NASCERE CONSAPEVOLMENTE: IL GREMBIULE MASSONICO, IL PASSAGGIO NELLA PELLE, L’OCCULTUM LAPIDEM (3).

Lug 22, 2024 | MASSONERIA

di Silvano Danesi

Il percorso iniziatico massonico è la via attraverso la quale l’essere umano, rispondendo, come afferma Jung (Aion), alla pulsione archetipica di “individuazione”, tende alla realizzazione cosciente della totalità psichica del Sé: un’esperienza riservata a pochi e chi la fa, ossia l’uomo individuato, dovrebbe creare valori nuovi e socialmente riconoscibili.

Trova in queste affermazioni il suo significato, non il solo, la domanda: “Cosa devi a te stesso”, seguita da quella: “Cosa devi all’umanità”.

In Tipi psicologici Jung scrive: ”Poiché l’Io è il solo centro del campo della mia coscienza, esso non è identico alla totalità della mia psiché, ma è soltanto un complesso fra tanti complessi. Distinguo quindi fra l’Io e il Sé, in quanto l’Io è solo il soggetto della mia coscienza, mentre il Sé è il soggetto della mia psiche totale, quindi anche di quella inconscia. In questo senso il Sé sarebbe un’entità (ideale) che include l’Io. Nelle fantasie inconsce il Sé appare spesso come una personalità di grado superiore o ideale: così Faust in Goethe e Zarathustra in Nietzche”.

Nei suoi Ricordi Jung scrive: “Solo un po’ per volta scoprii che cosa è veramente un mandala: «Formarsi, trasformarsi, eterno giuoco dell’eterna mente». E questo è il Sé, la personalità nella sua interezza, che è armoniosa se tutto va bene, ma non sopporta l’autoinganno. I miei mandala erano crittogrammi concernenti lo stato del mio Sé che mi erano proposti quotidianamente”. (Jung, Ricordi).

A proposito del Sé, sempre Jung scrive: “Mi appariva come la monade che io sono e che è il mio mondo. Il mandala rappresenta questa monade e corrisponde alla natura microcosmica dell’anima”. (Jung, Ricordi).

“Solo quando iniziai a disegnare i mandala – scrive sempre Jung – vidi che tutto, tutte le strade che avevo seguito, tutti i passi compiuti, riportavano sempre a un solo punto, cioè nel mezzo. Mi fu sempre più chiaro che il mandala è il centro. E’ l’espressione di tutte le vie”. (Jung, Ricordi).

Mandala in sanscrito significa cerchio e i cerchi si tracciano con il compasso.

Dio raffigurato come un architetto, nel Codex Vindobonensis 2554 (Francia, 1250 ca.): il compasso è simbolo dell’atto della Creazione.

Dodici segni, dodici tipi di realizzazione del pensiero divino

Lo zodiaco è un cerchio, suddiviso in 12 segni. Ogni segno copre un angolo di 30 gradi.

Scrive in proposito Christian Jaq: “Dodici segni dello zodiaco, dodici tipi di realizzazione del Pensiero divino: la dinamica dell’Ariete, la creatività del Toro, l’intelligenza dei Gemelli, la matrice del Cancro, la nobiltà del Leone, la purezza della Vergine, la giustizia della Bilancia, la facoltà di trasformazione dello Scorpione, il senso del viaggio del Sagittario, il desiderio di ascensione del Capricorno, il senso ritmico dell’Acquario, la sensibilità dei Pesci: tutte qualità dell’Uomo zodiacale che è il modello di ciascun individuo”. [i]

Lo zodiaco collega l’essere umano al suo cielo interiore e il riferimento simbolico all’ariete collega l’Apprendista, vestito con la pelle del capretto, all’Ariete zodiacale, segno d’inizio, punto vernale, simbolo dell’impulso manifestativo. L’impulso dà luogo alla creatività, con la quale l’intelligenza dà luogo alla matrice della manifestazione.

Nello zodiaco, per come ce lo presenta Christian Jacq, troviamo pertanto la descrizione di come l’Intelligenza, l’Uno Tutto o, se si preferisce, il Divino, per proprio impulso crea la matrice della manifestazione.

Oltre a questo, e oltre ad introdurre un tesoro inestimabile di miti, lo Zodiaco rappresenta la ruota della vita e il percorso delle prove: ossia il percorso che l’essere umano compie per individuarsi.

Il principio di individuazione afferma che un ente  esiste nella sua individualità come un essere differente e distinto nei confronti di tutti gli altri enti che pure partecipano della sua stessa natura.

L’individuazione è un processo psichico, elaborato da Carl Gustav Jung, unico ed individuale al quale ogni persona tende. Consiste nell’avvicinamento dell’Io con il proprio Sé, il cui risultato è il raggiungimento del benessere psicologico e la conoscenza del proprio nucleo essenziale, in base a quella sollecitazione apollinea: “Gnoti seauton”, tradotta magistralmente da Angelo Tonelli in: “Conosci il tuo Sé”.

L’individuazione è un’unificazione con se stessi e, nel contempo, con l’umanità, di cui l’uomo è parte (C.G.Jung).

Nel Tempio massonico, il Tempio dell’Uomo è inserito nel Tempio del Cosmo, a significare la stretta relazione tra i due aspetti dell’universo umano e dell’universo cosmico.

Del possibile percorso delle prove che l’essere umano deve compiere per individuarsi è archetipo il semidio Ercole/Eracle.

