IL SEGRETO DELLA CANDELA (5)

Mar 26, 2025 | CABALA, SCIENZE ESOTERICHE

di Shabbat Menkaura

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BERESHIT B: Versetto 262

Perché ogni volta che la luce blu e nera si collega a questa luce bianca e brillante, si chiama HE, che indica l’unità. La NUKVA si unisce alla luce bianca e YISRAEL si aggrappa a lei e si mette sotto di lei per accenderla. Attraverso l’acqua femminile (MAYIN NUKVIN), essi si elevano verso di lei e l’unità viene trovata. YISRAEL, portando l’acqua femminile verso di lei, accende la NUKVA e la fa aderire e unire a ZEIR ANPIN. Se non fosse stato per l’acqua femminile, la NUKVA non si sarebbe unita a ZEIR ANPIN. Quindi anch’essi sono legati a ZEIR ANPIN. Questo perché qualsiasi cosa si ottenga nei regni superiori, la si ottiene anche al di sotto. Per questo motivo, il SANTO, la SHECHINAH e YISRAEL diventano una cosa sola.

Bellissima la conferma in questo Versetto del principio “come sopra così sotto.”

Come abbiamo già scritto il segreto della reintegrazione passa attraverso il matrimonio tra Kadosh Baruch Hu (Tipheret) e la Shekhinah quando Malkhut si è elevata ad opera di Israele. Ecco che l’Unificazione viene conseguita.

Per spiegare meglio la dinamica di elevazione della NUKVA ho scelto questo bel brano del Dr. Alexander Poltorak, Kabbalista e fisico teoretico, come lo fu il grande Aryeh Kaplan.[1]

“In generale, esistono due modalità di servizio divino: far scendere la santità dall’alto ed elevare i mondi inferiori in regni spirituali più elevati. I patriarchi Abramo e Isacco personificano queste due modalità di servizio.

Secondo i Saggi, Abramo era l’incarnazione terrena della Sephira di Chesed. Era un donatore in senso sia spirituale che fisico. Era un ospite cortese che offriva ai passanti cibo, bevande e altre necessità. Era un missionario per eccellenza che faceva proseliti nella sua generazione idolatra, insegnando loro il concetto di un unico D-o. Rivelando l’unità di D-o fino ad allora nascosta all’umanità, Abramo portò non solo la conoscenza di D-o, ma anche la sua presenza nel mondo. Ha fatto scendere il flusso della benevolenza e della benedizione divina. Ha portato la santità in questo mondo dall’alto.

Suo figlio Isacco era diverso. Egli personificava la Sephira di Gevurah, che è forza e controllo. Dopo che suo padre Abramo, seguendo la chiamata di D-o, portò Isacco sull’altare come olocausto, anche se D-o lo sostituì con un capro, Isacco fu considerato un’oleh, l’offerta dell’ascesa. Il suo modo di servire era quindi quello dell’aliyah, dell’ascesa, dell’elevazione del mondo fisico ai regni spirituali. Questo è evidente anche nel racconto biblico di Isacco che scopre i pozzi. Un pozzo, che permette di attingere acqua verso l’alto, serve qui come metafora del servizio di elevazione.

Le due modalità del servizio divino sono chiamate nella Kabbalah “acque maschili” e “acque femminili”. Come è stato notato in precedenza, il termine “maschile” è usato nella Kabbalah e nel Chassidismo per indicare l’aspetto del dare, mentre il termine “femminile” è usato per indicare l’aspetto del ricevere. Così mayim dukhrin, le acque maschili, rappresentano il flusso della benevolenza divina dall’alto verso il basso. Mayim nukvin, le acque femminili, rappresentano l’elevazione dal basso. La relazione tra D-o e l’uomo è spesso vista nella Kabbalah come l’incontro di questi due flussi.

L’adempimento dei comandamenti è visto in questo contesto come l’ascesa del flusso verso l’alto delle “acque femminili” che a sua volta suscita il flusso reciproco della benevolenza divina verso il basso. Come spiegato nel Tanya, (Likutei Amarim Cap. 10)

“…negli atti di perfezionamento del bene fuori dalla kelipah nogah[2] (il mondo fisico), si elevano le acque femminili che causano le unioni superne per far scendere le acque maschili che sono il flusso della benevolenza [Divina] contenuta in ciascuno dei 248 precetti positivi, che sono tutti nella natura della benevolenza e delle acque maschili, cioè il flusso della santità della Sua Divinità benedetta dall’alto verso il basso, per essere rivestita in coloro che vivono nei mondi inferiori…”.

