LA VERA LUCE 10 – I MAESTRI DEL SECRETUM E LO SGUARDO NOETICO

Mag 8, 2024 | MASSONERIA, RITO

di Silvano Danesi

Segue da LA VERA LUCE – NOVE

VERA LUCE NOVE: HOMO SAPIENS SAPIENS O PUPAZZO TRANSUMANO?

Nel Rituale di iniziazione del IV grado del Rito Scozzese, “Maestri Segreti”, è scritto: “I Fratelli del Medio Evo l’avevano ricevuto da quelli dell’antichità, quando il maggiore sforzo dell’intelligenza era nella lotta contro l’adorazione degli astri e il culto degli idoli materiali. È, questa, una specie di archeologia che noi rispettiamo e che amiamo”.

Il riferimento all’archeologia cultuale è un passaggio che ci riporta alla Tradizione, così come lo è l’affermazione, presente nella ritualistica del grado in esame, che la Massoneria “è la sola che agisca sui suoi adepti con una lunga serie di iniziazioni, secondo il procedimento dei sacerdoti dell’Egitto, di cui riconosce l’insegnamento come il punto di partenza. Questo procedimento fu anche quello delle grandi Scuole filosofiche dell’antichità. Fu quello delle valenti Corporazioni di Maestri d’Arte che, durante il Medio Evo, conservarono, nel mistero delle loro Logge, la libertà di pensiero, allora impossibile a praticarsi pubblicamente”.

Il riferimento ai sacerdoti dell’Egitto e al loro insegnamento come punto di partenza è di fondamentale importanza, in quanto inserisce e innerva l’insieme dei gradi del Rito Scozzese, a cominciare da quello di Maestro Segreto, in un’antica tradizione millenaria.

Il IV Grado, nella sua apparenza, continua la leggenda del 3° Grado, incentrata sulla costruzione del Tempio di Salomone (Solamona, secondo il suggerimento di Francesco Bacone, ossia Sol Amon , Amon Ra)[i] i cui lavori proseguono, nonostante la tragica morte dell’architetto Hiram, sotto la direzione di Adonhiram.

C’è qui un passaggio criptato molto interessante da indagare.

Se consideriamo hi come abbreviazione di high (elevato) e ram come ariete, possiamo pensare all’Elevato Ariete, ossia ad Amon-Ra, la qual cosa farebbe di Hiram un riferimento criptato sotto velame ebraico al Sol-Amon.

Amon è, come l’Archè, l’abisso inconoscibile, il nascosto, il Principio della manifestazione.

Ne è testimonianza un inno ad Amon: “Uno è Ammone, che si tiene nascosto ad essi, che si cela agli dèi, nessuno conosce la sua natura. Egli è più lontano del cielo e più profondo degli inferi. Nessun dio conosce il suo vero aspetto, la sua immagine non appare nei rotoli delle scritture. Egli è troppo misterioso per essere svelato, troppo grande per essere investigato, troppo potente per essere conosciuto. Nessun dio può chiamarlo per nome, egli è simile a Ba, colui che tiene nascosto il proprio nome come il proprio segreto”.

Amon-Ra è la sintesi del Nascosto e della sua manifestazione visibile (il Sole come stella).

E’ lo stesso rapporto esistente tra Archè e Lógos.

Adonhiram è Adon (Signore in ebraico) – Hiram (Alto Ariete).

Adonhiram (la cui parola viene proposta infatti con il significato di: “Il mio Signore è eccelso” o “Signore della vita elevata”) era, nella versione criptata che ne dà la vulgata, il capo dei 30.000 operai che furono inviati a tagliare i cedri nelle foreste del Libano, per la costruzione del Tempio. Sempre secondo la leggenda, Adonhiram aveva sposato la sorella del Maestro Hiram.

Nella tradizione faraonica lo sposalizio con la sorella era normale e conseguentemente Amon sposa sua sorella, Amonet, ossia la sua parte o forma femminile.

I1 Potentissimo del IV Grado rappresenta Salomone (Sol Amon) e siede all’Oriente, mentre Adonhiram (Amon) sie­de all’Occidente. Abbiamo il Sole, manifestazione di Amon, ad Oriente e Amon, il Nascosto, ad Occidente.

Lo stesso vale per un’altra divinità solare evidente Horus e nascosta Osiride.

Luce nascosta (la Vera Luce) dalla quale si manifesta la luce evidente.

Ben oltre la velatura, si nasconde una questione teologica antica di enorme portata.

Nel IV Grado la “costruzione” interiore, non si arresta: la richiesta di evoluzione spirituale dei primi tre Gradi è confermata, infatti, nel IV Grado, dall’invito all’introspezione ed alla ricerca del “secretum”.

Compito dei Maestri Segreti è “vigilare” (l’Occhio aperto sulla bavetta del grembiule), ossia prestare attenzione sollecita e assidua con l’occhio dell’intuizione. L’occhio vigile è desto della noesis, sveglio, non più dormiente.

Il Tempio del IV Grado, coerentemente con l’utilizzo della Tradizione ebraica come aspetto esteriore, rappresenta il Sancta Sanctorum, in ebraico Kodesh o Hakodashim, dove sono custoditi il corpo di Hiram, le Leggi ed il Triangolo, con incisa la Parola Sacra. Esso è affidato alla custodia di Adonhiram e di altri sei Maestri, vincolati al Segreto (Maestri Segreti).

Il simbolo più significativo del Grado è l’Urna, in cui sono racchiuse le virtù del Maestro Hiram: la Luce, la Verità. I Maestri Segreti non sono in grado di aprirla, perché la chiave che possiedono è spezzata. La “chiave spezzata” anticipa uno dei temi fondamentali relativi alla parola perduta. Temi che saranno affrontati nel XIII e XIV Grado.

A ben guardare, se volgiamo l’attenzione al IV Grado tenendo in conto lo sfondo egizio, possiamo già intravvedere il percorso che ci porta alla parola perduta e al suo ritrovamento.

Nel IV Grado c’è l’invito all’introspezione per recuperare il senso, ossia la direzione, la via per ritrovare la parola perduta. In questo grado è l’aprirsi all’intuizione che può fornire all’iniziato gli strumenti adatti ad aprire l’urna della Conoscenza che conduce alla Vera Luce che è Verità (la Verità dell’Essere).

Il IV Grado segna il passaggio all’intelligenza, che non è la razionalità, e nel Rituale è detto a chiare lettere che l’intelligenza è l’unica potente direttrice dei lavori e che il lavoro è la necessità dell’intelligenza.

L’essere umano, afferma Jacopo Nero Verani, basandosi su Eraclito, può basare la sua esperienza sull’intuizione sensibile del lógos se usa un’anima ben educata a riconoscere il logos immanente in natura. [ii]

“Con Natura-Physis si intende la reale natura delle cose. In un’ottica di senso dove ciò che appare non rispecchia necessariamente l’essenza di una cosa, la physis va a indicare il suo essere più profondo”. [iii]

La Physis non è la natura dei regni minerale, vegetale, animale, ma la realtà manifestativa (gli essenti) comprendente il suo-loro fondamento (l’essere).

L’intuizione, lo sguardo noetico si spinge verso il fondamento degli essenti e l’essere più profondo della physis.

Immagine simbolica di questo slancio noetico e il fulmine, la ziza: quel fulmine che “governa tutte le cose” (Eraclito Fr. B64DK).

Il fulmine, scrive Jacopo Nero Verani è “immagine sia della forza dell’evento naturale sia del movimento conoscitivo dell’anima dell’uomo che nell’intuizione scorge la realtà ma è subito costretto a perderla per poi riguadagnarla al passaggio del fulmine successivo”. [iv]

Il fulmine è simbolo che ci riporta a Zeus.

Jacopo Nero Verani, citando Wohlfart (Also sprach Herakleitos), scrive “Quando il gioco del mondo distrugge è la forma di Apollo che va nel suo contrario-Dioniso, quando esso crea è la forma dionisiaca ad andare nel suo opposto-apollineo. Alla base di questa interpretazione sta la concezione delle due forze in gioco come forze fraterne, in quanto entrambe le loro manifestazioni, Apollo e Dioniso, sono figlie di Zeus”.

Zeus è il principio primo. Apollo è il dio che possiede l’occhiata che conosce ogni cosa (l’occhio aperto sulla bavetta del grembiule).

«Della riunificazione», commenta Tonelli, «si fa ministro Apollo, in quanto dio della Sapienza contemplativa, che proprio grazie alla distanza dai dati sensibili illusivi coglie l’unità che sta dietro le quinte del cosmo visibile».[v]

Di Dioniso e simbolo lo specchio che, come sostiene ancora Angelo Tonelli, è anche “il simbolo del Noûs”, […] e il Noûs è sia il principio di consapevolezza intuitiva unificante che dimora alla radice dell’Individuum (lo atman degli orientali), sia la quintessenza intuitiva unitaria del cosmo (Dioniso!): noeîn significa conoscere per visione-intuizione, non attraverso la ratio che separa gli opposti”.[vi]

Plotino nelle Enneadi afferma:– «e le anime degli uomini, vedendo le proprie immagini come nello specchio di Dioniso, slanciandosi dall’alto furono istantaneamente lì, senza essere scisse anche loro dal proprio Principio (Arché) e dall’intuizione (Noûs)»”. [vii]

Massimo Cacciari mette a fuoco il rapporto tra il vedere con la vista degli occhi e con quella dell’intuizione.

“Come il sole – scrive – è in rapporto alla vista e al visibile, così l’Agathón (indichiamone col termine Bene la stessa intraducibilità) è in rapporto al noûs e agli intelleggibili”. [viii]

La vista, puntualizza Cacciari “sta alle cose visibili, come il noûs sta alle cose intelleggibili” e la “funzione essenziale, quella noetico-intellettiva” è “svolta dalla psiché”. [ix]

Ed eccoci giunti al punto essenziale dell’aprirsi all’intuizione del Maestro del secretum: la Luce dell’Agathón, ossia la Vera Luce, poiché “il sole sembra indicare la Luce dell’Agathón, la sua epifania sensibile”. [x]

Ora, il termine Agathón indica il Principio che è eccedente, che è oltre le sue determinazioni.

Aga è un prefisso greco equivalente all’-ati vedico che significa “oltre”, “al di là”, indicando una superiorità e un eccesso, cosicché atita è l’assolutamente eccedente la distinzione tra gli stati dell’essere.

Il Maestro del secretum “vede”, con l’occhio dell’intuizione, con lo sguardo noetico che “ogni essente è collegato agli altri, ognuno parte del Tutto”. [xi]

In questa “vista” il Maestro del secretum è libero, in quanto, come scrive ancora Cacciari “l’uomo libero non scioglie l’essente dal suo legame col Tutto, lo comprende attraverso l’intreccio reciproco delle forme, liberandolo ad un tempo dalla costrizione alla immobilità”. [xii]

“Spiriti disarmonici – afferma Cacciari – sono invece coloro che separano le cose dalla loro intrinseca relazione col Tutto, o, all’opposto, le risolvono nell’Unum absolutum. Il filosofo tiene lo sguardo fisso all’essente, nella luce della interna unità dei suoi elementi, partecipe ciascuno del cosmo che la loro stabilità realizza. L’uomo manifesta la sua libertà non nel disciogliere, ma nell’intelligenza del connettere”.[xiii]

L’insieme dei simboli ci riporta al focus del IV Grado: il noeîn, ossia il conoscere per visione-intuizione e anche al significato autentico dell’aggettivo segreto attribuito al Maestro.

Segreto ha origine dalla parola latina secretum, participio passato del verbo secernere: «separare, scartare», composto da se- (prefisso indicante separazione) e cernĕre «distinguere, vagliare».

Come aggettivo ha il significato di appartato, occulto e come sostantivo di cosa occulta, di arcano, di mistero.

Il Maestro Segreto è, pertanto, il Maestro di ciò che è appartato, occulto, arcano e che appartiene al mistero, ossia a quel fondo abissale al quale ci si accosta con lo sguardo noetico, che è visione-intuizione, dopo aver saputo discernere tra la molteplicità degli essenti e averne scorto l’unità del fondamento.

Il Tutto, l’Essere che essenzialmente è e diviene in un’incessante trasformazione, è energia intelligente, informata, significante e cosciente, che potremmo chiamare anche Grande Architetto dell’Universo o Arché (o Amon o Agathón).

Nell’Arché risiede il Lógos, impulso alla manifestazione e, al contempo, azione manifestativa. Ne possiamo trovare una descrizione nel tapas, l’ardore vedico.

La necessità alla manifestazione è consustanziale all’Essere, così come lo è per l’essere umano che dell’Essere è una particella. La necessità della nostra intelligenza indica uno sforzo personale di disciplina cui ci si sottomette per raggiungere uno scopo, sforzo che si accompagna ad obbedienza al nostro impulso, a fedeltà al dovere che deriva dalla volontà di raggiungere lo scopo.

Nei testi egizi antichi troviamo due definizioni molto interessanti: “Sono il Dio grande venuto al mondo da solo. Chi è? L’energia. L’oceano di energia primordiale. Il padre degli dèi”. Tomba della regina Nefertari.

Nei testi attribuiti a Ermete Trismegisto (La rivelazione di Ermete Trismegisto, Lorenzo Valla) si legge: “Dio energia che tutto comprende (CHII). L’energia di Dio è costituita dall’intelletto e dall’anima (CHXI). L’energia di Dio è costituita dall’intelletto e dall’anima (CHX). Dio è tutte le forme (Trattati X).

Riguardo al Demiurgo, ossia all’Artefice, al Lógos (azione dell’Arché) i testi egizi sono altrettanto interessanti: “Io sono l’Eterno, sono la luce divina che è uscita dall’energia primordiale con il nome di Divenire. La mia anima (Ba) è di natura divina. Sono colui che ha creato il verbo. Vengo alla luce da solo, ogni giorno la mia vita è l’eternità”. Testi dei Sarcofagi.

Infine, anche l’apertura della Bibbia all’epistola di S.Giacomo (1,26,27): “La Religione pura e immacolata dinanzi a Dio e Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo”, nasconde riferimenti in codice.

E’ possibile un richiamo cavalleresco ai Fianna, ma, soprattutto, a Iside (3s.t), la vedova e a Horus (hr.w), l’Orfano.

Nel simbolo del 4° Grado abbiamo, con il linguaggio della geometria sacra, la sintesi dell’azione manifestativa. Il cerchio, ossia l’infinito movimento su se stesso del Tutto, che nella sua permanenza si trasforma continuamente e si determina nella spazialità secondo il numero 3,14……, le cui cifre dopo la virgola sono infinite e non periodiche. Il Tutto si manifesta in infiniti spazi, dei quali il triangolo è il simbolo geometrico.

Nello spazio (triangolo) è posta la stella a cinque punte, la quale introduce il concetto di campo morfogenetico, con il numero aureo, 1,6180339887…, relativo alla proporzione aurea, criterio della bellezza.

All’interno del campo morfogenetico la Ziza, il lampo improntante, il Lógos, azione manifestativa del Tutto e anche Noûs, lampo intuitivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Rituale di iniziazione ricorda che “la Massoneria non ammette alcuna concezione come definitiva, in quanto ogni concezione umana è per sua natura progressiva e quindi relativa”.

Tutte queste interpretazioni, pertanto, sono alcune delle tante possibili. La ricerca è continua.

 

 

[i] Il suggerimento viene da Francesco Bacone, nella Nuova Atlantide

[ii] Jacopo Nero Verani, Il gioco di Eraclito, Mimesis

[iii] Jacopo Nero Verani, Il gioco di Eraclito, Mimesis

[iv] Jacopo Nero Verani, Il gioco di Eraclito, Mimesis

[v] Angelo Tonelli, Eleusis e Orfismo, Feltrinelli

[vi] Angelo Tonelli, Eleusis e Orfismo, Feltrinelli

[vii] Plotino, Enneadi, Bompiani

[viii] Massimo Cacciari, Metafisica concreta, Adelphi

[ix] Massimo Cacciari, Metafisica concreta, Adelphi

[x] Massimo Cacciari, Metafisica concreta, Adelphi

[xi] Massimo Cacciari, Metafisica concreta, Adelphi

[xii] Massimo Cacciari, Metafisica concreta, Adelphi

[xiii] Massimo Cacciari, Metafisica concreta, Adelphi

 

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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