PAVEL FLORENSKI, MARTIRE PERCHÈ GENIO?

Mag 24, 2024 | FILOSOFIA

di Augusto Vasselli

Non tutti conoscono Pavel Florenskij, mente a dir poco tra le più brillanti e dotate, non solo se ci riferisce ai pensatori russi del XX secolo, ma anche se si ricomprende un ambito riguardante l’intera umanità.

Padre Pavel Florenskij, certamente uno dei eminenti rappresentanti della spiritualità russo-ortodossa in Russia, è stato un vero e proprio genio che ha esplorato ed elaborato molteplici campi della conoscenza, quali quelli della matematica, della fisica, della filosofia, della teologia, dell’arte e della musica, conoscenza che ha riguardato anche la padronanza delle più importanti lingue europee, nonché del latino e del greco.

Pavel Alexandrovich Florenskij nasce il 21 gennaio 1882 nella città di Yevlakh, in Azerbaijan. Figlio di un ingegnere ferroviario, discendente da una famiglia di preti ortodossi, e di Olga Pavlovna Saparova, una georgiana appartenente alla piccola nobiltà, trascorre un’infanzia felice a contatto con la natura, un luogo privilegiato di conoscenza, come lui stesso ci narra. L’autunno seguente, si trasferisce con i genitori e i fratelli a Tbilisi, città nella quale la sua famiglia vivrà a lungo e nella quale completa gli studi primari e secondari.

All’età di 17 anni, Pavel ha esperienze mistiche che lo portano a pensare che la vita origina da un “mondo superiore”, senza che questo comporti il non approfondimento delle conoscenze scientifiche, per le quali mostra parimenti una conoscenza straordinaria.

Completati i suoi studi presso il liceo di Tiblisi, Pavel Florenskij si iscrive presso la facoltà di matematica dell’Università di Mosca, ove conosce e frequenta Nikolaj Vasilievich Bugaev, dei più eminenti matematici russi del tempo, interessandosi altresì alla filosofia e alla teologia. Completati gli studi universitari (1900-1904), dopo aver rifiutato di intraprendere l’insegnamento accademico, decide di iniziare gli studi teologici presso accademia ecclesiastica di Mosca, presso il monastero della Trinità, ove conosce tra l’altro lo starec Isidoro, che fu per lui un vero e proprio maestro, per il quale scrisse dopo la sua morte Il sale della terra o la vita del vecchio padre Isidoro.

I suoi interessi, intensi e consapevoli, volti alla storia della filosofia, alla bibliologia, alla logica e alla mistica, ricomprendono anche studi riguardanti la simbologia e la tradizione ebraica.

Insieme ai suoi compagni di studio fonda un’associazione, Unione cristiana di lotta, il cui obiettivo è la ricostruzione della società russa secondo i principi radicali espressi da Vladimir Soloviev (controverso ed enigmatico filosofo, letterato, poeta e teologo russo), nella quale svolge un’attività, per la quale perde presto ogni interesse, e per la quale comunque subisce un arresto.

Nel 1908, anno in cui muore il padre, consegue la laurea in teologia, e subito dopo viene invitato a ricoprire il ruolo di professore di storia della filosofia presso l’Accademia.

Nel 1910 sposa Anna Mikhailovna Giacintova (1883-1973), dalla quale ebbe cinque figli. Nel 1911 fu ordinato sacerdote. In tale periodo diviene intimo amico del filosofo e teologo Serge Bulgakov e la guida spirituale di Vasily Rozanof, un controverso scrittore russo.

Nel 1912 consegue il dottorato in teologia e titolo di magister, consolidando la sua posizione nell’ambito dell’università. Sempre in quel periodo inizia la sua attività sacerdotale presso la chiesa dedicata a Maria Maddalena, a Sergiev Posad, cittadina a nord est di Mosca.

Durante questo periodo completa il suo capolavoro La colonna e il fondamento della verità, ormai considerato come una vera summa del pensiero religioso contemporaneo russo, e non solo: un saggio sulla teodicea ortodossa, formulato attraverso dodici lettere, pubblicato integralmente nel 1924.

Negli anni precedenti la rivoluzione d’ottobre pubblica saggi e opere riguardanti filosofia, teologia, matematica, fisica e arte, frequenta, altresì, il circolo simbolista di Mosca, divenendone uno tra i più importanti membri. Tra il 1911 e il 1917, svolge la funzione di redattore capo della più autorevole pubblicazione di teologia ortodossa del tempo, il Messaggero Teologico.

Dopo la chiusura del monastero dell’accademia teologica e la chiesa di S. Sergio da parte dei bolscevichi, Florenskij lavora a Mosca per il piano di stato volto all’elettrificazione della Russia, anche grazie a Leone Trotsky, convinto sostenitore della capacità di Florenskij.

Nel 1922 pubblica una monografia concernente i materiali dielettrici. Svolge anche il ruolo di segretario scientifico della commissione storica del monastero della Trinità di San Sergio e pubblica opere riguardanti icone e iconostasi ed altri scritti sull’arte.

A metà degli anni 1920, lavora principalmente sulla fisica e l’elettrodinamica, pubblicando la sua opera principale dal punto di vista scientifico, I numeri immaginari in geometria, nella quale tratta la interpretazione geometrica anche riguardo la teoria della relatività formulata di Albert Einstein. In tale opera sostiene peraltro che la geometria dei numeri immaginari, riguardante un corpo che si muove a una velocità maggiore di quella della luce, è la geometria del regno di Dio.

Nel 1928 Florenskij viene arrestato e incarcerato nella tristemente nota Lubyanka, la prigione centrale di Mosca, come “elemento socialmente dannoso”, ed esiliato poi a Nizhny Novgorod.

A seguito dell’intervento di Caterina Peshkova, ex moglie dello scrittore Massimo Gorky, Florenskij può tornare a Mosca, ma nel febbraio del 1933 è di nuovo arrestato e condannato a dieci anni da scontare in un gulag.

Nel 1937 viene processato e condannato a morte, per poi essere fucilato l’8 dicembre del 1937. La sua morte mantenuta segreta per diverso tempo viene resa nota solo nel 1943, anno nel quale secondo la propaganda sarebbe morto. Solo dopo l’apertura degli archivi del KGB, susseguenti al crollo dell’Unione Sovietica, si può rilevare finalmente la data ufficiale della sua scomparsa.

Il pensiero di Florenskij, che in questo ambito può essere solo appena delineato, va evidentemente contestualizzato a quanto caratterizza il mondo russo e la grande transizione verificatasi nello stesso dal diciannovesimo secolo al ventesimo secolo. La sua opera è lo specchio della evoluzione spirituale, culturale, sociale e politica verificatasi ai suoi tempi in Russia.

Paul Florenskij ha scritto un gran numero di opere. Il suo pensiero è ormai alla crescente attenzione degli studiosi e del pubblico, ovviamente a cominciare dal contesto russo, anche grazie a due dei suoi nipoti, l’accademico Pavel Vassilievitch Florenskij e suo fratello Igumen Andronik, che hanno contribuito a dare il dovuto rilievo alla memoria del loro nonno, peraltro promuovendo anche l’apertura di un museo dedicato a Florenskij.

Nella sua opera principale La colonna e il fondamento della verità Florenskij sostiene che la verità espressa nei dogmi può essere compresa solo mediante l’esperienza religiosa vissuta. Tutti gli esseri, consustanziali tra di loro, sono creazioni della santissima Trinità, che riflettono la luce divina.

Secondo Florenskij, il tutto è l’insieme al quale ogni cosa appartiene: ogni fenomeno va inteso nella sua completezza, seppur considerando le varie fasi che comunque vengono distinte tra di loro. “Che cosa ho fatto per tutta la vita? Ho studiato il mondo come un singolo dipinto, ma l’ho fatto in ogni momento, o più esattamente, in ogni fase della mia vita, da un particolare punto di vista. Da questo deriva il carattere sempre dialettico del mio pensiero, una successione dei punti di vista, in cui il mondo è considerato come un tutto.”.

Florenskij interpreta tutte queste esperienze attraverso la nozione di simbolo, che influenza e organizza tutto il suo pensiero. “Sono sempre stato un simbolista”, ha scritto nelle sue memorie, riguardanti la sua gioventù vissuta nel Caucaso. I simboli sono creati dalla mente secondo leggi specifiche e  per soddisfare la sete di conoscenza derivata da un sentire interiore,  cosa che accade ogni volta che certi aspetti della mente cominciano ad attivarsi in modo particolarmente palese.

I simboli e ciò che rappresentano non sono in relazione per un mero caso, essi contribuiscono a far percepire il mistero della manifestazione. Florenskij li paragona a un abito che non nasconde il corpo, ma che lo ingrandisce. La scienza è un linguaggio che descrive la realtà, i simboli fanno altrettanto, proprio come la teologia o l’arte.

Pavel Florenskij articola una sorta di semiotica generale, cercando di produrre una teoria unificata dei sistemi dei segni, analogamente a quanto fanno i simbolisti appartenenti al formalismo russo, come anche i pittori Kandinsky e Malevich, o i sostenitori dell’onomatodossia, l’adorazione del nome divino, un’eresia condannata dalla Chiesa ortodossa russa e che divise parzialmente la stessa.

Florenskij comprende e sostiene che la semiotica è la stessa realtà materiale. Il “verbo” come espressione della conoscenza ci mette di fronte alla realtà. Il potere di “nominare” le cose stabilisce una sorta di unità tra l’essere umano che desidera la conoscenza e l’oggetto/simbolo. La prosa di Florenskij, spesso intrisa di lirica, illustra questo approccio, mostra come lo stesso sia alla ricerca di una scrittura appunto simbolica, coerentemente al suo bisogno di sentire l’unicità del tutto.

La ricerca della verità unica ed integrale richiede la necessità di accettare la natura antinomica della verità, soprattutto riguardo l’andamento altalenante, riferito agli accadimenti della vita di ogni essere.

Vuoto e pieno, sono tra gli aspetti che consentono una comprensione della verità, i quali sono strumenti che offrono un nuovo piano di conoscenze, al di là del pragmatismo e del nichilismo che appaiono nell’orizzonte del pensiero contemporaneo. Questa natura apparentemente contraddittoria della verità trova il suo modello ermeneutico nel concetto di Trinità.

Tale visione della verità trova anche una eco nella ricerca attuale, specialmente attraverso la ricerca della sophia, la sapienza divina, del tutto simile alla shekinah della mistica ebraica (ancora una volta, la corrispondenza misteriosa con Franz Rosenzweig, il filosofo tedesco, teologo ed esperto di mistica ebraica,  è impressionante). La sophia fa comprendere il modo in cui Dio è presente e assente e come, con questa manifestazione antinomica, consente l’unicità della manifestazione.

Il senso della materia e della vita, che Florenskij ha vissuto a cominciare dall’infanzia e approfondito lungo il corso della sua esistenza, è il punto dal quale egli parte. Florenskij ci aiuta ad avvicinarci alla comprensione delle manifestazioni del creato, il perché dell’evoluzione umana senza il bisogno di considerare l’uomo come sottoinsieme animale (non animico) o meramente razionalista (non spirituale).

Molto è detto nella prima lettera presente nella sua colossale opera La colonna e il fondamento della verità. Florenskij approfondisce la parola russa istina (verità), particolarmente ricca di significato. Istina indica una verità che porta a pensare al principio della vita, perché questa parola evoca etimologicamente “il respiro”. Egli nomina una verità vivente, che rimane una verità universale ma anche individuale, quindi riferita anche all’essere umano.

E’ la sintesi di un pensiero integrale, ma non totalizzante, che unisce l’essere umano all’insieme cosmico, frutto di una intuizione che fa comprendere il valore fondante dell’antinomia, che testimonia la capacità, insita in Floreskij, di comprendere in modo anticipato, rispetto ai suoi tempi, quello che molti stanno iniziando ad intravedere oggi, nei vari ambiti delle scienze umane, della letteratura o della teologia, che con la sua opera lo stesso mostra di essere stato in grado, quasi profeticamente, di anticipare.

Come spesso accade le menti eccelse riescono ad unire la conoscenza, o forse meglio, a percepire la conoscenza, come un unicum, seppur formalmente espresso nella apparente contrapposizione/antinomia tra scienza e filosofia, o tra filosofia e teologia, ovvero tra scienza e teologia. Il grande Isacco Newton, per la storia uomo di scienza, fu parimenti filosofo e teologo, per citarne uno tra i tanti, come appunto lo fu Pavel Florenskij.

Padre Serge Boulgakov scrive del suo amico Paul Florenskij: “Di tutti i miei contemporanei, che mi è stato dato di incontrare durante la mia lunga vita, lui è il più grande. Il vero lavoro di Padre Paul non è nei suoi libri, nei suoi pensieri e le parole, ma lui stesso e la sua vita.”.

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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