La Torah, invece, rappresenta la discesa della saggezza divina in questo mondo ed è quindi classificata come acqua maschile.

Se tutte le mitzvot servono a perfezionare il mondo fisico e l’anima umana, elevandoli così al livello della santità, ciò è particolarmente vero per la Mezuzah, che è caratteristica di tutti i comandamenti, come spiegato sopra. Così, Rabbi Schneur Zalman, il Baal HaTanya, afferma che la Mezuzah eleva la casa e tutto ciò che vi si trova. La porzione dello Shema Yisrael contiene il comandamento “E amerai…”. L’amore è un’emozione che si eleva verso l’alto e innalza chi la prova. Attaccata allo stipite di una porta, la Mezuzah, un condotto d’amore, eleva la casa e tutto ciò che vi si trova. Il Baal HaTanya spiega inoltre che attaccando la Mezuzah allo stipite destro, che simboleggia la “Porta di D-o”, si eleva la casa verso D-o.

Questo concetto di elevazione è facilmente comprensibile poiché l’essenza del comandamento della Mezuzah, come già detto, è la dedica della casa e di tutti i beni dell’uomo a D-o.

Questo eleva i beni fisici al regno della santità, trasformando la casa in un tempio di D-o.

Lo Tzemach Tzedek[3] delinea ulteriormente i dettagli di questa ascesa e nota che la Mezuzah eleva le Sephirot di Netzach e Hod al livello di Chesed e Gevurah e, attraverso queste, a quello di Keter HaElyon.

Le Sephirot di Netzach (Vittoria) e Hod (Gloria) sono due strette compagne, nella terminologia dello Zohar, che hanno origine dalle sephirot superiori di Chesed e Gevurah, rispettivamente, attraverso un’ulteriore contrazione della luce divina. È attraverso questa coppia di Netzach e Hod che la Provvidenza divina opera nel mondo inferiore. Se le loro controparti superiori Chesed e Gevurah rappresentano le modalità dell’emanazione divina in relazione alla sua fonte, Netzach e Hod, al contrario, rappresentano queste analoghe modalità di emanazione in relazione al destinatario. Così la Vittoria (Netzach) è il risultato finale dell’amore sconfinato (Chesed) dopo che ha superato tutte le barriere e si riflette nel destinatario che è “conquistato” da questo amore. Allo stesso modo, la gloria (Hod) è il risultato del potere e della forza (Gevurah) che si riflette in coloro verso i quali questa forza è proiettata.

Questo concetto di elevazione può essere illustrato con l’esempio di una persona che esercita energia mentre lavora. Dopo la fine del lavoro, tutta l’energia ritorna alla sua fonte, il suo potenziale, simile alla trasformazione dell’energia cinetica del movimento in energia potenziale in fisica.

In modo analogo, quando le Sephirot inferiori vengono elevate in quelle superiori da cui hanno avuto origine, la loro energia viene assorbita dalla fonte. Così, quando i Kabbalisti dicono che le sephirot Netzach e Hod sono elevate a Chesed e Gevurah, esprimono in termini tecnici il processo di elevazione degli oggetti materiali (la casa e gli effetti personali) alle loro radici spirituali, con il quale tutta la loro energia viene assorbita dalla fonte.

Il ruolo della Mezuzah in questo processo di elevazione è espresso nel suo stesso nome me-zu-zah. Come è stato notato in precedenza, questi nomi significano l’unificazione degli aspetti maschili (zu) e femminili (zah) nella Torah (mem). Le Sephirot Netzach e Hod rappresentano rispettivamente questi aspetti maschili e femminili nel piano più basso della realtà. La loro unificazione si realizza nella Sephirah di Tiphereth, che è la sintesi e l’armonia di due tendenze opposte, Chesed e Gevurah. Come spiegato nella Kabbalah e nel Chassidismo, Tiphereth ha origine nell’aspetto interno di Keter, la più alta delle Sephirot. In questo modo si raggiunge l’elevazione finale.

BERESHIT B: Versetto 263

Questo è lo scopo interiore del sacrificio. Il FUMO sale e accende la LUCE BLU. Quando viene accesa, si unisce alla LUCE BIANCA e poi alla CANDELA, a significare che la SHEKHINAH si congiunge nell’unità. E quando si unisce alla LUCE BIANCA e al FUMO, i TRE DIVENTANO UNO.

