di Silvano Danesi
La cultura druidica del mondo celtico, così come ci è stata trasmessa dalle Triadi bardiche trova nella scoperta del supersolido una possibile conferma della presenza del mondo bianco: Gwynfyd, il mondo delle anime.
Gwynfyd, nella filosofia druidica trasmessaci dale Triadi bardiche, è il Cerchio della Felicità.
La prima definizione di Gwynfyd è nella triade XII dove è scritto che è là “dove [sono] tutte le sostanze qualitative o viventi, e l’uomo lo attraversa in cielo.
TRIADE XII – Tri chylch hanfod y sydd : cylch y Ceugant. Ile nid oes namyn Duw, na byw, na marw, ag nid oes namyn Duw a eill ei dreiglo cylch yr Abred, Ile pob ansawdd-hanfod o’r marw, a dyn a’i treiglwys; cylch y Gwynfyd, lle pob ansawddhanfod o’r byw, a dyn a’i treigla yn y nêf.
Tre cerchi della sostanza dell’essere: il cerchio di Ceugant, dove non esiste nulla se non il Demiurgo, né viventi, né morti, e nessuno se non il Demiurgo lo può attraversare; il ciclo di Abred, dove [sono] tutte le qualità delle essenze (sostanze) animate o inanimate, e l’uomo lo attraversa; il ciclo di Gwynfyd, dove [sono] tutte le sostanze qualitative o viventi, e l’uomo lo attraversa in cielo.
Come si può ben vedere il concetto di sostanza è declinato sia in relazione al mondo materiale, sia in relazione a un Altromondo, un Aldilà in confronto ad Abred (il ciclo delle migrazioni terrene, ossia lo spazio-tempo o campo gravitazionale). Un Aldilà dove ci sono tutte le substantie non materiali.
Gwynfyd è un mondo di essenti non materiali. Gwynfyd, che l’essere umano attraverserà, è un’altra dimensione; è un mondo di trasformazioni dove l’essere umano cambia la sua condizione in assenza di costrizioni, non ha un corpo materiale e non ha un impulso manifestativo, ossia non ha più l’impulso a entrare in un mondo spazio-temporale.
Nel Cerchio della Felicità l’essere umano si vede restituito l’Awen originario, ossia la sua essenza primigenia, l’amore originario e la memoria originaria e avrà la comprensione delle qualità del disordine e della morte, delle loro cause e del loro modo di agire e la volontà di sconfiggerli.
Uno degli aspetti più interessanti riguarda la conoscenza che viene conseguita in Gwynfyd e che si fonda sulla possibilità di transitare in tutte le condizioni della vita, di ricordarsi di tutte le disavventure e di poter essere in una condizione qualsiasi.
Gwynfyd appare qui come una dimensione sottile e immateriale che consente all’essenza umana di potersi immedesimare, per conoscere, in qualsiasi stato e condizione dell’esistenza.
Il concetto è ribadito nella Triade XLV dove l’essere umano può partecipare di ogni qualità, ma essere completo in una; può interpretare ogni Awen, ma eccellere in uno; può amare ogni essere vivente, ma sopra ogni cosa deve amare il Demiurgo, che viene definito come essere vivente, ossia informazione in azione: Duw, azione dell’Oiw o, in altri termini, Logos, azione dell’Arché. Il Demiurgo è [Triade XLVI] essere infinito in lui stesso, finito in rapporto al finito e co-unito con ogni stato dell’esistenza in Gwynfyd. Ogni stato dell’esistenza in Gwynfyd è pertanto co-esistente con il Demiurgo.
Le Triadi ci consegnano poi alcuni elementi essenziali della condizione dell’essere umano in Gwynfyd.
L’essere umano ha un compito, un privilegio, ossia una sua legge individuale e un Awen, ossia il suo “soffio vitale”. L’essere umano, pertanto, in Gwynfyd è vivo e ha una propria individualità.
A conferma di questa fondamentale notizia le Triadi ci dicono che tre cose non avranno mai fine e dureranno in eterno nel Cerchio della Felicità: la forma, la qualità e l’utilità dell’esistenza.
