LUCIFERO E PROMETEO

Lug 7, 2024 | ANTROPOLOGIA, FILOSOFIA

di Lavinia Felicioni

LUCIFERO E PROMETEO: tra gnosi e mito, assonanze e dissonanze

Grande interesse hanno suscitato, sin dalla notte dei tempi, gli archetipi e le vicende di Lucifero e Prometeo, sia individualmente sia considerate in chiave comparativa.

Trattasi di semidei, in quanto il secondo è nella tradizione cristiana – e rimane, ancorché un  “caduto”  (anche se originariamente angelo), mentre il primo in mitologia è annoverato tra i titani.

I due hanno in apparenza taluni punti in comune ma, al contempo, anche alcuni aspetti profondamente divergenti; tali opposte circostanze li rendono vieppiù misteriosi e li connotano, senz’ombra di dubbio, ancora più affascinanti agli occhi dei lettori che si appassionano alle rispettive vicende.

 *Prometeo*

Figlio di Giapeto e di Climene, a loro volta figli rispettivamente di Urano e Gea e di Oceano e Teti, ha il grande merito (e aggiungasi, al cospetto di Zeus, l’imperdonabile colpa) di far dono del fuoco al genere umano.

Alleatosi con Zeus nella lotta di costui contro Crono e i titani, Prometeo si conquistò la considerazione e il  rispetto del capo dell’Olimpo.

La stima di Zeus nei confronti di Prometeo lo indusse ad affidargli il compito di plasmare  l’uomo: a ben vedere una vera e propria creazione demiurgica, atto che il titano eseguì utilizzando e mescolando terra, acqua e, appunto, l’ausilio del fuoco.

Dettaglio non da poco: il titano crea il genere umano in posizione eretta, affinché potesse meglio contemplare il divino.

Allorché l’ avventato Epimeteo, nell’eseguire il compito di assegnare le buone qualità ai viventi,  trascurò il genere umano, e quest’ultimo non ricevette nulla in dono: fu così che Prometeo  rimediò alla condotta maldestra del fratello, rubando la memoria e l’intelligenza da uno scrigno di Atena e, così, facendone dono agli uomini.

Ma v’è di più: in un’epoca arcaica nella quale al genere umano era concesso frequentare gli dei, Zeus – nel corso di una riunione – diede incarico a Prometeo di sacrificare un bue e di spartirlo tra gli dei e gli uomini.

Ebbene, Prometeo, utilizzando l’inganno e nascondendo le ossa dell’animale sacrificato sotto uno strato di grasso e la carne sotto la pelle del medesimo, fece in modo che il re dell’Olimpo scegliesse le ossa piuttosto che la carne.

Resosi conto del tranello nel quale era caduto per opera di Prometeo, l’adirato Zeus sottrasse  il fuoco all’umanità, lasciandola così in uno stato di profonda desolazione, sconforto e miseria, quindi nel tormento.

Ancora una volta  l’intervento del titano sarà provvidenziale:  ruberà il fuoco ad Efesto, consegnandolo in dono all’umanità.

Da qui l’ira implacabile di Zeus e la sua vendetta su Prometeo, la condanna del quale sarà di una crudeltà inaudita.

Ora, senza soffermarci oltre sulla valenza altamente simbolica ed allegorica della luce apportata dal fuoco,ma anche in senso occultistico del calore e dell’ espansione, è doveroso tracciare – disegnandola seppure brevemente e per grandi linee – la narrazione che qui ci occupa:

Ithas, soprannominato Prometeo (Pro-Me-Theus, il preveggente, colui che “vede” e, quindi, pensa prima di agire) è mosso nel proprio agire da uno sviscerato senso di amore verso l’umanità e, al contempo, da un profondo moto di compassione verso la desolata condizione della medesima.

Egli decide così, sua sponte, di donare il fuoco e la luce della conoscenza alle donne e agli uomini del suo tempo; il genere umano potrà così sollevarsi dalle proprio miserevole condizione, apprendere l’arte del discernimento, uscire dalla caverna dell’oscurità e dal labirinto dell’ignoranza, sottraendosi alla povertà fisica ed intellettuale e, in definitiva, avvicinarsi quanto più possibile al rango dei dei.

