ERCOLE E IL LEONE, LA FORZA ENTRA NEL CAMPO

Dic 19, 2024 | ASTROLOGIA, PSICOLOGIA, TAROCCHI

di Silvano Danesi

Ercole simbolizza la forza che, nel mito, si sottopone alle prove imposte da re Euristeo.

Interessante notare che euris (contrazione di eurusthénēs) in greco significava trovare, ricercare.

Il re Euristeo è la potenza (sthénos) che invita Ercole alla ricerca.

Nell’interpretazione del mito, l’etimologia è fondamentale.

Nelle prove Eracle (Ercole), se valutiamo il mito in chiave psicologica, combatte i simboli delle energie scatenate, violente, aggressive, le affronta e le integra.

Ercole è il greco Eracle, nome composto da Ἥρα, Era, e κλέος, “gloria”, quindi “gloria di Era”.

Eracle o Ercole è stato assimilato al Sole e il suo viaggio nel cielo è rappresentato dallo Zodiaco, dove ogni segno ha una sua specifica valenza mitologica e simbolica.

Ercole o Eracle rappresenta la forza e se ne valutiamo il mito come una possibile descrizione della forza che entra in campo, ossia che si fa energia, apriamo un capitolo di ricerca che potrebbe farci dire, con Carlo Rovelli, fisico, saggista e accademico italiano, specializzato in fisica teorica, che: “I miti si nutrono di scienza e la scienza si nutre di miti”.[1]

Proviamo, pertanto, seguendo questa possibile interpretazione del mito, ad analizzare la prima prova, considerando il leone, simbolo del sole, come un animale regale che ruggisce.

In altri termini, essendo a sua volta il sole l’espressione evidente di una luce nascosta, ci troviamo di fronte ad una sorgente occulta (un punto) che si manifesta (cerchio o luce evidente) e che ruggisce, ossia vibra.

Geroglifico di Ra

In altri termini ancora possiamo dire che un immenso deposito di informazione intelligente e cosciente  (un punto a-spaziale e a-temporale), che ha in sé una forza (luce primordiale in potenza) entra in azione come energia informata ed entrando in azione agisce in un campo secondo schemi vibrazionali misurabili nella loro frequenza e che l’energia è governata dalla luce nel suo rapportarsi a sé stessa come materia (E=mc2).

Il ruggito rappresenta rappresenta la vibrazione dell’energia di una forza.

Ercole, nella sua prova con il leone, si trova di fronte al principio che si manifesta, ad una forza immensa che vibra (ruggisce) e che lui, essendo a sua volta “forza”, deve controllare.

A sinistra la Forza nei Tarocchi Visconti e a destra Ercole rivestito della pelle del leone in un quadro di Piero del Pollaiolo

Ercole, rivestito della pelle del leone, è, infatti, egli stesso “la Forza”.

Nelle due immagini abbiamo contemporaneamente la forza (il leone), l’energia (il serpente o dall’idra) e la materia (il bastone).

Ercole-Eracle, semidio, è ponte e sintesi di questa trinità: Forza-Energia-Materia.

Trinità che riferita all’essere umano potremmo definire come Sé-Anima-Corpo, dove il Sé è il nucleo essenziale di informazione intelligente e cosciente.

Prima di proseguire è opportuno soffermarci su un aspetto simbolico che ci trasmette, usando la geometria, gli stessi concetti.

La simbologia è quella della Pietra filosofale.

Il cerchio è simbolo dell’infinita informazione intelligente e cosciente nel suo potenziale di manifestazione, essendo l’infinita informazione un punto a-spaziale e a-temporale. Pertanto non rappresentabile, solamente intuibile, non percepibile. Il triangolo è simbolo dell’informazione come forza che ha in sé la potenzialità dell’azione creativa (dynamis). Il quadrato è simbolo del campo entro il quale la forza agisce passando dall’informazione alla forma, dal progetto alla realizzazione. Realizzazione che contiene tutta l’informazione

 

Simbolo della Pietra Filosofale

Il cerchio, come simbolo dell’infinita informazione nel suo potenziale di manifestazione è declinabile, nell’essere umano, nel suo Sé.

La Dynamis in caratteri greci è Δύναμις, dove la lettera delta è un triangolo.

Dynamis è la personificazione della Forza, del Potere creatore; è possibilità di fare, di realizzare; è efficacia; è natura ontologica delle cose e oggettivo divenire nel mondo.

La Forza, nel greco antico è resa con vari vocaboli che ne indicano lo stare in potenza (krátos) o il divenire in atto (energheia).

Un triangolo è anche all’origine della storia della consonante sonora R, che è la vibrazione del “ruggito” del leone.

La storia del segno di questa consonante sonora, a partire dall’alfabeto fenicio, è piuttosto complicata, perché due forme si alternano continuamente. La prima, cioè l’originale, è un triangolo col vertice in alto e con il lato destro prolungato, forma molto simile a quella della lettera bēth e della lettera dāleth; il triangolo, col cambiare della materia su cui si scriveva, diventò un semicerchio.

 

Il ruggito in molte lingue è espresso da vocaboli che iniziano con la consonante sonora r:

Italiano –ruggito

Inglese – roar

Francese – rugir

Spagnolo – rugido

Latino – rugiet

Tedesco – brüllen

Russo – rev

Nell’analisi dei vocaboli e delle radici indoeuropee e sanscrite, Franco Rendich assegna alla r il significato di muovere bverso, di raggiungere, quindi di movimento.

Interessante notare come la luce (lux in latino) derivi dal sanscrito ruc, dal significato di splendere, di luminosità, con la r che si muta in l.

Le rune e la vibrazione creatrice.

Le rune sono un’altra testimonianza del valore della r e, contemporaneamente, di un percorso manifestativo del divino. La scienza magica e le rune che ne sono l’espressione tangibile garantiscono, a chi le possiede, il potere su ogni entità del mondo. Esse sono il tramite per il quale si entra in contatto con la forza stessa della vita. La loro conquista è, pertanto, il frutto di un processo di iniziazione, nel quale l’essere è sacrificato all’essere: Odino a se stesso.

Mario Polia, nel suo “Le Rune e i simboli”,[2] fa notare che tra le principali etimologie per la parola «runa», quella che fa capo al Pokorny la riporta all’indo europeo reu-, radice che indica il muggire, brontolare, borbottare tra i denti. Da tale radice discende il latino rumor, rumore; antico islandese ryna, sussurrare, rymja, brontolare, rúna, mistero. Nel finlandese runo si riferisce sempre e solo ai canti epici o a carmi magici. Nell’antico irlandese rūn è mistero. Nell’antico inglese run è segreto e runyan mormorare. L’antico irlandese ci dà rún e comrún (segreto messo in comune).[3] Taliesin usa il potere del rhinwedd (conoscenza segreta).

Poiché per gli indoeuropei è vietata la scrittura per trasmettere la tradizione, la trasmissione del rin è orale al fine di evitare, tra l’altro, ogni lettura estranea e avviene da bocca a orecchio, come si evince dal mito riguardante Ogmios, l’Ercole celtico.

Nel linguaggio ogamico r è associata a Ruis, il sambuco e al rosso, all’arrossamento, simbolo dell’ardore: l’agitazione primordiale.

“I Druidi conoscevano i misteri, i segreti del mondo, ciò che i Celti esprimevano con il termine rin-, equivalente al germanico run. Il rin è ciò che il profano non deve conoscere”.[4]

L’insieme delle radici riguardanti il termine runa ci consegna il doppio significato di espressione vocale (parola, canto) e di segreto.

La runa, quella scritta, è pertanto la cristallizzazione di una vocalità misteriosa e segreta: una vibrazione capace di creare. L’arte della parola e del canto è legata al potere creatore, perché in essa è contenuta la sapienza stessa del dio. La parola è il momento fondamentale del processo creativo, non solo perché il dono della parola fu fatto agli uomini dagli dèi, ma perché la saggezza originaria si manifestò attraverso la parola. “Allora la testa di Mimir pronunciò/con senno la prima parola/ e disse le rune veraci”. La parola è dunque sacra, la parola è potente, perché è pensiero in azione.

Odino rimase 9 notti appeso all’albero del mondo per apprendere la sapienza della rune e Odino è il dio che urla ed è colui che possiede la parola creatrice.

“Chi crea (il poeta, il sacerdote, il mago creano attraverso la parola) ripete l’atto archetipico della creazione e crea mediante la potenza diffusa in tutto l’universo e per virtù del soffio vitale (önd) che Odino infuse nell’uomo. Chi conosce può conoscere in quanto è il dio che è in lui che conosce (o riconosce o «si ricorda» di se stesso)”. [5]

Nelle Rune il processo manifestativo.

Focalizziamo l’attenzione sulla runa Raidô, che rappresenta il sole nascente ed è la parola che si fa luce. In sanscrito svara è luce e swar è suono.

Raidô, scrive Polia “contiene in se l’idea di «suono» e «movimento» e indica l’effetto del disserrarsi della «bocca» divina: l’inizio della «rotazione» universale”. [6]

Raidô nella serie runica viene dopo Fehu, che rappresenta “il soffio non ancora modulato, non ancora divenuto parola”[7] (il silenzio rituale, nel quale stette Odino per nove notti, al fine di avere la Scienza runica); dopo Ûruz, la potenza del Caos non ancora ordinato dalla parola ordinante del Verbo; dopo Purisaz, la “potenza racchiusa nella «pietra» che può essere ridestata e ordinata”[8], come mostra il mito di Torr che sconfigge il gigante Hrungnir, il gigante dal cuore di pietra. Anche Mimir è un gigante ed è il custode della fonte della sapienza (letteralmente della memoria).[9]

Nella serie runica, infine, prima di Raidô c’è Ansuz, il soffio vitale, l’energia divina che anima il cosmo

“La runa è identificata – scrive Polia – espressamente con Odino. Nei Veda il suono primordiale è il primo sacrificio del Supremo: l’Unità si autosacrifica emettendo un «canto» che è contemporaneamente «luce»; «Dalla bocca (di Atman) nacque vāc (la Parola, il Verbo) e da vāc balzò fuori il dio Agne (il Fuoco del sacrificio, il Fuoco d’Ariete). Questo passaggio dal Silenzio primordiale al Canto è detto, in India, sphota, «apertura» analoga al dischiudersi di un fiore. È il passaggio dall’oscurità alla luce: Parola delle Origini è «massa di suono puro», «etere radiante», «etere che ha la luce del diamante-folgore» (vajra-akasha)”. [10]

“Nei Veda – sottolinea Polia – la Morte, intesa come oscura origine della Vita, per crearsi un corpo canta un inno di lode e questo inno è un canto a piena voce (ark) che si accompagna alla gioia (ka) e crea il Cosmo”. [11]

Prima di proseguire è interessante quanto afferma W. Jaeger (La teologia dei primi pensatori greci): “A quanto pare, l’idea del caos è eredità preistorica dei popoli indoeuropei, poiché deriva da cascw, «essere spalancato», e la mitologia nordica forma dalla stessa radice gap la parola  ginungagap per la medesima idea dell’abisso spalancato che il mondo era da principio”. [12]

Caos, dunque, non è disordine e confusione (l’antitesi caos ordine è moderna), ma è l’abisso spalancato.

La serie runica che precede Raidô rappresenta, come sì è visto,  “il soffio non ancora modulato, non ancora divenuto parola”[13], la potenza del Caos non ancora ordinato dalla parola ordinante del Verbo, la “potenza racchiusa nella «pietra» che può essere ridestata e ordinata”[14] e  il soffio vitale, l’energia divina che anima il cosmo.

In sintesi, le rune descrivono il processo manifestativo dove l’energia divina che anima il cosmo (Ansuz) attiva la potenza racchiusa nella “pietra” che può essere ridestata e ordinata (Purisaz), che si mostra come potenza del caos non ancora ordinato dalle parole del verbo (Ûruz) e come soffio non ancora modulato, non ancora divenuto parola (Fehu). Infine, arriva la parola ordinante: Raidô, suono e movimento dovuto al disserrarsi della “bocca” divina.

Siamo, con tutta evidenza, di fronte al racconto sapienziale della manifestazione.

Torniamo, per concludere, al leone, a Lug il luminoso, che dedica la festività a Lugnasad (1° agosto) alle Dea Madre Tailtiu, alla Madre Terra rappresentata dall’Imago Mater del Cancro: informazione/energia intelligente, informata, significante e cosciente (che è, nel suo manifestarsi, illuminarsi, la Grande Imago).

Il leone è il Verbo, il Lógos, la “nobile energia vitale”, il “Fuoco divino che permette l’inizio dell’individuazione”.

“Dando la parola, il Verbo a qualche cosa, si differenzia questa cosa da ciò che la nasconde, le si prepara un’esistente indipendente sul piano psichico e si rende possibile e reale una relazione logica tra ciò che si è differenziato e ciò che è al di fuori”.  [15]

 

[1] Carlo Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi

[2] Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[3] Yvan Guéhennec, Les Celtes et la parole sacrée, Editions label LN

[4] Yvan Guéhennec, Les Celtes et la parole sacrée, Editions label LN

[5] Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[6] Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[7] Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[8] Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[9] Vedi Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[10] Vedi Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[11] Vedi Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[12] Vedi Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[13] Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[14] Mario Polia, Le rune e i simboli, Il cerchio-Il corallo

[15] Roberto Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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