LA MASSONERIA E L’EUROPA, RISPOSTA A CORRADO

Ago 8, 2025 | MASSONERIA

di Silvano Danesi

Cosa può fare o, meglio, cosa dovrebbe fare la Massoneria per contrastare la decadenza di questa Europa ormai giunta al più basso livello in quanto a leadership politica, economica e culturale?

La domanda mi è rivolta da Corrado, al quale mi accingo a rispondere partendo dal concetto fondamentale di identità.

Il processo di individuazione vale per i singoli, per i popoli, per l’umanità. La questione di fondo è sapere chi sei, perché se non sai chi sei, sei un alienato.

C’è, accanto al principio di identità, quello di realtà. Se non ti rapporti alla realtà effettuale e vivi all’interno di un bozzolo ideologico che scambi per realtà sei un alienato.

L’Europa non sa più chi è, perché ha perso il rapporto con le sue radici e non ha più un rapporto con la realtà, perché è stata avvolta in una sorta di incantamento: una bolla ideologica che le ha fatto perdere il rapporto con la verità.  Verità intesa come orthotes, esatta corrispondenza.

Parafrasando Benedetto XVI, grande intellettuale mitteleuropeo e grande teologo, dal quale la Massoneria dovrebbe mutuare il coraggio della testimonianza, le ideologie hanno un tempo contato, mentre la verità non invecchia.

La Massoneria che si dichiara custode della Tradizione potrebbe, dovrebbe, essere l’agente primario di un recupero dell’apparato radicale e, al contempo, dovrebbe essere capace di riportare l’attenzione alla verità.

Per essere agente di recupero dell’apparato radicale dell’Europa, prima di tutto la Massoneria, essendosi da tempo trasformata in un club, deve ritrovare sé stessa come eteria iniziatica, luogo di tradizione e di spiritualità e, al contempo, di spirito innovativo.

L’esempio italiano, da questo punto di vista, è tristemente paradigmatico.

La Massoneria italiana è perennemente alla ricerca di legittimazioni estere. C’è chi chiede di legittimare la propria esistenza agli inglesi e chi ai francesi, e così facendo la Massoneria italiana perde la propria sovranità e diventa vassalla di altri.

La prima questione da risolvere, pertanto, è quella di essere sovrani di sé stessi, ossia liberi, non vassalli.

Solo un soggetto libero, sovrano, cosciente della propria identità, ben radicato nella Tradizione, può essere agente di un’operazione di recupero dell’apparato radicale europeo e di ritorno alla verità, dopo l’ubriacatura ideologica.

L’Europa di ubriacature ideologiche è stata più volte vittima. Nel secolo scorso il nazismo e il comunismo si sono presentati sulla scena della storia come manifestazioni dell’hegelismo di destra e di sinistra, imponendosi come ideologie. Nella seconda metà del secolo scorso e in questo primo venticinquennio del nuovo secolo l’Europa è stata vittima dell’ideologia neocon, che si è presentata come woke, cancel culture, green, climate change, gender fluid, transumanesimo. Tutti elementi di un’unica perdita di rapporto con la realtà che si chiama globalismo finanziario (dietro la quale si nasconde il neocolonialismo). La realtà si è alienata nella finanza che, di per sé, è già un’alienazione della realtà.

Ora, sulla scena della storia si presenta un’altra ideologia, quella transumanista legata all’intelligenza artificiale, che vorrebbe fare dell’homo sapiens l’homo deus: un destino riservato a pochi ricchi, mentre la massa dei poveracci è destinata a diventare simile agli altri animali dello zoo terrestre.

Siamo non al progresso, ma al regresso dell’umanità.

La Massoneria, che dichiara di voler lavorare per il progresso dell’umanità non può esimersi dall’affrontare la questione, epocale, del suo possibile regresso ad opera di un ristretto mondo di una tecnocrazia finanziaria che ripropone un modello feudale: i ricchi nel castello, la moderna gleba nelle terre extra moenia.

L’esempio di Milano è paradigmatico della logica del castello.

Se guardiamo all’identità d’Europa, un’autorevole lezione in merito ci viene dal quel fine intellettuale che è stato Joseph Ratzinger, poi divenuto Papa Benedetto XVI.

Nel discorso tenuto al Parlamento tedesco (22 settembre 2011) Benedetto XVI ha affermato che l’identità Europea nasce dall’incontro fra cultura greca, romana ed ebraica.

“Nella prima metà del secondo secolo precristiano – ebbe a dire Benedetto XVI – si ebbe un incontro tra il diritto naturale sociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romano. In questo contatto è nata la cultura giuridica occidentale, che è stata ed è tuttora di un’importanza determinante per la cultura giuridica dell’umanità. Da questo legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta, attraverso il Medioevo cristiano, allo sviluppo giuridico dell’Illuminismo fino alla Dichiarazione dei Diritti umani (…) La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa”.

Ovviamente non vanno dimenticate altre radici, proseguendo sul terreno identitario indicato da Benedetto XVI.

L’allora cardinale Joseph Ratzinger, in un discorso pronunziato al Senato italiano il 13 maggio 2004, si è così espresso: “’Europa – Cos’è essa propriamente? Questa domanda è stata sempre nuovamente posta, in maniera espressa, dal cardinal Józef Glemp in uno dei circoli linguistici del Sinodo Episcopale sull’Europa: dove comincia, dove finisce l’Europa? Perché ad esempio la Siberia non appartiene all’Europa, sebbene essa sia abitata anche da europei, la cui modalità di pensare e di vivere è inoltre del tutto europea? E dove si perdono i confini dell’Europa nel sud della comunità di popoli della Russia? Dove corre il suo confine nell’Atlantico? Quali isole sono Europa, e quali invece non lo sono, e perché non lo sono? In questi incontri divenne perfettamente chiaro che Europa solo in maniera del tutto secondaria è un concetto geografico: l’Europa non è un continente nettamente afferrabile in termini geografici, ma è invece un concetto culturale e storico”.

Ecco il punto fondamentale dal quale partire: l’Europa non è un continente nettamente afferrabile in termini geografici, ma è invece un concetto culturale e storico.

È su questo terreno, relativo al concetto culturale e storico dell’Europa, che la Massoneria può, deve, dare il proprio contributo, superando la tentazione di schierarsi con questo o con quel  potere, con questa o con quella ideologia, ma agendo secondo la via dell’esame di realtà e della ricerca della verità.

La Massoneria, prima di essere trasformata in un club al servizio dell’impero anglosassone, era la portatrice della ricchezza di quell’Europa intesa come concetto culturale e storico. Ne sono testimonianze dirette le numerose opere architettoniche, con il loro apparato simbolico e le opere di quei massoni che hanno segnato pagine eccelse della cultura europea.

La Massoneria dovrebbe, potrebbe, essere portatrice di tutte le profonde radici culturali e storiche, ma per essere attore di cambiamento e, soprattutto, di disincantamento dalla bolla ideologica nella quale si è involuta l’Europa, deve, primariamente, smettere di essere, nel migliore dei casi, un club di borgesi in ansia di status e nel peggiore, un varietà di personaggi frustrati nella vita che trovano nei gradi la compensazione al loro fallimento.

La Massoneria deve, primariamente, ritornare ad essere un’eteria iniziatica, dove storia, cultura ricerca della verità intesa come orthotes si accompagnano al compito fondamentale di identificazione dell’essenza dell’essere umano e, conseguentemente, dell’umanità. In questa tensione conoscitiva la Massoneria, erede di antiche eterie iniziatiche, conduce (dovrebbe condurre) anche all’apertura verso l’aletheia” (in greco antico: ἀλήθεια), che è rivelazione, disvelamento di ciò che è nascosto e che si mostra. L’aletheia non è semplicemente la corrispondenza tra un’asserzione e la realtà (come il termine latino “veritas”, che riguarda l’othotes), ma piuttosto il manifestarsi della realtà stessa, il suo venire alla luce, il suo essere svelata.

Qui la Massoneria si presenta con tutta la sua potenza relativa alla conoscenza del linguaggio archetipico e simbolico.

Qui la Massoneria dovrebbe essere maestra di vita, di pensiero, di ricerca.

“Il libro nascosto dell’universo – scrive René Alleau – non si lascia leggere ad alta voce. La natura fugge dalla violenza dell’evidenza: essa confida i suoi misteri al mormorio della penombra. I suoi paesaggi non svelano la loro profondità che all’alba e al crepuscolo, attraverso i vapori e le nebbie. Sapere non è connettere; è assaporare ciò che noi intravvediamo a mezzo cammino”. [1]

La via sottile come il rasoio, il confine tra il giorno e la notte, tra questo e l’altro mondo, il fiume che divide e unisce al contempo due terre, sono metafore della sapienza che i massoni hanno appreso dalla cultura druidica.

Fra buio e luce,

fra giorno e notte,

è Crepuscolo che crea Magia.

Né pioggia né acqua marina,

né flusso né acqua di pozzo;

è Rugiada che crea magia.

Né pianta né albero,

né fusto né foglia;

è Muschio che crea Magia. [2]

“Un simbolo – aggiunge Alleau – non significa: evoca e focalizza, assembla e concentra, in una maniera analogicamente polivalente, una molteplicità di sensi che non si riducono a un solo significato o a uno qualunque solamente”. [3]

La chiave della simbologia è l’analogia.

La qualità del simbolo è la trasparenza. Mentre l’apparire ha come suo contrario il nascondimento, il trasparire non ha contrari: lascia intravedere ciò che inizia ad apparire.

“La funzionalità simbolica – ci dice ancora René Alleau – è inseparabile dal suo «orientamento sacro» o dalla sua visuale ierofanica di «potenze numinose» o «non-umane» alle quali i miti ed i riti rilegano l’essere umano, «riunificando» l’anthropos e il cosmos per la potenza del Logos, che non è linguaggio ma verbo e parola «resuscitata», «ri-creata», al di là del senso culturale e sociale delle «parole della tribù»”. [4]

Se i simboli sono il modo con il quale l’universo, ossia la natura, si mostra, l’archetipo della Natura-Physis è l’impronta (Arché Typos) dell’Origine.

È con questo sguardo noetico che dobbiamo rapportarci alla Natura, uscendo dalla bolla ecologista, che è pura e semplice ideologia globalista neocoloniale.

L’archetipo è, secondo Jung, “un contenuto autonomo dell’inconscio”, “un’immagine autonoma primitiva che, preconscia, è universalmente presente nella costituzione della psiché umana. … Gli archetipi non sono invenzioni arbitrarie, ma elementi autonomi della psiché inconscia preesistenti ad ogni invenzione. Essi rappresentano la struttura immutabile di un mondo psichico che, con i suoi influssi determinati sulla coscienza, dimostra di essere «reale»”. [5]

L’archetipo è il modo con il quale il “primordiale” si mostra, in quanto è “una disposizione che, in un dato momento dello sviluppo dello spirito umano, comincia ad agire ordinando il materiale della coscienza in figure determinate”. [6]

Torniamo a Ratzinger e al discorso pronunziato al Senato italiano il 13 maggio 2004.

“C’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più sé stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L’Europa, per sopravvivere, ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di sé stessa, se essa vuole davvero sopravvivere”.

Quella che descrive Ratzinger è l’oicofobia, della quale ha scritto Roger Scruton, ossia l’avversione o il rifiuto della propria cultura, della propria nazione, della propria storia e delle proprie tradizioni.

All’oicofobia si accompagna il cosmopolitismo, fratello gemello del globalismo, il quale è un’ideologia che promuove l’universalismo e il superamento dei confini nazionali, ma che può portare a un disprezzo per le specificità culturali. Scruton, nel suo libro “England and the Need for Nations”, ha usato il termine oicofobia per descrivere questa tendenza, sottolineando come il rifiuto della propria cultura possa portare a una perdita di identità e coesione sociale.

Nel superamento dell’oicofobia e della negazione dei valori europei, c’è anche il superamento di una divisione fittizia, figlia di antiche fratture, ma che, nella storia recente, è dovuta alla Guerra Fredda che ha introdotto confini culturali e storici innaturali.

L’Europa è in crisi sistemica e identitaria per essere diventata la piattaforma operativa delle logiche neocon che non sono altro che il vecchio colonialismo delle monarchie europee in abiti moderni.

Le monarchie europee si sono avvalse della finanza, spesso incarnata, come front office, da finanzieri ebrei (da non confondere con l’ebraismo, la religione ebraica e tanto meno con Israele).

Il neocolonialismo (ossia il vecchio in abiti neocon) sta per essere definitivamente abbattuto e resiste con tutti i mezzi.

Le due nazioni maggiormente impegnate nella difesa del neocolonialismo sono Inghilterra e Francia.

Se la Massoneria rimarrà ancorata alle logiche politiche degli ultimi presidi neocoloniali sarà travolta con loro.

Se saprà emanciparsi dai legami che l’hanno trasformata in instrumentum regni e tornerà ad essere un’eteria iniziatica, spiritualmente caratterizzata e portatrice di valori, allora potrà dare un contributo importante alla difesa dell’apparato radicale europeo e potrà porsi come laboratorio di ricerca per le sfide che la storia sta ponendo all’umanità.

 

[1] René Alleau, La science des symboles, Payot

[2] Citazione in: Riccardo Taraglio, Il vischio e la quercia, Ed. Dell’Acquario

[3] René Alleau, La science des symboles, Payot

[4] René Alleau, La science des symboles, Payot

[5] C.Gustav Jung, La simbolica dello spirito, Fabbri

[6] C.Gustav Jung, La simbolica dello spirito, Fabbri

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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