Progetto sublime quanto tremendo quello del titano, il mito del quale ci viene ben raccontato da Eschilo nelle sue tre tragedie: Prometeo legato, Prometeo Liberato e Prometeo portatore del fuoco, il quale, a sua volta, attinge da Esiodo e dalle grandi titanomachie ma che – più in generale – affonda nel profondo delle radici degli archetipi e del pensiero umano.

Terribile quanto  implacabile sarà la subitanea vendetta di Zeus, il quale per governare aveva a suo tempo sconfitto gli stessi titani: bisogna che  il titano venga brutalmente punito e condannato al tormento in quanto gli uomini, ora in possesso del fuoco, si sarebbero creduti simili agli dei e quindi immortali.

Prometeo viene condotto in catene su una rupe presso le cime innevate del Caucaso e quivi condannato: portatore del calore, si ritrova schiavo nella morsa del  freddo del massiccio montuoso all’interno del continente asiatico, alla mercé di un’aquila che ogni giorno gli divora il fegato.

In quanto immortale, tale organo ricresce costantemente rinnovando le quotidiane sofferenze e i tormenti del nostro benefattore.

Soltanto dopo millenni, grazie all’intervento di  Eracle, Prometeo verrà liberato dal supplizio delle proprie pene.

Innanzi a Zeus e agli dei, i quali vogliono l’umanità supina ai propri voleri e perduta nell’oblio della bruta ignoranza di dantesca memoria e quindi succube tout court, il  titano si erge come un vero e proprio filantropo, nella misura in cui con la luce del fuoco offre in dono alle donne e agli uomini, oltre che il discernimento e la conoscenza, la coscienza di sé propriamente detta.

Con la Grande Opera del titano si afferma l’archetipo dell’ homo faber, tema tanto caro in taluni circoli iniziatici e cenacoli esoterici.

Più in generale, con “l’avvento” di Prometeo, il genere umano si affranca dal divino, il quale si connota, in virtù e in contrasto con la benefica azione del titano, come un vero e proprio demiurgo, per ciò ostile all’uomo e allo  stesso mondo.

Si potrebbero qui sviluppare ulteriori temi;  mi limiterò a delinearne alcuni.

Prometeo ruba il fuoco sacro dell’Olimpo e, sulle montagne del Caucaso, il fuoco e il titano medesimo saranno in balìa degli altri tre elementi complementari, ovvero la terra, l’aria e l’acqua.

L’etimologia del termine fegato attinge alla parola latina ficus, che significa abbondanza: probabile il riferimento alla ricchezza del dono offerto dal titano oppure alla generosità di quest’ultimo che si è prodigato per il bene dell’umanità.

Il mito in argomento ha quindi una valenza “eziologica”: fa esplicito riferimento al sacrificio, quel medesimo rituale del sacrificio che – mutatis mutandis – ritroveremo come nocciolo duro del cristianesimo.

 *Lucifero*

Lucifer, Phosphoros per i Greci, è figlio di Eos,  l’Aurora, e del titano Astreo, divinità capace di conoscere il destino.

Vedremo come egli, astronomicamente, preannuncia l’arrivo dell’Aurora (Eos, sua madre) e come quest’ultima preceda la venuta di suo fratello Helios, il Sole.

Il nome Lucifer era anche utilizzato come appellativo per divinità “portatrici di luce” come Apollo o Diana, ma viene anche avvicinato talvolta a Bacco e Dioniso .

Orbene, la tradizione cristiana ce lo consegna come un demonio, quando invece Cristo stesso ( ed è solo una mera analisi scevra di  qualsiasi phatos personale)  è associato simbolicamente alla luce.

Questo è un aspetto fondamentale della storia del pensiero umano, un passaggio epocale mai troppo indagato a fondo.

Dianus Lucifer è il signore della luce e del mattino.

