di Shabbat Menkaura
BERESHIT B: Versetto 267
In sogno, tutti i colori, tranne il blu, sono un buon segno. Il blu distrugge e consuma sempre. È l’albero dove si trova la morte. È la NUKVA, che è chiamata l’ALBERO DELLA CONOSCENZA. Regna sul MONDO INFERIORE (questo mondo) e consuma e distrugge tutto ciò che esiste sotto di esso.
Secondo la tradizione ebraica lo stato di sonno è decisamente pericoloso per l’uomo come vedremo innanzi. Vediamo cosa insegna a tal proposito la scuola di Rav Berg.
“Quando il sole tramonta e le stelle decorano il cielo, parte della nostra anima lascia il nostro corpo. Anche se rimaniamo svegli, parte dell’anima se ne va comunque, ed è uno dei motivi per cui iniziamo a sentirci più stanchi e svuotati man mano che la notte avanza.
Durante il sonno vero e proprio, lo Zohar spiega che 59 delle 60 parti della nostra anima lasciano il nostro corpo, lasciando solo 1/60 per sostenerci fisicamente.
Quando il corpo è in letargo, le catene dell’esistenza fisica vengono improvvisamente spezzate. L’anima è ora libera di ascendere in un luogo elevato del regno spirituale dove riceve nutrimento e informazioni.
Perché abbiamo bisogno di ricaricarci? Nel corso di una tipica giornata caotica, i limiti di tempo, spazio e movimento mettono a dura prova il corpo e l’anima. Prendiamo ad esempio il concetto di tempo: il tempo ci tiene costantemente sotto pressione. O cerchiamo di recuperare il tempo perduto, cercando disperatamente di rispettare le scadenze mentre il tempo scorre veloce, oppure diventiamo impazienti quando il tempo rallenta fino a fermarsi.
Durante la nostra “messa a punto metafisica”, l’anima si trova in un regno al di là del tempo e dello spazio. Passato, presente e futuro sono unificati in uno. La totalità della durata della vita umana è pienamente rappresentata dalla nascita alla morte.
Così, oltre a ricaricarsi, l’anima spesso intravede gli eventi che ci attendono, sia positivi che negativi.
Questi scorci vengono poi filtrati fino al corpo, dove assumono la forma di sogni.
La maggior parte dei nostri sogni rappresentano una combinazione di fattori diversi. In altre parole, un aspetto di un sogno consiste negli eventi, nelle esperienze e nei pensieri che occupano attualmente la nostra mente cosciente. In questa miscela sono intervallate visioni dell’anima che dimorano nel subconscio.
Secondo la Kabbalah, i sogni ci offrono l’opportunità di comprendere i nostri tratti caratteriali negativi. Possono aiutarci a capire cosa dobbiamo cambiare per crescere spiritualmente. Naturalmente, dobbiamo saper leggere e interpretare il sogno per poter cogliere questa saggezza.
Inoltre, se una persona non ha intenzione o desiderio di cambiare o sperimentare crescita e trasformazione spirituale, allora i messaggi dell’anima sono molto più difficili da individuare. In effetti, probabilmente non ricorderemo nemmeno la maggior parte dei nostri sogni.
Si dice che re Davide fosse un uomo di straordinario carattere spirituale. Ogni volta che viveva un incubo terrificante, era in grado di ricavarne un messaggio e apportare le necessarie correzioni spirituali nella sua vita.
D’altro canto, lo Zohar ci dice che a un uomo ingiusto spesso viene mostrato un sogno felice (ma falso) per allontanarlo ulteriormente dal sentiero della verità. Questo principio spirituale è spiegato nel seguente passo dello Zohar:
“Chiunque si proponga di purificarsi è purificato dall’alto, e chiunque si proponga di contaminarsi è similmente contaminato dall’alto.” Zohar II, 200a
Più un individuo è connesso alla sua parte spirituale, più veritiero sarà il sogno che farà.
Quando una persona è concentrata su un comportamento egocentrico, se è schiava del proprio ego, questo sposterà la bilancia del potere dall’anima al corpo. In questo modo, sarà molto più difficile per l’anima elevarsi durante il sonno.
I Kabbalisti ci insegnano che ogni notte, quando la nostra anima ascende, le viene chiesto se abbiamo realizzato qualcosa di sostanza spirituale durante il giorno precedente. Se la risposta è negativa, l’anima non può ricevere la sua carica completa. Ci svegliamo sentendoci stanchi e letargici, indipendentemente da quante ore abbiamo dormito. Ci sentiamo esausti, anche se i nostri corpi sono sani.
Secondo lo Zohar, se una persona non sogna per sette giorni o più, è perché è consumata da desideri egoistici e forze negative tremende la stanno controllando. Le sue azioni negative superano di gran lunga quelle positive ogni giorno.
Non fatevi prendere dal panico. Molti di noi possono avere un sogno ma potrebbero non ricordarlo. Il problema in questo scenario è che c’è una mancanza di comunicazione tra la persona e la sua anima. Se c’è una mancanza di apprendimento e di crescita spirituale nella propria vita, non si avrà accesso alle informazioni contenute nei sogni.
Tutti i sogni contengono sia verità che bugie, secondo lo Zohar. I sogni che si verificano tra le ore 00:00 e le 5:00 di solito contengono una maggiore percentuale di verità.
Interpretare i sogni è una questione delicata e solo i più esperti saranno in grado di comprendere i veri messaggi che sono nascosti all’interno di un sogno.
Un sogno che non viene interpretato può essere paragonato a una persona che riceva un pacco importante e riservato durante la notte e che non si preoccupi mai di aprirlo.
Se facciamo un bel sogno e non lo raccontiamo a un interprete, il sogno rimane in uno stato potenziale. Diventa molto più difficile per gli elementi positivi del sogno manifestarsi nella nostra vita.
Inoltre, se non comprendiamo i messaggi trasmessi attraverso i nostri sogni, perdiamo la strada e il punto specifico di correzione che siamo venuti a raggiungere in questo mondo. In altre parole, c’è un aspetto del nostro carattere interiore che ha bisogno di correzione e cambiamento. La strada per effettuare questo cambiamento è resa evidente nei nostri sogni.
È scritto che a Gerusalemme, ai tempi del Secondo Tempio (circa 2000 anni fa), c’erano 24 interpreti di sogni. Se una persona avesse raccontato il proprio sogno a tutti e 24 gli interpreti, il sognatore avrebbe potuto benissimo ricevere 24 interpretazioni diverse.
Sorprendentemente, i saggi ci insegnano che tutte le 24 interpretazioni potrebbero effettivamente realizzarsi nel mondo fisico. Vale a dire che l’atto di interpretare ha un impatto e un’influenza drammatici sull’espressione del sogno nel mondo fisico.
Per questo motivo, lo Zohar dice che l’interpretazione di un sogno è in realtà più importante del sogno stesso. Quindi, è necessario fare ogni sforzo per trovare la persona giusta per interpretare il tuo sogno. Dovrebbe essere qualcuno che ti ama e si prende veramente cura di te, o dovrebbe essere una persona spirituale che possiede un amore per tutta l’umanità, perché l’interpretazione colorerà l’influenza del sogno nella tua vita.
Secondo la Kabbalah, non dovremmo raccontare i nostri sogni negativi a più di una persona, per evitare che si manifestino fisicamente.
Una persona che ti ama interpreterà sempre un sogno negativo in una luce più positiva, il che è estremamente importante. Ad esempio, se c’è stato un incidente, potrebbe essere interpretato non come un incidente fisico, ma come qualcosa di spirituale su cui devi lavorare e risolvere nella tua vita.
Abbiamo imparato che, quando un uomo ha fatto un sogno, dovrebbe sfogarsi davanti ai suoi amici, in modo che possano esprimergli i loro migliori auguri e pronunciare parole di buon auspicio. Così, gli amici di un uomo dovrebbero confermare la buona interpretazione, e quindi tutto andrà bene. – Zohar II, 200a”.
A questo proposito affidiamoci a quanto scrive uno dei grandi Saggi del gruppo di Tzfat, Rabbi Eliyahu de Vidas[1]:
“Dovete sforzarvi di esaminare i vostri sogni, perché sono una manifestazione della guida del Santo diretta personalmente a voi. Rabbi Shimon bar Yochai, di benedetta memoria, insegna (si veda il quarto capitolo di Shaarei Kedusha) che è possibile analizzare il proprio comportamento attraverso un sogno, perché in base a ciò che si fa durante il giorno, così è il sogno (Zohar, Chaya Sarah 130a). Come disse Elia a Giobbe: “In un sogno, una visione notturna della notte, quando un sonno profondo cade sulla gente, durante il sonno sul letto, allora Egli scopre le orecchie della gente e sigilla la loro afflizione”. (Giobbe 33:15)
Nella misura in cui una persona è retta, lo è anche la verità dei suoi sogni. A volte una persona vede in sogno visioni dei mondi celesti, e lì parla con i defunti e li riconosce; questi rivelano al sognatore insegnamenti sul Giardino dell’Eden e sul Gehinnom[2], come spesso è accaduto ai nostri giorni. Tuttavia, non voglio allungare questo saggio con delle storie. I nostri saggi dicono: “Rabbi Yonah disse a nome di Rabbi Zera: “Chi non fa un sogno per sette giorni consecutivi è un trasgressore, come dice il versetto: “E chi lo fa riposerà soddisfatto [in ebraico, savea] e non sarà visitato per il male”. (Proverbi 19:23) Non leggere savea come sheva [in ebraico “sette”] (Berachot 14a) Rashi, di benedetta memoria, spiega che una persona che trasgredisce non riceve la guida della Divina Provvidenza attraverso un sogno. Mi sembra che il sogno non arrivi a lui perché la sua anima non sale in alto mentre dorme. L’anima di una tale persona è come lo spirito della bestia che scende nelle profondità della terra [parafrasando Ecclesiaste 3:21]. Ciò che è decretato per l’uomo nei mondi celesti è rivelato attraverso i sogni. Come spiega Rabbi Shimon bar Yochai: “Trenta giorni prima che una nazione salga al potere, o prima che una nazione debba subire una catastrofe, l’evento in arrivo viene annunciato in tutto il mondo. A volte viene comunicato attraverso la bocca dei bambini, o quella dei semplici, o a volte attraverso gli uccelli che lo annunciano al mondo, ma nessuno ne è consapevole perché nessuno capisce. Quando la nazione è degna, l’imminente disgrazia viene annunciata ai capi giusti della generazione, affinché questi diano un avvertimento; così, quando il popolo viene a conoscenza del decreto, può tornare al Creatore. Tuttavia, se il popolo non è meritevole, è come abbiamo detto”. (Zohar, Shemot 6b)”
BERESHIT B: Versetto 268
La NUKVA di ZEIR ANPIN si trova nei cieli superiori, cioè nel mondo di ATZILUT, e ci sono molte schiere superiori nei mondi di BERYAH, YETZIRAH e ASIYAH. Eppure, vivono e sussistono. allora perché, ci si potrebbe chiedere, dite che la LUCE BLU, che è la NUKVA di ZEIR ANPIN, consuma tutto ciò che è sotto? Ecco: tutti gli OSPITI superiori dei mondi di BERYAH, YETZIRAH e ASIYAH, che sono mondi più elevati di questo, sono inclusi nella LUCE BLU stessa – non sotto di essa. Ma gli esseri inferiori di questo mondo non sono inclusi nella LUCE BLU stessa, perché sono gli oggetti grossolani che sostengono il mondo. Il MONDO è legato agli esseri inferiori e si nutre di essi, proprio come una fiamma si nutre dello stoppino di una candela. Senza di essa, il mondo non esisterebbe. Quindi, la LUCE BLU li consuma e li distrugge e non ci può essere nulla quaggiù in questo mondo che non venga distrutto, perché la LUCE BLU distrugge tutto ciò che c’è sotto di essa.
Quest’ultimo versetto sembra porre un paradosso: Esistono esseri superiori anche in Asiyah? Anche nel mondo della materia è possibile riconoscere una matrice spirituale che sfugge alla morte e alla distruzione?