L’esistenza dell’essere umano in Gwynfyd, pertanto, avrà una forma. Quale essa sia non è specificato, ma dopo la scoperta del supersolido di luce possiamo immaginare che essa sia cristallina. Ne deriva che il sinolo tra luce solida e forma costituisce una sostanza individuale la cui vita è senza fine.
La qualità dell’esistenza indica un’individualità e l’utilità ci richiama al concetto di compito. Gli esseri umani non sono nati a caso e la loro utilità rientra nel sistema. Non a caso, nella Triade XL l’esistenza in Gwynfyd presenta tre vantaggi: l’istruzione, la bellezza e il riposo, ossia il conoscere, il creare e il riposare dopo aver conosciuto e creato. Tre vantaggi propri di un demi-ergon, ossia di un collaboratore del Demi-ergon, del Demiurgo, di Duw o, in altri termini, del Logos.
Gwynfyd è un mondo fisico
Quando “i primi filosofi pronunciano la parola phýsis, essi – scrive Emanuele Severino – non la sentono come indicante quella parte del Tutto che è il mondo diveniente. …..Phýsis è costruita dalla radice indoeuropea bhu, che significa essere e la radice bhu è strettamente legata (anche se non esclusivamente, ma innanzitutto) alla radice bha, che significa «luce» e sulla quale è appunto costruita la parola saphés”[i] , dove saphés significa chiaro, manifesto, evidente, vero.
“La vecchia parola phýsis – scrive Emanuele Severino – significa «essere» e «luce» e cioè l’essere nel suo illuminarsi”.[ii]
Phýsis è “il Tutto che si mostra”[iii] come verità incontrovertibile.
Oggi qualla radice indoeuropea bhu, strettamente legata a bha (luce), assume il significato di “essere di luce”, sostanza luminosa (luce più forma).
Gwynfyd essendo un luogo dell’esistenza è Physis, l’Arche, l’Oiw che si mostra come universo non materiale, universo di luce: l’Altromondo.
Severino ci ricorda che kósmos deriva dalla radice indoeuropea kens. “Essa – scrive il filosofo bresciano – si ritrova anche nel latino censeo che, nel suo significato pregnante significa «annunzio con autorità»: l’annunziare qualcosa che non può essere smentito, il dire qualcosa che si impone. Ci si avvicina al significato originario di kósmos se si traduce questa parola con «ciò che annunziandosi si impone con autorità». Anche l’annunziarsi è un modo di rendersi luminoso. Nel suo linguaggio più antico, la filosofia indica con la parola kósmos quello che essa indica con la parola phýsis: il Tutto, che nel suo apparire è la verità innegabile e indubitabile”. [iv] Kosmos non è mondo, ma “invisibile armonia sottesa al chaós”[v]
Gwynfyd, in quanto Physis, è kosmos, l’invisibile armonia sottesa al chaos che si mostra come universo di luce.
Sempre Severino, alla cui chiarezza espositiva ci affidiamo, scrive che epistéme, comunemente tradotto con scienza, è “lo «stare» (stéme) che si impone «su» (epí) tutto ciò che pretende negare ciò che «sta»: lo «stare» che è proprio del sapere innegabile e indubitabile e che per sua innegabilità e indubitabilità si impone «su» ogni avversario che intenda negarlo o metterlo in dubbio. Il contenuto di ciò che la filosofia non tarda a chiamare epistéme è appunto ciò che i primi pensatori (ad esempio Pitagora ed Eraclito) chiamarono kósmos e phýsis”. [vi]
La vera scienza è, dunque, la comprensione della phýsis, del Tutto che si mostra, sia nel mondo della materia (Abred), sia nel mondo della luce, Gwynfyd.
“Se il mondo è phýsis che «dischiudendosi si manifesta», l’essere umano si lascia sorprendere dallo stupore proprio di chi si meraviglia di fronte allo spettacolo cosmico che si dispiega”. [vii]
E’ la condizione del semnoteo, del druida; dell’essere umano etico e scientifico.