Ercole archetipo del processo di individuazione dell’essere umano

Ercole, il semidio archetipo dell’essere umano, deve compiere dodici fatiche, che sono dodici quanti sono gli asterismi che convenzionalmente costituiscono lo Zodiaco. Ogni fatica è posta in un determinato asterisma.

Nelle fatiche del celtico Brian, equiparate a quelle di Ercole da Bernard Sergent, “vi è anzitutto una coerenza geografica: il punto di partenza del percorso che Brian ed i fratelli devono effettuare è indicato in maniera assolutamente netta: dovranno iniziare con le Mele del giardino delle Esperidi, «a oriente del mondo», il che dimostra come questa tradizione sia indipendente dalla cultura ellenica dei redattori del testo, se consideriamo che gli Antichi situavano tale giardino ad Ovest, e che il viaggio dei tre eroi deve iniziare ad oriente. Dopo tale impresa essi raggiungono il re di Grecia e poi il re di Persia: con un tragitto piuttosto incoerente dopo essersi spinti sino al punto più orientale, si dirigono a Sud-Est (come si evince dalla posizione dei due paesi menzionati in rapporto all’Irlanda). In seguito si recano da Dobhar, re di Sicilia: in altre parole, gli eroi vanno ad Ovest, girando intorno all’Irlanda passando per il Sud. Si allude così ad una dextratio, come l’Irlanda e tutto il mondo indoeuropeo l’hanno conosciuta e praticata, con indubbia connotazione solare: il percorso da oriente ad occidente, passando per il sud, è quello che il sole effettua quotidianamente”.[ii] Il percorso di Brian e dei fratelli è una dextratio.

Diverso, secondo alcune interpretazioni, il percorso di Eracle o Ercole, le cui fatiche, posizionate sullo Zodiaco seguono il seguente percorso: Leone, Scorpione, Bilancia, Capricorno, Sagittario, Vergine, Acquario, Toro, Ariete, Cancro, Gemelli, Pesci.

Nelle prove Eracle (Ercole) combatte i simboli delle energie scatenate, violente, aggressive, le affronta e le integra.

Le prove:

  1. Leone di Nemea
  2. Idra di Lerna
  3. Cerva di Cerinea
  4. Cinghiale di Erimanzio
  5. Stalle di Augia
  6. Uccelli stinfalici
  7. Toro cretese
  8. Cavalle di Diomede
  9. Cintura di Ippolita
  10. Bestiame di Geriane
  11. Pomi delle Esperidi
  12. Cerbero catturato

Gli antichi greci avevano quattro parole per indicare il tempo: χρόνος (Chronos), καιρός (Kairos), αἰών (Aion) e ἐνιαυτός (Eniautos).

Mentre la prima si riferisce al tempo cronologico e sequenziale, la seconda significa “un tempo nel mezzo”, un momento di un periodo di tempo indeterminato nel quale “qualcosa” di speciale accade, la terza invece si riferisce al tempo eterno e la quarta indicava un anno.

Come ho scritto nel mio saggio: “Il Tutto divino”, poniamo che il Tutto, l’Essere che essenzialmente è e diviene in un’incessante trasformazione, sia Energia intelligente, informata, significante e cosciente (che è, nel suo manifestarsi e illuminarsi, la Grande Imago) e poniamo che l’essere umano, nella sua essenza, sia un nucleo densissimo di informazioni poste su fotoni ad altissima frequenza (distinto, ma non separato dal Tutto). Il fotone è una particella priva di massa e, poiché non decade spontaneamente, la sua vita media è infinita. Un nucleo densissimo di fotoni ad altissima frequenza, conseguentemente, ha una vita media infinita. La nostra vita infinita sarebbe, a questo punto, quella di un nucleo di informazioni poggianti su un corpo di luce. Meglio: un nucleo di energia intelligente, informata, significante e cosciente vivente in un corpo di luce: un’immagine.

Una delle caratteristiche più significative del nostro essere “umani” è la capacità di pensare, di simbolizzare, di creare significati. Siamo per lo più esseri audio-visivi e siamo dotati di intelligenza simbolica e del potere di immaginare .

Bessel Van Der Kolk afferma che “gli esseri umani sono creature che creano significati”.

Cosa è l’immaginazione?

E’ mettere un’informazione in un’immagine; è tradurre un’idea, un pensiero in immagine.

E un pensiero cosa è?

E’ informazione in azione.

Immaginare è, dunque, mettere l’informazione in azione in un corpo luminoso.

Nel verbo immaginare si annida il segreto della nostra essenza racchiusa in un corpo di luce.

Siamo nella nostra essenza immagini somiglianti, non uguali. Immagini del Tutto, simili al Tutto, in quanto determinazioni del Tutto, ma individui e in quanto immagini, photo-grammi, esseri di luce: nuclei di energia informata, intelligente, significante e cosciente in un corpo di luce, ossia in un’immagine.

Queste considerazioni iniziali ci portano al cuore della riflessione sullo zodiaco.

“Noi crediamo – scrive in proposito Roberto Sicuteri – che tutte le figure mitologiche e i grandi eventi in cui sono protagonisti uomini e Dei, rispecchiando il processo evolutivo dell’uomo, siano reperibili, per analogia o attribuzione storica, nello zodiaco e in esso si concentrino in una specie di poema, di sinfonia, ordinata secondo l’evoluzione dell’Energia Universale”. [iii]

Poniamo la nostra attenzione alla simbologia del Tempio, dove al centro c’è l’Ara, cuore pulsante, sulla quale è acceso il Fuoco primordiale, il fuoco sempre vivente di Eraclito e dove il Prologo del Vangelo di Giovanni ci trasferisce, con il linguaggio sequenziale e razionale, sia pure in modo criptato, la descrizione del come il Tutto si fa mondo, di come il Tutto-Uno si compie nel molteplice, mantenendo la sua unità.

