Pur avvolta nel massimo segreto, la “Casa della Vita” manifesta la sua esistenza sin dall’Antico Impero. Il materiale raccolto da A. Gardiner[1] aveva indicato, come la sua più antica attestazione, due decreti dell’epoca di Pepi II della sesta dinastia. Ma il geroglifico che designa tale istituzione appare tracciato anche sui blocchi della piramide sepolta scoperta da Zakaria Goneim a Sakkara e attribuita al re Semerkhet della III dinastia, il che farebbe coincidere la prima testimonianza con gli albori stessi dell’Antico Impero.
Gli scarsi elementi, desunti da testi di varie epoche che fanno riferimento alla “Casa della Vita”, ci consentono di avere una idea sufficientemente chiara dei suoi scopi e della sua organizzazione. Il nome stesso ne indica il fine fondamentale: la Vita. Un selezionato corpo di professionisti della magia elaborava, trascriveva e pronunciava le formule teurgiche destinate a mantenere vive e vitali le forze cosmiche proteggenti l’Egitto, quelle per mantenere vivo il nome del Faraone ed assicurare a questi la vittoria contro i nemici nello stesso modo che a Ra veniva assicurata la vittoria contro le forze delle tenebre quotidianamente in agguato. Tali testi erano tradizionalmente attribuiti ad ispirazione divina e in particolare Thot e Horo ne erano considerati i creatori e redattori originari. Nel Papiro Leyda 347, Horo è definito: “Signore delle Parole, di rango esaltato nella Casa della Vita, un creatore nella biblioteca”.
Il Papiro Salt 825 (Brit. Mus. 10051) contiene le regole per la costruzione della “Casa della Vita” indicandone la planimetria.
Il testo è il seguente: “Circa la “Casa della Vita” essa deve essere in Abido. Composta di quattro corpi, quello interno sarà coperto di frasche. Il “Vivente” sarà Osiride mentre le mura saranno Iside, Neftis, Horo e Thoth. Questi sono i quattro lati. Geb (il dio della terra) sarà il suo pavimento e Nut (la dea del cielo) il suo soffitto. L’”Essere occultato in essa” sarà il Gran Dio. I quattro corpi esterni saranno in pietra e il pavimento in sabbia, mentre quattro porte si apriranno: una a sud, una a nord, una a ovest e una a est. Deve essere in luogo nascosto e spaziosa. Non deve essere né conosciuta né vista, ma il sole deve guardare i suoi misteri. Chi vi può entrare è il personale di Ra e gli scribi della “Casa della Vita”. Per quanto riguarda il personale stabile, il sacerdote “calvo” è Shu, lo sgozzatore è Horo che uccide i ribelli per suo padre Osiride, e lo scriba dei sacri libri è Thoth, lo stesso che deve recitare le glorificazioni rituali nel corso di ciascun giorno, non visto, non udito. Puri di bocca e riservati di corpo e di bocca, essi sono lontani da improvvisa morte. Nessun Asiatico dovrà entrare (nell’edificio) né dovrà vederlo… I libri che sono contenuti in esso sono le emanazioni di Ra e servono a mantenere in vita questo dio e a rovesciare i suoi nemici. Il personale stabile della “Casa della Vita” (è costituito) dai seguaci di Ra che proteggono suo figlio Osiride ogni giorno”.
La consacrazione delle varie parti dell’edificio, basata sulla assimilazione delle mura, del soffitto e del pavimento alle divinità del ciclo osiriano, mostra il carattere sacro di questa istituzione. Osiride è l’elemento animatore, il “Vivente”, ed è curiosa la sua associazione con Ra, di cui è dichiarato “figlio”. La sua genealogia ufficiale in tutte le versioni, ivi compresa quella tarda di Plutarco, lo considera figlio di Geb e di Nut. Non solo, ma la più antica documentazione reca tracce evidenti di una contesa teologica tra la religione aristocratica del dio Sole, Ra, e quella democratica di Osiride. La vittoria di quest’ultimo si manifesta già nei Testi delle Piramidi accentuandosi nelle epoche successive e non stupisce quindi la mescolanza delle due simbologie, quella solare e quella osiriaca. Nel caso in esame si tratta però più di una “solarizzazione” dell’elemento osiriaco che viceversa. Osiride è infatti considerato “figlio” di Ra ed è quindi in una posizione subordinata. Un papiro del Museo del Cairo che contiene la qualifica di “Casa della Vita” mostra Osiride che risorge dal letto funebre affiancato da Iside e da Neftis, mentre sul capo – al posto delle corone abituali abbandonate sotto lo stesso letto – reca il disco solare e l’uomo.
