di Nicola Bizzi
RINASCIMENTO SEGRETO: QUEGLI ANTICHI SACERDOTI DIETRO LE GRANDI FAMIGLIE DELLE SIGNORIE ITALIANE CHE PROMOSSERO DALL’ITALIA LA RICONQUISTA DEL SAPERE
Eleusini-madre, orfici, pitagorici, isiaci (lo stesso Papa Borgia era iniziato al culto di Iside). Furono i principali, veri ispiratori del Rinascimento. Il mainstream sottolinea giustamente la portata culturale della rivoluzione rinascimentale, ma senza mai indagarne i retroscena. Un esito spontaneo, l’umanesimo? Una naturale evoluzione della cultura tardo-medievale? No, perché quella cultura era ancora legata all’aristotelismo più deleterio.
La Scolastica era ancora vincolata al dogma, da quel solco non si poteva uscire. La Chiesa ha abusato di Aristotele, e l’ha fatto per nascondere Platone. Nelle scuole della prima metà del ‘400 non sarebbero mai potuti nascere personaggi come Galileo, Copernico e Keplero.
In realtà esisteva un intero mondo – culturale, filosofico, religioso, spirituale – che la Chiesa aveva combattuto nel IV e V Secolo dopo Cristo e che ufficialmente aveva sconfitto. Un mondo con il quale, però, il Vaticano era sceso tacitamente a patti. Impensabile, del resto, che tradizioni millenarie avessero chiuso i battenti da un giorno all’altro, dopo l’editto con cui Teodosio imponeva la conversione forzata al Cristianesimo in un impero dove il 90% dei cittadini era ancora legato alle religioni antiche.
La Chiesa aveva fretta di potersi presentarsi come l’istituzione che aveva sconfitto il paganesimo, perché poi doveva dedicarsi al contrasto delle proprie eresie interne per affermare il suo potere politico.
Patti sotterranei, dunque: continuate pure a celebrare i vostri riti – stabilirono – purché non vi facciate vedere. Così, tradizioni pluri-millenarie entrarono in clandestinità. Daniele Patrizia Taormina analizza la figura di Plutarco di Atene, filosofo fondatore dell’Accademia Neoplatonica ateniese proprio nel 380, l’anno del fatidico Editto di Tessalonica.
Attenzione: Plutarco di Atene era il nipote di Nestorio, la guida spirituale di Eleusi. Così, gli eleusini si rifugiarono – armi e bagagli – proprio nell’Accademia. Una storia simile la attraversò l’Ordine Pitagorico.
Il francese Jean-Marie Ragon, iniziato eleusino e pitagorico vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento (uno dei fondatori dei Riti Egizi della massoneria) tra i suoi scritti ci ha lasciato una storia segreta dell’Ordine Pitagorico, dalla quale – esibendo prove e documenti eccezionali – emerge tutta la vicenda della vita clandestina dei pitagorici, dal IV-V Secolo dopo Cristo fino ad arrivare alla metà dell’800. Ragon documenta le trattative segrete che anche i pitagorici avevano condotto con il potere imperiale, ormai cristiano, per il loro ingresso concordato nel regime di clandestinità, cosa che aveva coinvolto anche le altre grandi tradizioni spirituali pre-cristiane.
Tradizioni sopravvissute in vari modi: nelle accademie filosofiche platoniche fondate ad hoc, ma anche attraverso gruppi di famiglie che discendevano da linee di sangue sacerdotali. Tema sul quale ha condotto ricerche preziosissime un giovane studioso come Diego Marin. Anche integrando informazioni-chiave, come quelle contenute nel libro “L’altra Europa” di Paolo Rumor, Marin individua linee di sangue (in massima parte, di provenienza ebraica) che ancora oggi hanno un peso, nel nostro mondo.
