
BERESHIT B: Versetto 254
La LUCE BLU della candela consuma e distrugge sempre l’oggetto grezzo preparato per essa, cioè lo stoppino, perché la luce blu consuma e brucia tutto ciò con cui entra in contatto sotto di essa. E poiché la sua natura è quella di consumare e bruciare, è la fonte della distruzione e della morte di tutti. LA LUCE BLU È IL SEGRETO DELLA NUKVA, O ALBERO DELLA CONOSCENZA, DA CUI HANNO ORIGINE LA MORTE E LA DISTRUZIONE. Pertanto, consuma qualsiasi cosa si colleghi al basso.
La Shekhinah (luce blu) si nutre di ciò che sta sotto di lei, e in ciò sta il suo segreto. Essa rappresenta l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male (Etz ha-daat tov ve ra) uno dei due alberi in Gan Eden specificamente nominati nella Torah, unitamente all’Albero della Vita (Etz Chaim).
L’Albero della Conoscenza è anche chiamato Albero della Morte, visto l’ammonimento ricevuto da Adamo ed Eva sulle conseguenze nel caso in cui ne avessero mangiato i frutti. Si noti però che sotto questo nome circolano delle versioni dell’Albero della Morte (rappresentato come pseudo controparte dell’Albero della Vita e dotato di pseudo sephirot oscure definite fantasiosamente come kelipot[1]) create nel XX secolo da alcuni famosi occultisti e completamente prive di qualsiasi connessione con il nostro argomento e forse con la realtà in generale.
In effetti lo Zohar cita alcune kelipot nominativamente: Mashchith (distruttore) in relazione a Chesed; Aph (rabbia) in relazione a Gevurah, e Hema (ira) in relazione a Tiphereth. Altre kelipot nominate nello Zohar sono: Avon (iniquità), Tohu (senza forma), Bohu (vuoto), Esh o Tehsh (fuoco) e Tehom (profondo), anche se queste kelipot non sono poste in relazione a particolari sephirot. Sebbene lo Zohar affermi la corrispondenza tra sephirot e kelipot, rimane silente sul sistema nella sua globalità.
Il ciclo di morte e rinascita della materia non elevata costituisce la ruota che fornisce il combustibile per il funzionamento della fiamma blu.
Secondo Rashi e il Ramban, l’Albero della Conoscenza e il consumo del suo frutto rappresentano l’inizio della commistione tra bene e male. Prima di allora, le due cose erano separate e il male aveva solo una vaga esistenza potenziale. Sebbene prima di mangiare il frutto esistesse la libera scelta, il male esisteva come entità separata dalla psiche umana e non era nella natura umana desiderarlo. Mangiare e interiorizzare il frutto proibito ha cambiato le cose e così sarebbe nato negli esseri umani lo yetzer hara, l’inclinazione al male.
BERESHIT B: Versetto 255
La LUCE BIANCA che prevale sulla LUCE BLU non consuma né distrugge mai, e non cambia mai colore. È LA LUCE DEI CHASSADIM[2], CHE NON CAMBIA E NON DIVENTA MAI GROSSOLANA E CHE È LIBERA DAL GIUDIZIO. PERTANTO, NON DISTRUGGE E NON CAMBIA. Per questo Mosè disse: “Hashem, il tuo Elohim, è un fuoco che consuma”. È perché il fuoco consuma e distrugge tutto ciò che c’è sotto di esso che MOSÈ disse “il vostro Elohim” e non “il nostro Elohim”. Mosè era un CARRO della luce bianca superna che non brucia né distrugge e che non può essere toccata dai giudizi.
Mosè dice “Hashem, il VOSTRO Elohim” e non “Hashem il Nostro Elohim” perché ha raggiunto il livello di Tiphereth. Egli è un carro (merkavah) della Luce Superna, quella bianca.
La Luce Superna è immune dai giudizi perché questi sono riservati al livello di Malkhut.