Attorno all’Ara, in un immaginario cerchio avvolgente, si ergono, su dodici colonne, i 12 segni dello zodiaco: esplosioni archetipiche del Fuoco primordiale; narrazioni simboliche di quanto ci è esposto dal Prologo.

In questa narrazione simbolica, circolare e, pertanto, infinita, il punto d’inizio coincide con il punto finale, invitando a sempre nuove interpretazioni.

Immagini del cielo che corrispondono a immagini del nostro cielo interiore.

Vediamo, in sequenza, anche grazie alle spiegazioni di Roberto Sicuteri, i significati dei vari segni in rapporto al processo di individuazione e alla modalità con la quale il Tutto uno si fa mondo.

Capricorno

Il segno zodiacale nel quale si colloca il Solstizio d’Inverno è il Capricorno, simbolo dell’energia originaria, che è anche acqua primordiale.

La sua duplice natura di acqua primordiale (Pesce) e di terra (Capra) ne fa il luogo simbolico dell’Archè, del Nun egizio, del Na indoeuropeo.

Le acque sono in attesa di riversarsi.

La Capra, simbolo della Madre del Mondo, è l’archetipo della Grande Madre ed è il simbolo dell’Energia Originaria.

Siamo ora nel cuore del Tutto, dell’Archè, dell’Energia intelligente, significante, informata e cosciente che è anche, nel suo manifestarsi (illuminarsi) la Grande Imago e dalla quale origina ogni cosa e alla quale aspira l’essere umano nella sua nostalgia del ritorno.

“Mentre il Pesce indica lo sprofondamento negli abissi dell’immanenza – scrive Sicuteri – la Capra sta a significare invece l’ascensione, l’emersione verso l’infinito”.[iv]

In questo senso il Solstizio d’Inverno è davvero il punto enantiodromico, di inversione del ciclo che finisce dove era cominciato e comincia laddove è finito.

Il Capricorno è così la Porta Celeste dello Zodiaco che si apre verso l’Origine.

Acquario

Nel segno dell’Acquario abbiamo il diluvio, la rottura delle acque primordiali, il predisporsi dell’unicità alla molteplicità.

L’Uno-Tutto si espande e, non a caso, il 1° febbraio si celebrava, in ambito celtico, Imbolc, festività dedicata a Brighit, il cui nome, come quello di Brahman, contiene il fonema br, che indica vibrazione, espansione.

Imbolc è relativo al sorgere eliaco di Capella (Capretta), la stella più brillante della costellazione dell’Auriga.

Ritorna il simbolo della Capra, associato, in questo caso, all’espansione.

La simbologia dei Pesci ci indica la manifestazione dell’energia, la sua attività, il suo moto perenne nella dualità.

La manifestazione comporta il movimento oppositivo e complementare, che il simbolo dei Pesci rende bene. Il movimento oppositivo e complementare è il polemos di Eraclito.

Ariete

Giunti alla manifestazione, lo zodiaco ci riporta alla conoscenza dell’impulso primario che ha dato avvio al processo manifestativo.

Ancora una volta entra in campo una Capra, in questo caso maschio: l’Ariete, Aries, Marte, il Fuoco, Agni, Uranah.

L’Ariete, Eros, è l’impulso, la forza, il tapas, l’ardore che avvia il muoversi dell’Energia primordiale verso il suo manifestarsi.

Toro

Nel segno del Toro l’energia comincia a predisporsi nell’iniziale regno naturale. La spinta energetica dell’Ariete si ordina armoniosamente nella Madre Terra.

Nel segno del Toro troviamo Beltane, festività dedicata al dio Belenus, Lug il luminoso, collocata nel tempo della levata eliaca di Aldebaran (l’occhio del Toro) e delle Pleiadi.

L’occhio del Toro è Horus, il Falco egizio, i cui occhi sono il sole e la luna e che rappresenta la vista che si consegue con l’equilibrio tra emisfero destro e emisfero sinistro, ossia tra intuizione e razionalità, con l’attivazione della Pineale, ossia di Aldebaran.

Nel mondo terreno, l’essere umano deve usare i due emisferi per vedere, ma anche per abitare la ragione e la follia, il profano e il sacro, per poter stare tra i due mondi in equilibrio dinamico e potersi, pertanto, attivare come co-creatore.

Il bucranio è anche, per la sua forma, simbolo dell’apparato riproduttivo femminile. La Natura è Madre. Il Toro, in questa accezione simbolica, ci annuncia il Cancro: la Madre archetipica.

Gemelli

Il successivo segno dei Gemelli è il simbolo della stabilizzazione dell’ordine. Siamo in presenza dello spazio-tempo, nel regno della dualità.

Tuttavia i Gemelli sono anche l’indicazione che siamo al tempo stesso terreni e celesti, anima e corpo, maschi e femmine, ragione e irragionevolezza; che apparteniamo al sacro e al profano.

Il mondo è figlio di Leto, come i due gemelli Apollo e Artemide; i Dioscuri Castore e Polluce.

Grazie alla doppia origine dei Dioscuri si ha modo di riflettere sulla duplice componente che forma l’essere umano. Il corpo e l’anima, la parte deperibile e quella eterna. Nessuno dei due può esistere senza l’altro.

