di Filippo M. Leonardi
In alcuni racconti di fantascienza ambientati in un mondo distopico o post-apocalittico, i superstiti che hanno perduto ogni memoria della conoscenza scientifica, sviluppano il culto per i reperti dell’antica civiltà, considerando gli ormai incomprensibili manuali di elettronica come testi sacri e i manufatti tecnologici come delle reliquie. Così ad esempio W. M. Miller nel suo romanzo del 1959 immagina il frate Francis nel XXVI sec. d.C. che interpreta in chiave mistica lo schema di un dispositivo elettronico: “Secondo me questo Meccanismo di Controllo a Transistor doveva essere un’astrazione trascendentale”. (1)
Ma dalla finzione si passa addirittura alla falsificazione, quando i seguaci della cosiddetta archeologia alternativa pretendono di interpretare qualsiasi simbolo, illustrazione e testo religioso come se fosse il fraintendimento di antica tecnologia, magari pure di provenienza aliena.
L’unica prova archeologica di un possibile utilizzo pratico dell’elettricità è la cosiddetta pila di Baghdad che secondo l’Ingegner Wilhelm König avrebbe potuto funzionare come cella galvanica per la placcatura elettrolitica dei metalli, ma tale interpretazione è controversa (2).
Prendendo le distanze dalle divagazioni fantasiose, pur non sottovalutando la genialità degli antichi, consideriamo lo strano caso dei cosiddetti Trionfi o Arcani Maggiori dei Tarocchi, che sembrano raffigurare in forma simbolica dei concetti tipici dell’elettrotecnica. Ora, questa affermazione può sembrare azzardata, ma si fonda su validi presupposti che conducono a coerenti interpretazioni.
Innanzitutto i fenomeni fisici legati alle scariche elettriche, al magnetismo naturale e all’elettricità statica, erano già noti fin dall’antichità come testimoniato da Platone che nel Timeo (circa 360 a.C.) menziona «le cadute dei fulmini (κεραυνός) e le meraviglie riguardanti l’attrazione dell’ambra (ἤλεκτρον) e della pietra Eraclea (Ἡράκλειος λίθος)». (3)
Inoltre, l’integrazione di principi dell’elettrotecnica nell’esoterismo non è affatto improbabile se si considera che tutti i fenomeni fisici, inclusi quelli elettrici e magnetici, secondo la tradizione esoterica erano considerati manifestazioni particolari dell’unica forza universale e per analogia, delle forze che agiscono a livello metafisico. In pratica non sarebbe altro che un aggiornamento di ciò che era già avvenuto in precedenza con l’alchimia, in cui si utilizzavano i fenomeni chimici come rappresentazione simbolica del processo di realizzazione metafisica.
In particolare il magnetismo si manifesta fisicamente come una forza invisibile e impalpabile in grado di soggiogare la forza bruta: come la calamita attrae a distanza il pesante ferro, così la femmina con il suo fascino riesce a piegare la volontà del maschio o l’arte magica a piegare il corso della natura. L’analogia è spesso usata in entrambi i sensi, l’amore per rappresentare il magnetismo oppure il magnetismo per rappresentare l’amore, come ad esempio nei versi del Magnes, un carme scritto dal poeta Claudiano verso la fine del IV sec. d.C. in cui si descrive l’attrazione esercitata dalla femmina sul maschio, in forma allegorica, come forza magnetica tra una statua di Venere scolpita in magnetite e una di Marte realizzata in ferro (4).
Questo concetto lo ritroviamo raffigurato nella carta dei Tarocchi denominata “la Forza” in cui una donna apre a mani nude le fauci di un leone. Qui il contrasto tra la forza sottile di natura femminile e la forza bruta di natura maschile, è ancor più enfatizzato nell’antinomia tra la “bella” e la “bestia” che è un tema ricorrente dell’immaginario e della narrativa. Nella versione dei Tarocchi cosiddetta dei Visconti-Sforza la donna è sostituita da Ercole che sottomette il leone Nemeo con la sua clava. Questa rappresentazione alternativa è un po’ meno efficace, ma il riferimento alla forza magnetica è ancor più evidente se ci ricordiamo che Platone chiamava la calamita con il nome di “pietra eraclea”.
Consideriamo ora l’unica carta dei Tarocchi in cui sia raffigurata l’elettricità in forma esplicita: la Torre. Qui vediamo appunto un fulmine, cioè una scarica elettrica di origine atmosferica, che colpisce la cima di un edificio, distruggendolo e causando la caduta dei suoi occupanti. In realtà le versioni più antiche dei Tarocchi non rappresentano propriamente un fulmine ma una sorta di pioggia di fuoco, con chiaro riferimento all’episodio biblico di Sodoma e Gomorra, le due città che furono bruciate per punire la loro corruzione morale. C’è un riferimento, ovviamente, anche alla Torre di Babele la cui superba costruzione fu interrotta dal castigo divino. Poiché i Tarocchi sono una illustrazione del processo iniziatico, la distruzione della Torre allude ai pericoli derivanti dall’affrontare tale processo senza la necessaria dignità e preparazione. In tal senso si può intravedere un riferimento anche all’episodio in cui Giacobbe lotta con l’angelo e rimane ferito alla gamba. Più precisamente egli riporta una lesione al nervo sciatico. Secondo la Genesi Giacobbe chiamò il luogo dove si era svolta la lotta con il nome di Beth-El che significa “casa di Dio” e questo corrisponde perfettamente alla carta della Torre, che in francese è chiamata La Maison-Dieu. Il riferimento biblico al nervo sciatico ci riporta ancora all’elettricità poiché, come è noto, i nervi conducono degli impulsi elettrici in uscita con funzione motoria o in entrata con funzione sensoriale. Il nervo sciatico è il nervo più lungo del corpo umano, parte della colonna vertebrale e si irradia in tutta la gamba fino alla punta del piede. Una persona affetta da sciatalgia avverte un dolore lungo la gamba che acutizzandosi può essere percepito come una sorta di scarica elettrica. Ebbene il primo scienziato che scoprì il funzionamento dei nervi motori fu Galvani intorno al 1786, stimolando elettricamente le zampe di rana attraverso la spina dorsale. La contrazione dei muscoli delle gambe avveniva applicando una scarica mediante macchina elettrostatica ai nervi crurali, oppure collegandoli ad un conduttore metallico in presenza di scariche elettriche naturali come appunto i fulmini (5).
L’osservatore più attento noterà che la carta della Torre, fino al 1700, raffigurava propriamente un raggio di fuoco uscente dal sole, mentre soltanto nel 1820, nei cosiddetti Tarocchi di Besançon, compare per la prima volta una punta di freccia. Nel 1889 Papus pubblica il Tarot des Bohemiens in cui il fulmine è disegnato con la tipica forma a zig-zag ma senza punta di freccia. Bisogna aspettare il 1909 per trovare una rappresentazione esplicita del fulmine, nella versione di Rider-Waite. Tuttavia, nonostante l’ambiguità iconografica, non vi sono dubbi che fin dall’origine si volesse comunque indicare il fulmine come causa di distruzione della torre poiché già nel Sermo perutilis de ludo, manoscritto databile a fine XV sec., nell’elenco delle carte la Torre è indicata con il nome di Sagitta, che in latino significa “freccia”, “saetta” o per l’appunto “fulmine” (6).
Anche le altre carte dei Trionfi possono essere interpretati sulla base di concetti tipici dell’elettrotecnica, con la precisazione che tale interpretazione non è esclusiva, ma alternativa. Infatti nella maggior parte dei casi, come è logico aspettarsi considerata l’epoca di invenzione dei Tarocchi, il modello illustrato nelle carte è di tipo meccanico, ma per analogia può essere convertito nell’equivalente elettrico.
Tornando al caso della Torre, il crollo dell’edificio può essere imputato meccanicamente al sovraccarico gravitazionale. Infatti la costruzione verso l’alto è limitata dal prevalere del carico accumulato sulla resistenza meccanica delle sue componenti, per cui raggiunto tale limite la costruzione crolla sotto il suo stesso peso. Allo stesso modo l’accumulo di carica elettrica, quando supera la resistenza del mezzo isolante, causa un sovraccarico che produce la scarica elettrica. In tal senso la Torre può essere interpretata come un condensatore o meglio ancora, in analogia alla costruzione della Torre, come una pila di Volta la cui forza elettromotrice aumenta mediante l’impilamento in verticale di dischi di zinco e rame fra loro alternati. La torre può essere associata anche al noto potere disperdente delle punte secondo il quale la densità di carica sulla superficie di un conduttore, tende a concentrarsi sulle parti convesse, da cui la tendenza dei fulmini a colpire le parti maggiormente sporgenti come appunto gli edifici molto alti.
Per quanto riguarda le altre carte dei Tarocchi, non potendo qui trattare in modo dettagliato ogni singolo caso, ci limitiamo ad indicare alcune corrispondenze tra modello meccanico ed elettrico. Facciamo altresì notare che i 22 Trionfi, secondo la tradizione esoterica, corrispondono alle 22 lettere dell’alfabeto ebraico e che in vari casi si ha una sorprendente corrispondenza con la notazione elettrotecnica moderna.
Nella carta dell’Innamorato vediamo un giovane che prova attrazione per una donna. Nelle versioni simbolicamente più elaborate, l’innamorato è indeciso o conteso tra due donne da cui l’idea di “tensione” che meccanicamente è rappresentata dall’arco con cui Eros è pronto a scagliare la sua freccia. La tensione meccanica dell’arco, dovuta alla sua elasticità, corrisponde alla tensione elettrica che deve essere vinta facendo una scelta “contro corrente”, cioè scegliendo l’amor sacro piuttosto che l’amor profano. In latino il nome della freccia, sagitta, significa anche “saetta” e rappresenta dunque la scarica elettrica che è in analogia con l’innamoramento, spesso percepito come un “colpo di fulmine”. La lettera ebraica corrispondente a questa carta è la waw, vale a dire la U o V che in elettrotecnica è oggi utilizzata proprio per indicare il potenziale o la tensione elettrica.
Nella Ruota della Fortuna, il modello meccanico è costituito dalla ruota che gira trascinando allo stesso tempo qualcuno in alto e qualcuno in basso. L’equivalente elettrico è il circuito dove la corrente gira in un anello chiuso. La lettera ebraica corrispondente è la iod ovvero la lettera I che oggi indica proprio l’intensità di corrente.
Nella carta del Carro vediamo l’auriga che tiene le briglie di due cavalli che tirano in direzioni diverse. Il riferimento è al mito dell’auriga che si trova nel Fedro di Platone in cui i due cavalli di diversa razza e colore, uno nero e l’altro bianco, rappresentano le due tendenze dell’anima umana che tirano verso direzioni opposte: l’anima concupiscibile verso il mondo sensibile, l’anima spirituale verso il mondo delle idee. Nei Tarocchi l’opposizione alto / basso è riadattata come divergenza sul piano orizzontale tra destra e sinistra, ma c’è una ragione simbolica. La semplice opposizione di due forze opposte darebbe come risultato l’equilibrio, mentre qui si vuole rappresentare la somma di due forze divergenti che comunque muovono il carro in avanti. Dal punto di vista meccanico, sono due forze applicate alla stessa massa con direzioni parzialmente divergenti, rappresentate nella fisica moderna come due vettori aventi stessa origine ma posti fra loro con un certo angolo. Dal punto di vista elettrico, troviamo una rappresentazione analoga per la corrente alternata, mediante vettori divergenti, quando tensione e corrente sono sfasate, ovvero quando tra loro c’è un ritardo misurabile come frazione angolare del ciclo sinusoidale. In tal caso il rapporto tra la tensione e la corrente è chiamato “impedenza” ed è rappresentato mediante la lettera Z. Anche in questo caso è interessante notare che la lettera ebraica corrispondente a questa carta è la zain cioè appunto la Z.
E’ difficile spiegare la coerenza tra alfabeto ebraico e la notazione elettrotecnica moderna, poiché questa fu fissata come standard soltanto verso la fine del XIX sec. con motivazioni apparentemente accidentali. Per esempio l’unità di misura della tensione fu chiamata Volt in onore di Alessandro Volta che per primo ne definì il concetto (7). Il Volt fu indicato con la lettera iniziale V, che successivamente si impose anche come notazione per la grandezza misurata, cioè il potenziale elettrico o la tensione. Si tratterebbe dunque di una casualità, se non fosse che l’elettrotecnica si consolidò dal punto di vista scientifico e tecnico proprio nello stesso periodo in cui parallelamente si riaccese l’interesse per i Tarocchi, per cui non possiamo escludere un’eventuale reciproca influenza tra l’ambito scientifico e quello esoterico. Qualcuno potrebbe aver suggerito di preferire la lettera V per indicare la tensione, piuttosto che la E della forza elettromotrice, privilegiando la corrispondenza con la lettera ebraica waw che già nella forma latina V o nella greca Y esprimeva per la sua stessa forma l’idea di un bivio ovvero di una “tensione” fra due poli d’attrazione (8). E infatti l’esoterista Oswald Wirth, nella sua versione dei Tarocchi del 1889 inserisce ai piedi dell’Innamorato un bivio a forma di V rovesciata. (9) D’altra parte Eliphas Levi aveva già indicato la corrispondenza tra le 22 lettere dell’alfabeto ebraico e i 22 Trionfi verso il 1861 giusto in tempo per condizionare i congressi internazionali di ingegneri elettricisti che si tennero nel periodo successivo (10). Lo stesso Eliphas Levi rivelò che la bacchetta magica rappresentata nei Tarocchi poteva essere intesa quasi come uno strumento elettrotecnico. Riferendosi alla donna raffigurata nella carta del Mondo, così scrive: “questa divinità tiene una bacchetta in ognuna della mani nei tarocchi italiani, mentre nei tarocchi di Besançon le riunisce in una sola mano tenendo l’altra mano sulla coscia, simboli ugualmente significativi dell’azione magnetica, sia alternata nella sua polarizzazione, sia simultanea per opposizione e trasmissione” (11).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
(1) Walter M. Miller Jr, A canticle for Leibowitz, J.B. Lippincott Co, 1960 > L. Pouwels et J. Bergier, Le matin des magiciens, Gallimard, 1960 > Il mattino dei maghi, Mondadori, Milano, 1963 > 1991, p. 238.
(2) Wilhelm König, Ein galvanisches Element aus der Partherzeit? > Forschungen und Fortschritte 14, S. 8–9, Akademie-Verlag, Berlin, 1936.
(3) Platone, Timeo, 80c. < Platonis Opera, ed. John Burnet. Oxford University Press. 1903.
(4) Claudio Claudiano, Carmina minora, 29, Magnes, vv. 25-27
(5) Luigi Galvani, De viribus electricitatis in motu musculari commentarius, Ex Typographia Instituti Scientiarium, Bologna, 1791, p. 14, De viribus electricitatis atmosphaerica in motu musculari.
(6) Giacomo della Marca (Domenico Gangala 1393-1476), Sermo perutilis de ludo, ca. 1440. La predica è riportata nel manoscritto conservato presso la Vanderbilt Library, datato agli anni 1450-1500 in cui è stata aggiunta da autore ignoto la sequenza dei Trionfi.
(7) Alessandro Volta, Osservazioni sulla capacità de’ conduttori elettrici < Lettera al signor de Saussure, 20 agosto 1778.
(8) Filippo M. Leonardi, Il simbolismo della lettera Y, Nuovo Giornale Nazionale, 24 giugno 2023.
(9) Oswald Wirth, Jeu de tarot kabbalistique dit “des Imagiers du Moyen Age”, 1889 > Le Tarot des Imagiers du Moyen Age, 1924, > I Tarocchi, Edizioni Mediterranee, Roma, 1990.
(10) Eliphas Levi, Dogme et Rituel de la Haute Magie, Germer Baillière, Paris, 1861, Tomo 1, p. 228.
(11) Eliphas Levi, Op.Cit., Tomo 2, p. 172.