Nello Zohar è scritto: “L’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, se sono ricompensati, sono buoni, se non sono ricompensati, sono cattivi”.
Nel Commento del Sulam[3] si spiega che, se viene ricompensato, la Midat ha Din [qualità del giudizio], la Behina Dalet[4] non mitigata, viene nascosta e la Midat ha Rachamim [qualità della misericordia] viene rivelata; cioè, Malchut che è mitigata in Midat ha Rachamim viene rivelata. Ma se non viene ricompensato, è il contrario, cioè viene pienamente rivelata la qualità del giudizio e occultata la qualità della misericordia [5].
Per comprendere meglio si consideri ciò che è scritto “Abba (Padre) dà la bianchezza” ovvero, abbassa Malchut da tutti i 32 percorsi nel suo luogo ultimo alla fine dell’albero, alla sua qualità di polvere, il suo punto estremo. Ciò provoca che le Sephirot vengano sbiancate e ripulite, grazie all’Aviut (grossolanità) di Malchut, della Midat ha Din della “qualità di giudizio” che c’era in loro, dal momento che la prima rottura delle sephirot avvenne proprio a causa di questa qualità di Malchut non mitigata.
Ma in Malchut abbiamo anche un’altra qualità, positiva, ed è quella in cui Malchut è definita “terra” e non “polvere”, che è “Malchut al posto di Malchut” ovvero la Midat ha Din (La qualità del Giudizio).
Grazie alla risalita possibile attraverso la Torah e le mitzvot, Imma (Madre) regala la misericordia quando Malchut viene mitigata in Binah e il suo luogo diventa “Malchut che è salita a Binah.” In questo ultimo caso Malchut è chiamata terra e viene dotata quindi della qualità della misericordia, Midat ha Rachamim. Al contrario polvere è chiamata “Malchut nel posto di Malchut” quindi incarna Midat ha Din (La qualità di giudizio).
Dobbiamo comprendere il significato di “rivelazione” e “occultamento”. Si sa che l’uomo è composto da virtù e buone qualità, ma anche da cattive qualità. Questo perché “non c’è uomo giusto sulla terra che faccia il bene e non pecchi”.
In altre parole, c’è sempre una carenza in una persona, qualcosa da correggere; altrimenti questa persona non avrebbe più nulla da fare nel mondo ai fini della sua reintegrazione.
Si pensi a due persone che si conoscano e stringano una forte amicizia e all’improvviso uno dei due venga a sapere che l’altro gli ha fatto del male. L’offeso si allontanerà immediatamente e non potrà guardare o stare vicino al suo amico. Ma poi si avvicinano di nuovo e fanno pace.
I nostri saggi ammoniscono: “Non placare il tuo amico mentre è arrabbiato”. La domanda è: “Perché?” Mentre è arrabbiato l’offeso vede solo la colpa dell’altro e non può perdonarlo comunque, poiché la colpa dell’amico viene rivelata e le sue buone qualità – per le quali l’ha scelto come amico – sono ora coperte e viene rivelata solo la sua colpa. Quindi, come si può parlare a qualcuno che è ostaggio dell’ira?
Ma dopo un po’ di tempo, quando egli dimentica il male che l’amico gli ha causato, può riscoprire le buone qualità di quest’ultimo e l’offeso può celare a sé stesso le cattive qualità dell’amico, cioè può far rivivere il ricordo delle buone qualità dell’amico medesimo.
Naturalmente, quando non si dà forza e nutrimento alle cattive qualità dell’amico, queste vengono messe da parte e nascoste. Questo perché, quando si parla di qualcosa, il discorso dà forza e sostentamento alla cosa di cui si parla. Quindi, quando la rabbia è dimenticata, cioè quando il dolore che l’amico gli ha procurato perde il suo peso, è possibile iniziare a parlare delle cose positive che ha ricevuto dalle buone qualità dell’amico.