Se l’anima è la guida, il corpo ne è lo strumento. Quando Castore muore, Polluce non può vivere senza di lui. Così Zeus accorda ad entrambi la straordinaria metamorfosi in costellazione.

Dopo il loro catasterismo – la trasformazione in costellazioni – i due fratelli possono vivere uniti, ma la dualità vi è insita. Anima e corpo sono distinti ma non separati, sono due in uno.

Distinti ma non separati, come la “piccola immagine” dell’essere umano è distinta, ma non separata, dalla Grande Imago, manifestazione luminosa dell’Arché: Natura.

In questo ambito mitologico il segno dei Gemelli ci prepara al segno del Leone, alle fatiche di Ercole, al processo di individuazione.

Cancro

Ora il processo manifestativo è compiuto e può dar luogo al Cancro, la Madre archetipica, capace di gestazione.

“E’ – scrive Roberto Sicuteri – il trionfo delle forze generatrici materne terrestri; è la concezione, la gestazione”. [v]

Il Cancro, sede del Solstizio d’Estate, rappresenta la Porta dello zodiaco dal quale passano le anime pronte ad incarnarsi.

Nel Cancro è collocatala levata eliaca di Sirio, l’egizia Spdt, Iside, la madre e nutrice di Horus. Sirio madre di Aldebaran.

Siamo giunti ad un punto cruciale, in quanto si prospetta una via del cielo, che coinvolge Sirio, Aldebaran e che passa necessariamente attraverso Orione.

Aldebaran è la stella più luminosa delle Iadi, le lacrime del Toro, e rappresenta simbolicamente l’occhio. Il suo nome antico è Sar ed è associato all’ascensione.

Ar, infatti, è verbo che significa ascendere. La S ne determina una coniugazione causativa. Pertanto, se Ar è ascendere, S-Ar è causare l’ascensione. Aldebaran è, dunque, indicata come la stella che causa l’ascensione.

La costellazione del Toro, sin dalla più remota antichità, nella tradizione di molti popoli è correlata ad altri due asterismi: Orione e Cane minore.

Ad Orione (s'{ ovvero Sah) nell’antico Egitto era associato Osiride, il cui nome egizio è Wsir o AsAr o AusAr (As = velocemente e Ar = ascendere, salire, elevarsi), dal significato di veloce ascesa, ovvero Colui che ascende velocemente e il cui mito (il tradimento del fratello, la dispersione e l’occultamento del cadavere, il suo ritrovamento da parte di Iside e la sua ricomposizione) fa da sfondo mitologico alla leggenda di Hiram.

Alla stella più luminosa dell’asterisma Cane minore, Sirio, Sothis in greco e Spdt in egizio, sono associate: Iside, il cui nome egizio è `st (pronuncia Ast) dal significato di sede, e la simbologia della stella a cinque punte.

La costellazione del Toro nell’antico Egitto era associata ad Horus.

Chi era Horus?

Horus vuol dire “viso” o “lontano”.

Con lo stesso nome abbiamo due distinte divinità egizie: Horus l’Antico e Horus il Giovane (figlio di Iside e di Osiride).

Horus il Giovane è stato associato al Sole e poiché Iside è associata a Sirio e Osiride a Orione, la sacra famiglia egizia risulta composta da un figlio (il sole del nostro sistema planetario), da Sirio, la “madre celeste” e da Orione, il padre celeste; sacra famiglia la cui rappresentazione geometrica è il triangolo di Osiride, altrimenti detto triangolo di Pitagora.

Questa associazione di Horus al sole, meglio al sole nascente, essendo Osiride il sole calante e notturno, non ci consente di comprendere il significato ascensionale del nome egizio di Aldebaran se non consideriamo il fatto che Horo è divinità antichissima, che da dio celeste si è trasformato solo in seguito in dio solare.

Dell’antichità del culto di Horus sono testimoni le iscrizioni del tempio di Edfu, dove si narra che all’inizio regnava il caos e le acque del Nun ricoprivano la terra. In seguito due divinità, il Grande e il Lontano (attributo di Horus), apparvero su una piccola isola che era emersa dalle acque primordiali. “Dai relitti galleggianti che si incagliavano sulle sue sponde, una delle divinità raccolse un bastone, lo spezzò in due e ne conficcò una metà nel terreno, vicino al ciglio dell’acqua. Non appena lo fece, un falcone emerse dall’oscurità circostante e si posò sul bastone. Immediatamente spuntò la luce su tutto il Caos e il falcone trasformò l’isola in luogo santo”[vi].

Il falcone è simbolo teriomorfo di Horus, che in questo caso è dio dell’origine, assimilabile al greco Lógos, potere improntante e illuminante delle acque primordiali, ossia dell’Arché.

Aldebaran, abbiamo visto, era la stella dell’ascesa. Lo era per molte culture antiche. Gli Inù, ad esempio, la chiamavano Robini, ossia Stella dell’ascesa. In Ebraico Sar significa volare via, Shar sapere e anche porta.

Sirio, Orione, Aldebaran, le Pleiadi, le Iadi costituiscono un insieme mitologicamente inscindibile, che è stato punto di riferimento di grande interesse per molti popoli e per molte culture. Vorrei ricordare qui solo l’esempio di un certo numero di riti vedici che sono in relazione con Aldebaran e con Orione, in sanscrito Mriga, e la ritualità druidica legata a Beltane alla levata eliaca di Aldebaran, annunciante l’ascensione del Sole nel punto più alto dell’orizzonte celeste.

