioso colore citrino rigenererà il leone verde; distilla; rettifica con somma cura, figliuolo mio, e vedrai comparire l’aqua ardente e il sangue umano!»

(Raimondo Lullo)

Alchemicamente l’Oroborus è simbolo teriomorfo della verità alchemica e riprende la dinamica della trasmutazione della “materia prima”, che nel disfarsi e rapprendersi, rispetta la legge del solve et coagula. La coppia di elementi, Zolfo + Mercurio, rappresenta emblematicamente gli opposti disgiunti, ma passibili di riunificarsi nel Terzo elemento, lo Spirito universale che compie il prodigio, il Fuoco segreto, che può essere benigno, ma può rivelarsi anche letale.

l’Oroborus è dunque anche l’immagine allegorica di un processo ciclico che serve alla raffinazione delle sostanze, segno distintivo della Grande Opera.

Anche per questo motivo il serpente, che rappresenta contemporaneamente sia l’1 che lo 0, e quindi a costituire un ovoide, un cerchio, che realizza con le nozze chimiche la faticosa “resurrezione” dell’Uomo completo, l’immortale Androgino, il Rebis alchemico che identifica la Pietra Filosofale. Nella tradizione alchemica l’antichissimo e palingenetico simbolo dell’Oroborus, rappresenta l’incesto ermetico-filosofale ed è figurazione emblematica del potere che riconduce ogni realtà al suo principio incorruttibile, divorando gli elementi corruttibili in cauda draconis. Il punto o la sfera al centro poi rappresenta il motore invisibile e la causa mistica intorno alla quale tutto passa e ruota. Un grande e sinuoso rettile primordiale che avvolge nelle sue spire la realtà fisica in movimento e che non si può fermare. Un campo energetico universale di manifestazione.

Ma il movimento fa assumere alle figure e ai corpi sembianze curve e sferiche: la perfezione si raggiunge allora col movimento? Il movimento dell’intelletto e dell’anima produce mutamento dunque?

«Io sono Sata, allungato dagli anni, io muoio e rinasco ogni giorno, Io sono Sata che abito nelle più remote regioni del mondo.» (Libro dei Morti)

Nascere fisicamente significa ricevere un corpo, ma anima e spirito sono di essenza divina e il Lavoro Massonico a cui siamo chiamati è di farne materia di studio e di approfondimento. Si manifesta in alto, ma è necessario che si manifesti anche in basso, come in una colonna vertebrale, un’asse di collegamento: Il Sé superiore (la testa) deve conoscersi e manifestarsi attraverso il sé inferiore (la coda), affinché non ci sia più contrapposizione, per il risveglio spirituale dell’essere. Questo è il senso dell’Iniziazione secondo me: chi non crede nello spirito, non cercherà mai dentro sé stesso la luce divina e, senza essere conscio della sua presenza, non intuirà mai nessuna verità esistenziale strappando la maschera al segno.

Oltre all’ineluttabile forza di movimento ciclico, rilevo l’interdipendenza e la relatività, come il ciclo della natura; come l’interno ha bisogno dell’esterno e viceversa, come il movimento del sangue nel corpo, così il fuoco evapora l’acqua e l’acqua spegne il fuoco, in una coesistenza naturale ciclica e ricavo che, venendo a mancare uno dei due elementi, si ha l’esaurimento di un processo o di un oggetto.

Ad esempio, da molti anni rifletto sul concetto del suono del battito di una mano sola.

«Il vero Sé non nasce e non muore mai. Esso non è nato, eterno, permanente e primevo. Esso è non ucciso quando il corpo è ucciso» (Upaniṣad)

Tornando alla schematizzazione del simbolo dell’Oroborus, è necessario ricordare l’anello magico, immagine dell’autorità, amuleto di potere e di divinità.

Peraltro immagino che noi esseri umani siamo un sistema sferico con una periferia/circonferenza: la nostra apparenza esteriore; e un centro vitale: una particella misteriosa che è la radice essenziale della vita, della coscienza.

È al centro dell’essere che a me pare nascano i movimenti che causano gli effetti pratici nella vita materiale. Attrazione di sé verso sé: un vettore che aspira contemporaneamente all’elevazione e al profondo, che paradossalmente vanno in direzione contraria, ma a una certa vista si uniscono.  I contrari sono reciprocamente complementari e dunque non sono da intendersi affatto inconciliabili. La strada esoterica non conosce che l’Uno, come sfera il cui centro è dappertutto e la cui circonferenza è in nessun luogo e conduce verso una infinita metafisica corrispondenza degli opposti[1].