Si accenna spesso alla Stirpe di Davide, a quella di Giuseppe Flavio o a dinastie di derivazione kazaro-ashkenazita, ma non si parla mai di altre linee di sangue, protette dal più stretto riserbo iniziatico, che discendono dai sacerdoti di Iside e Osiride, o dalle Otto Tribù Primarie di Eleusi. Ebbene, certe linee di sangue sono entrate (in maniera carsica) nella stessa Chiesa, nei suoi ordini monastici. E a un certo momento, nella prima metà del ‘400, si misero d’accordo per dare una scossa all’immobilismo medievale.
Fu un’azione concertata, per almeno un secolo, da parte di tradizioni – spesso discordi tra loro – che allora unirono le forze. Le premesse erano visibili da qualche decennio. Risale alla metà del ‘300 tutto l’improvviso fiorire rivoluzionario di arte e letteratura, poi anche della musica, insieme alla riscoperta simultanea in tutta Europa della filosofia platonica e alla traduzione di testi antichi, dal greco al latino e poi dal latino al volgare.
Certamente, il fenomeno fu grandemente sorretto dal mecenatismo delle principali signorie italiane, da Milano a Firenze, passando per la Repubblica di Venezia. Quello che in genere non si dice è che la maggior parte delle famiglie affermatesi alla guida di certi Stati italiani (Firenze, Ferrara, Mantova, Milano, Urbino, Camerino, Rimini) veniva da quelle linee di sangue sacerdotali: eleusine, pitagoriche, orfiche, isiache e anche di altre realtà, minori.
La Chiesa lo sapeva bene, ma non le conveniva attaccare frontalmente quelle realtà: perché avrebbe dovuto ammettere di non averle affatto debellate, mille anni prima. Quella stessa Chiesa, che nel IV Secolo aveva vantato la sua vittoria sul paganesimo, non poteva ammettere di essere circondata dalle stesse entità. A un certo punto, poi, quei soggetti arrivarono addirittura ai vertici del Vaticano: e se ci fossero rimasti, avrebbero cambiato radicalmente la storia europea.
Ogni tanto, qualche libro prova a trattare questa materia. L’ha fatto Anna Maria Patrini – con l’egittologo Schwaller De Lubicz – esplorando l’Italia isiaca. Nel volume, edito dalle Mediterraneee, la Partini scrive che Alessandro VI Borgia era uno hyerofante isiaco (il che conferma, peraltro, che certe realtà non erano sempre idilliache). Comunque, se ne parla sempre e solo tra le righe, specie in ambito accademico: si può anche perdere la cattedra, basta scrivere un libro fuori dal coro. Certi paradigmi sono ancora intoccabili: chi li infrange può incorrere in un ostracismo tale da venire escluso dal mondo universitario.
Nel mio ultimo libro, “Anima Mundi”, punto proprio il dito contro la reticenza di una certa saggistica contemporanea. Il Rinascimento viene sempre affrontato dal punto di vista storico, oppure da quello artistico: come se fossero compartimenti stagni. Non che manchino le eccezioni. Per esempio il britannico Edgar Wind, autore di capolavori, alcuni editi dall’Adelphi (come “Misteri pagani nel Rinascimento”). Oppure Monica Centanni, la stessa Partini, la fiorentina Paola Maresca. O ancora: Diego Baratono, Claudio Piani. E studiosi come lo stesso Mauro Marrani. Diciamolo: hanno le mani libere, perché non sono ai vertici del mondo accademico.
Prendiamo invece il caso di Eugenio Garin, che sul Rinascimento resta un punto di riferimento assoluto nella cultura ufficiale. Ebbene: lo stesso Garin era perfettamente consapevole del fatto che non fosse una mera ipotesi la sopravvivenza di certe realtà iniziatiche e misteriche, pre-cristiane, attraverso i secoli del medioevo, per poi rifiorire alle soglie del Rinascimento. Era un dato di fatto, riscontrabile: Garin lo lascia intuire, ma senza avere il coraggio di dire apertamente come stanno le cose.
Lo stesso ha fatto una grande ricercatrice inglese, Frances Yates, autrice di libri importantissimi su Giordano Bruno. Si è arroccata sulla questione dell’ermetismo, che è stata solo una delle varie espressioni della conoscenza iniziatica rinascimentale. Per contro, gli autori mainstream certi temi non li affrontano mai: stanno alla larga dalle simbologie esoteriche presenti nell’arte e della letteratura. Preferiscono ignorarle, quelle questioni, che invece sono la chiave del Rinascimento stesso.