Quindi è l’antico nome di una divinità greco romana;  solo successivamente venne associato con satana, e quindi con il Lucifero,  della tradizione cristiana.

È conosciuto anche come Lupercus nell’aspetto di “figlio della promessa”, portatore di speranza e luce. Non a caso è chiamato anche “Stella del mattino”, quindi individuato con il pianeta Venere che con la sua luce precede il sorgere del sole.

In conclusione, senza aver la pretesa di essere esaustivi, bensì con la consapevolezza di aver cennato e tratteggiato solo brevemente alcuni aspetti di codesti Misteri, pongo intanto un quesito, sottraendo Prometheus   e Phosphoros alle risposte  di improbabili detentori di altrettanto improbabili verità: non sarà forse che le due luci abbiano nel  fuoco un’unica matrice?.

Di più e più esplicitamente.

Non di rado accade che il mito, per così dire, si “sdoppi”: in altri termini è plausibile ritenere la narrazione delle vicende che occupano Prometeo fosse destinata al volgo e al pubblico in generale, mentre il corpus del racconto che concerne Phosphoros fosse appannaggio di ristretti quanto riservati cenacoli iniziatici.

D’altra parte la netta separazione e crasi tra ambito esoterico e piano essoterico è pervenuta fino ai giorni nostri.

Ancora: se il serpente rappresentante e archetipo di Lucifero,  altro non vuole – come il titano – che manifestare nel giardino dell’Eden, con il proprio gesto la volontà di un atto d’amore verso il genere umano, non sarà che quest’ultimo viene  tragicamente ingannato nella creazione dall’opera del demiurgo e dagli arconti?.

Lucifero, prima di essere il nome di uno dei demoni nell’ambito del cristianesimo (poiché è così che è a noi noto), è stato considerato l’astro dell’alba e del vespro nell’antica Grecia.

Anche nella Divina Commedia il sommo poeta associa Lucifero al principe degli inferi, facendo di questi un’entità squisitamente ctonia, ma non bisogna trascurare che sempre  nel corso del medio evo e poi nel Rinascimento, Lucifero riceveva le richieste di indovini e occultisti al fine di ottenere la predizione del futuro, attribuendo a Lucifero-Venere influssi divinatori e profetici.

Ciò in quanto Lucifero,  appellato come “Phosphoros” dai Greci (da qui l’odierna terminologia: fosforo, fosforescente), è stato da sempre identificato con Venere, la prima “stella” lucente del mattino e del vespro, nella misura in cui preannuncia il sole al suo sorgere e al suo declinare.

Infatti il pianeta Venere, nel suo orbitare, si pone vicino e nella medesima direzione del sole e quindi appare, poco prima dell’alba e subito dopo il tramonto.

Sta di fatto che Venere è l’oggetto più luminoso del cielo dopo sole e la luna, e per questa ragione era già conosciuto fin dagli albori.

Il pianeta di che trattasi ha, pertanto, costantemente avuto un ruolo fondamentale nella cultura dei popoli dell’antichità: in Siria la stella del mattino era associata con la dea Astarte, corrispondente alla greca Afrodite e, appunto, alla latina Venere.

Invece in Babilonia si associava il pianeta ad Ishtar, divinità non solo  dell’amore e dell’erotismo ma anche della guerra.

La Tradizione attribuisce a Pitagora il plauso di avere identificato in Venere l’astro del mattino e della sera e quindi, il merito di aver attribuito grande risalto a  codesto pianeta; anche se taluni studiosi sostengono che il filosofo di Crotone abbia attinto dagli studi e dalle conoscenze elaborate dai sapienti astrologi della Mesopotamia.

Lucifero è, pertanto, se così si può dire testimone del sole, sia all’alba che al tramonto.

La luce è quindi la caratteristica chiave di questa divinità arcaica.

È  – giova ripeterlo – l’astro che annuncia il sole al suo sorgere e testimonia il medesimo al suo tramonto.