Ancora più chiaro è l’esempio costituito dai rapporti tra marito e moglie. A volte i coniugi sono così in disaccordo che desiderano separarsi l’uno dall’altra. Eventualmente poi si rappacificano. La domanda è: “E le cose brutte che sono successe tra loro mentre litigavano? Sono forse uscite dal mondo?”
In effetti, dobbiamo dire che per fare pace i coniugi hanno nascosto i motivi di discordia, cioè le cattive qualità che ognuno vedeva nell’altro, e ora, nel nuovo clima di distensione, ognuno di loro ricorda solo le buone qualità dell’altro, le virtù per cui originariamente hanno deciso di unirsi in matrimonio.
Ma anche in questo caso, se qualcuno tra gli amici o i familiari venisse a parlare con l’uomo o la donna e mostrasse i difetti dell’altro, darebbe forza e vitalità alle cose cattive che essi hanno sofferto e in seguito nascosto, e metterebbe nuovamente a nudo tali manchevolezze. In questo stato, potrebbe addirittura avvenire una rottura definitiva tra i coniugi.
Allo stesso modo, nei rapporti tra due amici, se una terza persona arrivasse e iniziasse a mostrare a uno dei due i difetti e le deficienze dell’altro, rivelando i suoi segreti peggiori, darebbe a questi ultimi forza e vitalità, e quella terza persona potrebbe causare la fine di quella amicizia.
Forse è questo il motivo per cui la maldicenza (lashon hara) è vietata anche quando è vera, perché rivela cose che prima erano nascoste. Comunemente si crede che sia salutare svelare queste supposte verità sgradevoli ma tale comportamento provoca l’opposto: nasconde le virtù e rivela i difetti di una persona, causando così solo odio e separazione. E anche se tutto ciò che viene detto sia vero, il risultato è quello che è stato detto sopra: tutto dipende da ciò che viene rivelato e da ciò che viene nascosto.
È lo stesso tra l’uomo e il Creatore. Quando il male dell’uomo è coperto e una persona si considera virtuosa, si sente qualificata per impegnarsi nella Torah e nelle Mitzvot, poiché è degna di salire di grado. Ma quando è il contrario, e le sue virtù sono coperte e solo i suoi svantaggi sono rivelati, non può impegnarsi nella Torah e nelle Mitzvot perché il soggetto pensa di essere inadatto e perde la speranza.
Così questo soggetto finirà a godersi i piaceri materiali come un animale e non come un essere umano. Il Baal HaSulam disse a questo proposito che di solito, finché uno si impegna nella Torah e nelle Mitzvot, sente la sua bassezza, mentre quando si impegna in questioni materiali, non sente alcuna bassezza.
Ma sarebbe più logico il contrario: mentre la persona indulge in questioni materiali dovrebbe percepire la propria bassezza e perciò dovrebbe affrontare la materia senza alcuna passione, mentre la stessa persona se si impegnasse nella Torah e nelle Mitzvot, dovrebbe considerare sé stessa integra e agire con grande vivacità in base a tale convinzione.
BERESHIT B: Versetto 256
Venite a vedere: Questa LUCE BLU non può risvegliarsi, accendersi o collegarsi alla LUCE BIANCA senza che Yisrael vi si colleghi da sotto. Questo è lo stesso collegamento dello STOPPINO alla LUCE BLU.
Il ruolo di Israele è essenziale per la reintegrazione. La sua azione risulta necessaria affinché si realizzi la Santa Unione.
La ragione di ciò è che lo scopo stesso della Creazione è che l’azione dal basso provochi l’ascesa dei mondi di nuovo alla loro origine ultima.
Ma cos’è Israele? Secondo Jonathan Udren di Kabbalah Online, sito dell’Ascent di Tzfat[6], “Nelle parole più convenzionali della Torah si celano segreti che non riguardano solo la realtà spirituale nascosta, ma anche il grande impatto che si ottiene attraverso l’azione individuale nel mondo fisico. Rabbi Yaakov Abuchatzera (1807-1880), il più famoso tra i cabalisti marocchini, insegna che la parola “Israele” può essere letta come un acronimo di “Yesh Shishim Ribo Otiot LaTorah”, che significa “Ci sono seicentomila lettere nella Torah”. Pertanto, Israele non lasciò l’Egitto finché non fu in numero di seicentomila, affinché ogni anima fosse sostenuta da una lettera della Torah”. In altre parole, le 600.000 anime della Nazione di Israele presenti alla consegna della Torah avevano ciascuna una lettera corrispondente all’interno delle 600.000 lettere della Torah.
Come vedremo, questo singolo concetto allude a diversi altri concetti mistici fondamentali che riguardano la comprensione della Torah come individuo e come collettività. La prima cosa da capire è che ogni ebreo è collegato a una delle 600.000 anime che hanno ricevuto la Torah. Il grande cabalista italiano del XVII secolo Rav Moshe Chaim Luzzato, noto come il RaMCHaL, spiega che Abramo è la radice del popolo ebraico e che tutti i 600.000 rami che rappresentano le anime presenti durante la consegna della Torah si collegano a lui. In effetti, ogni ebreo da allora è un’emanazione di quei rami ed è intrinsecamente connesso alle anime che si trovavano al Sinai. (Derech Hashem 2:4:4) Dal momento che ognuno di noi ha un legame con un’anima che si trovava al Sinai, allora dobbiamo anche avere un legame con una delle lettere della Torah. Ma cosa significa essere collegati a una lettera della Torah?
La Torah può essere raffigurata in due modi: o nel suo aspetto generale, come un’unità completa, o nella sua forma specifica, come 600.000 parti individuali. Come la Torah ha la sua forma generale e specifica, così Israele, che, come insegna l’Arizal[7], è paragonato a un corpo. Il corpo ha la sua forma collettiva, che è l’entità della Nazione nel suo complesso, e le sue parti specifiche, che sono paragonate agli individui all’interno di Israele[8]. Affinché il corpo collettivo sia sano, le parti specifiche devono tutte lavorare in armonia, ognuna portando a termine il suo compito unico che risponde alle esigenze del bene comune. Pertanto, quando noi come individui realizziamo il nostro potenziale, ogni altro individuo si eleva, così come il popolo ebraico nel suo complesso. Ma la realizzazione delle nostre capacità individuali uniche può avvenire solo lavorando in armonia con il corpo più grande di Israele. Poco prima che la Nazione ricevesse la Torah sul Monte Sinai, vediamo una vivida descrizione di Israele come un corpo sano con la somma delle sue parti che lavorano in perfetta armonia. La Torah afferma che: “Partirono da Rephadim e giunsero nel deserto del Sinai, si accamparono nel deserto e si accampò lì Israele, di fronte alla montagna”. (Esodo 19:2) Forse il più famoso commentatore della Torah, Rabbi Shlomo Yitzchaki, noto come Rashi, nota un problema evidente nel passo. Nella prima parte del brano il plurale “essi” è usato per descrivere la Nazione che si accampa. Ma nella seconda parte del brano, quando Israele si accampa di fronte alla montagna, si usa il singolare “esso”. Rashi affronta la questione commentando che Israele, a quel punto del viaggio, era “come un solo essere, con un solo cuore”; in altre parole, a differenza di tutti gli altri luoghi del loro viaggio, qui tutti erano in completo accordo tra loro, da cui l’uso della forma singolare. Qui vediamo Israele come un’unità che utilizza le sue forze individuali per il bene collettivo più grande e, nel processo, crea un recipiente attraverso il quale ricevere il dono della Torah.