Le Pleiadi (Khau Mes), gruppo di stelle legate al Toro, che dagli antichi egizi erano dette Terra delle Migliaia ci possono fornire un’utile traccia per scoprire cosa ci indica mitologicamente Aldebaran. Se consideriamo che mille si scrive in egiziano antico con il simbolo del fiore di loto, Terra delle Migliaia potrebbe avere anche il significato di Terra del Loto. (Gli egiziani antichi usavano spesso il linguaggio analogico, omofonico, enigmatico: ermetico, da Ermes, ossia Thot).

Nel linguaggio iniziatico il loto è il fiore dell’illuminazione. Dal loto (sshn ovvero Seshen in egizio antico) è nato il “bambino”. All’origine del mondo, dice un mito egizio, tra le acque primordiali emerse un fiore di loto nel cui calice apparve il giovane dio del sole.

Il Lago del Loto è l’oceano primordiale; il lago della matrice stellare, la Duat.

L’occhio di Horus, dunque, è una porta, uno strumento per salire al cielo? Per andare oltre, seguendo la via che da Sirio, passa per Orione e attraverso l’occhio del Toro e le Iadi porta alle Pleiadi, ossia alla Terra delle Migliaia, ovvero, simbolicamente all’illuminazione? o al ritorno all’origine? E quell’occhio di Horus, frazionato in sessantaquattresimi, quale segreto nasconde?

Sirio, la stella cinque punte, è Iside, la “sede”. Orione è Osiride, con il significato di elevazione veloce e Aldebaran, occhio di Horus, è una porta nel cielo capace di causare l’ascensione verso le Pleiadi, ossia la Terra delle Migliaia. Una via nel cielo, da Sirio-Iside a Orione-Osiride, attraverso l’occhio di Horus-Aldebaran, verso le Pleiadi, Terra delle Migliaia o una via iniziatica?

Se stiamo all’idea che il Cancro sia la Porta dalla quale entrano le anime, possiamo anche pensare al percorso celeste sin qui descritto come porta di entrata e di uscita.

Le anime, in questo caso, dalle Terre delle Migliaia, passano da Aldebaran, l’occhio del Toro, il quale è anche una chiave numerica del Dna (64/64). Si muovono attraverso Orione (la cintura) e approdano a Sirio (la stella a cinque punte, che simbolicamente ci ricorda il campo morfogenetico Φ). Il viaggio termina nella piramide.

Qui incontriamo uno dei miti più importanti della teologia eliopolitana: il manifestarsi di Tum-Atum Nell’antico Egitto tim è completo, perfetto e tam è svelarsi. Ritroviamo questo concetto in Tum-Atum, Colui che è, Colui che non è, la cui forma originale egizia è Tmw, che racchiude tm, ossia ciò che è completo, perfetto, concluso. Tmw è il creatore dell’Enneade.

Tmw è pertanto sia all’origine dell’universo creato, sia l’universo creato e il mito che lo riguarda sostiene che si è manifestato e realizzato in forma di piramide.

Mr è piramide ed è canale (anche tomba) e Mri è amare, volere, desiderare. Tum- Atum, così, come nei miti vedici, amando e desiderando si manifesta in Mr (chiamata dai greci piramide, da pyr, fuoco, per la sua lucentezza infuocata) e Mr, in quanto forma del manifestato, è il paradigma matematico e geometrico delle misure e dei loro rapporti che, nel loro insieme, danno origine alla geometria sacra, contenente il segreto della realtà.

Dato che Mr vuol dire piramide, ovvero la forma prescelta da Tum-Atum per concretizzare sé stesso, potremmo anche valorizzare il secondo significato dello stesso termine, cioè canale. In questo senso si potrebbe intendere che il Tutto si canalizza (focalizza) nella realtà concreta, cioè nell’universo (l’Uno).

Leone

Siamo giunti al Leone, a Lug il luminoso, che dedica la festività a Lugnasad (1° agosto) alle Dea Madre Tailtiu, alla Madre Terra rappresentata dall’Imago Mater del Cancro: Energia intelligente, informata, significante e cosciente (che è anche, nel suo manifestarsi, illuminarsi, la Grande Imago).

Il Leone è il Verbo, il Lógos, la “nobile energia vitale”, il “Fuoco divino che permette l’inizio dell’individuazione”.

“Dando la parola, il Verbo a qualche cosa, si differenzia questa cosa da ciò che la nasconde, le si prepara un’esistente indipendente sul piano psichico e si rende possibile e reale una relazione logica tra ciò che si è differenziato e ciò che è al di fuori”. [vii]

Nasce la coscienza di sé, integrazione superiore della personalità, ampliamento della realtà simbolica dell’Io, riconducendola alla sua origine divina.

In questo segno, che è proprio dell’essere umano tra l’umano e il divino, fra l’immanente e il metafisico, quello delle “Fatiche di Ercole” del “fare anima” (Hillman) da parte dell’essere umano che sottoponendosi alle prove imposte da re Euristeo.

Interessante notare che euris (contrazione di eurusthénēs) in greco significava trovare, ricercare.

Il re Euristeo è la potenza (sthénos) che invita Ercole alla ricerca.

Nell’interpretazione del mito, l’etimologia è fondamentale.

Vergine

Con la Vergine inizia il ciclo del ritorno verso l’essenza.

La Vergine rappresenta l’intelligenza ordinatrice, la ratio.