In sintesi, un un veloce excursus gnostico, si evidenzia e ribadisce quanto segue:

Lucifer è figlio di Eos, l’Aurora, a sua volta sorella di Helios, il Sole e Selene, la Luna, preannuncia l’aurora e la luce del sole ma, anche, la luce riflessa dalla luna.

E,  ancora, Lucifer è associato al pianeta Venere, dea della bellezza prima ancora che dell’amore e della lussuria. Non si dimentichi la bellezza dell’angelo Lucifero, entità celestiale prima della caduta.

Tanta simbologia viene esplicitata, in proposito, anche nell’arte.

Una citazione su tutte: Le Génie du Mal, altrimenti detto il  Lucifero di Liegi, opera in marmo, ubicata all’interno della cattedrale di San Paolo a Liegi in Belgio, realizzata nel 1848 dallo scultore Guillaume Geefs.

Per quanto sopra è quasi paradossale evidenziare che, nell’era classica, il Lucifero benefattore dell’umanità (fino ai  Latini: “il portatore di Luce”) sparirà, quasi totalmente, per lasciare il posto al demone che pure, non si dimentichi, prima di cadere ed essere precipitato negli inferi era stato l’angelo più potente e più bello che aveva il ruolo di cantare la gloria di Dio.

Prometeo e Lucifero sono due entità assimilabili?.

Considerando che entrambe hanno profondamente caratterizzato il mito greco, sono – quanto meno – avvicinabili?.

È possibile imbastire una comparazione in proposito?.

Pur lasciando al singolo lettore la possibilità di provare ad elaborare la formulazione di una plausibile risposta al quesito, e fermo restando su quanto sopra seppur brevemente accennato circa la netta distinzione (sussistente ancor oggi) tra insegnamento essoterico e sapere esoterico, si propone al medesimo lettore una possibile ulteriore chiave di lettura. D’altra parte il mare magnum sapienziale della Gnosis, al quale ciascun solerte ricercatore si deve approcciare, offre spesso più domande che risposte, più spunti di riflessione che certezze; va da sé, pertanto che ogni questione, inerente Prometeo e Lucifero, è e rimane aperta. Ora, premesso che -come sopra evidenziato – Lucifero, a differenza di Prometeo, ha natura ctonia, quest’ultimo –

per come sopra succintamente pennellato – si caratterizza per la sua profonda generosità e, in definitiva, per l’amore profuso verso il genere umano: generosità e amore che lo porteranno, con l’elargizione del dono del fuoco all’umanità, a sfidare l’ira funesta di Zeus fino a subire ad opera di questi il tremendo supplizio.

Lucifero, invece, è la luce  medesima che dal fuoco si sprigiona e forse  dono: più che “portatore di luce” (così reso dai latini), è “Fosforo”, per dirlo con terminologia greca. È egli stesso il dono, quel dono del quale l’umanità ha tratto, dalla notte dei tempi,  tanto beneficio;  è, rectius, quel dono che ha illuminato la notte dei tempi.

Un distinguo non da poco, a ben vedere.

Non a caso la tradizione ebraico-cristiana farà di lui il re degli inferi.

A conclusione i versi  di Isaia, 14: 11-14: «Il tuo fasto è disceso negli Inferi, come la musica delle tue arpe. Sotto di te si stendano le larve, i vermi siano la tua coperta. Come sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora!.Come fossi precipitato a terra, tu che aggredivi tutte le nazioni!.

Eppure tu pensavi in cuor tuo: “Salirò in cielo, al di sopra delle stelle di Dio erigerò il mio trono. Siederò sul monte dell’assemblea, ai confini del settentrione. Salirò sulle nubi più alte, sarò simile all’Altissimo, sarò Dio!”.»

A coloro che hanno affrontato questo excursus, le debiti riflessioni ed elaborazioni.

nella foto: Le Génie du Mal o Lucifero di Liegi (scultura un marmo bianco, 1848, Guillaume Geefs, cattedrale di San Paolo a Liegi in Belgio)

Articolo ripreso dal Nuovo Giornale Nazionale

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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