Verità su cui tacciono, e che addirittura negano. Poi si trovano di fronte all’evidenza: l’appartenenza orfica di Marsilio Ficino risalta dai suoi scritti, così come le conoscenze particolari di Pico della Mirandola, di Giordano Bruno e dello stesso Galileo. E allora le fanno passare per stranezze, per bizzarrie: il loro strano interesse per l’occulto, l’astrologia, la magia. Come se non sapessero che Caterina de’ Medici compiva riti magici tutti i giorni, alla corte francese: ci sono le prove, le testimonianze.
Il Rinascimento è stato concordato da una serie di famiglie di origine sacerdotale, che erano riuscite a salire al potere in tante signorie italiane. I Medici a Firenze, gli Este a Ferrara, i Gonzaga a Mantova, gli Sforza a Milano (alleati dei Medici). Avevano appartenenze iniziatiche gli stessi Visconti, che però erano ostili a quel movimento. Poi c’erano famiglie come i Da Varano a Camerino e i Malatesta a Rimini.
Si deve proprio a Sigismondo Pandolfo Malatesta il primo tempio “pagano” (pitagorico) costruito in Italia dopo mille anni, eretto sulle fondamenta di una chiesa cristiana dedicata a San Francesco: parlo del Tempio Malatestiano di Rimini, progettato da Leon Battista Alberti. Queste realtà sono davanti a tutti. Come lo è il fatto che il 99% dei grandi artisti rinascimentali – Masolino da Panicale, lo stesso Botticelli, Bronzino, il Beato Angelico e gli stessi letterati – erano tutti appartenenti a contesti iniziatici: veicolavano messaggi in codice.
Il Rinascimento fu un’azione concordata per far rinascere la società europea. Vi parteciparono sovrani come l’ungherese Matteo Corvino e importanti famiglie francesi. Fu anche un’azione di magia, in relazione della geografia sacra. Non c’è un solo edificio di culto, nella stessa Italia, che non sia stato costruito “specchiando” le stelle. La stessa dislocazione dei templi antichi – sempre edificati su vene d’acqua corrente – testimonia l’importanza, per i costruttori, della valenza energetica di quella condizione.
Allo stesso modo, moltissimi edifici di epoca rinascimentale sono stati costruiti secondo uno schema di geografia sacra. Vale anche per le numerose Ville Medicee (una ventina) sorte attorno a Firenze. Che bisogno c’era di farne sorgere così tante? Ebbene, rispondevano anch’esse a uno schema stellare: quella era un’operazione concepita per realizzare una cintura magica a protezione della città, in rapporto con determinate stelle. Doveva servire a rendere Firenze la capitale del Rinascimento (al posto di Ferrara, inizialmente prescelta da altre scuole iniziatiche).
L’obiettivo era chiaro: cambiare la storia d’Europa. E da quel momento in poi, i Medici – in sintonia con altre famiglie italiane – iniziarono a operare anche in chiave magica. Non c’era solo il loro mecenatismo nel sostenere l’arte, la letteratura e la filosofia. Stavano gettando le basi per trasformare – culturalmente, spiritualmente e anche magicamente – la società italiana ed europea. Era un progetto continentale: poi in parte fallito, per via della Controriforma, dell’Inquisizione e di tante altre operazioni (anche magiche, a loro volta, compiute dalla stessa Chiesa).
Il Rinascimento resta una scommessa raffinatissima: come corollario coinvolgeva la filosofia, la letteratura, la pittura e la scultura, l’architettura, la musica, ma puntava soprattutto all’evoluzione interiore degli italiani e degli altri popoli europei. I suoi promotori stavano cioè predisponendo un progetto che avrebbe dovuto far fare – come diremmo oggi – un salto quantico alla società: un balzo evolutivo, per portare l’umanità fuori dalla dimensione culturale del medioevo. Volevano rimettere l’essere umano al centro del mondo, restituendogli la conoscenza perduta e favorendo quindi una grande presa di coscienza.