È il simbolo della perduta unità con il Tutto che è reminiscenza simbolica della situazione psichica originaria, dove la coscienza e l’Io sono ancora indifferenziati.

Questa la direzione dell’Uomo per indicargli la possibilità, negata dalla fisica classica, di trasformarsi in un creatore stabilendo l’inversione di rapporto tra realtà interiore e l’ambiente, che condiziona pensieri e azioni.

Parlando di numeri, l’Oroborus contiene il tre, come evoluzione della coscienza duale: 1 il principio – 2 la forza trasmutatrice – 3 il fine. Ha la forma di un solenoide e richiama graficamente lo 0, la potenza del vuoto rappresentata dal non numero, che rievoca lo spazio fecondo del ventre cosmico che è archetipo dell’utero, della Grande Madre. Un insieme che richiama all’Uovo Cosmico, in cui è contenuto l’embrione della manifestazione universale, contenuto, avvolto, protetto, nutrito e imprigionato, dove tutto è buio e caldo, immerso nell’oblio, nella totale inconsapevolezza, dove si polarizza definendo la Creazione.

La Grande Coscienza, nello Zero, crea l’Uno, la Forza di Azione: l’energia potenziale necessita di irrompere e morire a sé stessa e trasmutarsi in ordinata energia intelligente, scindendosi e relegando il Creato in una condizione binaria, giunge al compimento rappresentato dal Tre.

Nel modello esistono due aspetti irriducibili e indivisibili: una realtà interiore semantica e una esteriore simbolica. Il magnetismo (forza interna – femminile – 0) e l’elettricità (forza esterna – maschile – 1): il Creato è il frutto di questo codice, la cui unione crea movimento e ciclicità al ritmo di risonanza (a 432 Hz).

Nella schematizzazione geometrica della forma toroidale, le forze cicliche d’energia creano un flusso che passa da un vortice, attraverso un asse centrale, esce dall’altro e quindi si avvolge su sé stesso per tornare al punto di partenza e continuare il giro attraverso cui si manifesta tutto, anche la sezione del toroide è identificabile con l’Oroborus, che racchiude la vibrazione energetica, la frequenza primordiale ⸎.

Quindi liberarsi di tutto ciò che si è accumulato di artificiale intorno al nucleo dell’essere, facendo affiorare la potenza della propria interiorità per accelerare il processo evolutivo, anziché lasciare alla necessità inconscia il frutto di stadi superiori di equilibrio coscienziale?

Poi il segno del Pi greco – 3,1415926535 – la magica costante matematica, che stabilisce il rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro. Se mettessimo tre diametri in fila, mancherebbe ancora un pezzo per raggiungere la perfezione della circonferenza, perciò quel numero senza fine. E immagino quel segno (π) come una soglia, l’ingresso di un percorso, un passaggio di dimensione tra il finito della nostra esistenza terrena e il non-finito della nostra essenza spirituale: come per suggerire che per andare alla ricerca di noi stessi e quindi passare dalla nostra circonferenza di superficie al nostro interiore profondo è necessario tener conto di un elemento che non ha fine.

«I simboli compiono da sé la loro opera»

(Giamblico di Calcide)

Prima accennavo a smascherare il segno ritenendo importante un aspetto: la mera conoscenza culturale è insufficiente; occorre divenire parte del simbolo, in questo caso dell’Oroborus, per tendere a comprendere davvero cosa significa. In tutti i simboli, espressioni geometriche del divino, si nascondono frequenze, contenuti, rapporti matematici con la natura e con il cosmo che concentrano ed espandono energie. In un viaggio iniziatico nel difficile labirinto del dubbio da iniziare in Silenzio e col piede sinistro, pieno di ostacoli e velami, il “neo-rinato”, che sa solo compitare, deve imparare un nuovo linguaggio decodificatore, d’Intelletto della Mente e di Sapienza del Cuore, che gli farà apprendere la trasformazione e l’elevazione dell’essere e la consapevolezza profonda, spirituale e trascendentale, consentendo l’avvicinamento alla realtà soprasensibile, presente nella profondità dell’anima e che gli farà estrarre il contenuto che nei simboli è racchiuso, che non è mai dono, ma esclusivamente conquista personale [2].