“E ora, o Israele, che cosa chiede a te il tuo D-o יהוה? Solo questo: che tu rispetti il tuo D-o יהוה, che tu cammini solo per le vie divine, che tu ami e serva il tuo D-o יהוה con tutto il cuore e con tutta l’anima, osservando i comandamenti e le leggi di יהוה che oggi ti impongo per il tuo bene.” Deuteronomio 10:12-13”

L’Avodat Hashem, il Servizio Divino, viene paragonato in modo inequivoco ai sacrifici nel Tempio e viene definito “sacrificio interiore.”

Il fumo della candela nella meditazione deve essere inteso come il fumo che si levava dalle vittime sacrificali nel tempio, profumo gradito al Signore[4]. La Luce Blu-Shekhinah raggiunge l’Unità congiungendosi sia con la parte grossolana che, bruciando, viene elevata anch’essa nel fumo, sia con la Luce Bianca. Ancora ritorna l’operazione già esaminata in cui i tre elementi necessari all’evoluzione/elevazione si fondono in un nuovo composto che li trascende (3+1).

BERESHIT B: Versetto 264

La natura della LUCE BLU è quella di bruciare e consumare tutto ciò che tocca dal basso. Quando il SACRIFICIO è gradito e la candela brucia in unità, è scritto “il fuoco di Hashem cadde e consumò l’olocausto” (I Malachim 18:38). Quando tutto è bruciato completamente, si sa che la candela, che è la SHEKHINAH, brucia in completa unità e la LUCE BLU, che è la NUKVA, si è unita alla luce bianca, che è ZEIR ANPIN, e i due sono diventati uno. Inoltre, la LUCE BLU BRUCIA E CONSUMA i grassi e gli olocausti, il che significa che non brucia e non consuma da sotto, se non quando si eleva per la LUCE BIANCA. Questo indica che tutti, compreso il FUMO e la LUCE BLU, si collegano alla LUCE BIANCA. Quindi, la PACE è fatta in tutti i mondi e tutti sono abbracciati nell’unità.

Secondo I Re, citato nel testo quando il sacrificio risulta gradito, è la fiamma di Hashem che consuma l’offerta e non il fuoco dal basso. La completa consumazione del sacrificio implica la raggiunta unità dei tre elementi che vengono tutti elevati.

La conseguenza è la pace in tutti i mondi e il raggiungimento della reintegrazione all’unità.

Ma in cosa consiste la pace? Shalom rappresenta sicuramente una delle parole ebraiche più conosciute nel mondo, eppure siamo sicuri di comprenderne anche il significato Kabbalistico?

Rabbi Akiva nella storia dei quattro Saggi che entrarono nel Pardes[5], è l’unico che è in grado di entrare e di emergere B’Shalom.

Nella Torah è scritto che a Pinchas viene fatto dono della pace da Hashem malgrado egli avesse agito con violenza.

Cosa accomuna queste due figure? Il concetto di armonia, di equilibrio. Rabbi Akiva entra nel Pardes in una condizione di equilibrio e così ne esce senza subire conseguenze. Pinchas si accorge della grave condizione di squilibrio tra Hashem e il Popolo cagionata dalla trasgressione in corso e con un atto subitaneo e violento riporta l’armonia tra Israele e Kadosh Baruch Hu.

Ecco che la pace non è solo l’assenza del conflitto, quindi una concezione negativa, ma anche una positiva armonia e unità di intenti in tutti i mondi.

Rabbi Akiva si astiene da azioni che possano infrangere la sua armonia mentre Pinchas attivamente si attiva per ristabilire l’equilibrio.

BERESHIT B: Versetto 265

Quando questa luce azzurra avrà finito di bruciare e consumare tutto quello che c’è sotto, tutti i sacerdoti, i leviti e Yisrael verranno e vi si attaccheranno. I LEVITI vi si aggrappano con la gioia del canto, i SACERDOTI con la meditazione del loro cuore e YISRAEL con la preghiera. E la candela, NOME della SHEKHINAH, arde e risplende su di loro. Tutte le luci si unificano, i mondi risplendono e tutti, sopra e sotto, sono benedetti.