Nel medioevo solo il clero aveva accesso ai libri, scritti in latino, lingua inaccessibile al popolo: evidente la volontà della Chiesa di sottrarre la cultura alle persone comuni, conservandone il monopolio. E cosa ha fatto, il Rinascimento? Ha “inventato” la stampa. Ufficialmente la stampa nasce con Gutenberg in Germania, sulla base di una precedente invenzione cinese. Pochi sanno però che il sistema di Gutenberg è stato elaborato in Toscana, con lo zampino dei Medici.
Rivoluzionaria, la stampa: permise di veicolare la cultura, prima circoscritta al clero o ai pochissimi facoltosi che potevano permettersi di acquistare codici manoscritti. Per dire: la “Germania” di Tacito, testo copiato su pergamena da un amanuense, costava l’equivalente del prezzo odierno di una villa a Montecarlo. Fu proprio la stampa a permettere la diffusione del sapere. E si iniziarono a scrivere libri in volgare: prima i poeti siciliani, poi Dante Alighieri. Da quel momento, iniziò a fiorire una letteratura in lingua parlata.
Il latino cominciò a perdere il suo primato, e la cultura si diffuse: nonostante la Chiesa, che non poté farci niente. Il Vaticano aveva persino paura che il popolo leggesse i testi sacri, magari scoprendo nella Bibbia qualcosa che non tornava, rispetto alla narrazione teologica. Qualcosa di simile avvenne anche nella musica. A Firenze, i Medici (iniziati orfico-eleusini) crearono l’opera lirica, nata nel capoluogo toscano per loro espressa volontà. L’idea era che determinate frequenze possano trasformare l’essere umano, dunque la società.
L’ultimo grande iniziato mediceo, Ferdinando II, promosse l’opera lirica, la musica classica e la diffusione del pianoforte. Aveva capito che determinate frequenze possono stimolare la ghiandola pineale. Una certa apertura mentale spinge le persone a “unire i puntini”, a raggiungere intuizioni: a quel punto si è meno controllabili, meno manipolabili. Per questo sottolineo l’aspetto esoterico e spirituale del Rinascimento. Una guerra sotterranea, combattuta innanzitutto rivalutando la filosofia platonica, ritenuta pericolosa dalla Chiesa.
Molte forme artistiche erano tabù, considerate espressioni pagane. E avevano un ruolo preciso, specie nell’archiettura sacra: intendevano connettersi con determinate energie, sia telluriche che stellari. Idem la musica: nel medioevo era quasi scomparsa. Nell’antica Roma, invece, si suonava in quasi tutte le case, grazie alla consapevolezza del fatto che la musica avesse un aspetto “divino” e una funzione energetica, anche terapeutica. Un sapere che si era perso: tranne genii assoluti come Ildegarda di Bingen, nessuno parlava più del ruolo terapeutico delle frequenze musicali.
Senza i Medici non ci sarebbero stati Galileo, Keplero e Copernico: erano tutti iniziati pitagorici. Il Rinascimento è stato una rivoluzione, che ha gettato le basi per poi arrivare alla modernità. La pesante controffensiva della Chiesa arrivò nel Seicento. Ma la Controriforma non serviva davvero a contrastare la Riforma luterana: ormai i paesi che vi avevano aderito non sarebbero più tornati sotto il controllo di Roma.
Piuttosto, la Controriforma intendeva debellare proprio le acquisizioni del Rinascimento, e in parte c’è riuscita. Sta a noi raccogliere questa eredità. Oggi siamo in un’epoca oscura e tenebrosa, di profonda involuzione culturale. Bisogna che i nodi vengano al pettine. Occorre riportare queste verità alla luce del sole. Dobbiamo gettare le basi per un nuovo umanesimo, un nuovo Rinascimento. Questa, almeno, è la visione che io perseguo».
“Anima Mundi”, il saggio di Bizzi sul Rinascimento: