di Augusto Vasselli
Sovente l’economia, in quanto scienza positiva, viene comunemente e paradossalmente considerata un qualcosa di meccanicistico, che riflette la combinazione e la concatenazione degli eventi, considerati a sé stanti rispetto ai desiderata o ai profondi istinti connaturati ed ineliminabili dell’essere umano.
Ma ciò non è. L’economia è una scienza viva che riguarda l’uomo e il suo sentire, che con il crescere dei necessari equilibri socio politici ha assunto un ruolo sempre più determinante. Non a caso il ventesimo secolo si è particolarmente caratterizzato per il crescente influsso degli aspetti economici nel complessivo ambito sociale e politico.
Da ciò è derivata una visione della politica omnicomprensiva, che ha naturalmente influenzato sempre più la società nel suo insieme, e che ha portato a un sistema il quale, paradossalmente, sembra ricomprendere la politica all’interno dell’economia. Detto ambito temporale, che ha visto un costante dualismo tra due prevalenti e contrapposte visioni di natura economica, i cui esponenti di rilievo sono stati Keynes e von Hayek, ha mostrato dapprima il prevalere delle teorie keinesiane, riferite alle politiche cd. progressiste, e poi quelle riferite alla “scuola austriaca”, riguardanti le cd. politiche liberiste, della quale appunto von Hayek è stato uno dei massimi esponenti. Per Keynes è necessario equilibrare le variabili del sistema, al fine di ottimizzare il sistema stesso, il che presuppone nei fatti l’intervento dello Stato, ottenuto soprattutto per il tramite della politica di bilancio (spesa pubblica, peraltro anche accompagnata da deficit).
Per von Hayek. di converso, il sistema deve funzionale liberamente e lasciare la libera contrattazione, compresa quella delle retribuzioni. Keynes e von Hayek, nell’elaborare le proprie riflessioni mostrano, pur con le differenze riferite ai loro diversi approcci, un influsso che ricorda lo gnosticismo, inteso nel senso classico del termine, ove si ritiene che il soddisfacimento umano derivi anche dalla conoscenza/intuizione delle cause superiori e dall’immanenza che trascende l’essere umano. Analizzando il pensiero di questi due caposcuola, il pensiero stesso non appare come un modello, per così dire tecnico e quindi derivato e limitato, bensì una visione totale dell’intero contesto socio politico, nel quale gli aspetti economici sono uno degli aspetti stessi, seppur molto rilevanti. Da una parte quella decisionista, derivata dalla razionalità formale, anche ispirata, di Keynes e dall’altra quella di von Hayek, anch’essa ispirata, caratterizzata dal fluire delle leggi della natura ivi comprese quelle che guidano gli esseri umani.
La differenza sta nel fatto che per Keynes l’uomo è il costruttore della realtà, mentre per von Hayek l’uomo agisce nell’ambito del divenire della manifestazione. Quindi anche riguardo gli aspetti economici e di mercato, i due modelli, rappresentano una vera e propria cristallizazione intrinseca nella manifestazione stessa, che discende dell’eterno succedersi degli eventi, i quali sono comunque aspetti della matrice unitaria dell’ente essente, anche di gnostica memoria. Naturalmente lo gnosticismo di Keynes e di von Hayek non è formalmente del tutto analogo a quello tradizionale o meglio originale, ove la realtà fattuale deve addirittura essere rifuggita e abbandonata, in quanto ritenuta malevola.
La gnosi, che si rileva per il tramite delle concezioni economiche di Keynes e di von Hayek, esplicita e prefigura la possibilità/necessità di raggiungere una evoluzione, non solo meramente materiale e utilitaristica, ma un equilibrio quasi escatologico, che consenta di rendere l’ambito terreno più vicino possibile a una società “ideale”, che appare quasi una sorta di “paradiso terrestre”. In entrambe i casi siamo di fronte a un modello che non prefigura il rifiuto del mondo, ma la sua trasformazione, seppur regolata da leggi naturali e ineliminabili, che può consentire di creare fattualmente un mondo non ultraterreno, ma reale e tangibile, mediante modelli economici, con le rispettive differenze metodologiche, ove viene quasi ricercata una divinizzazione del potere umano, da parte di Keynes, che vede principalmente la capacità di creare, diversamente da von Hayek, che ritiene necessario, per l’essere umano, accettare ed adeguarsi nelle sue scelte alle leggi naturali. Keynes ci narra, nel suo scritto autobiografico, “Il mio credo giovanile”, di essersi formato in antitesi al razionalismo positivista in auge ai suoi tempi, seguendo una sorta di irrazionalismo che si configurò tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
Lo stesso ritiene che lo sviluppo economico debba essere basato sul capitalismo, ma non riferito all’interesse del singolo ma del contesto sociale, ove deve esserci l’intervento dello Stato e la collaborazione sovranazionale tra gli Stati. Egli ritiene comunque che l’essere umano debba modellare il mondo che lo circonda a seconda dei suoi desiderata: un essere umano che costruisce il mondo secondo le sue intenzioni, anche con una sorta di titanismo, che ha non poco caratterizzato gli ultimi secoli, associato peraltro al millenarismo, i quali sono entrambi riconducibili a una matrice gnostica. Matrice, che ricorda la trasformazione che prevede una purificazione del cuore (riferita all’egoismo individuale) e una riconsiderazione dei valori di riferimento, che si affida comunque alla razionalità e non al sentire profondo, specchio della autentica natura dell’uomo. Keynes auspica che tutto derivi dall’azione degli esseri umani, compresi i soggetti più ispirati.
