di Silvano Danesi
Il percorso massonico è un cammino verso la Vera Luce.
L’insieme ritualistico, simbolico, archetipico e mitologico proposto dalla Massoneria va inteso come aiuto al cammino che ognuno deve compiere, sia nello studio e nella meditazione solitaria, sia nel confronto con gli altri viandanti, in piena libertà di pensiero e di coscienza e nel rispetto delle regole che presiedono ad un percorso i cui passaggi successivi ci sono stati consegnati da una catena tradizionale saggia e consapevole.
Il fulcro di un percorso concentrico presuppone l’avvicinarsi progressivo ad un centro che è il “fuoco centrale”, Origine e Principio (Arché) della Vera Luce, simbolicamente rappresentato dal fuoco perenne che è acceso sull’Ara, cuore del Tempio, che è Tempio del Tutto e Tempio dell’Essere umano.
Ci sorregge quanto ci giunge dalla Sapienza antica egizia che ci annuncia che microcosmo e macrocosmo sono una “cosa una”, cosicché il nostro centro di Vera Luce è consustanziale al Centro di Vera Luce del Tutto.
La simbologia del centro è anche nel loto blu, nel Seshen egizio.
Offerta del loto blu alla dea Hathor.
Seshen, considerato sacro dagli Egizi, è emblema di rinascita per la sua caratteristica di chiudere la propria corolla sprofondando nell’acqua la sera e di schiuderla riemergendo all’alba e orientandola verso la luce del sole.
Il nostro Sé, rappresentato dal centro dorato del loto blu, affonda le proprie radici nell’acqua e nel limo, ossia nell’Io, nell’identità del vivente e, al contempo, mantiene costante la sua tensione verso l’Origine della Vera Luce, simbolizzata dal sole, che non è l’astro, ma il “fuoco centrale” del quale l’astro solare è il simbolo.
In conseguenza di quanto afferma la Tradizione, l’iniziato compie il suo primo passo nel cammino ascoltando se stesso per scoprire il proprio Sé, la propria Vera Luce, il proprio nucleo essenziale, seguendo l’indicazione apollinea: “Gnoti seauton”, correttamente tradotta con “Conosci il tuo Sé”.
Il silenzio dell’iniziato acquista in questa ricerca del proprio Sé il suo autentico significato e va corroborato dai suggerimenti necessari a comprendere l’apparato simbolico, archetipico e mitologico che è offerto dalla ritualità e dal Tempio.
La deambulazione attorno al “fuoco centrale” è anche la deambulazione attorno al proprio “fuoco centrale”.
Le tre “stelle” (tre luci accanto all’Ara) sono accese per accendere in noi il rapporto con la Sapienza che illumina (attiva), con la Forza (che avvia l’azione) e con la Bellezza (che irradia).
In questo triangolo di Luce risiede il segreto del nostro essere “Esseri di Luce” in azione individuante (principio di individuazione) che si irradia nel nostro essere umani, incarnazioni dei nostri Sé.
Conoscere il nostro Sé, andare verso il “fuoco centrale”, presuppone il lasciarci illuminare (attivare) da Minerva, la Sapienza divina, il percorrere lo zodiaco delle prove, attingendo all’esperienza di Ercole e acquisire consapevolezza della bellezza (Venere) del nostro corpo e del suo essere irradiamento e compimento del Sé nella realtà materiale dell’umano.
Le laminette orfiche ci sono di aiuto: siamo figli del cielo stellato in quanto “stelle”, Esseri di Luce e della Greve, ossia della gravità (corpi).
Conosciamoci, pertanto, nella nostra interezza di esseri umani non riducibili a sola corporeità materiale, senza però mai dimenticarci che noi, nella Greve, siamo anche corpo e che il corpo è Bellezza (la forma: campo morfogenetico che segue la regola del numero aureo), equilibrio (omeostasi) e che spetta a noi mantenere l’equilibrio del corpo e della mente, delle emozioni e dei sentimenti, per poter camminare con progressiva consapevolezza verso il nostro centro.
Consapevolezza che acquisisce contezza della presenza dell’anima e delle sue facoltà.
Qui siamo oltre i sensi del corpo materiale e la consapevolezza dell’anima ci proietta nell’esercizio dell’intuizione. Siamo nel mondo immaginale, in un mondo di scritture di Luce (photo-grammi).
Analizzando quanto lo scientismo stia costringendo l’essere umano nella camicia stretta della materialità, C.G.Jung scrive. “Oggi non è più la forza dello spirito che ci crea un corpo, ma al contrario la materia che trae dal proprio chimismo un’anima”. [1]
“Abbiamo scoperto – aggiunge Jung, con incisiva notazione critica – che era un’arbitraria presunzione intellettuale dei nostri antenati l’ammettere che l’uomo avesse un’anima sostanziale, che essa fosse di natura divina e perciò immortale, che ci fosse una specifica forza spirituale capace di costruire il corpo, di conservarlo in vita, di guarire le malattie, e che quindi l’anima potesse condurre una vita indipendente; che esistessero spiriti incorporei con cui l’anima entra in rapporto, e così pure un mondo spirituale trascendente questo nostro mondo empirico, da cui l’anima trae la cognizione di quelle cose spirituali la cui origine non può essere ricercata in questo mondo visibile”. [2]
La ragione può condurci a scoprire progressivamente le leggi che regolano la Natura (Venere), ma è l’intelligenza e l’intuizione che ci consentono di andare oltre il sensibile per acquisire consapevolezza dell’intelligibile.