“La virgo però è diversa – nel suo substrato femminile – dal materno Cancro, in quanto questo è strettamente riferito alla gestazione, alla fase embrionale-fetale dell’essere”. [viii]

Bilancia

Con la Bilancia, punto mediano dell’equilibrio assoluto tra l’evoluzione e il principio dell’involuzione, inizia il grande ciclo involutivo e con lo Scorpione si entra nella fase della dissoluzione di tutte le forme e di tutte le sostanze. Tutto torna all’informale, all’indefinito.

Scorpione

Con lo Scorpione abbiamo la levata eliaca di Antares, l’opposto di Ares, dell’impulso manifestativo.

Tramontano eliacamente le Pleiadi.

Le Pleiadi sono ninfe celesti, figure dell’antica mitologia greca. Sono le figlie di Atlante, il titano che regge sulle spalle la volta celeste e sono compagne di Artemide. Le Pleiadi vennero a lungo braccate dal cacciatore Orione. Le Pleiadi (in greco antico: Πλειάδες, Pleiades) sono sette personaggi della mitologia greca ed i loro nomi sono Alcione, Celeno, Elettra, Maia, Merope, Sterope (o Asterope) e Taigete.

Alcione fu eletta al comando delle sette sorelle ed una volta diventate stella ebbe il compito di guidare i pescatori.

Sagittario

Il Sagittario rappresenta lo slancio verso l’iniziazione sacra che si realizza in Capricorno.

“Con il nuovo segno zodiacale, l’Energia perviene alla sintesi e si lancia verso l’alto, seguendo il passaggio dalla percezione mediata dei sensi o la ragione, alla appercezione immediata dei Principi e dei loro rapporti: la coscienza individuale accede al piano delle cause prime”. [ix]

Il sagittario è il simbolo della coscienza che si fonde con la sfera del sovrasensibile.

Il ciclo si chiude e si apre. Ciclo, cerchio, inizio e fine per un nuovo inizio.

Una sottolineatura importante riguarda il segno dell’Ariete, connesso con il nostro grembiule in pelle di capretto che fa dell’Apprendista un “figlio di Amon”.

Il segno dell’Ariete è connesso con l’impulso manifestativo.

Una sottolineatura che è condivisa anche da Alice Bailey, in quanto l’Ariete rappresenta l’impulso a iniziare.

Vi è qui una corrispondenza tra l’inizio manifestativo e l’inizio del percorso di individuazione dell’Apprendista.

Alice Bailey, nel suo: “Le fatiche di Ercole” (Nuova Era), propone un percorso che inizia con l’Ariete e segue, pari pari, la ruota zodiacale.

La prima Fatica: La Cattura delle Giumente Antropofaghe. La seconda Fatica: La Cattura del Toro di Creta. La terza Fatica: Raccolta dei Pomi Aurei delle Esperidi. La quarta Fatica: La Cattura della Cerva . La quinta Fatica: L’Uccisione del Leone di Nemea. La sesta Fatica: Il Cinto d’Ippolita. La settima Fatica: La cattura del Cinghiale di Erimanto . L’ottava Fatica: Distruzione dell’Idra di Lerna. La nona Fatica: L’uccisione degli Uccelli di Stinfalo . La decima Fatica: L’uccisione di Cerbero, guardiano dell’Ade . L’undicesima Fatica: Ripulimento delle Stalle d’Augia. La dodicesima Fatica:La Cattura dei Rossi Buoi di Gerione.

Alice Bailey cita Clemente di Alessandria, il quale afferma: “Il sentiero ascendente dell’anima passa attraverso i dodici segni dello Zodiaco… il sentiero discendente è il medesimo.” [x]

“Nella vita di Ercole, l’anima in incarnazione – scrive la Bailey – progredisce intorno allo Zodiaco da Ariete a Pesci sulla ruota inversa, il sentiero del discepolo”. [xi]

La metafisica della luce

Gli asterismi e lo zodiaco sono antologie mitologiche e poiché, come scrive Carlo Rovelli: “I miti si nutrono di scienza e la scienza si nutre di miti[xii], i miti narrano di eventi scientifici.

Il filosofo della scienza Karl Popper, nel suo: “Logica della scoperta scientifica”, scrive:“Gli analisti del linguaggio credono che non ci siano problemi filosofici genuini, e che i problemi della filosofia, ammesso che ce ne siano, siano problemi concernenti l’uso linguistico, o il significato delle parole. Invece io sono convinto che esista almeno un problema al quale sono interessati tutti gli uomini dediti al pensiero. Il problema della cosmologia: il problema di comprendere il mondo, compresi noi stessi E la nostra conoscenza, in quanto parte del mondo. Sono convinto che tutta la scienza sia cosmologia, e per me l’interesse così della filosofia come della scienza risiede unicamente nei contributi che queste due discipline hanno portato a questo problema”.[xiii]

Nell’introduzione al testo del filosofo, scienziato e alchimista Ruggero Bacone (1214-1294), “La scienza sperimentale” edito da Rusconi, Francesco Bottin scrive che “alla fine del XII secolo”, le istanze religiose della “teologia mistica […]” hanno avuto “l’opportunità di trovare un fondamento filosofico e scientifico grazie alle nuove traduzioni di testi greci e arabi. Il Liber de causis, una compilazione di testi neoplatonici, verrà appunto tradotto da Gerardo da Cremona intorno al 1187. In quel periodo diverranno accessibili ai Latini molte altre opere filosofiche e scientifiche, dal Fons Vitae di Avicebron, alla Metaphysica di Avicenna, al De radiis di al-Kindi e al De aspectibus di Alhazen, oltre ad altre ad opere di Euclide e di Tolomeo”.[xiv]