La “solarità” della “Casa della Vita” è messa ancora in evidenza dalla prescrizione che, pur nella massima segretezza di ubicazione, il “sole deve guardare i suoi misteri”: i riti, cioè, venivano compiuti alla luce del giorno e il sole irradiava ovunque data la mancanza di soffitto, limitato al sancta sanctorum ricoperto di frasche. Il carattere di segretezza che avvolgeva tale istituzione e i testi magici ivi contenuti emerge anche da un altro passaggio del Papiro Salt 825 che tratta di un libro da farsi il ventesimo giorno del primo mese dell’Inondazione. La prescrizione è la seguente: “Non devi divulgarlo. Chi lo divulga muore di morte improvvisa e di subitanea soffocazione. Devi tenertene assai lontano: attraverso di esso si vive o si muore. Deve essere letto solo da uno scriba del laboratorio il cui nome si trovi nella “Casa della Vita” “.
Tra i testi magici ivi elaborati per controbattere le forze tifoniche contrastanti il cammino di Ra ve ne è uno, che esamineremo in dettaglio, contenente un passaggio significativo emendato da Posener sulla originale traduzione di Faulkner del Papiro Bremner-Rhind: “Questo è un libro segreto della “Casa della Vita” che nessun occhio (profano) deve vedere: il “Libro per rovesciare Apep” “.
Le formule in questione dovevano essere lette da un sacerdote appartenente al personale “stabile” della “Casa della Vita” e, con tutta probabilità, da quello che incarnava Horo, “lo sgozzatore che uccide i ribelli per suo padre Osiride”.
Dall’esame delle varie attività della “Casa della Vita” abbiamo un quadro esatto dei vari aspetti della magia egiziana. Innanzi tutto la teurgia: i riti più segreti ed elevati che dovevano accompagnare ed assistere i processi nel macrocosmo in modo da evitare qualsiasi intoppo nella macchina cosmica e che dovevano estendere la loro benefica influenza nell’ambito sociale terrestre. La comunione del sovrano con le superiori entità solari e la conferma del carattere di medium attribuita alla sua persona, vero ponte tra tali forze e il suo popolo, formavano oggetto di riti e cerimonie appropriate. Le sacre processioni sacerdotali descritte sulle pareti dei templi sono aperte spesso da personaggi dagli abiti lunghi sostenenti nelle mani rotoli di papiri e definiti: “Amici e Maestri della Magia”. Nel tempio di Osorkon II si distinguono anche due “Maghi protettori del re del Basso Egitto”.
La difesa del sovrano da ogni nemico segue la stessa tecnica usata nei confronti di Ra e di Apep: l’impiego di immagini in cera o terracotta iscritte con testi magici deprecatori e poi distrutte. La vita del dio e del sovrano richiedeva la morte del nemico.
A fianco della teurgia, il personale della “Casa della Vita” praticava la magia naturale, quella destinata cioè ad assistere le persone nelle varie circostanze della vita. Così nel Papiro Magico Harris è contenuto un incantesimo da pronunciarsi sopra un uovo di argilla da gettarsi nella acque del Nilo onde essere assicurati contro ogni pericolo. Il testo specifica : “La prima formula di tutti gli incantesimi per l’acqua, riguardo alla quale i Capi hanno stabilito: Non aprire il tuo cuore su ciò ad alcuno straniero. E’ un vero segreto della “Casa della Vita” “.
Si deve logicamente presumere che in questa istituzione venissero consacrati i prototipi degli amuleti e dei testi magici profilattici, successivamente copiati dagli appositi scribi (il cui nome era cioè iscritto nei registri della “Casa della Vita”) nelle altre parti del Paese.
Infine la magia funeraria veniva anch’essa praticata in tale ambito come risulta dai documenti originali. Una stele di Hawara, riferendosi al defunto, precisa: “… il tuo nome sarà pronunciato dal personale della “Casa della Vita” mentre leggeranno le glorificazioni”, ed un papiro aggiunge: “il tuo cibo si concreta nella biblioteca, le tue provvigioni entrano in essere nella “Casa della Vita” “. Le offerte funerarie erano considerate essenziali per la sopravvivenza del Ka che di esse si alimentava sul piano iperfisico, mentre la sopravvivenza del nome era la conditio sine qua non per il mantenimento della propria individualità nell’oltretomba.
Mura tombali e papiri funerari venivano iscritti con le formule dei libri sacri ed anche in questa funzione primeggiavano i maghi della “Casa della Vita”. La stele Louvre C.232 così si esprime: “O voi tutti sacerdoti che penetrate nelle parole del dio e siete abili nelle scritture, voi che siete stati illuminati nella “Casa della Vita” e avete scoperto le vie degli dèi, voi che siete penetrati negli archivi della biblioteca, che siete abili nei lavori degli Antenati, che comprendete l’essenza di ciò che è scritto sui muri, voi che iscrivete le tombe e che interpretate i misteri… “.
Dall’esame di quanto si è qui riportato può desumersi appieno l’importanza della “Casa della Vita”, questa suprema università magica che ha accompagnato dall’Antico Impero alla tarda epoca tolemaica, tutte le fasi storiche dell’Egitto.
(Tratto da Testi e Simboli magici Egiziani)