La Luce blu purifica la materia grossolana e consente l’attaccamento di Sacerdoti, Leviti e del resto di Israele. Ognuno di loro è associato simbolicamente a uno dei vestiti dell’anima: I Sacerdoti al pensiero, Israele alla parola e i Leviti all’azione.

In realtà ognuno dei tre compie il proprio servizio completamente, non solo con l’elemento simbolico.

La candela unificata è divenuta il Santo Tetragramma e illumina tutti i mondi e tutti i loro abitanti che abbiano preso parte all’elevazione o siano, per natura, già ascesi.

Una rampa di scale larga 60 metri, in gran parte originale del periodo del Secondo Tempio, attraversa il lato sud dell’antico muro di Gerusalemme sul Monte del Tempio. Milioni di sandali sono saliti e scesi da questi gradini ai tempi in cui i pellegrini ebrei venivano da tutta Gerusalemme e da altre città per adorare Dio durante le feste annuali. Ecco che, in preparazione alla meditazione è sempre opportuno leggere ad alta voce i salmi. Particolarmente adatti quelli dal 120 al 134 che tutti iniziano con le parole “Shir hamma’alot” tranne il Salmo 121 che porta la variante “Shir lammaalot”, un canto di ascesa. Il primo veniva cantato alla base dei quattordici gradini che portavano al Tempio vero e proprio e gli altri uno per gradino.

BERESHIT B: Versetto 266

Perciò le parole: “Ma voi che avete aderito a Hashem, il vostro Elohim, oggi siete tutti vivi, ciascuno di voi” (Devarim 4,4), si applicano a YISRAEL. DOMANDA: il passaggio dice: “Ma (ebr. ve, VAV) voi…” Non dovrebbe essere solo “voi”? RISPONDE: VAV mostra la virtù di YISRAEL rispetto a quelle delle offerte e del grasso perché, quando le offerte e il grasso si collegano alla LUCE BLU, vengono consumati e bruciati. Ma voi vi collegate a questa luce blu e nera che brucia e consuma, eppure siete vivi. A questa virtù si allude con la VAV in “Ma voi… oggi siete tutti vivi, ciascuno di voi”.

Ricorre ancora l’analogia tra il servizio divino e il sacrificio offerto al Tempio.

Il versetto allude alle virtù di un’altra delle lettere che compongono il Santo Nome, cioè la VAV.

La Simbologia della VAV viene riassunta da Rav Raskin come segue:

“La sesta lettera dell’aleph-bet è la VAV.

Il disegno della lettera VAV è un uncino. La forma della VAV può anche rappresentare uno scivolo che collega un livello superiore a uno inferiore.

L’equivalente numerico della VAV è sei. Il sei rappresenta la connessione, esemplificata dagli angeli nella visione di Ezechiele, le cui sei ali permettevano loro di librarsi in volo per unirsi e connettersi con D-o. Il sei rappresenta anche i sei libri della Mishnah. Attraverso l’apprendimento della Torah, ci si connette con D-o.

Sei rappresenta anche il completamento, perché qualcosa che è circondato da tutti e sei i lati – nord, sud, est, ovest, sopra e sotto – è completo. Allo stesso modo, scopriamo che, quando il popolo ebraico lasciò la terra d’Egitto, D-o lo circondò con sei nubi di gloria. La nube sopra di loro li proteggeva dal sole. La nube sottostante li proteggeva dalla sabbia calda del deserto. Le quattro nubi intorno a loro, dietro e davanti, a destra e a sinistra, fungevano da scudo protettivo. Le frecce e le altre armi dirette contro di loro si trasformavano in paglia. Inoltre, le Nubi della Gloria fungevano anche da “sarto” e “lavandaio”. Ogni sera il popolo ebraico si toglieva i vestiti prima di andare a dormire. Il mattino seguente quegli abiti erano perfettamente puliti e stirati. Se una persona avesse preso qualche chilo, i suoi abiti sarebbero cresciuti con lei. Gli ebrei indossarono gli stessi abiti ogni giorno per tutto il loro soggiorno nel deserto. Gli abiti si adattavano al corpo di ciascuno e non invecchiavano o si usuravano mai.

Il numero sei indica anche i seicentomila uomini ebrei di età compresa tra i 20 e i 60 anni che lasciarono la terra d’Egitto. Inoltre, rappresenta la Torah perché la parola ישראל, Yisrael, è un acronimo che significa “Ci sono seicentomila lettere nella Torah”, “e se una lettera della Torah è mancante, rotta o incrinata, D-o non voglia, l’intero rotolo della Torah viene dichiarato “non kosher”, cioè non adatto a essere letto. Allo stesso modo, se un ebreo si allontana dal sentiero, o manca o si contamina, l’intera nazione ebraica viene resa incompleta.