In questo recupero di opere filosofiche e scientifiche la metafisica della luce trova un fondamento scientifico, sul quale si innesta la riflessione di Ruggero Bacone, con il De multiplicatione speciarum che si propone “di determinare scientificamente le leggi ottiche in base alle quali tutta la realtà risulta connessa con l’Essere Supremo”.[xv]

Ruggero Bacone sostiene che è attraverso la propagazione delle species o forma visive delle cose che l’universo entra in una complessa sinergia che riguarda sia le più piccole cose terrestri, sia i grandi movimenti stellari. Da qui anche la sua concezione della vera astrologia, che si basa sullo studio scientifico degli influssi astrali, che non fa previsioni specifiche, ossia gli oroscopi delle fattucchiere, ma deve occuparsi degli influssi generali («astronomus non debet dicere rem specialiter sed universaliter». (Opus maius).

Nell’Opus maius Bacone scrive: “I veri astrologi non hanno la pretesa di conoscere con certezza le vicende umane, ma si limitano a stabilire in quale modo l’influsso astrale può modificare i corpi e come tale influsso sui corpi poi si riversa a sua volta negli animi, spingendo a compiere determinate azioni pubbliche o private, pur restando immutata in ognuno la libertà di giudizio”.

Bacone ritiene che le forze emanate dai corpi celesti siano in grado di modificare i nostri organi e l’attività dell’astrologo, che si basa su conoscenze scientifiche, consista nello spiegare gli eventi in base agli influssi generali.

Questa concezione unitaria dell’universo, che ovviamente va collocata nel XII secolo, non è dissimile dalle attuali idee relative ad un universo ologrammatico e frattalico.

Ed è qui, probabilmente, il senso autentico dell’astrologia del divenire.

L’universo, per Bacone, è stato costruito in modo armonico e il sapere umano ha il compito di conoscere e ricostruire tale armonia. Compito attualissimo.

Nella lettera a Clemente IV, con la quale accompagna l’invio al Papa del testo “La scienza sperimentale, Ruggero Bacone, dopo aver affermato che “il bene dell’umanità intera dipende dallo sviluppo del sapere, mentre al contrario l’intero universo ricava un gran danno dal ristagno degli studi”, si occupa delle varie materie e, a proposito dell’astrologia, scrive che “non vi è nulla da obiettare contro l’astrologia, in quanto fa parte del sapere scientifico, ma solo contro l’uso dell’astrologia nelle pratiche magiche”.

L’astrologia è strettamente connessa con la mitologia, la quale ci narra degli immaginali, ossia degli archetipi, altrimenti detti dei.

Cosmoteismo ed enoteismo.

Karl Popper, in una lezione dal titolo: “Considerazioni di un realista sul problema del corpo-mente” scrive. “Queste favole, o storie o miti sono anche le originarie spiegazioni teoriche. Gli inizi della scienza presso i Greci risalgono a Omero e a Esiodo; gli inizi dell’arte, i dipinti in grotte preistoriche di caccia e di animali sono storie magiche; l’arte egiziana e quella assira sono in gran parte illustrazioni di storie o illustrazioni della storia di quell’epoca. E’ così che si arriva allo sviluppo di un mondo 3”.[xvi]

E che cosa sia il mondo 3 Popper ce lo dice in questo modo. “Con «mondo 3» intendo, più o meno, il mondo dei prodotti delle menti umane”.[xvii]  Un mondo dotato di realtà e di autonomia, che interagisce con il mondo fisico e con il mondo psichico.

Studiare con sguardo critico e attento i miti è accostarsi alle originarie spiegazioni teoriche, ma anche entrare nel mondo 3 nel quale si assiste al “sorgere autonomo di problemi non pensati” e ci si collega ad un “universo intelligente problematico”.[xviii]

Il mondo dei miti è il solo prodotto della mente umana che assume autonomia? Oppure i miti mettono in azione narrativa archetipi che hanno una propria autonoma esistenza e sono il portato dell’anima mundi, la psiche universale, della quale sono frattali le anime individuali? O, ancora, sono gli archetipi l’impronta (typos) dell’archè (archè-typos)?

Dietro la coscienza ci sono gli archetipi e questi sono narrati in miti che si intrecciano con le immagini zodiacali (Ares, Ercole, ecc.).

L’astrologia, pertanto, è anche psicologia, in quanto collega la psiche individuale al complesso archetipico.

Una psicologia che parla di anima e di archetipi è una prospettiva immaginativa, cosicché gli archetipi diventano i modelli più profondi del funzionamento psichico (Hillman).

Una relazione con gli archetipi presuppone una prospettiva cosmoteista, politetista e enoteista; non una prospettiva monoteista.

Nel politeismo, meglio: nell’enoteismo (è il caso, ad esempio, dei Celti e degli Egizi), Dio rimane inconoscibile ed è conosciuto tramite gli dèi, che ne sono gli aspetti manifesti, ovvero le forme pensiero che la mente riesce a concepire in quanto archetipi.

Nel cosmoteismo la base è la natura e non c’è spazio per l’antagonismo religioso. Nell’antichità, in quanto cosmiche, le religioni erano internazionali. Le divinità cosmoteiste e politeiste erano traducibili e, di conseguenza, il concetto di falsa religione non esisteva. Gli dèi delle religioni straniere non erano considerati falsi e fittizi, ma divinità simili o uguali alle proprie, solo con un nome diverso.

Nel III millennio a.C. si ha il passaggio dalle religioni cosmogoniche a quelle solari, con la progressiva sostituzione della religione della Dèa Madre con le religioni patrilineari.

In Egitto la rivoluzione eliopolitana (III millennio), pone le basi per la controreligione del dio unico, perfezionata, mille anni dopo, da Akhenaton. Il faraone, da corpo simbolico del principio creatore, originariamente uomo che doveva realizzare Mâat (il giusto equilibrio) sulla Terra, si propone come figlio di Ra e suo unico interprete. Il clero eliopolitano si lega strettamente alla monarchia faraonica.

Akhenaton, mille anni più tardi, introduce la distinzione tra un dio vero e i falsi dèi, dando origine ad una controreligione che divide e rende intraducibili gli dèi altrui. Esiste un solo dio, Aton e Akhenaton è suo figlio. Non solo, ma lui e la sua “sacra famiglia”, ossia Nefertiti e le figlie, sono i soli a poter far da tramite tra gli uomini e l’unico dio. La religione di Aton introduce così una sorta di settarismo intollerante che nessuno degli dèi tradizionali aveva conosciuto.[xix]

Con il monoteismo la fobia del diverso sostituisce la tolleranza dell’analogo. Qui troviamo le premesse per le guerre sante, le crociate, i progrom, le persecuzioni. Non può esservi monoteismo “senza brama di supremazia. Dopo che si è riusciti a garantire una posizione prioritaria all’«Uno e Unico» solo facendo indietreggiare gli altri candidati – scrive Peter Sloterdjk – , ecco che il controllo sui retrocessi si configura come un problema cronico. Già nella primissima matrice monoteistica, si delineano i contorni delle caselle che saranno poi coperte dagli avversari di turno del Dio unico. La nuova contrapposizione lascia trapelare presto la sua tendenza polemica. L’uno vero e ultra terreno contro i molti falsi e terreni”.[xx]

Il dio cosmogonico si manifesta attraverso la natura. Con l’enoteismo le varie divinità sono epiclesi del dio unico, il Tutto, che rimane inconoscibile ed è immanente, in quanto ogni aspetto della vita è dio e, al contempo, è trascendente, in quanto è dal suo ritrarsi, dal suo essere anche altro che si rende possibile l’identità delle sue infinite manifestazioni. E’ un dio da conoscere attraverso la sua manifestazione essendo egli il punto limite della conoscenza. Il dio Uno-Tutto del cosmoteismo, dunque, invita alla conoscenza.

Gli antichi percorsi iniziatici, per quel che ci è dato sapere, erano intesi a condurre l’uomo verso la conoscenza. Una conoscenza progressiva, che avveniva per gradi e portava, alla fine del percorso, all’epopteia conoscitiva, ossia alla visione somma, all’illuminazione. Il rapporto con la divinità si concretizzava in un percorso di conoscenza.

Le religioni monotesistiche sono strutture chiuse, dogmatiche.

La religione cosmogonica ed enoteistica è una struttura aperta e, in quanto tale, liberatoria. Ogni conoscenza viene considerata provvisoria: un passo nel lungo cammino. Con l’alfabeto archetipico degli dèi si compongono frasi infinite; si cammina sulla via della conoscenza.

Gli dèi sono modalità conoscibili, modelli immaginali che la nostra mente riesce a concepire, nella continua tensione verso la conoscenza di un dio che rimane nascosto. Gli dei sono principi, leggi naturali, aspetti psicologici dell’uomo. Le religioni cosmogoniche consentivano e, anzi, stimolavano, attraverso il rapporto con il macrocosmo nei suoi vari aspetti, la conoscenza del microcosmo. Conoscere se stessi era una via per conoscere l’altro da sé e conoscere l’altro da sé era una via per conoscere se stessi. Così in alto come in basso.

 

segue

[i] Christian Jacq, Le message des constructeurs de chathédrales, J’ailu

 

[ii] Bernard Sergent, Celti e Greci, Mediterranee

[iii] Roberto Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio

[iv] Roberto Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio

[v] Roberto Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio

[vi] Barbara Watterson, Alla scoperta degli dei dell’antico Egitto, Newton & Compton

[vii] Roberto Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio

[viii] Roberto Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio

[ix] Roberto Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio

 

[x] Alice Bailey – Le fatiche di Ercole – Nuova Era

 

[xi] Alice Bailey – Le fatiche di Ercole – Nuova Era

 

[xii] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

 

[xiii] Karl Popper, Logica della scoperta scientifica, Prefazione all’edizione del 1959, Einaudi

[xiv] Francesco Bottin, Introduzione a: Ruggero Bacone, La scienza sperimentale, Rusconi

 

[xv] Francesco Bottin, Introduzione a: Ruggero Bacone, La scienza sperimentale, Rusconi

 

[xvi] Karl Popper, Considerazioni di un realista sul problema corpo-mente, in Tutta la vita è risolvere problemi – Scritti sulla conoscenza, la storia e la politica, Rusconi

 

[xvii] Karl Popper, La conoscenza e il problema corpo-mente, Il Mulino

[xviii] Karl Popper, La conoscenza e il problema corpo-mente, Il Mulino

[xix] Franco Cimmino, Storia delle piramidi, Euroclub

 

[xx] Peter Sloterdjk, Il furore di Dio, Cortina

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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