Se analizziamo attentamente le parole di Rashi, che cita il Midrash Mechilita, vediamo un’intuizione più profonda. La parola “essere” allude anche al livello umano più elevato dell’intelletto; “cuore” rappresenta le emozioni all’interno di una persona. Poiché vediamo “essere” elencato prima della parola “cuore”, il Midrash ci sta insegnando che l’intelletto guida le emozioni. Solo quando l’intelletto guida le emozioni, Israele può creare un recipiente in grado di ricevere il dono divino della Torah. Lo stato di armonia che il corpo di Israele ha raggiunto al Monte Sinai ci ha fatto capire il nostro obiettivo nazionale. Il Maharal, Rabbi Yehuda Lowe di Praga (1525-1609)[9], spiega che lo scopo della nazione ebraica è quello di insegnare al mondo che D-o è uno. L’essere collegati a una lettera della Torah ci insegna che ogni individuo ha l’obbligo di mettere in pratica i propri talenti unici e di utilizzarli per il bene del popolo ebraico. Come la Torah deve essere scritta con ogni lettera al suo posto, così il popolo ebraico può rivelare il suo pieno potenziale solo quando gli individui lavorano insieme per il bene comune.
BERESHIT B: Versetto 257
Venite e guardate: Sebbene la natura di questa LUCE BLU o NERA sia quella di distruggere tutto ciò che la tocca da sotto, Yisrael si aggrappa comunque ad essa da sotto e sopravvive. Questo è scritto: “Ma voi che vi siete attaccati a Hashem, il vostro Elohim, oggi siete tutti vivi, ognuno di voi”. È scritto: “di Hashem, il tuo Elohim”, che è la NUKVA, e non ‘il nostro Elohim’, che sarebbe da attribuire a ZEIR ANPIN, per il quale MOSÈ era un carro. E disse loro: “Voi vi liberate della luce blu e nera che brucia e distrugge tutti, ma tuttavia sopravvivete, come è scritto: “Oggi siete tutti vivi, ciascuno di voi”, perché questa luce blu non vi ha bruciato.
In questi due versetti viene rivelato sia il compito che il destino di Israele. Am Israel[10] deve necessariamente attaccarsi alla Luce che tutto distrugge perché questo è il compito assegnatogli da Hashem, la ragione della Creazione, perché così facendo il Popolo (e tutti i Giusti ovunque essi si trovino) attiva il movimento ascensionale di reintegrazione che costituisce lo scopo ultimo della Creazione stessa.
Ma non si tratta di una missione suicida, perché ad Israele viene dato il mezzo per sopravvivere alle fiamme che tutto consumano e sopravvivere come già accadde a Mosè.
Attraverso lo studio della Torah e il compimento delle Mitzvot ci si eleva dal livello ove brucia lo stoppino, quello della materia grossolana, per giungere al livello ove la Fiamma non consuma e non distrugge perché è stata occultata la Midat ha Din, la qualità del Giudizio ed è stata rivelata la Midat ha Rachamim, la qualità della Misericordia che salva dal Giudizio divino rigoroso.
Per fare ciò, però, bisogna elevare Malkhut al livello di Binah, cioè di Comprensione, bisogna che ognuno, secondo le sue predisposizioni e il suo livello, si sforzi di indagare la realtà metafisica per raggiungere, appunto, Binah.
BERESHIT B: Versetto 258
Una luce nascosta avvolge questa LUCE BIANCA. È un segreto superno che questa luce si riferisce alla LUCE SUPERNALE che avvolge ZEIR ANPIN, che è la LUCE BIANCA. Questa luce non può essere concepita o compresa. Tutto, compreso il BLU, il BIANCO e la LUCE avvolgente, si trova nella fiamma nascente di una candela. E tutte le grandi saggezze sono insinuate in essa. Rabbi Pinchas si avvicinò e lo baciò dicendo: Benedetto sia il Misericordioso che mi ha fatto incontrare qui”. Accompagnarono Rabbi Pinchas per tre miglia.
Si allude qui alla rivelazione durante la meditazione della candela della Ohr Sovev Kol Olmin (Che circonda tutti i mondi), cui si è accennato sopra.
Essa rappresenta la Luce Divina della trascendenza, radicata nell’Ohr Ein Sof (la “Luce Infinita” primordiale) prima dello Tzimtzum della Kabbalah lurianica. Questa Luce scende attraverso il Seder hishtalshelut (Catena dei Mondi), rappresentando la trascendenza divina in ogni livello. Come si è detto, può essere rivelata in una benedizione o in un miracolo al di sopra dei vessels[11] e delle limitazioni di quel regno, questo in quanto le anime, nella loro essenza, contengono una porzione del Divino che le fa trascendere il corpo e tutti i Mondi. Allo stesso modo, poiché lo Zohar afferma che D-o è totalmente unito alla sua Torah, la Torah è intrinsecamente trascendente in tutti i Mondi, e ogni Mondo la studia secondo il proprio livello di percezione mistica.
La lunghezza in parasanghe[12] dell’accompagnamento è relativa al grado di rispetto nei confronti del Saggio che viene scortato e tre miglia o parasanghe indica il massimo indice di omaggio.
[1] Le quali costituiscono un elemento importante del sistema, lurianico ma in un senso completamente diverso da quello qui criticato. Per quanto attiene a queste ricostruzioni moderne, trattasi di cose poco chiare, se non decisamente oscure, di cui meglio non occuparsi.
[2] Chi agisce rettamente e per traslato le buone azioni (Ghemilut Chassadim) che nascono da Chesed sia nei confronti dei fratelli Ebrei che verso i Goyim.
[3] Si veda sopra sul commento Sulam [Scala] scritto dal celebre Kabbalista del XX secolo, Rav Yehuda Leib HaLevi Ashlag.
[4] “La quarta fase”, concetto vasto e complesso che si ritrova in vari ambiti. Ad esempio, riferito al vessel, quest’ultimo può ricevere la Luce Divina solo in Behina Dalet, che è interna mentre le tre fasi precedenti costituiscono le “mura” del vessel. Un altro esempio di Behina Dalet è quello legato alla circoncisione che è il quarto e finale patto che riguarda il guf (corpo). Così ne parla Bnei Baruch: “I Kabbalisti raggiunsero la spiritualità e ne scrissero nei loro libri. Percepirono che la radice dell’intera realtà fosse un Potere Supremo, che chiamarono “La Sua Essenza”, perché non potevano raggiungere il potere stesso. Tuttavia, percepirono che c’era un pensiero, uno scopo, di creare le creature per dare gioia, che proveniva dalla Sua Essenza. Chiamarono quel pensiero e scopo “Il Pensiero della Creazione”, o “Luce Superiore”. Risulta che dal punto di vista della creatura, la Luce è il Creatore, perché non può raggiungere la Sua Essenza. Quindi il contatto Creatore-creatura è mantenuto attraverso la Luce Superiore.
In breve, c’è una Luce che deriva dalla Sua Essenza. La Luce vuole creare una creatura e deliziarla riempiendola di piacere. Cioè, lo scopo della Luce è creare una creatura che senta la Luce come piacere.
I Kabbalisti chiamarono quindi la creatura “recipiente” e la Luce “riempimento”. La Luce che deriva dalla Sua Essenza per creare la creatura è chiamata Behina Shoresh (Fase Radice), perché è la radice dell’intera realtà. Quella Luce crea quindi il desiderio di trarre piacere dalla Luce. Il desiderio di piacere è anche chiamato “Volontà di Ricevere” (la Luce).
L’intensità del piacere dipende solo dall’intensità del desiderio di riceverla, proprio come nel nostro mondo si può avere lo stomaco vuoto, ma nessun desiderio di mangiare. Quindi, il desiderio è il recipiente per il riempimento, e senza di esso non c’è piacere. Non c’è coercizione nella spiritualità e il riempimento è solo uguale al desiderio.
La Luce che deriva dalla Sua Essenza crea un recipiente e lo riempie. Il piacere che la creatura prova quando riceve la Luce è chiamato Ohr Chochmat (Luce della Saggezza). Il desiderio creato dalla Luce che la riempie è chiamato Behina Aleph (Prima Fase). È chiamato così perché è la prima Behina (apparizione/manifestazione) del futuro recipiente. Ma quel desiderio non è ancora indipendente, poiché è creato direttamente dalla Luce.
La vera creatura è quella il cui desiderio è quello di godere della piena Luce del Creatore per il proprio piacere. Questo desiderio e la decisione di goderne per sé stessi nascono dall’interno. Tale desiderio deve essere impresso in essa dal Creatore. Per ricevere la Luce, la creatura deve sapere quanto intenso sia il piacere della Luce prima di riceverla. Poi, deve essere riempita di Luce, e quindi sentire cosa vuol dire essere senza la Luce. Solo allora si crea il vero desiderio della Luce. Più o meno lo stesso accade nelle nostre vite, quando a una persona viene dato un nuovo frutto da assaggiare, non c’è alcun desiderio preliminare. Ma se lo assaggia e ne prova il piacere, e poi il frutto viene portato via, la persona inizia a desiderarlo e vuole ritrovare il piacere. È proprio quel desiderio, il nuovo desiderio nato nell’uomo, che l’uomo sente come volontà indipendente. Quindi è impossibile costruire il recipiente tutto in una volta. Affinché il desiderio sappia cosa deliziare e riconosca il proprio desiderio di godere, deve attraversare l’intera catena di eventi. Questa condizione è presentata come una legge nella Kabbalah: “L’espansione della Luce e la sua partenza rendono il vaso degno del suo compito”, che è quello di ricevere la Luce e goderne. Le fasi dell’evoluzione di questo desiderio sono chiamate Behinot (fasi/distinzioni/osservazioni) perché sono fasi nella costruzione di discernimenti/osservazioni nella volontà di ricevere. Quindi, insieme al piacere, la Luce conferisce al vaso l’attributo del dono. E il vaso scopre improvvisamente, mentre si gode la Luce, che vuole dare, proprio come la natura della Luce che lo riempie. Questo perché il Creatore ha volutamente conferito alla Luce la capacità di trasmettere i propri attributi insieme al desiderio di donare. Una volta che la Luce riempie il vaso nella prima fase, il vaso sente di voler essere come il Creatore. E poiché questo è un desiderio completamente nuovo, è un’osservazione completamente nuova, chiamata Behina Bet (Seconda fase).
Behina Bet è il desiderio di dare. Il piacere che prova nel somigliare al Creatore è chiamato “la Luce della Misericordia”. Così vediamo che Behina Aleph è l’opposto di Behina Bet perché il desiderio di Behina Aleph è la volontà di ricevere, mentre quello di Behina Bet è la volontà di dare. La Luce in Behina Aleph è una “Luce di Saggezza”, mentre quella di Behina Bet è una “Luce di Misericordia”.
Quando la volontà di ricevere in Behina Aleph inizia a godere della Luce che la riempie, sente immediatamente che la Luce è la fonte del piacere e che la volontà di ricevere il piacere, e quindi inizia a voler essere come la Luce stessa. Piuttosto che ricevere il piacere, c’è il desiderio di darlo, come la Luce.
Quindi, la volontà originaria di ricevere se ne va, e il recipiente rimane vuoto della Luce della Saggezza, perché il piacere può essere sentito solo quando c’è un desiderio per esso.
La volontà di ricevere non può rimanere senza la Luce della Saggezza, perché la Luce della Saggezza è il suo sostentamento. Pertanto, questa volontà di ricevere deve assorbire un po’ della Luce della Saggezza. Così, questo nuovo desiderio, chiamato Behina Gimel (Terza Fase) consiste di due desideri:
- Un desiderio di assomigliare alla luce.
- Un desiderio di ricevere una piccola quantità di Luce della Saggezza.
Il vaso ora percepisce due Luci: la Luce della Misericordia nella volontà di concedere e la Luce della Saggezza nella volontà di ricevere.
Quando Behina Gimel riceve la Luce, scopre che tra la Luce della Saggezza e la Luce della Vita, la prima è più coerente con la sua natura. Decide quindi di ricevere pienamente questa Luce. Così viene creato un desiderio indipendente di ricevere la Luce della Saggezza, e lo stesso desiderio con cui il Creatore vuole riempire la creatura. Vediamo che la Luce che emana dalla Sua essenza crea un recipiente in quattro fasi. Ecco perché quel desiderio finale, chiamato Behina Dalet (Quarta Fase), è in realtà l’unica cosa che viene ad esistenza. Tutte le fasi che lo hanno preceduto erano solo fasi della sua evoluzione. In effetti, l’intera Creazione è composta da quella quarta fase. Tutto ciò che esiste, tranne il Creatore, è quella Behina Dalet. Questa Behina Dalet è chiamata Malchut (Regalità), perché è governata dalla volontà di ricevere. La quarta fase è l’unica creatura. È divisa in parti esterne e parti interne. La parte esterna è costituita da Sephirot, Partzufim, mondi, il nostro mondo, e l’immobile, il vegetale e l’animato. La parte interna è costituita dalle anime umane. La differenza tra queste parti sta solo nella grandezza della loro volontà di ricevere.
Quando la quarta fase è interamente riempita dalla Luce della Saggezza, viene chiamata Olam Ein Sof (Mondo Senza Fine), perché il suo desiderio non limita la ricezione della Luce. La quarta fase riceve attraverso le quattro fasi precedenti: Radice, Prima, Seconda e Terza. Si scopre che la quarta fase è divisa in cinque parti (compresa la sua fase) di volontà di ricevere. In definitiva questa è la dinamica: la Luce proviene dal Creatore, o dalla Fase Radice. La Luce crea quindi una creatura, la quarta fase, in quattro fasi. L’essenza della creatura è il desiderio di ricevere piacere. Il piacere è la sensazione della Luce all’interno del desiderio. La quarta fase è quindi divisa in quattro parti interne, che ricevono la Luce dalle quattro fasi preliminari. La quarta fase, piena della Luce della Saggezza, è chiamata il “Mondo di Ein Sof” (senza fine). Le parti della quarta fase sono chiamate “anime” e “mondi”. I mondi contengono Partzufim, Sephirot e tutto ciò che non costituisce un’anima.
[5] E tale dinamica è legata al cambiamento di colore della fiamma come sopra indicato.
[6] Uno dei centri dove si è formato chi scrive.
[7] Rabbi Yitzahk Luria.
[8] Il fondatore della Chassidut, Israel Baal Shem Tov scrive nel Tzava’at Harivash, 34: “Sappiate che ogni parola è una komah shelemah, una struttura completa. Perciò devi interpretarla con tutte le tue forze, altrimenti sarà [difettosa], come se mancasse un arto.” Anche Israele, in ogni generazione è una komah shelemah, e l’insieme di tutte le generazioni costituisce anch’esso una komah shelemah.
[9] Nella leggenda associato alla creazione del Golem.
[10] Il Popolo ebraico, ma anche chi fa parte di Israele in senso spirituale. Attualmente, è proprio il concetto di am Israel a suscitare molte interpretazioni e qualche polemica su chi appartenga o meno al Popolo.
[11] Vasi, recipienti ovvero la parte che riceve in una creatura.
[12] La parasanga (dal persiano farsang) è un’antica misura lineare persiana, utilizzata anche in Egitto e presso altri popoli del Medio Oriente.
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