Per comprendere l’effettiva struttura Kabbalistica della Creazione. Affidiamoci alle sagge parole del grande Rabbi Nissan Dovid Dubov, uno dei più famosi Kabbalisti viventi e direttore del Chabad Lubavitch di Wimbledon, Regno Unito:
“Potremmo delineare quattro fasi in questo processo:
1) Il lampo iniziale di ispirazione (concetto)
2) L’ampliamento del concetto (sviluppo del concetto in dettaglio)
3) Il coinvolgimento emotivo e la stesura di piani reali
4) L’esecuzione pratica (costruzione)[3]
La Kabbalah spiega che queste quattro fasi sono state utilizzate anche nella creazione del mondo. La prima fase fu l’adozione del concetto generale.
Il primo livello di concettualizzazione è lo stadio iniziale in cui le Sephirot si manifestano. Questo livello è chiamato mondo di ATZILUT. La parola ATZILUT deriva dalla parola ebraica Aitzel, che significa “accanto” o “emanato da”. Questo mondo è la fase successiva allo Tzimtzum dell’Ohr Ein Sof. Una volta resa possibile la creazione finita attraverso lo Tzimtzum, è stato possibile delineare le diverse caratteristiche o attributi di D-o. La Torah usa diversi nomi ebraici per D-o. Si tratta di nomi che descrivono le diverse Sephirot.
Per esempio, il nome El descrive D-o come si manifesta nella Sephira di Chessed. Elokim descrive la Divinità come manifesta nella Sephira di Gevurah, e così via.
Il mondo di Atzilut è ancora nel regno dell’Infinito e ciascuna delle Sephirot del mondo di Atzilut è infinita.
La novità del mondo di Atzilut è la delimitazione tra gli attributi. Ognuno di essi diventa identificabile come entità a sé stante.
Al livello superiore, pur esistendo la possibilità della loro creazione, essa era totalmente oscurata dall’Ohr Ein Sof. Nel mondo di Atzilut, tutto ciò che si può percepire è il Divino. Non esiste ancora un’esistenza indipendente.
Ognuno dei quattro stadi della creazione corrisponde a una delle quattro lettere del Tetragramma, il nome di D-o a quattro lettere di Havaye. Il mondo di Atzilut corrisponde alla lettera YUD.
Questa lettera ha la forma di un punto ed è la lettera più piccola da cui vengono concepite tutte le altre. Rappresenta il punto quintessenziale da cui può svilupparsi ogni altra esistenza.
Come spiegato in precedenza, la lettera YUD corrisponde anche alla Sephira di Chokhmah. Sebbene tutte le dieci Sephirot siano presenti in ogni mondo, una Sephira (o un gruppo di Sephirot) è predominante in ogni stadio. La Sephira dominante nel mondo di Atzilut è Chokhmah. Il mondo di Atzilut è il potenziale rivelato di un’ulteriore creazione.
Nella fase successiva, il concetto iniziale viene elaborato e i piani per la creazione vengono ulteriormente sviluppati. Nella mente, il progetto ha assunto una forma di esistenza indipendente.
È stato creato qualcosa, anche se solo in teoria. Questo mondo è chiamato mondo di BERIAH (creazione). La parola “creazione” implica sempre la creazione di qualcosa (yesh) dal nulla (ayin).
In Beriah, il concetto iniziale di Atzilut è stato ampliato, sia in lunghezza che in profondità. La lettera HE corrisponde alla Sephira di Binah, che è la Sephira predominante in Beriah.
Binah prende il concetto iniziale di Chokhmah e lo sviluppa in tutti i suoi dettagli.
Il mondo di Beriah prende la manifestazione iniziale delle Sephirot in Atzilut e crea con esse una forma di esistenza che inizia ad essere indipendente. In Atzilut c’è una totale “nullificazione” (Bittul) e nulla esiste in modo indipendente.
Anche ciò che si sente in Beriah è il Divino, tuttavia, a differenza di Atzilut, in Beriah c’è qualcosa al di fuori di D-o e questo qualcosa sente percepisce D-o, pur essendone totalmente annullato. È per questo motivo che il mondo di Beriah è chiamato il mondo del “Trono Divino” – Kisei Hakavod. In sostanza, un trono è una sedia su cui l’uomo abbassa la sua postura. Così anche il Trono Divino è l’idea del Divino che si abbassa per entrare in contatto con i mondi. Questo abbassamento di postura avviene nel mondo di Beriah.
È anche nel mondo di Beriah che troviamo la creazione delle anime e degli angeli più elevati. Gli angeli (malachim) non sono creature dalle ali bianche che volano nel cielo. Piuttosto, possono essere concepiti come condotti per il flusso di energia divina. Agiscono come agenti attraverso i quali le energie fluiscono verso questo mondo. Gli angeli del mondo di Beriah sono chiamati Serafini, dalla parola ebraica Seraiphah (un fuoco). Questi angeli sono talmente infusi di sentimento che “bruciano”. Questo non va inteso in senso letterale, ma significa che sono così vicini a D-o da non poterne sopportare l’intensità e sono in un costante stato di estasi spirituale. Il mondo di Beriah è anche il luogo del Giardino dell’Eden superiore, che ospita le anime che hanno meritato di entrare in questo regno sublime come ricompensa per i loro sforzi in questo mondo.
Lo stadio successivo è il mondo della YETZIRAH (formazione). È in questo mondo che vengono elaborati i piani finiti per la creazione vera e propria.
Le Sephirot predominanti in questo mondo sono le sei Sephirot emozionali, da Chessed a Yesod. Esse corrispondono alla lettera VAV nel nome Havaye (VAV numericamente equivale al numero 6).
È in questo mondo che si forma l’attaccamento emotivo al progetto, che assume uno slancio proprio. L’intero progetto non è più solo un concetto e si compiono passi concreti per realizzare l’idea. Qui esiste il Giardino dell’Eden inferiore, la dimora delle anime che comunque meritano di crogiolarsi nella Luce Divina.
Questo è il regno degli angeli chiamati Chayot Hakodesh (cioè, “esseri santi”). Gli angeli di questo mondo assumono nomi corrispondenti alle Sephirot. Ad esempio, l’angelo Michele corrisponde alla Sephira di Chessed, Gabriele a Gevurah e Raffaele a Tiphereth, ecc. Quando recitiamo la Kedushah nella ripetizione dell’Amidah, diciamo “Kadosh” (santo) tre volte. Questo è un riferimento agli angeli di Beriah, Yetzirah e Assiyah, che rendono omaggio a D-o in modi diversi.
La profezia di Ezechiele è stata realizzata quando Egli è entrato nel mondo di Yetzirah attraverso tecniche meditative. Poiché desiderava comunicare questa esperienza al suo popolo, dovette usare il linguaggio umano per descrivere i fenomeni metafisici cui aveva assistito.
Nel mondo di Yetzirah Egli descrive gli angeli sotto forma di creature. Sotto di lui c’erano gli Ofanim, gli angeli del mondo di Assiyah. Il trono del mondo di Beriah era sopra di lui. Seduto sul trono c’era la forma di un uomo che descriveva le Sephirot del mondo di Atzilut. La capacità profetica di Isaia è entrata ancora più in profondità all’interno del mondo di Beriah e, di conseguenza, la sua descrizione è molto meno dettagliata.
Infine, il quarto mondo è ASSIYAH (il mondo dell’azione), dove si attualizza la creazione. Il flusso creativo divino dal mondo di Yetzirah scende attraverso gli angeli nella creazione dei quattro regni: Minerale, Vegetale, Animale e Umano. La Sephira predominante nel mondo di Assiyah è Malchut. Malchut suggerisce la sovranità, l’idea di un re lontano che governa su sudditi fedeli e volenterosi. Assiyah è il mondo in cui la creazione assume una forma di totale indipendenza, ma è anche il luogo in cui i sudditi accettano D-o come re. Il mondo di Assiyah è un po’ il contrario. Il Maestro Creatore, che è un artista supremo, ha creato una creazione bellissima e diversificata. È una creazione solo di D-o, ma D-o è nascosto al punto che le sue creazioni non sono consapevoli del loro Creatore. In qualche modo è possibile in questo mondo negare totalmente la presenza di D-o, poiché Egli è completamente nascosto. È questo occultamento totale che permette a questo mondo di essere un regno di libera scelta, in cui una persona può scegliere di servire o ignorare, così come il regno della sfida, in cui la mano di Dio è a volte palese e altre volte nascosta. Questo mondo è lo scopo ultimo della creazione, ed è qui che D-o desidera che le sue creature creino una dimora per Lui. Ciò si ottiene attraverso l’adesione alla Torah e alle Mitzvot. Con la Torah, D-o ha comunicato la verità della creazione e ha fornito un percorso attraverso il quale le persone possono navigare nelle acque agitate della vita. Questo si ottiene in ogni fase attaccandosi a Lui attraverso le Mitzvot. Nei mondi superiori ciò che si manifesta è la Luce Divina. In realtà, sono solo manifestazioni della capacità creativa divina, semplici raggi del sole. Tuttavia, è in questo mondo, dove non si può percepire la Luce che si manifesta nei regni superiori, che si può apprezzare veramente l‘Atzmut (essenza di D-o).
In questo mondo, ci percepiamo come separati e distinti dal flusso della Divinità, ed è questa sensazione di separazione che ci permette di vedere l’essenza di D-o in misura maggiore.
Ironicamente, c’è un punto di vista privilegiato per l’osservatore in questo mondo. Nei mondi superiori, si è in qualche modo accecati dai raggi della “Luce Divina” (Giluyim). Più si sale in alto, nel Giardino dell’Eden inferiore o superiore, più la rivelazione è sublime e più la persona è accecata. Eppure, dalla Terra, possiamo apprezzare il sole in modo molto più ampio. È proprio in questo regno, dove c’è un’eclissi totale di questa Luce divina, che l’osservatore può entrare in contatto con l’Atzmut stessa. Sebbene Egli sia ben al di là di ogni comprensione, si può osservare la creazione e rendersi conto che essa non può che essere opera di D-o stesso.”
Olam Ha’ Asiyah “Il mondo dell’azione” è il terzo e più basso dei tre mondi inferiori. Come i mondi che lo precedono, il mondo di Asiyah è in sostanza un regno spirituale. Il nostro universo fisico “racchiude” le ultime due Sephirot. Gli “esseri” di Asiyah si riferiscono alla coscienza spirituale relativa alle leggi della natura. Lo stato di esistenza nel mondo di Asiyah è uno stato di “esistenza particolare”. Qui, ogni singolo “membro” di una “specie” viene alla ribalta della coscienza di sé. La parola Asiyah, “azione”, significa anche “rettifica”. Ogni individuo cerca la propria rettifica personale, il processo di rettifica di Asiyah si riferisce agli individui. Il mondo di Asiyah (in particolare, la sua dimensione fisica) è indicato nella Kabbalah come “il mondo delle sfere celesti” (galgalim[4]). Ognuna di queste sfere possiede una coscienza individuale. La più alta di queste sfere, “la sfera quotidiana”, è il potere che fa “girare” l’intero universo. La classe di angeli la cui dimora è il mondo di Asiyah (in particolare, nella sua dimensione spirituale) sono gli Ofanim (le ruote del carro). La relazione degli Ofanim con i galgalim di Asiyah è come quella delle leggi della natura con la natura stessa. Il continuo movimento o rivoluzione degli Ofanim è spontaneo e istintivo (naturale), in contrasto con il movimento emotivo ed esperienziale delle Chayot hakodesh nel mondo di Asiyah. Sia gli Ofanim che le Chayot hakodesh (a differenza dei Serafim) condividono l’attributo di aspirare verso l’alto (verso il livello dei Serafim) nel loro servizio divino “con grande rumore”. Essi proclamano insieme: “La Malchut di Atzilut risiede, in particolare, nel mondo di Asiyah. Questo è il mondo i cui esseri sono destinati ad essere il “popolo” essenziale del Re. Poiché “non c’è re senza popolo”, il compimento del desiderio di D-o di regnare su tutta la realtà creata è nel mondo di Asiyah (in particolare, nella sua dimensione fisica), il più basso dei mondi creati. Il mondo di Asiyah è l’origine dei poteri istintivi dell’anima. Le anime di Asiyah sono naturalmente “frum” (religiose), possiedono una naturale affinità a ricevere il giogo del cielo e a compiere le ingiunzioni della Torah.”
CONCLUSIONE
Non resta che iniziare a meditare sulla candela tenendo a mente i complessi significati che lo Zohar attribuisce a questo semplice oggetto.
All’inizio credo che sia conveniente trattenere in mente solo le linee generali, aggiungendo gradualmente ulteriori elementi.
Potrebbe essere forse utile anche visualizzare precedentemente l’albero sephirotico per avere ben saldi i concetti ivi espressi.
Vorrei concludere con alcune considerazioni che non vogliono essere polemiche ma cercano solamente di scuotere un ambiente che appare affascinato dal dito e non dalla luna che il medesimo indica.
Perché la situazione è ben lontana da essere felice.
A conferma di ciò ho letto recentemente con piacere un libro edito da Tipheret intitolato “La cabala ebraica e altri scritti tradotti da Reghini” avente ad oggetto alcuni lavori di René Guénon.
Nella descrizione si legge:
“Questo volume raccoglie tre interventi di René Guénon apparsi sulla rivista «Ignis» diretta da Arturo Reghini e da questi tradotti in italiano; testimoniano la vicinanza culturale tra i due e un afflato non indifferente sui temi tradizionali. René Guénon, con la scusa di recensire il volume di Paul Vulliaud sulla Cabala ebraica, delinea il suo pensiero su come sia stato male affrontata la cultura ebraica e la sua tradizione; con lo stesso metodo, nel secondo saggio, delinea la figura di de Maistre prendendo spunto per delineare (e criticare) gli studi martinezisti e, principalmente, l’approccio a questi da parte di Papus. L’ultimo scritto, invece, è un’accusa di plagio (e le successive reazioni) che Guénon rivolge a un noto autore Martinista italiano del tempo.”
Vorrei tralasciare, per pura pietà nei confronti dei defunti, il terzo argomento anche se legato logicamente agli altri due, in quanto sempre di ignoranza “esoterica” si tratta.
Come ho già scritto, il fertile scambio che, pur con modalità spesso non palesi, si è sempre verificato tra cultura ebraica e quella cristiana anche in materia di Kabbalah subisce con la fine del Rinascimento un brusco rallentamento, culminato nelle stagioni post illuministiche in un quasi completo arresto della possibilità per la parte cristiana di attingere alla fonte ebraica[5].
Questo lungo digiuno portò alla situazione di quasi completa ignoranza della Kabbalah ebraica denunziata da Guénon utilizzando come pretesto la recensione del ponderosissimo zibaldone di Paul Vulliaud intitolato La Kabbale juive (1923)[6]. Pur con tutti i difetti di questa opera, Guénon apprezzava il tentativo di riportare un po’ di vera conoscenza in un panorama esoterico come quello francese ove i riferimenti alla Kabbalah erano continui, malgrado quasi nessuno tra i cosiddetti “Maestri” fosse in grado di comprendere realmente tali simbologie ed il loro contesto. In Italia, paese molto meno colto della Francia, le cose andavano anche peggio, come Reghini non mancava di puntualizzare.
Ah, il Bel Paese ove le persone che non sanno nulla o quasi di un argomento lo insegnano!
Il testo qui pubblicato, di grande importanza, andrebbe adattato alla Kabbalah cristiana in modo da poter essere opportunamente utilizzato da tutti quei percorsi che si richiamano a tale tradizione.
Nel mio ultimo saggio sulle Istruzioni di Ptahhotep ho menzionato la meravigliosa esegesi che Origene fa di Esodo 12 – 36:
“Gli Israeliti eseguirono l’ordine di Mosè e si fecero dare dagli Egiziani oggetti d’argento e d’oro e vesti. 36 Il Signore fece sì che il popolo trovasse favore agli occhi degli Egiziani, i quali annuirono alle loro richieste. Così essi spogliarono gli Egiziani.”
Origene nella lettera a Gregorio il Taumaturgo scrive:
“… Con le vesti degli Egiziani sono stati eseguiti gli addobbi per i quali fu necessario, come si esprime la Scrittura, un lavoro di cucitura, l’opera, cioè, di sarti, che, in virtù della saggezza loro ispirata da Dio, congiungessero le stoffe le une alle altre, per farne veli e cortine all’interno e all’esterno del Santo dei Santi…”
Il Kabbalista cristiano, se tiene a questa sua identità, dovrebbe mediare gli insegnamenti dei Saggi Fratelli Maggiori per renderli usufruibili a chi non possa utilizzare integralmente il veicolo soteriologico ebraico.
Questo perché, malgrado alcuni aspetti dei due percorsi siano ovviamente sovrapponibili, altri non lo sono affatto.
La Pasqua incombente ne è la prova più evidente.
La Pasqua ebraica narra della salvezza portata da Kadosh Baruch Hu al Popolo che soffriva in Egitto.
La Pasqua cristiana narra della salvezza portata da Kadosh Baruch Hu, fattosi carne, alla restante umanità.
Sono due metodi di reintegrazione parzialmente differenti, ma entrambi in grado di raggiungere la salvezza e, visti nei loro contenuti segreti, costituiscono le due parti essenziali di un percorso che porta all’Uno.
Ecco perché anche in questa accezione possiamo e dobbiamo parlare di identità giudaico-cristiana.
La Kabbalah Cristiana, rimasta asfittica per troppo tempo per mancanza di accesso a quella ebraica, come lamentava Guénon, dovrebbe avere la pazienza e l’umiltà di studiare di nuovo quella lurianica per poi procedere, con l’ispirazione e l’aiuto dello Spirito Santo, ai necessari adattamenti e al riconoscimento delle opportune simbologie, secondo l’insegnamento di Origene.
Purtroppo, non sono ottimista.
Temo che la reazione più comune dei vari Guru, Capiscuola e Capiscala, Maestri Grandi e Piccoli nonché Venerabili di ogni gusto e colore, sarà di affermare che la tradizione in Italia non abbisogni di nulla e che i loro percorsi già tramandano cabale ermetiche, egiziache, longobarde, o extraterrestri che sono anche meglio dell’articolo originale …
Beati loro! Mi limito a rammentare a tutti le parole di un Grande Maestro del passato, Alberto Manzi: “Non è mai troppo tardi per imparare!”.
[1] De Vidas (1518-1592) fu discepolo di Rabbi Moses ben Jacob Cordovero (il Ramak) e dello stesso Rabbi Isaac Luria (noto come l’Arizal). De Vidas è noto per la sua profonda conoscenza della Kabbalah. La sua opera principale, fondata sullo studio dello Zohar è intitolata Reshit Chokhmah, o “L’inizio della Saggezza”.
[2] Nell’ebraismo il nome Gehinnom è generalmente usato come appellativo del luogo di tormento riservato ai malvagi dopo la morte; si noti che la permanenza delle anime in tale luogo è sempre temporanea. Il Nuovo Testamento ha usato la forma greca Gehenna nello stesso senso.
[3] Ritorna il concetto sopra esposto delle quattro fasi (3+1) che si uniscono nell’ultima di esse.
[4] Esseri rotanti, di cui parla Ezechiele descrivendo la sua visione mistica dei mondi superiori.
[5] Fa eccezione in modo clamoroso lo studio istituzionale della Kabbalah all’Università di Uppsala su impulso di Jesper Swedberg, padre del celebre Emanuel Swedenborg. Sui motivi ho già scritto molte volte. Ovviamente, le colpe di gran lunga maggiori sono ascrivibili alle follie da parte dei cristiani contro gli ebrei. A questi ultimi si deve addebitare una crescente stanchezza e diffidenza nei confronti della loro tradizione che non trova radice unicamente nelle persecuzioni, ma anche nella stagione susseguente alla crisi sabbatiana e nella volontà di accantonare da parte di vasti settori della società ebraica quelle che all’epoca erano percepite come superstizioni. Questo atteggiamento si rivelò particolarmente forte negli ambienti dell’illuminismo ebraico
(Haskalah), che mostrarono un atteggiamento iconoclasta nei confronti della tradizione non dissimile da quello dell’Illuminismo cristiano.
[6] Se nutriste dubbi sul mio giudizio, fate come me, scaricate il PDF e leggetevelo. Tra l’altro, per quanto fosse caotica, l’opera di Vulliaud costituiva almeno un tentativo erudito ma molto pregevole di diffondere la conoscenza della vera Kabbalah. In altre parole, molto meglio Vulliaud di Eliphas Levi e compagni.