Lui stesso appare come un essere votato, nel senso religioso del termine, quindi anche gnostico, a contribuire allo sviluppo della economia quale elemento portante per la trasformazione sociale e politica, al fine di conquistare qualcosa che ricorda il paradiso terrestre, in particolare economico. Quindi una sorta di religione, che rammenta quella neoplatonica, che ha fatto di Keynes il teorico dell’intervento dello Stato, che ha caratterizzato la prima metà del XX secolo, cui ha fatto seguito la “società liquida” di Bauman. Von Hayek sarà, al contrario, l’alfiere della fase nella quale verrà meno la centralità statuale, diventando colui che preconizza la fine del liberismo classico, che non ha saputo adeguarsi alla crescente complessità e alla globalizzazione.
Keynes ritiene l’evoluzione come qualcosa che non deriva dall’ente essente e conseguentemente dalla manifestazione. Von Hayek, al contrario, prefigura un ordine cosmico che discende dall’ente essente e quindi dalla sua manifestazione. Per von Hayek l’economia di mercato è il libero fluire che segue le norme di condotta consolidatesi nel tempo, nel quale si confrontano e competono il fine egoico e utilitaristico, in un contesto naturalmente tipico del libero mercato. Mercato, che per von Hayek, è l’unico strumento in grado di assicurare un equilibrio tra gli attori del contesto economico, che pur sempre è un ambito riferito agli esseri umani, i quali non sono macchine inanimate, anzi… Von Hayek, al contrario, ritiene che l’agire ispirato dall’egoismo individuale, derivato dall’istinto volto a conservare la vita, sia la modalità che meglio di ogni altra assicura la migliore sopravvivenza, sia qualitativa sia quantitativa.
Quindi per Von Hayek lo sviluppo economico è parte dello sviluppo, per così dire, evolutivo-biologico, quindi fisico, antropologico e culturale, i cui cennati fattori sono figli della selezione alla quale ogni essere, umano è sottoposto. Le concezioni, sia di Keynes, sia di von Hayek, prescindono dai criteri etici, i quali peraltro sono mutevoli e variabili a seconda del contesto storico, nell’ambito del quale vengono elaborati e individuati. Keynes appare come un continuatore del platonismo, in quanto per lo stesso l’essere umano soddisfa le sue esigenze contribuendo a modificare gli eventi, soprattutto a livello socio politico, in quanto la natura appare insensibile alle esigenze umane. Von Hayek, al contrario, è assimilabile a un disincantato seguace di Aristotele, poiché ritiene che l’uomo sia legato al flusso degli eventi, i quali seguono il fluire delle leggi universali, comprese quelle economiche e di mercato, dalle quali dipende il suo benessere e la sua sopravvivenza.
Ma al di là delle diverse prospettive, le loro visioni sono realtà che convergono qualora viste su un piano “metafisico”, a prescindere dal fatto che per Keynes l’agire umano è legato alla correzione degli eventi, dallo stesso ritenuto necessario per assicurare il miglior equilibrio possibile, diversamente da Von Hayek per quale il contesto socio economico deriva dall’eterno fluire degli eventi anche umani Ed è proprio il “sottoinsieme socio-politico economico”, al quale si riferiscono con modalità e forme diverse, che conferma una matrice gnostica, la quale ricomprende prospettive riferite allo sviluppo comunque condizionato da un qualcosa di imponderabile, la qual cosa, anche tradizionalmente, rammenta come l’evoluzione del tutto trascenda dai desiderata l’essere umano.






