di Silvano Danesi
Il Solstizio d’Inverno, che avviene, secondo le coordinate astronomiche, sabato 21 dicembre 2024, alle ore 10:20 e secondo l’astrologia zodiacale nel segno del Sagittario, costituisce il passaggio dalla ricerca del senso, alla coscienza dell’origine.
Il segno zodiacale nel quale si colloca il periodo solstiziale, dopo l’inversione del ciclo in Sagittario, è il Capricorno, simbolo dell’informazione-energia originaria, che è anche acqua celeste primordiale.
Al punto enantiodromico dell’inversione del cammino del sole, corrisponde il punto enantiodromico della rinascita coscienziale dell’essere umano, il quale, dopo essere passato nel segno della Sagitta, della freccia, segno di fuoco, che rappresenta lo slancio verso l’iniziazione sacra, entra nella coscienza dell’Origine e del suo essere originato e originale (che appartiene all’origine).
Il segno zodiacale del Sagittario segna il passaggio dalla percezione mediata dei sensi o dalla ragione, “alla appercezione immediata dei Principi e dei loro rapporti: la coscienza individuale accede al piano delle cause prime”.[1] Il Sagittario è il simbolo della coscienza che si fonde con la sfera del sovrasensibile.
La Sagitta è l’indicazione simbolica della vita che trova il suo senso nell’orientarsi verso l’Origine, nella coscienza che il Tutto è contestualmente potenza e atto, nascosto ed evidente, immanifesto e manifesto e che l’infinita Informazione, intelligente e cosciente, che con propria forza diviene come energia, è l’origine dinamica della vita.
In altri termini possiamo dire che un immenso deposito di informazione (un punto a-spaziale e a-temporale), che ha in sé una forza (luce primordiale in potenza) entra in azione come energia informata ed entrando in azione agisce in un campo secondo schemi vibrazionali misurabili nella loro frequenza e che l’energia è governata dalla luce (dalla sua velocità c) nel suo rapportarsi a sé stessa come materia (E=mc2).
Nel linguaggio proto indoeuropeo le acque celesti primordiali Na, contengono la luce primordiale Ka, che si manifesta come Eka.
La duplice natura del Capricorno di acqua primordiale celeste (simbolo il pesce) e di terra (simbolo capra) ne fa il simbolo dell’Archè, del Nun egizio, del Na indoeuropeo.
Le acque sono in attesa di riversarsi. I successivi segni zodiacali saranno in tema: Acquario, Pesci.
Solo con l’Ariete, il figlio della Capra, Agnus Dèi, si uscirà dal simbolismo delle acque primordiali per entrare nel simbolismo della luce manifesta e della materia.
La Capra, simbolo della Madre del Mondo, è l’archetipo della Grande Madre ed è il simbolo dell’Energia Originaria: azione dell’Origine.
Siamo ora arrivati, seguendo la Sagitta, nel cuore del Tutto, dell’Archè, dell’informazione – energia intelligente, significante, informata e cosciente che è anche, nel suo manifestarsi (illuminarsi) la Grande Imago, l’Anima Mundi e dalla quale origina ogni cosa e alla quale aspira l’essere umano nella sua nostalgia del ritorno.
Il Capricorno è così la Porta Celeste dello Zodiaco che si apre verso l’Origine, dopo che il Sagittario ne ha indicato il senso, nell’accezione di direziona significativa e significante.
Orientarsi verso l’Origine, seguire l’indicazione della Sagitta, significa aprirsi alla vita, nella sua accezione più ampia, in termini di rinascita, dopo che al Solstizio d’Estate si è compiuta l’inversione che dalla pienezza della vita porta alla consapevolezza e all’accettazione della morte.
Con il Solstizio d’Estate, quando prevale la luce evidente, inizia il declino. “Nella seconda metà dell’esistenza – scrive Jung – rimane vivo soltanto chi, con la vita, vuole morire. Perché quello che accade nell’ora segreta del mezzogiorno della vita è l’inversione della parabola, è la nascita della morte”. [2]
E così, al Solstizio d’Inverno l’inversione della parabola, l’enantiodromia, porta alla rinascita della vita, dopo aver riguadagnato il sentiero che porta alla Vera Luce.
La Sagitta ci ha indicato il senso, nell’accezione di significato e di direzione. E il senso è quello di guardare all’Origine, comprendendo che sia la vita, intesa come transito terreno, sia la morte, come abbandono del transito, sono elementi di un unico grande percorso esperienziale del quale fa parte anche la morte.
“Noi – scrive Jung – attribuiamo uno scopo e un senso al sorgere della vita; e perché non dovremmo fare altrettanto per il suo declino?. […] il non prendere posizione di fronte alla morte come scopo è nevrotico quanto il reprimere durante la giovinezza le fantasie rivolte all’avvenire”. [3]
Aprirsi al significato, al senso profondo dell’esistenza, comporta fare i conti con due archetipi che costituiscono i due pilastri che reggono le fondamenta del transito terreno: Eros e Logos, entrambi azioni dell’Arché, ossia dell’Origine alla quale la Sagitta ha indotto la nostra attenzione.
Eros e Logos sono anche i due pilastri del rapporto tra il maschile e il femminile dal quale scaturiscono il perpetuarsi della vita e l’equilibrio delle relazioni umane.