Nel pensiero filosofico antico troviamo la parola arché, “dimensione da cui tutte le cose provengono e in cui tutte ritornano”[viii], ma anche “forza che determina il divenire del mondo”[ix], quindi anche legge che lo governa (in altre parole Ritam, Recht).
L’arché è, nel pensiero dei primi pensatori greci, “l’unità da cui tutte le cose provengono e in cui tutte ritornano”[x]. Un’unità intesa come identità che ogni singolo ha con ogni altro.
Arché o àrchi, come árchein, dal significato di principio, di essere a capo, di essere il primo di una serie e primo nel tempo (archaîos=antico) derivano dalla radice *arh dal significato di valere, meritare, potere, esser degno, superiorità, eccellente, primeggiare, grado superlativo. Tutti significati attribuiti alla Dea che è Potnia (potente), eccelsa (Brighit) e che è la prima e il principio.
Se analizziamo ora la parola archetipo, notiamo come sia composta da arché e typos (immagine, impronta). Gli archetipi sono dunque le immagini, le impronte dell’Arché, ossia della dimensione da cui tutte le cose provengono e in cui tutte ritornano e la forza che determina il divenire del mondo.
L’Archè è la Dea Madre, ossia la Madre degli archetipi e di tutto ciò che esiste.
Il massonico concetto di Architetto dell’Universo (archi-tékton, capo costruttore) è dunque traducibile nellazione del principio (primo nel tempo e nello spazio, eccelso e potente) che costruisce l’esistente e in quanto Arché-Tectòn, il Grande Architetto dell’Universo è il Duw, il Logos, che regola l’apparire dell’Arche (Oiw), rendendo esplicito ciò che è implicito, evidente ciò che è nascosto, manifesto ciò che è immanifesto: è l’azione dell’Archè (Oiw) nel suo rendersi evidente nel limite.
La phýsis è (Anassimando) apeiron, ossia infinito, illimitato, immenso, originaria unità degli opposti ed è non solo l’altro aspetto dell’Arché, ma anche stoichéion, elemento unificatore del molteplice.
“Anche in Eraclito – scrive Severino – la phýsis è sia stoichéion, sia arché: sia l’identità delle cose diverse e opposte (ossia la loro legge e il loro ordine), sia il luogo divino dove tutti gli opposti sono originariamente ed eternamente raccolti e dove la legge delle cose è il contenuto della suprema sapienza del Dio, da cui procede ed è governato il divenire cosmico”. [xi]
Ritroviamo qui i concetti di En to Pan e di Olos.
Essendo la phýsis, come s’è visto, l’apparire dell’Archè, la phýsis rimane così sul confine del Tutto, come Gwynfyd che è il luogo della prossimità. Questo apparire sul confine è un’immagine che ben si attaglia alla druidica Nona Onda, “estremo confine della Terra, al di là del quale – scrive Philip Carr Gomm – si estendono i mari neutrali”. La Nona Onda è l’estremo confine del soggiorno: un confine non statico, ma estremamente diveniente, poiché le onde continuamente si creano e si infrangono, rappresentando esse stesse il trasformarsi dello spirito (soffio divino) in vibrazione energetica, che è anche materia. Oltre la Nona Onda, ossia oltre le onde energetiche, si estendono i mari neutrali, l’Oceano primordiale, il Punto Zero, Ceugant, l’Archè, l’Oiw, la infinita Informazione.
Gwynfyd, un mondo fisico di fotoni
Ceugant, sede dell’Oiw, in quanto cerchio, si espande rimanendo sé stesso, ma aumentando la propria luce, ossia emanando luce, così come avviene quando le particelle (eccitazioni) del Campo quantico si annichilano, emettendo fotoni: un mondo di fotoni, un mondo di luce: Gwynfyd.
Gwynfyd è pertanto un mondo fisico di fotoni.
A confermarcelo è anche l’analisi semantica del vocabolo Gwynfyd secondo il metodo di Franco Rendich. [xii]
Con la prima parte del vocabolo, ossia Gwyn, abbiamo:
- g) andare in ogni direzione
- w come u) concentrazione
- y) andare, muoversi, staccarsi
- n) acque primordiali
Muoversi in ogni direzione staccandosi dalle Acque primordiali Na nelle quali c’è la luce primordiale Ka.
Abbiamo poi Fyd:
- f come k) luce primordiale
- y) andare, muoversi
- d) luce derivata
Gwynfyd è, in questo insieme di significati, un mondo di luce derivata, che si è mossa da una luce originaria, staccandosi dalle Acque primordiali e muovendosi in ogni direzione. In buona sostanza un mondo di luce.
segue
[i] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[ii] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[iii] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[iv] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[v] Umberto Galimberti, Tramonto dell’Occidente, Feltrinelli
[vi] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[vii] Umberto galimberti, il Tramonto dell’Occidente, Feltrinelli
[viii] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[ix] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[x] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[xi] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli
[xii] Franco Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, Palombi Editore
Gwynfyd, in the Druidic philosophy handed down by the Bardic Triads, is the Circle of Happiness.
The first definition of Gwynfyd appears in Triad XII, where it is written that it is there “where [are] all qualitative or living substances, and man traverses it in the heavens.”
As can be clearly seen, the concept of substance is articulated both in relation to the material world and in relation to an Otherworld, an Afterlife in contrast to Abred (the cycle of earthly migrations, i.e., space-time or the gravitational field). This Afterlife is where all non-material substances reside.
Gwynfyd is a world of non-material essences. Gwynfyd, which the human being will traverse, is another dimension; it is a world of transformations where the human being changes their condition in the absence of constraints, without a material body and without a manifestative impulse, meaning they no longer have the urge to enter a space-time world.
In the Circle of Happiness, the human being is restored to their original Awen, that is, their primordial essence, original love, and original memory, and they will gain an understanding of the qualities of disorder and death, their causes, and their modes of action, along with the will to overcome them.
One of the most intriguing aspects concerns the knowledge attained in Gwynfyd, which is based on the ability to transition through all conditions of life, to remember all misfortunes, and to exist in any state.
Gwynfyd appears here as a subtle and immaterial dimension that allows the human essence to empathize, for the sake of understanding, with any state and condition of existence.
This concept is reiterated in Triad XLV, where the human being can partake in every quality but be complete in one; can interpret every Awen but excel in one; can love every living being but above all must love the Demiurge, who is defined as a living being, that is, information in action: Duw, the action of Oiw or, in other terms, Logos, the action of the Arché. The Demiurge is [Triad XLVI] infinite in Himself, finite in relation to the finite, and co-united with every state of existence in Gwynfyd. Thus, every state of existence in Gwynfyd coexists with the Demiurge.
The Triads then provide us with some essential elements of the human condition in Gwynfyd.
The human being has a task, a privilege, that is, an individual law and an Awen, their “vital breath.” Therefore, in Gwynfyd, the human being is alive and retains their individuality.
Confirming this fundamental insight, the Triads tell us that three things will never end and will endure eternally in the Circle of Happiness: the form, the quality, and the utility of existence.
Thus, human existence in Gwynfyd will have a form. What that form might be is not specified, but following the discovery of the supersolid of light, we can imagine it to be crystalline. It follows that the synthesis of solid light and form constitutes an individual substance whose life is endless.
The quality of existence indicates individuality, and utility recalls the concept of a task. Human beings are not born by chance, and their utility fits within the system. Indeed, in Triad XL, existence in Gwynfyd offers three advantages: instruction, beauty, and rest—that is, knowing, creating, and resting after having known and created. These are three advantages characteristic of a demi-ergon, a collaborator of the Demi-ergon, the Demiurge, Duw, or, in other terms, the Logos.
“The ancient word phýsis,” Severino continues, “means ‘being’ and ‘light,’ that is, being in its illumination.”
Phýsis is “the Whole that reveals itself” as an incontrovertible truth.
Today, that Indo-European root bhu, closely tied to bha (light), takes on the meaning of “being of light,” a luminous substance (light plus form).