«…mi stava dicendo che, tutto muovendo, il globo, il sistema solare, le nebulose, i buchi neri e i figli tutti della grande emanazione cosmica, dai primi eoni alla materia più vischiosa, un solo punto rimaneva, perno, chiavarda, aggancio ideale, lasciando che l’universo muovesse intorno a sé. E io partecipavo ora di quell’esperienza suprema, io che pure mi muovevo con tutto e col tutto, ma potevo vedere Quello, il Non Movente, la Rocca, la Garanzia, la caligine luminosissima che non è corpo, non ha figura forma peso quantità o qualità, e non vede, non sente, né cade sotto la sensibilità, non è in un luogo, in un tempo o in uno spazio, non è anima, intelligenza, immaginazione, opinione, numero, ordine, misura, sostanza, eternità, non è né tenebra né luce, non è errore e non è verità.»

(Il pendolo di Foucault – Umberto Eco)

L’Oroborus è mediazione tra Terreno e Divino che è in noi e che esiste un periodo liturgico che circonda simultaneamente ogni istante nel tempo, nello spazio ed oltre.

Io ce l’ho anche qui all’occhiello della mia giacca. Ma Voi pensate di non avere l’Oroborus addosso? Pensate alla cintura del grembiule.

Ai Maestri è più evidente, con il gancio nella versione grafica a infinito ∞ o a S, anche a significare Sophia. L’Iniziato indossando il grembiule, perde la sua qualità adamitica per riacquistare quella edenica – conseguenza dell’Iniziazione – liberandosi dello stato di dualità per ristabilire quello di unità all’interno del Tempio; rinunciando dunque al mondo degli effetti per entrare a investigare quello delle cause.

Posizionato in vita a demarcare la posizione intermedia, il nodo cruciale, il punto di centro, il principio assoluto, tra la terra (i piedi) e il cielo (la testa), ma anche perché in quella posizione si manifesta il vaso alchemico, dove si genera e prende forma la vita, nella quale il Massone non si accontenta adagiandosi a pacificanti e comodi dogmi già forniti, ma si stimola a pensare, a interrogarsi, alla ricerca consapevole della Conoscenza e rintracciare così elementi che appaiono come perduti, come la Parola e il Segreto e la Verità, rinvenibili solo col Lavoro, le proprie azioni e le relative conseguenze.

«Quando vogliono scrivere il Mondo, pingono un Serpente che divora la sua coda, figurato di varie squame, per le quali figurano le Stelle del Mondo. Certamente questo animale è molto grave per la grandezza, si come la terra, è ancora sdruccioloso, perché è simile all’acqua: e muta ogn’anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo faccendo ogn’anno mutamento nel mondo, diviene giovane. Ma perché adopra il suo corpo per il cibo, questo significa tutte le cose, le quali per divina providenza son generate nel Mondo, dovere ritornare in quel medesimo.»

(Hieroglyphica di Orapollo – V sec. D.C.)

L’Eternità, o meglio l’Energia che si riproduce perpetuamente; l’idea di movimento, di continuità e dunque di auto-fecondazione allude all’ermafroditismo e anche all’auto-annientamento di una Natura di generazione indipendente e di eterno ritorno (apocatastasi).

Uno dei modi per indicarla per gli antichi Egizi era raffigurare appunto un serpente con la coda nascosta sotto il resto del corpo, immaginando una dinamica spiraliforme.

Oltre alla sublimazione, l’Oroborus rappresenta la fase di ‘condensazione’ (entropia) del ritmo dell’Universo che dal Caos stabilito dalla materia indifferenziata procede all’espansione, perché è veicolo portatore di vita all’intero Creato che si perpetua per l’eternità senza principio né fine e detiene il germe che contiene tutte le possibilità.

I pianeti come pure la Luna procedono di moto spiraliforme, a immagine del drago, ed in particolare per quest’ultima, le due orbite eccentriche sono dette Caput e Cauda Draconis. Maschile è la testa del drago, di natura è accrescitiva, la coda del drago è di natura diminutiva.

Pensando allo spazio siderale dell’Universo, mi viene in mente il buco nero: un’entità gargantuesca nella quale la materia è condensata così strettamente che si viene a formare una zona intorno ad esso chiamata ‘orizzonte degli eventi’ di cui non abbiamo nessuna informazione. Al centro del buco nero, dove si concentra tutta la massa, c’è un punto chiamato ‘singolarità’. Una zona in cui la curvatura dello spazio-tempo è infinita. Una densità infinita, non più parte del mondo della nostra fisica, dove sarebbe possibile alzare le braccia e riuscire a toccarsi le piante dei piedi.

Le tre rappresentazioni dell’Assoluto sono il Moto, lo Spazio Astratto e la Durata.

Le manifestazioni dell’Universo, riprendono il movimento di un’espirazione e un’inspirazione del Cosmo, il “Grande Respiro”, il Fohat descritto da Madame Blavatsky, che nell’espandersi e nel contrarsi esprimono il movimento pulsatorio illimitato che è la causa della vibrazione universale delle particelle subatomiche, come un’onda generata dall’oscillazione armonica pulsante, la forma della trasmissione dell’energia.

Si potrebbe immaginare che prima della formazione dell’Universo, una lunga striscia di polvere cosmica si muovesse e si attorcigliasse nello spazio come un Serpente, che soffiava luce animatrice, fino a che, covata la Materia Cosmica, le fece assumere la forma anulare, come di un rettile che si morde la coda, che è ancora in trasformazione evolutiva.

In questo contesto è immediato il pensiero al doppio movimento delle cose, citato da Giordano Bruno – che riguarda appunto anche l’Oroborus – che si auto alimenta. I due moti opposti sono ciclonici, centripeto e centrifugo: uno genera l’attrazione, l’altro l’espansione. Il doppio moto è presente ovunque: nel cuore, dell’atomo, nel DNA, nel nucleo della Terra e nell’Universo visibile.

«Qual è ‘l geomètra che tutto s’affige

per misurar lo cerchio, e non ritrova,

pensando, quel principio ond’elli indige,

tal era io a quella vista nova:

veder voleva come si convenne

l’imago al cerchio e come vi s’indova;

ma non eran da ciò le proprie penne:

se non che la mia mente fu percossa

da un fulgore in che sua voglia venne.

A l’alta fantasia qui mancò possa;

ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,

sì come rota ch’igualmente è mossa,

l’amor che move il sole e l’altre stelle.»

(Canto XXXIII del Paradiso – Dante)

Nel processo oscillatorio e di attrito, alla ricerca perenne di equilibrio, ci troviamo incatenati in un incantesimo che siamo chiamati a rompere, per ergerci da uno stato iniziale, andando sempre oltre in un labirinto cercando di oltrepassare il portale dell’Oroborus e, allargando la prospettiva, la sua magica spirale aurea, per cercare, tramite il rispecchiamento, la natura intima di quel primo fattore l’architékton, fabbricatore dei costituenti del Quark, fino al Principio Primo, il punto Zero.

Come temporanea scintilla divina, e quindi parte della perpetua e continua Sorgente Creante che osserva sé stessa e si sperimenta producendo l’illusione della separatività e dell’individualità, è innegabile che l’Essere Umano, sia stato creato cosciente per esplorare sé stesso, per fare esperienza e desiderare ed aspirare a quel bello che percepisce come moto d’indicazione, in un dialogo tra luce e tenebra, tra ordine e caos, tra caso o destino, in un’infinita ricerca meta-razionale di significato in un contesto mutevole e incerto, come un vortice turbinoso in preda alla forza di gravità cerca del suo centro, che cela la promessa di una comprensione profonda e illuminante, la perfezione perduta e dimenticata.

Secondo la mia personale interpretazione, gli estremi contrapposti si stringono a tenaglia per farci afferrare l’incomprensibile e l’Oroborus demarca il percorso della nostra Coscienza e ci divide da livelli superiori, un al di là che serpeggia in noi, rinviandoci l’immagine di noi stessi come uno specchio, ma il superamento è solo per coloro che conducono una costante ricerca finalizzata a nuovi significati, alla trasformazione, all’evoluzione e alla comprensione profonda, per una risposta che ritorna al punto di partenza, ma ogni volta che crediamo di esserci ritornati in effetti non ci troviamo più lì ma bensì scostati rispetto ad esso, ciò significa che ci siamo arricchiti di qualcosa, abbiamo cambiato dimensione.

Solo lì cuore e cervello, razionalità ed intuizione, potranno riconciliarsi armonicamente, come vuole simboleggiare il misterioso serpente ermetico che si avvinghia a spirale in risalita all’Albero della Vita e che riprende lo schema di Ida, Pingala e Sushumna.

La luce personifica sé stessa velandosi e la morte è dell’egoità: la rinascita viene dallo spirito, che pone nella dimensione dell’eterno e dell’unità, in sincronicità, ma in distaccamento da ciò che è fisico e transitorio, per permettersi la vera liberazione.

Ovvero il finito diviene infinito, l’assoluto divino non più altro, ma tu stesso, anima immortale.

 

[1] P. Riccio – Infinita metafisica corrispondenza degli opposti, Prospero Editore, 2013

[2] A. Vasselli – Archetipi e Simboli, Nuovo Giornale Nazionale, Marzo 2024

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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