Relazioni umane che, “contrariamente alle descrizioni obiettive, passano proprio attraverso la «sfera dell’anima», regno di mezzo che si estende da mondo dei sensi e degli affetti fino allo spirito e contiene qualcosa di ambedue, senza venir meno alla sua natura caratteristica”. [4]
Se non si compie l’errore di scambiare Eros con sessualità, ci si accosta al tema del maschile e del femminile come relazione di anime.
Eros è il “grande demone” dell’amore, come lo chiama Diotima nel dialogo con Socrate contenuto nel Simposio di Platone.
Eros “è qualcosa di intermedio fra mortale e immortale” e “ha il potere di interpretare e di portare agli dèi le cose che vengono dagli uomini e agli uomini le cose che vengono dagli dèi”. Ogni “desiderio per le cose buone e dell’essere felice per ciascuno è il grandissimo e astuto Eros”.
Nel dialogo tra Diotima e Socrate emerge il punto centrale, nodale, essenziale, del percorso iniziatico indicatoci dalla Sagitta: l’Atto d’Amore.
L’Atto d’Amore, dice Diotima, “è un parto nella bellezza, sia secondo il corpo, sia secondo l’anima”. “Tutti gli uomini, o Socrate – continua Diotima – sono gravidi secondo il corpo e secondo l’anima” e Amore è “generare e partorire nella bellezza”.
Perché l’amore della generazione alberga negli esseri umani?
“Perché – dice Diotima – la generazione è ciò che ci può essere di sempre nascente e di immortale in un mortale”.
Alcuni uomini sono fecondi nel corpo e altri nell’anima. Cosa conviene all’anima?
“La saggezza e altre virtù”.
L’essere umano impara a riconoscere la bellezza nei corpi, la bellezza nell’anima e, al colmo dell’iniziazione, la bellezza nel Bello in sé.
È in questa linea guida che acquistano significato gli aspetti generativi dell’Antropocosmo e le varie fasi dell’iniziazione, che conducono alla conoscenza della scintilla divina che è in noi e che è riflesso del Bello in sé.
L’essere umano impara la sua eternità, che implica la generazione, nel corpo e/o nell’anima, ossia l’Atto d’Amore, senza il quale l’essere umano viene meno al suo destino.
Il conoscere sé stessi, principio fondamentale del percorso massonico, è ri-conoscere il proprio daimon, ossia quella parte essenziale ed immortale di noi che ci guida, in quanto persone (maschere sul teatro della vita terrena) a realizzare il nostro progetto compiendo Atti d’Amore, ossia atti creativi.
“Con ciò – scrive Jung – entriamo nel dominio vero e proprio della donna. La sua psicologia è basata sull’Eros, il grande impulso che lega e libera, mentre all’uomo fu sempre attribuito quale principio supremo il Logos. In linguaggio moderno il concetto di Eros potrebbe essere espresso come «relazioni delle anime» e il Logos come «interesse obiettivo».[5]
Nel tempo Eros e Logos sono stati vissuti in opposizione come impulsi di irrazionale e di razionalità, cosicché si è giunti ad una percezione in base alla quale “per l’uomo l’Eros appartiene al regno delle ombre e lo avvolge nell’inconscio femminile, nella «sfera dell’anima»; mentre per la donna il Logos è un ragionare mortalmente noioso, quando non addirittura temibile e ripugnante”. [6]
La Sagitta ci indica la strada della ricomposizione.
In questo contesto, infatti, Jung pone la questione della “rispettabilità”, ossia del mostrare sé stessi in modo rispondente all’aspettativa generale, che è questione che esula dalla piena realizzazione di sé stessi, per aderire alla morale del tempo, della tribù, della società, del gruppo.
“La donna moderna – sostiene Jung – si è resa conto del fatto incontrovertibile che essa può attingere al massimo o al meglio di sé soltanto nello stato dell’amore, e la scienza di ciò la porta alla conoscenza di un altro fatto: l’amore sta al di sopra di ogni legge; ma contro di ciò s’innalza la sua rispettabilità personale”. [7]
Anche l’uomo, in un mondo che richiede razionalità e adesione all’aspettativa generale, si rende conto che la rispettabilità, come adesione agli schemi sociali, non basta.
Il rispetto va ricondotto al suo etimo di respicere, guardare nuovamente, con i significati di assistere, avere attenzione, avere cura, preoccuparsi di qualcosa o di qualcuno.
“La donna si convince sempre più – afferma Jung – che solo l’amore sarà in grado di conferirle una statura più piena; così come l’uomo comincia a sospettare che solo lo spirito saprà dare un senso supremo alla sua vita; e in fondo sono ambedue alla ricerca di una mutua relazione delle loro anime, perché per raggiungere il compimento l’amore ha bisogno dello spirito e lo spirito dell’amore”. [8]
La duplice natura del Capricorno è simbolicamente indicativa anche della duplice natura della manifestazione della vita, dove Eros e Logos devono essere in relazione sintonica, distinti ma non separati, interagenti per raggiungere il compimento nella vita terrena e per dare un senso supremo all’esistenza.
[1] Roberto Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio .
[2] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri
[3] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri
[4] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri
[5] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri
[6] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri
[7] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri
[8] Carl Gustav Jung, Realtà dell’anima, Bollati Boringhieri