Troviamo un altro esempio di “sei” quando il popolo ebraico era schiavo in Egitto e oppresso da un lavoro massacrante. Il Faraone escogitò molti complotti contro il popolo ebraico per impedirgli di moltiplicarsi. Eppure, gli ebrei continuarono a propagarsi a un ritmo incredibile. La Torah ci dice infatti che le donne ebree partorirono sei figli in una sola volta.

Il mondo fu creato in sei giorni: i Sei Giorni della Creazione. La prima parola della Torah è Bereshit (“In principio”), che a sua volta è composta da sei lettere, בראשית. Inoltre, la Torah afferma chiaramente che: “D-o creò sei giorni”. Ci sono anche sei aleph nel primo versetto della Torah. Il primo VAV della Torah si trova all’inizio della sesta parola (v’et). Quindi la Creazione è collegata al numero sei.

Ognuno di questi sei giorni è stato creato con un diverso attributo emotivo. Inoltre, la progressione di questi sei giorni è coerente con l’affermazione del Talmud secondo cui D-o ha creato il mondo (come lo conosciamo) per esistere per 6.000 anni. Se consideriamo ogni giorno della Creazione, possiamo osservare ciascuno dei sei millenni e il suo attributo corrispondente.

Il primo giorno della Creazione fu Chessed – l’attributo della gentilezza. Questo fu il giorno in cui D-o disse: “Sia la luce”. Questa luce era una luce infinita, una luce che potenzialmente una persona avrebbe potuto usare per vedere da un capo all’altro del mondo. Alla fine, però, D-o reclamò questa luce, perché riconobbe che poteva essere usata anche per il male. Ci si potrebbe chiedere: “Come poteva esserci luce il primo giorno, se il sole e la luna non si sono formati fino al quarto giorno della creazione?”. La luce a cui si fa riferimento qui è la concezione di D-o della luce come fonte di potere, visione, potenziale e bontà finali. Inoltre, nei primi mille anni (corrispondenti al primo giorno), le persone avevano una durata di vita enorme (Adamo, ad esempio, visse 930 anni). Il concetto di Chessed rappresenta quindi la bontà di D-o nel creare la luce infinita e nel dare vitalità all’uomo.

Il secondo giorno della Creazione fu intriso di Gevurah, contrazione e giudizio. Questo fu il giorno in cui D-o separò le acque pervasive nei regni superiori e inferiori. Storicamente, il secondo millennio è stato caratterizzato da un giudizio severo nei confronti degli abitanti del mondo, a partire dal Grande Diluvio, che D-o ha convocato per distruggere il mondo intero (a parte Noè e coloro che si trovavano nell’arca). Questo periodo comprende anche il devastante episodio della Torre di Babele, durante il quale un’intera generazione si ribellò, costruendo una torre per salire al trono di D-o e distruggerlo. Di conseguenza, D-o “confuse la loro lingua”, dando alla gente una cacofonia di 70 lingue per impedirgli di conversare tra di loro. La confusione che ne risultò, chiamata Bavel o “Babele”, significa confusa o oscurata.

Il terzo giorno della Creazione fu un giorno di tiferet- bellezza e misericordia. In questo giorno furono creati i fiori e le erbe, insieme a tutti i colori dell’universo. Il corrispondente terzo millennio vide la mano misericordiosa di D-o nella redenzione del popolo ebraico dall’Egitto e nella consegna della Torah. La Torah è chiamata Tiphereth, ovvero bellezza. La bellezza non è monocromatica o monotonale; si crea mescolando e armonizzando vari colori o suoni. Così la Torah è una miscela armoniosa di comandamenti positivi e negativi e una sintesi degli elementi spirituali e fisici della Creazione. Durante questo periodo, ci sono state date anche le mitzvot, i comandamenti per seguire le vie di D-o.

Il quarto giorno della Creazione fu Netzach, vittoria e resistenza. Questo fu il giorno in cui D-o creò due luminarie nel cielo, il sole e la luna. In questo millennio furono costruiti i due Templi Santi. Il Primo Tempio Santo era spiritualmente superiore e quindi paragonato al sole. Il Secondo Tempio, paragonato alla luna, irradiava una luce più fioca. Inoltre, il Talmud afferma che Netzach è associata a Gerusalemme, la città del nostro destino, della nostra fede e della nostra Redenzione finale.

Il quinto giorno della Creazione fu HodHod significa riconoscimento. Può anche indicare devastazione. Questo fu il giorno in cui D-o creò i “mostri marini” e l’oceano cominciò a brulicare di creature. In questo giorno furono creati anche gli uccelli, che iniziarono a volare nel cielo. Il corrispondente quinto millennio fu una generazione di massacri, espulsioni e orribili difficoltà per il popolo ebraico. Il Libro delle Lamentazioni dice: “L’intero giorno fu devastante”. In definitiva, dobbiamo bilanciare la devastazione di Hod con il fatto che durante questa epoca il popolo ebraico riconobbe appassionatamente D-o. Il quinto “giorno” fu il millennio, quando migliaia di ebrei, morendo durante le crociate, gridarono “Shema Yisrael – Dio è il nostro Signore, Dio è Uno”. Il popolo ebraico, anche sull’orlo dell’annientamento, riconobbe il suo Creatore.

Il sesto giorno della Creazione fu YESOD, che significa sia costruire un fondamento sia creare un legame. Questo fu il giorno in cui fu creato Adamo, fondatore della razza umana. D-o ha prima modellato il mondo intero e poi vi ha portato l’umanità. Da questo impariamo che è nostro obbligo creare una connessione o un legame tra il regno materiale e quello spirituale, utilizzando ogni aspetto del mondo fisico al servizio di D-o.

YESOD rappresenta anche il sesto millennio. Come spiegato negli insegnamenti chassidici, Adamo è il prototipo di Moshiach, che è l’uomo perfetto. La parola “Adamo” si scrive אדם. L’aleph (uno in gematria) rappresenta l’intelletto, la prima delle dieci facoltà di una persona. Dalet, la seconda lettera di Adamo, è la prima lettera di dibbur, o parola. Mem significa maaseh, azione. Così Adamo, o Mashiach, sarà perfetto nel pensiero, nella parola e nell’azione. Inoltre, l’Ohr HaChaim scrive che le scintille della redenzione iniziarono ad apparire per la prima volta nel 500° anno del sesto millennio (l’anno 1740 del calendario gregoriano). Dato che il Talmud afferma che “tutti i tempi stabiliti per l’arrivo di Moshiach sono già passati”, spetta a noi aumentare gli atti di bontà e gentilezza per favorire il suo arrivo ora.

VAV non solo ha l’aspetto di un gancio, ma la parola vav significa proprio “gancio”. Un gancio è qualcosa che tiene insieme due cose. È anche un mezzo per collegare lo spirituale e il fisico. Come nella storia precedente, “quando una persona è collegata in alto, non cade in basso”. A livello sintattico, l’aggiunta di un VAV all’inizio di qualsiasi parola crea il significato di “e”; ad esempio, v’eileh significa “e queste cose”. All’interno di una frase, “e” è il gancio, la connessione, che collega una parola o una clausola alla successiva. Inoltre, la VAV attaccata a un verbo converte quel verbo dal tempo passato al tempo futuro o dal tempo futuro al tempo passato. Ad esempio, la parola haya in ebraico significa “era”. La parola v’haya significa “sarà”. Con la semplice aggiunta di VAV, il passato si trasforma in futuro. Al contrario, si consideri la parola yehi, che significa “sarà”, come in “Yehi ohr” [E D-o disse:] “Sia la luce”. Mettiamo una VAV davanti – vayehi – e il significato diventa “Ci fu luce”, al passato.

Tenendo conto di ciò, possiamo apprezzare la lezione del Rebbe, riportata nel suo commento al Tanya: “Nella Torah ci sono cinquantatré porzioni. Tutte, tranne dieci, iniziano con una VAV. Allo stesso modo il Tanya, noto anche come la Legge scritta del pensiero chassidico, ha cinquantatré capitoli nella sua prima sezione. Ad eccezione di dieci capitoli, tutti iniziano con una VAV”.

Perché dieci capitoli sia nella Torah che nella Tanya non iniziano con la lettera VAV? Forse la risposta è la seguente:

La Torah è spesso paragonata all’acqua. Proprio come l’acqua scende dalle ripide montagne fino alla valle sottostante senza cambiare la sua essenza vitale, così la Torah ci raggiunge nella sua forma originale ed essenziale. La Torah è iniziata in cielo, emanata da D-o, e poi ha viaggiato – e continua a viaggiare – fino al mondo fisico, completamente intatta.

Questo messaggio è trasmesso attraverso la lettera VAV, che è un gancio che collega il regno superiore a quello inferiore; lo scivolo che permette alla Torah di fluire fino all’umanità. Storicamente, la Torah collega anche le leggi e le usanze del passato al presente, e quindi il presente al futuro. Come la VAV, che ha la capacità di spostare una parola, una frase o un’idea dal passato al futuro e viceversa, la Torah è sia dentro il tempo che oltre il tempo. I suoi insegnamenti senza tempo collegano la vita all’inizio della Creazione con le questioni attuali della nostra esistenza moderna.

Si potrebbe dire che le dieci porzioni della Torah e i dieci capitoli del Tanya che non iniziano con una VAV richiamano l’attenzione sui Dieci Comandamenti e sulle Dieci Proposizioni (le dieci divine Affermazioni) con cui D-o creò il mondo.

Come spiega lo Zohar: “Se un ebreo segue i Dieci Comandamenti della Torah, il mondo che è stato creato con le Dieci Affermazioni continuerà a esistere. Se, invece, non lo fa, D-o non voglia, il mondo tornerà al caos primordiale”.

Così la VAV ci insegna l’effetto monumentale che abbiamo sul mondo essendo collegati in alto e portando la Torah in terra con i nostri pensieri, discorsi e azioni.”

 

[1] A dimostrazione della vitalità della tradizione kabbalistica vi invito a consultare il sito https://quantumtorah.com/, proprio ad opera del Dr. Poltorak, ove vengono esplorate le possibili aree di contatto tra la tradizione e la fisica più avanzata.

[2] La Kelipat Nogah (lett. kelipah splendente) rappresenta la dimensione della kelipah in cui la luce è mescolata all’involucro; si differenzia dalle altre kelipot per il fatto che il suo potenziale spirituale (la “luminosità” al suo interno) può essere riscattato dall’intento costruttivo dell’uomo, sfruttando al contempo la fisicità di cui è dotato. Sopra abbiamo menzionato le altre kelipot e qui troviamo la kelipah nogah che è diversa dalle altre. Questa distinzione è molto importante perché l’essere umano può operare unicamente sulla kelipah nogah, mentre è necessaria la Divina Potenza per far tornare le altre kelipot allo stato di Luce Divina. L’insegnamento pratico di tale nozione è che non tutti i mali possono essere affrontati di petto dall’umanità, in quanto la presenza del male è intrinseca alla Creazione.

[3] Il “Giusto Successore” Menachem Mendel Schneersohn di Lubavitch, terzo Rebbe Chabad. A lui è dedicata una bellissima Sinagoga nella città vecchia a Gerusalemme. La prima volta che chi vi scrive andò a pregare in quel luogo benedetto, ebbe l’onore di conoscere il grandissimo Rabbi Adin Steinsaltz, il più celebrato talmudista moderno e sommo Kabbalista. Per chi volesse accostarsi al Tanya raccomando fortemente la trilogia di Rabbi Steinsaltz sull’argomento,

[4] Come in Esodo 29, 18 “Allora brucerai in soave odore sull’altare tutto l’ariete. È un olocausto in onore del Signore, un profumo gradito, una offerta consumata dal fuoco per il Signore.”

[5] La parola ebraica pardes (frutteto) è di origine persiana e appare svariate volte nella Bibbia. È la medesima radice della parola italiana “paradiso”.

L’acronimo che la compone si riferisce a metodologie ermeneutiche di esegesi biblica nell’ebraismo rabbinico, o anche all’interpretazione di altri testi religiosi nello studio della Torah. Il termine, a volte scritto anche PaRDeS, è composto dalle iniziali dei seguenti quattro metodi:

Peshat “superficie” (diretto) o significato letterale (diretto).

Remez “allusioni” o significato profondo (allegorico: nascosto o simbolico), oltre al solo senso letterale.

Derash dall’ebraico darash: “indagare” (ricercare) — significato comparativo (midrashico), come apportato da casi paragonabili, simili.

Sod “segreto” (mistero) o significato esoterico/mistico, ottenuto tramite ispirazione o rivelazione.

 

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Silvano Danesi

Silvano Danesi

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