Scrive Eraclito: “Per quanto tu possa camminare, e neppur percorrendo intera la via, tu potresti trovare i confini dell’anima: così profondo è il lógos” (frammento 45).
Porsi nella prospettiva dei confini dell’anima significa porsi da un punto di vista che trascende la vista e la vita umana particolare.
All’iniziato si aprono nuove visioni prospettiche, ma comincia anche a presentarsi il compito, attualissimo, di riportare l’anima nel mondo materializzato da chi ci vuole costringere nella sola materia.
Eraclito, in un altro frammento ci consiglia: “Quest’ordine del mondo, che è lo stesso per tutti, non lo fece né uno degli dèi, né uno degli uomini, ma è sempre stato ed è e sarà fuoco sempre vivo in eterno, che al tempo dovuto si accende e al tempo dovuto si spegne”. (Frammento 30).
L’alternarsi di vita e di morte, di attivazione e di disattivazione, non elimina il fuoco che è sempre vivo in eterno. Sotto la cenere l’Araba Fenice è pronta a rinascere.
Quali sono le facoltà dell’anima?
Come possiamo attivarle, conoscerle servircene per procedere sulla via della Vera Luce?
Che rapporto ha l’anima con il corpo e con il Sé?
Cosa significa quanto ci dice Eraclito che il lógos dell’anima è così profondo?
Il lógos è la legge eterna, è fuoco sempre vivo, è Luce attivante ed è Luce degli esseri umani. L’essere umano fa parte del Tutto ed è pervaso dal lógos.
Il lógos è misura, è ordine e il suo essere legge eterna si riflette anche nella legge degli esseri umani e nella legge della polis.
Ancora Eraclito: “Esiste una sola sapienza: riconoscere l’intelligenza che governa tutte le cose attraverso tutte le cose”. (Frammento 41).
Il richiamo è esplicito all’intelligenza del Tutto o al Tutto come intelligenza. Concetto che troviamo nell’egizia Sia o Sa.
L’iniziato prende coscienza di essere un collaboratore del lógos.
All’iniziato compete anche la comprensione del rito osiriaco che si cela sotto la leggenda massonica di Hiram.
Il Maestro Hiram muore come essere umano. La morte avviene con gli strumenti della Greve e con l’azione della materialità.
Ad uccidere il Maestro sono tre esseri incarnati.
A sollevare nella resurrezione (re-surgo, mi rimetto in piedi) sono tre Luci, ossia tre Esseri di Luce, i quali non sollevano un corpo materiale, ma un Corpo di Luce, un Akhu, che contiene e avvolge l’intelligenza Sia in azione Hu, ossia il nostro Sé, il nostro nucleo essenziale in azione, non più nella materia, ma nella Luce.
Ogni grado e ogni passaggio hanno una propria collocazione precisa nella ritualità.
In questo esordio di terzo millennio avanza con grande forza e determinazione il transumanesimo in tutte le sue forme.
Il Sé, l’anima, ogni dimensione spirituale sono accantonati. Prevale lo scientismo che guarda solo al corpo e alla mente, con l’intento di trasferire quest’ultima anche in un corpo non umano.
Riproporre l’anima, il Sé e l’essere umano corporeo come un complesso che comprende un nucleo di Intelligenza (Sia), avvolto in un Corpo di Vera Luce (energia vitale potenziale), proiettata in un Corpo di Luce (anima, mondo immaginale, photo-gramma, scrittura di Luce), che illumina (attiva) un corpo materiale e che, quando il transito terreno ha la sua conclusione, si stacca e torna alla sua dimensione luminosa, significa capovolgere la logica transumanista.
Lavorare a questa impresa significa anche andare a ricercare, come fece Elias Hashmole nel Seicento congiungendo la Tradizione con la ricerca scientifica, nuovi nessi tra Tradizione e scienza.
Elias Ashmole
Lavorare a questa impresa significa far tesoro dello sforzo di uomini come Isaac Newton, il quale per tutta la vita tentò di scoprire l’agente divino che operava nel determinare la realtà. Lo identificò nella luce, nell’elettricità e nel lógos.
Elias Ashmole ha dato corpo ai rituali ancora in uso.
Nei rituali e nella simbologia ad essi connessa sono racchiusi tesori tradizionali e scientifici che vanno riscoperti.
Oggi la scienza, quella vera, quella che ricerca senza dogmi e senza condizionamenti del potere, ha fatto enormi passi avanti nel tendersi verso la Sapienza.
Se, come dice Eraclito, “esiste una sola sapienza: riconoscere l’intelligenza che governa tutte el cose attraverso tutte le cose”, allora è compito nostro indagare le cose, le leggi di Natura, per trovare al loro interno l’intelligenza che le governa, sapendo che quell’intelligenza è anche in noi.
E così torniamo al consiglio apollineo: “Gnoti seauton”. Conoscendo noi stessi e indagando le leggi che si esplicano in noi, possiamo scoprire l’intelligenza che opera in noi, il nostro Sé e acquisire la consapevolezza che non moriamo, perché il nostro “fuoco centrale”, come il “Fuoco Centrale”, è sempre vivo.
[1] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri
[2] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri