di Silvano Danesi
Nel cosmoteismo la base è la natura e non c’è spazio per l’antagonismo religioso.
In quanto cosmiche le religioni erano internazionali. Le divinità erano traducibili e, di conseguenza, il concetto di falsa religione non esisteva. Gli dèi delle religioni straniere non erano considerati falsi e fittizi, ma divinità simili o uguali alle proprie, solo con un nome diverso.
In Egitto la rivoluzione eliopolitana (III millennio), pone le basi per la controreligione del dio unico, perfezionata, mille anni dopo, da Akhenaton. Il faraone, originariamente uomo che doveva realizzare Maat (il giusto equilibrio) sulla terra, si propone come figlio di Ra e suo unico interprete. Il clero eliopolitano si lega strettamente alla monarchia faraonica.
Akhenaton, mille anni dopo la rivoluzione eliopolitana, introduce, per primo, la distinzione tra vero e falso, dando origine ad una controreligione che divide e che rende intraducibili gli dèi altrui. Esiste un solo dio, Aton e Akhenaton è suo figlio. Non solo, ma lui e la sua “sacra famiglia”, ossia Nefertiti e le figlie, sono i soli a poter far da tramite tra gli uomini e l’unico dio.
L’Aton aveva cambiato aspetto e prerogative e dava a vedere una sorta di settarismo intollerante che nessuno degli dèi tradizionali aveva conosciuto (Cimmino). Non c’è dubbio che l’elaborazione teologica dell’Aton presentasse forti connotazioni assolutistiche.
Akhenaton affermava che il nuovo culto era vero e unico, ma aveva tolto agli Egiziani quella partecipazione intima e personale che da secoli ne aveva fatto il più devoto e religioso dei popoli e aveva chiesto loro di avere fede in un’astrazione concettualmente inafferrabile.
I cortigiani non pregano l’Aton direttamente, ma attraverso il giovane faraone che assieme alla famiglia reale si pone come unico tramite del culto divino.
E’ un ritorno alla teoria eliopolitana, quando il sovrano “Figlio di Ra” era il tramite con gli dèi e l’uomo comune era solo lontano spetattore di una cerimonia che si svolgeva in sfere e su piani diversi. (Cimmino).
Con il monoteismo la fobia del diverso sostituisce la tolleranza dell’analogo.
Qui troviamo le premesse per le guerre sante, le crociate, i progrom, le persecuzioni.
In effetti è da secoli che Dio viene offerto sul filo della spada. Le conversioni di quelli che di volta in volta si sono trovati ad essere “infedeli” sono sempre avvenute con ferro e con il fuoco. I Druidi sono vittime illustri.
Il Dio cosmogonico si manifesta attraverso la natura. Le varie divinità sono epiclesi del dio unico, il Tutto, che rimane inconoscibile ed è immanente, in quanto ogni aspetto della vita è Dio e, al contempo, è trascendente, in quanto è dal suo ritrarsi, dal suo essere anche altro che si rende possibile l’identità delle sue infinite manifestazioni. E’ un Dio da conoscere attraverso la sua manifestazione essendo Egli il punto limite della conoscenza. Il dio Uno-Tutto del cosmoteismo, dunque, invita alla conoscenza.
Gli antichi percorsi iniziatici, per quel che ci è dato sapere, erano intesi a condurre l’uomo verso la conoscenza. Una conoscenza progressiva, che avveniva per gradi e che portava, alla fine del percorso, all’epopteia conoscitiva, ossia alla visione somma, all’illuminazione. Il rapporto con la divinità si concretizzava in un percorso di conoscenza.
La religione cosmogonica è una struttura aperta e, in quanto tale, liberatoria. Ogni conoscenza viene considerata provvisoria: un passo nel lungo cammino.
Mosè-Akhenaton, introducendo la conoscenza di dio come rivelazione, ha sostituito la conoscenza con l’obbedienza.
Sull’identità Akhenaton-Mosè o comunque sulla identità tra Mosè e un uomo molto prossimo ad Akhenaton si stanno affermando studi sempre più circostanziati.
Vedi ad esempio: Hamed Osman, I faraoni dell’antico Egitto, Profondo Rosso edizioni.
Il dio monoteista è l’ipostasi dell’uomo e delle sue esigenze normative. La religione monotesista è struttura chiusa.
L’uomo non è più un viandante in cammino sulla via della conoscenza, ma un suddito ossequiente, obbediente a un dio le cui leggi, guarda caso, hanno come tramite le gerarchie sacerdotali, che, contrariamente al loro nome, non conducono al sacro, ma lo rappresentano e lo mediano.
Un dio ri-velato è nuovamente velato, mentre la conoscenza è svelamento, soluzione dell’enigma, risposta alla domanda.
Un dio rivelato è un dio che parla per il tramite dei suoi interpreti; è un dio che pretende obbedienza e, ovviamente, i custodi dell’obbedienza sono i custodi della “vera” religione, che hanno dunque il diritto di combattere quelle false e di punire chi non è d’accordo. Mosè ha cominciato subito, poi sono arrivate le crociate, le guerre sante islamiche, i roghi cristiani.
All’origine c’è quell’eresia del sole, che ha trasformato il faraone in figlio di Ra, quindi in un dio, e che è divenuta, con Akhenaton una controreligione intollerante.
Vi è, inoltre, nel passaggio dalla religione cosmogonica a quella solare, una implicita riduzione dell’orizzonte, che porterà poi a considerare non più il sistema solare, ma la terra come centro di un universo al cui comando c’è l’uomo.
Gli uomini hanno dimenticato di essere Figli delle Stelle e al posto di Dio hanno messo la loro ipostasi.
L’idea di un dio unico sarebbe all’origine di tutti questi guai?
No. Non l’idea di un dio unico, ma il monoteismo. Sono due cose diverse”.
La spiegazione è in un inno ad Amon. “Uno è Ammone, che si tiene nascosto ad essi, che si cela agli dèi, nessuno conosce la sua natura. Egli è più lontano del cielo e più profondo degli inferi. Nessun dio conosce il suo vero aspetto, la sua immagine non appare nei rotoli delle scritture. Egli è troppo misterioso per essere svelato, troppo grande per essere investigato, troppo potente per essere conosciuto. Nessun dio può chiamarlo per nome, egli è simile a Ba, colui che tiene nascosto il proprio nome come il proprio segreto”.
Qui un primo parallelo con l’OIW druidico, dio nascosto e inconoscibile, come il tre volte nascosto Amon, il cui nome significa nascosto: il Nascosto tre volte nascosto.
Il dio dei grandi misteri non ha nome, né forma.
Il dio monoteista ha nome e forma. Quindi è uno degli dèi, che sono solo aspetti manifestati dell’unico dio inconoscibile. Javhé è un dio medianita. Allah è una divinità stellare araba pre islamica.
Prendere uno degli dèi, ossia un aspetto del divino e farlo diventare l’unico dio, significa introdurre l’intolleranza, togliere di mezzo il processo della conoscenza e introdurre l’accettazione e l’obbedienza. Gli dèi sono modalità conoscibili, modelli che la nostra mente riesce a concepire, nella continua tensione verso la conoscenza di un Dio che rimane nascosto.
Gli dei sono principi, leggi naturali, aspetti psicologici dell’uomo.
Le religioni cosmogoniche consentivano e, anzi, stimolavano attraverso il rapporto con il macrocosmo nei suoi vari aspetti, la conoscenza del microcosmo. Conoscere se stessi era una via per conoscere l’altro da sé e conoscere l’altro da sé era una via per conoscere se stessi. Così in alto come in basso.
La religione ri-velata, dogmatica, impone regole, inibisce la conoscenza dell’altro da sé (Bruno, Galileo, ecc. sono esempi significativi di inibizione della conoscenza) e la conoscenza di sé, all’evoluzione sostituisce la confessione, alla liberazione la sottomissione. La religione ri-velata è la religione del potere materiale e temporale.
(Le storie di Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo sono a tal proposito chiare).