LA MONTAGNA SACRA TINDAYA

Nov 30, 2023 | STORIA

di Gianfranco Costa

Era tutto il giorno che quel numero mi frullava per la testa: 12. Già diverse volte ho riflettuto sulla sua intrigante presenza nelle varie fasi della mia vita, come quando cominciai a lavorare per quella conosciuta multinazionale dove dapprima come tecnico, poi da nuovo responsabile delle apparecchiature informatiche biomedicali, poi project manager, infine Solution Architect. Rimasi lì 12 anni, poi cambiai, iniziando di nuovo per un altro periodo altrettanto lungo, lavorando duro per raggiungere l’unica vetta possibile, la gestione marketing di una intera linea di produzione. Ma questa volta su quell’isola successe qualcosa di diverso.

Quando arrivai a Fuerteventura non fu per fare carriera. Iniziavo una nuova vita, una completamente differente. Ricordo come fosse ora il mio primo giorno in quella specie di deserto vivo, geograficamente Africa ma di fatto terra europea per storia e conquiste coloniali. E la vidi. Bella, inquietante, magica, potente, incredibilmente attraente: la Montagna Sacra di Tindaya.

Fu amore a prima vista, inondato lì per lì, come da un turbinio di emozioni indescrivibili e mai provate prima d’ora. Dovevo conoscerla. Mi trovavo lì per lei.

Cominciai così a chiedere informazioni, leggere testi recenti e antichi, raccogliere testimonianze, contattare archeologi – tuttora miei carissimi amici – e professori di storia universitari, soprattutto per poi avvicinare associazioni di persone che da molto tempo prima di me s’erano dedicate alla sua protezione. Perché quella Montagna Sacra era minacciata seriamente. Uno strampalato progetto artistico voleva farne una specie di monumento, senza considerare che il monumento già esiste ed è la propria Montagna.

Una quantità impressionante di denaro pubblico, diversi milioni, furono insabbiati tra le pieghe di mille personaggi, aziende, volti noti e meno conosciuti, studi di progettazione e studi di fattibilità, eseguiti dalle stesse aziende interessate al rilascio delle autorizzazioni, fino a mettere gravemente in pericolo la propria stabilità di quelle stesse pietre.

Così cominciò la mia lotta assieme a quella brava gente, passando per mille strade diverse. Dopo aver appreso meglio la lingua locale scrissi molti articoli, feci molte presentazioni pubbliche, cercai di far rivivere nei miei interlocutori la voglia di proteggere la propria storia e la propria identità. Infervorato sempre più, feci di quella missione il mio obiettivo da raggiungere: la protezione di quella meraviglia.

Gli antichi indigeni, probabilmente di origine berbera, la consideravano sacra non perché ne fecero un luogo rituale ma perché sacra già lo era, come quando la propria montagna si vedeva nascondere completamente dietro l’ombra dei rilievi circostanti, precisamente nel giorno del solstizio d’inverno, cosa che quindi per loro probabilmente già doveva essere stata considerata sacra.

Quella montagna è una specie di antenna, in qualche modo è capace di amplificare e rilevare le potenzialità di ciascuno, basta solo essere disponibili a farsi guidare. Nel mio caso anch’io mi lasciai guidare per scrivere un romanzo in spagnolo proprio parlando di lei e della sua imponente magia. Qualcuno che da un po’ mi conosce ha già intuito da tempo che io abbia in realtà scritto e poi anche romanzato certe mie concrete esperienze di meditazione e di accresciuta, accentuata sensibilità, il tutto poi alla fine messo nero su bianco. Credo che quelle energie siano lì da sempre, terribili e bellissime, altissime e imprevedibili, in grado di aprire le più impensate porte, alla ricerca di se stessi.

D’altra parte, proprio per questo, a ciascuno la Montagna Sacra di Tindaya da quello che cerca: reperti e incisioni antiche a chi le cerca, energie e sensazioni per chi si lascia trasportare, pensieri illuminanti per chi cerca spiegazioni. Da sempre funziona così.

Oggi ho ricevuto da una cara amica una notizia attesa da così tanto tempo, nonostante ora io sia lontano fisicamente ma sempre presente in animo: è stato attivato l’ultimo passo formale per proporre l’ampliamento della totale protezione come Bene d’Interesse Culturale (BIC), ultimo gradino per rendere completamente protetta la Montagna e non solo la cima, come fecero in passato alcuni politici malintenzionati per cercare di permettere l’esecuzione di quella mostruosità, col rischio di farla crollare svuotandola dall’interno. Ora il Governo dovrà approvare (o altrimenti cadrà) quanto proposto dal Consiglio del Patrimonio Storico, il quale riporta nel documento tutti gli elementi che determinano l’importanza della protezione totale, praticamente quanto da sempre si è detto in dettaglio da tutti noi per far comprendere l’importanza di questo straordinario tesoro. È stato l’ultimo passo formale prima dell’approvazione che finalmente potrebbe rendere effettiva la protezione integrale contro le speculazioni di tanti che hanno provato a distruggerla.

E così mi è tornata in mente quella carta, la dodicesima dei Tarocchi, come quel prepotente pensiero al numero 12. Dodici anni passati in Spagna per scrivere articoli, organizzare manifestazioni, discussioni in ambito pubblico e politico, presentazioni pubbliche in centri congressi ed eventi per presentare romanzi; tutto per proteggere la Montagna. Dodici, come quel personaggio che periodicamente appare nella mia vita raffigurato come “L’Appeso”, del quale mi pare d’aver letto da qualche parte. La sua simbologia è ricca di accenni di tipo diverso, la maggior parte legata al suo stato. Ha le mani legate, come se dovesse restare lì per riflettere su quanto vissuto finora, manifestando fiducia, come un’occasione per far tesoro dell’esperienza e magari capovolgerla. Pende dalla gamba sinistra, cioè a indicare il lato inconscio. Come tutte quelle emozioni e sensazioni che la Montagna sa far percepire. Come quella carta parla di meditazione, così il fatto di aver vissuto quest’altra tappa della mia vita lottando per l’obiettivo, nel bene (di quanti cioè hanno lottato con me) e nel male (ovvero del malaffare locale). Riflettere per ritrovarsi, meditare per ripartire. Mi sono sentito come pronto ora a proseguire il cammino, forse a cominciarne un altro del tutto nuovo.

Dai Montagna, ancora un passo, quello decisivo. E potrai continuare per tanta altra gente ad essere quello che sei in questo stesso istante e sei stata per me, capace di dare senso e stimolare a crescere, per cercare nuove strade. Grazie a quanti finora hanno lottato con me per lo stesso fine e grazie Montagna Sacra per avermi salvato, per avermi svelato altre realtà ed altre improbabili dimensioni, seppur vicine, magari nascoste e comunque efficaci. Grazie.

Silvano Danesi

Silvano Danesi

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